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Autore: Yoshiko    14/05/2021    3 recensioni
"Il furgone gli era addosso, il paraurti quasi sfiorava la ruota posteriore della bicicletta. Si toccarono, Amy urlò. Julian perse il controllo, la bicicletta ondeggiò. La ruota anteriore oltrepassò il canalino di scolo e si addentrò nell’erba. Precipitarono lungo il declivio. Amy gridò ancora, poi l’acqua della risaia frenò la loro corsa in modo così brusco che la bicicletta si capovolse. Lei e Julian finirono nel fango, tra le rane e i germogli di riso." Un capitombolo, un'aggressione, un temporale, un tentativo di salvataggio mal riuscito e altre improbabili avventure accompagneranno i protagonisti della storia in situazioni sempre più assurde e inaspettate.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Tsubasa Ozora/Holly
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Virtual Story'
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Alle due Benji diede il cambio a Mark, alle quattro Philip lo diede a Benji. Viaggiarono per tutta la notte, l’impellente necessità di allontanarsi da quella pericolosissima radura con i suoi ancor più pericolosi abitanti. Quando fu il turno di Philip, siccome Peter di staccarsi da lui non voleva saperne, Jenny lasciò Joy a dormire sui sedili posteriori insieme a Katy, Evelyn e Amy e si sedette al posto del passeggero stringendo Peter tra le braccia, bloccato dalla cintura di sicurezza che teneva anche lei.
Era l’alba quando il bambino riemerse dal sonno. Si mosse per distendere una gambetta, poi si strofinò gli occhi per guardarsi intorno. Sempre strada, macchine, montagne, boschi. Il panorama non era cambiato di una virgola. Il cielo era di un grigio tenue, stava perdendo i colori dell’alba e non aveva ancora assunto le tinte dell’azzurro. La superstrada proseguiva tutta dritta, era di una noia mortale. Philip sbadigliò e Peter si volse a guardarlo. Il ragazzo se ne accorse e gli sorrise.
-Hai dormito bene?-
Il bambino annuì e cercò di avvicinarsi il più possibile a lui. La cintura di sicurezza lo bloccava.
-Adesso ho fame.-
-Tra poco ci fermiamo, cosa vuoi per colazione?-
-Latte e biscotti.-
Niente di pretenzioso, in fondo era un bravo bambino. Per forza, diamine, era suo figlio!
Nel furgone non volava una mosca, si udiva solo il rombo del motore. Sui sedili posteriori i ragazzi dormivano ancora profondamente. Qualcuno, nel fondo, addirittura russava.
-Tu vuoi latte e biscotti, papi?-
-Io vorrei un litro di caffè bello forte e senza zucchero per svegliarmi.-
Il bambino prese atto della risposta, poi spostò gli occhi sulla strada.
-Anche io ho sonno.-
-Dormi, allora. È ancora presto.-
Peter annuì e si accomodò meglio tra le braccia della mamma. Chiuse gli occhi, poi li riaprì e tornò a fissare Philip che guidava, concentrato sulla strada.
-Quando arriviamo?-
-Mi fermo al primo autogrill che trovo.-
-Posso comprare le patatine?-
-Non volevi il latte con i biscotti?-
-Le patatine sono per dopo.-
Philip annuì. Contento ma già mezzo annoiato, Peter si sporse verso il cruscotto e allungò una mano sul display della radio, girando qualche rotellina curioso di scoprire cose nuove. Poi prese un pacchetto di fazzoletti. Ne tirò fuori uno e rimise il resto nel vano portaoggetti. Agitò il fazzoletto in aria, lo lanciò per farlo volare. Finì contro il cambio, Philip lo tolse e glielo restituì.
-Vorrei una palla.-
-Se c’è, te la compro.-
Peter annuì soddisfatto, poi si allungò di nuovo per toccare un pulsante arancione al centro del quadro comandi. Lo accese e un ticchettio ritmico si diffuse in tutto l’abitacolo.
-Cos’è?-
-Sono le frecce della macchina. Quando scendiamo te le faccio vedere. Adesso spegnile però.-
Il bambino ubbidì e il ticchettio cessò. Tornò a sedersi composto ma già un minuto dopo, sempre più annoiato, curiosava ovunque. Accese l’aria condizionata, poi la spense, poi l’accese di nuovo e aumentò e diminuì la potenza. Poi la tolse e attivò il riscaldamento. Il getto dell’aria calda lo colpì in viso e lui rimase a bearsene e a ridere, gli occhi socchiusi e i capelli che gli svolazzavano sulla fronte.
