Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: ismoony00    13/05/2021    1 recensioni
" Draco è al suo sesto anno e si trova ad affrontare qualcosa che non ha scelto, completamente da solo. Grazie ad una lezione di pozioni e lo zampino dell'Amortensia, vedrà qualcosa che non ha mai visto prima in Hermione. "
Questa è una One shot introspettiva, dove ho cercato di sviscerare i pensieri e le emozioni di Draco, in un momento così particolare della sua storia.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Si vis amari, ama

 

Un raggio di luce verdastra mi fece lentamente aprire gli occhi.

Il vecchio mobile in mogano era fiaccamente illuminato dai raggi di sole filtrati dall’acqua torbida del lago. Le lenzuola mi attorcigliavano le gambe, sintomo evidente del mio sonno irrequieto. Era così dall’inizio dell’anno, pensai, e la realtà tornò vivida. Avvertì il familiare senso di nausea, la bocca improvvisamente secca, feci istintivamente un respiro profondo per non cedere al panico. La stanza mi apparve immediatamente più scura.

La sala grande era praticamente vuota, i grandi tavoli di legno erano occupati solo da qualche ragazzino del primo anno che scribacchiava irrequieto qualche pergamena macchiata d’inchiostro fresco, all’ultimo momento prima delle lezioni. Qualche fantasma gironzolava sciatto, in attesa dell’arrivo di tutti gli studenti per scambiare chiacchiere e fare scherzi.

Io evitavo da mesi quei momenti. Non avevo più parlato neppure con i miei compagni di casata, oltre le banalità di scuola. Blaise e Theo erano certi che li stessi evitando, mi avevano braccato più volte all’uscita delle lezioni chiedendomi cosa stessi combinando. Per il resto cercavo di incontrarli il meno possibile, sgattaiolavo fuori dalla nostra stanza la mattina presto, li guardavo per un secondo sulla soglia, ancora infagottati sotto i piumoni. Avrei voluto condividere questo peso che sedeva comodo sul mio stomaco con loro, avrei voluto far uscire la nebbia nera e densa che mi riempiva il petto, ma non potevo. Era una mia responsabilità, ero un uomo ormai, l’unico uomo rimasto a vegliare sul nome della famiglia Malfoy, non avevo più nessuno da cui andare a piangere per i miei problemi. Mio padre mi aveva avvertito che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, e aveva sempre tenuto a sottolineare che non sarei stato in grado di gestirlo, di essere forte e fiero, di camminare a testa alta anche con il fango che mi macchiava i vestiti. Ora tutto quel fango lo avevo ingoiato, lo stesso che quei maledetti buonisti Grifondoro mi avevano spalmato sulla faccia senza esitazione, non appena venuti a conoscenza della mia disgrazia.

Da allora camminavo, da solo, algido, incurante del peso che avvertivo sulle spalle e che se è possibile mi faceva venir voglia di tenerle ancora più dritte, ancora più larghe. Avrei risolto tutto e mio padre sarebbe stato fiero.

Dopo la colazione in solitaria, imboccai il corridoio per raggiungere l’Aula di Pozioni. Guardai il cielo attraverso i porticati del chiostro, il sole era alto e abbastanza caldo per una giornata invernale, avrei volentieri preferito andare al campo e passare qualche ora in alto sulla scopa, ma mi aspettava un inutile e noiosa lezione di pozioni, con l’altrettanto inutile e noioso professore Lumacorno. Ero eccellente in pozioni, ma quello zotico vecchio sembrava non rivolgermi nemmeno uno sguardo, tutto tronfio com’era nel suo panciotto a lodare Potter. Come non poter essere entusiasti di sprecare un’ora a sentire le prodezze e le magnificenze del Santo Sopravvissuto?

La cosa peggiore erano però gli sguardi. Avevo sempre adorato le attenzioni, essere ammirato o disprezzato non mi faceva differenza, l’importante era essere visto.

Da quando mio padre era finito ad Azkaban però, ogni occhiata mi rendeva furioso. Odiavo il giudizio riflesso in tutti gli occhi che incrociavano il mio sguardo e mi facevano sentire sporco, sconfitto, prostrato. Chiunque ad Hogwarts si sentiva in diritto di potermi fissare, addirittura avevo sentito qualche risolino al mio passaggio: naturalmente ero andato fuori di testa e avevo rotto il naso ad un Tassorosso, ma qualcuno poteva biasimarmi?

I miei amici avevano capito e nessuno a Serpeverde aveva mai fatto parola di ciò che mi era successo. Quasi tutti condividevamo un destino simile, vittime delle scelte di persone che avrebbero dovuto proteggerci, con tutto il mondo che ci vede come dei privilegiati senza cervello, con la voglia metterci in ginocchio. Tra di noi ci facciamo scudo, ci aiutiamo a vicenda a costruirci la nostra armatura contro il bene che ci disprezza perché siamo male, ma chi di noi ha mai potuto scegliere realmente tra male e bene?

Siamo il cliché più vecchio del mondo, l’uccellino nella gabbia dorata.

 

Entrai svogliatamente nella grande e scura aula, regno indiscusso di Piton per anni, ora sostituito da questo ometto grasso e paffuto, in piedi di fronte ad un calderone fumante. Entrai impettito senza degnare di un saluto e presi posto al tavolo infondo sulla destra, che di solito condividevo con Blaise, in quei rari momenti in cui ancora frequentavo qualcuno.

Non c’era quasi nessuno in aula, a parte il professore che continuava a rimescolare quella brodaglia, con le guance arrossate ed il suo solito sorriso sornione, irritante. L’aula aveva un odore strano quella mattina, un po' mi disturbava o forse no, non riuscivo a definire cosa fosse né se mi piacesse. Guardando svogliatamente in giro vidi una cascata di ricci color nocciola, abbastanza informe, che ricadeva su di un braccio appoggiato, la mano nei capelli faceva un dolce massaggio. Mi soffermai su quel movimento ipnotico, piccole circonferenze tracciate con incuranza. Sentivo le mie braccia farsi più leggere, rilassai tutti i muscoli tesi da tempo. Avevo voglia di dormire facendomi cullare da quella sensazione, pensai a mia madre e al suo sguardo tenero ogni volta che tornavo a casa per le vacanze di Natale. Mi sentivo protetto, al sicuro.

Il rumore dei passi degli studenti che entravano in aula interruppe quella magia e la mano si fermò. Il corpo della ragazza cui apparteneva si rimise dritto, perfettamente composto. Capì, era la Granger, eppure la consapevolezza di aver desiderato il suo tocco morbido tra i capelli non mi causò il solito ribrezzo. Era stata l’unica ad astenersi completamente da sguardi vittoriosi, battute sarcastiche, l’avevo sentita addirittura rimproverare Weasley per averlo fatto. Lei mi aveva semplicemente ignorato, senza disprezzo, senza compassione. Aveva fatto finta non esistessi e non c’era nulla che in quel momento apprezzassi di più.

«Finalmente ti ho beccato.»

Mi voltai verso il mio migliore amico Blaise Zabini con espressione impenetrabile, mi aveva colto sul fatto, a fantasticare sulle carezze della Granger, per fortuna non mi stava guardando. La linea della mascella scura era indurita, teneva gli occhi fissi sulla borsa da cui freneticamente cacciava pergamene e libri stropicciati. Spostò lo sguardo duro su di me una frazione di secondi e poi ricominciò a rovistare nella borsa floscia, scuotendo la testa con aria di disapprovazione.

«Io non riesco proprio a capirti, Draco. Ti comporti come se non ci conoscessi nemmeno, cammini solo per i corridoi all’alba e di notte, sembri un cane con la rogna. Si può sapere cosa cazzo hai nel cervello?»

L’aveva detto tutto d’un fiato, fissando su di me i suoi occhi profondi e blu, le nocche delle mani viola per la stretta forte intorno ai manici della borsa. Era ancora in piedi quindi la sua figura muscolosa torreggiava su di me. Non riuscì a guardarlo, non riuscì a risponderli nulla. Bloccai la lingua tra i denti fino a sentire un sapore metallico, non potevo dirgli nulla, era una mia responsabilità. Indurì lo sguardo e tornai a guardare ostinato dritto di fronte a me, verso Lumacorno che faceva sedere Potter vicino a lui in cattedra, ma la cosa non mi diede più così fastidio.