-Non senti caldo?- chiese Philip che stava già cominciando a sudare.
Peter annuì e la spense. Giocò con le leve dei bocchettoni dell’aria, aprendoli e chiudendoli, orientandoli prima a destra e poi a sinistra. Girò il volume della radio spenta e lo mise al massimo. Poi l’abbassò e lo alzò per un paio di volte senza ottenere nessun cambiamento. Il silenzio continuava a farla da padrone nel furgone. Intanto le sue piccole dita si agitavano vicino al quadro comandi, curiose, annoiate e desiderose di trovare uno svago che lo aiutasse a passare il tempo.
Tirò su una leva e all’improvviso una voce forte e chiara strappò con violenza i ragazzi dal sonno.
“Stracciarolo! Raccolta ferro vecchio, caldaie vecchie, termosifoni. Qualsiasi tipo di ferro vecchio. Svuotiamo cantine e soffitte. Facciamo tutti i tipi di sgombri. Una grande opportunità davanti ai vostri occhi, non lasciateci scappare! Avvicinatevi con fiducia! Stracciarolo! Raccolta ferro vecchio, caldaie vecchie, termosifoni…”
-Cazzo spegni Philip!- gridò Benji da dietro.
-Non so come si fa!-
Ci pensò Peter a tirar giù la leva e a riportare il silenzio nel furgone. Anche se ormai il silenzio era diventato un ricordo. Joy era scoppiata a piangere e non appena la voce registrata si dissolse, partirono i primi insulti.
-Callaghan, sei un coglione! Cosa ti salta in mente?-
-Stronzo! Volevi farci venire un infarto?-
-Non si sveglia così la gente che dorme!-
-Che cazzo di modi! Quando scendiamo ti riempio di calci!-
E infine Jenny, che si teneva una mano sul cuore.
-Philip, mi hai fatto prendere un colpo!-
Si volse a guardarla. Era cadaverico perché sapeva che l’errore di Peter, appena si fossero fermati, avrebbe dovuto pagarlo lui.
-Non ho fatto nulla, non sono stato io.- mormorò affranto e guardò il bambino. Lo trovò sprofondato tra le braccia di Jenny, che se la rideva divertito.
-Sei veramente una peste.-
Peter gli rivolse un paio di occhioni ridenti.
-Si sono spaventati!- esclamò gioioso battendo le manine.
-Si sono spaventati sì!- gli andò dietro Philip, a quel punto incapace di trattenere le risa.
-Ride pure, il mentecatto!- sbraitò Mark -Accosta a quel bar, ho voglia di fare colazione e conciarti per le feste!-
Philip premette sull’acceleratore e la velocità aumentò.
-Philip, per favore fermati.- insistette Amy -Ho bisogno di andare in bagno.-
-Anch’io.- appoggiò Evelyn.
Poi fu la volta di Bruce.
-Io ho bisogno di mangiare, sto morendo di fame. Il mio stomaco brontola.-
-Ma se ti sei appena svegliato!-
-Anche il mio stomaco.-
-Devo cambiare Joy, Philip.-
-Papi, mi scappa la pipì…-
-Accosta maledetto!- urlò Mark vedendo che il compagno insisteva ad accelerare -O ti massacrerò di botte anche perché non ti sei fermato!-
Davanti a cotante richieste convincenti, Philip non poté fare a meno di mettere la freccia e imboccare il parcheggio dell’autogrill, infilandosi nel primo posto disponibile. Mentre i compagni scendevano maledicendolo per il modo in cui erano stati svegliati, Philip spense il motore, aprì lo sportello e, illuminato da un’idea geniale, si sporse sui sedili e prese Peter in braccio.
-Vieni che papà ti compra la palla!-
-Evviva!- gli si aggrappò lui al settimo cielo.
Tenendo il figlioletto stretto a sé, avanzò a testa alta tra i compagni.
-Farsi scudo di un bambino. Vigliacco!- sibilò Benji quando Philip gli passò accanto.
Quello gli rispose con una pernacchia, seguendo Jenny e Joy nel locale. La famigliola si avvicinò al banco.
-La palla!-
-Prima la colazione, poi la palla.- lo corresse Philip -A pancia piena si gioca meglio!-
Lo convinse in un istante, ma Peter insistette per essere messo giù. Tenendolo per mano, si misero in coda alla cassa.