Ero perso nella nebbia nera e densa, sentivo sempre di più venirmi meno il contatto con la realtà e strinsi le mani ancora più forte, i palmi mi facevano male per le unghie che si conficcavano dentro la pelle bianca, questa era l’unica sensazione che mi teneva ancorato a tutto il resto. Dalla nebbia uscivano immagini, ricordi, Voldemort che mi marchia, mia madre che piange, la risata folle e sguaiata di mia zia. Sentivo il panico invadermi, dovevo concentrarmi su qualsiasi altra cosa sennò avrei fatto una scenata, non volevo crollare davanti a tutti, non si sanguina davanti agli squali.

«Bene ragazzi miei ci sono volontari per capire quale pozione nasconde questo calderone fumante?»

Io e la Granger alzammo quasi contemporaneamente la mano. Questo fu abbastanza per distogliermi dai miei incubi.

Lumacorno sembrò entusiasta di avere tutta questa partecipazione e ci invitò calorosamente ad avvicinarci. Io e la Granger ci guardammo un istante negli occhi, quasi a chiederci un reciproco permesso su questa cosa, se stava bene ad entrambi. Lei fece il primo passo alzandosi dal banchetto in cui sedeva sola. Istintivamente apprezzai l’idea che le stesse bene fare qualcosa che comprendeva anche me, poi mi ricomposi ed inserì la modalità “faccia da stronzo”.

Passando tra i banchi notai controvoglia che tutti ci fissavano, mentre notai con più allegria la faccia furiosa di Potter e Weaslay, rossi entrambi in viso, qualcuno più del solito.

Arrivati entrambi davanti la postazione di Lumacorno pensai alla sua mano che ora era pericolosamente vicino alla mia, me la strinsi subito in un pugno nonostante i palmi ancora doloranti.

«Prego ragazzi avvicinatevi, sapete dirmi di cosa si tratta?»

«Amortensia.» ancora una volta le nostre voci si erano accavallate.

La vedevo muoversi da un piede all’altro per l’imbarazzo di tutta questa strana situazione. Nemmeno io ero troppo a mio agio, ma ero comunque distratto dai miei pensieri, li avvertivo in lontananza e questa sensazione mi spingeva a concentrarmi ancora di più su di lei.

«Benissimo! Sapete dirmi la sua caratteristica?»

«E’ un filtro d’amore potentissimo, naturalmente non è in grado di creare il vero amore, ma parliamo di una vera ossessione. Ognuno di noi ci sente un profumo diverso, rispetto a quello che ci attrae e che amiamo.»

«Eccellente Signorina Granger, assegno cinque bei punti a Grifondoro, che ne pensi Harry?»

 

L’odore. Quello che sento da quando sono nell’aula. Fino a quel momento non ci avevo dato troppo peso, ora la voglia irrefrenabile di sapere di cosa sapesse ciò che mi attrae mi spinse a fare un passo verso la scrivania dov’era poggiato il calderone. Allo stesso modo fece la Granger, perché le nostre mani che prima erano semplicemente vicine ora si sfioravano. Ci guardammo fissi negli occhi, quegli occhi scuri che erano stati gli unici a non giudicarmi per qualcosa che non avrei nemmeno avuto il coraggio di scegliere, se avessi potuto.

 Inspirammo all’unisono il vortice di fumo che si alzava. Sentì un odore che avevo sentito per anni, sul treno per Hogwarts, nelle aule, nella Sala Grande, sapevo perfettamente a chi appartenesse. Era vicina a me, la persona che per me aveva sempre profumato della cosa più bella, la possibilità di scegliere. In lei vedevo la vita che desideravo così tanto, l’amore che dimostrava alle persone a cui teneva, la sua gentilezza, la possibilità di decidere chi o cosa essere, il giudizio degli altri che si sarebbe poggiato su di me solo per ciò che sono e non per qualcosa che non ho voluto io, che mi terrorizza quanto terrorizza gli altri.

 Mi accorsi in quel preciso momento che lei odorava di libertà, la mia libertà, quella che volevo e che non avrei mai potuto avere.

 In quel momento capì anche la ragione del mio odio.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ismoony00