-Cosa prendi, Amy?- chiese Julian, il portafoglio in mano.
La ragazza esaminò vari tipi di dolci, poi ne scelse uno e ordinò un succo di frutta al mirtillo.
-Io vorrei un sandwich insalata, bacon e frittata, un croissant al cioccolato, un cappuccino e un succo all’arancia.-
-Nient’altro Bruce?- lo fulminò Evelyn con un’occhiata di fuoco. S’era offerta di pagare, non ci sarebbe cascata mai più.
-Hai ragione! Prendimi anche un tortino di riso e tonno.-
-Mi pareva…-
-Peter, tu che vuoi?- gli domandò Jenny quando fu il loro turno -Va bene latte caldo e torta allo yogurt?-
-No, mammi. Vorrei un litro di caffè bello forte e senza zucchero per svegliarmi.-
Jenny si volse.
-Come?-
Philip lo tirò indietro, tappandogli la bocca con una mano.
-Il caffè è per me. A lui latte e torta.-
La ragazza guardò Tom.
-Prendiamo lo stesso anche per Katy?-
La bambina, che Becker teneva per mano, annuì e andò a sedersi al tavolo vicino a Peter. Amy li raggiunse e posò sul ripiano il vassoio con la loro colazione.
-Venite bambini, andiamo a lavarci le mani.-
I due acconsentirono ubbidienti, ma davanti alle porte del bagno nacque un problema che la giovane non aveva previsto.
-Non posso entrare nel bagno delle donne.- Peter si piantò al centro del corridoio e si rifiutò di seguirle -Io non sono una femminuccia.-
Amy alzò gli occhi al cielo, quel marmocchio era la copia sputata di Philip e parlava come Mark. Da grande sarebbe diventato una miscela esplosiva. Si mostrò paziente.
-Sei un bambino e puoi entrare.- lo rassicurò lei senza riuscire tuttavia a convincerlo. Cosa doveva fare? Non lo sapeva... Poi arrivò Tom a darle la soluzione -Entri con lui?-
-Guardi signora che sono capace anche da solo. Me lo ha insegnato la mia mamma.-
Amy si sentì all'istante vecchia e fu una sensazione che non le piacque affatto.
I quarantacinque minuti che seguirono la colazione, le ragazze li trascorsero nello pseudo negozio di abbigliamento allestito nell'angolo in fondo all'autogrill.
-Potete darvi una mossa?- sbuffò Mark comparendo tra Amy e Jenny che continuavano insistenti a spulciare ogni capo di vestiario, in cerca di qualcosa con cui sostituire gli abiti che indossavano ormai da due giorni.
-Hai fretta?-
-Mi sono stancato di aspettare.-
Amy lo squadrò dall'alto in basso.
-Infatti non dovresti aspettare. Dovresti acquistare anche tu qualcosa. La maglietta che indossi, oltre a essere piena di patacche, comincia a puzzare.-
Jenny soffocò una risata e si spostò più in là per nascondersi.
-Ti faccio presente che ieri l'ho lavata nel fiume e l'altro ieri sotto la pioggia. Quello che dici è impossibile.- si allontanò a testa alta, offeso.
Bene o male all’autogrill era filato tutto liscio, si erano rifocillati, si erano lavati, avevano espletato più o meno tutti i loro bisogni, avevano acquistato provviste e abiti puliti, anche qualche cartolina da inviare ad amici e famiglie. Il dramma si presentò quando ormai avevano lasciato il parcheggio da una ventina di minuti e proseguivano verso sud a velocità sostenuta. Se ne accorse Tom, sparando un urlo carico di angoscia.
-Ommioddio! Dov’è Katy?-
Mark sterzò di colpo sulla corsia di emergenza e si bloccò con una frenata. L’odore dei copertoni bruciati entrò dai finestrini aperti.
-Come cazzo guidi?- gridò Philip che fino a un istante prima dormiva ma che il brusco cambio di rotta, oltre ad averlo svegliato, lo aveva catapultato addosso al finestrino. L’impronta della sua faccia rimase impressa sul vetro mentre sulla fronte gli spuntava un bernoccolo alla velocità della luce.
-Non davanti ai bambini!- lo redarguì Jenny, stringendo al petto Joy, svegliata anche lei di colpo.
Dietro di loro Tom continuava a urlare disperato.
-Dov’è Katy? Dov’è Katy?-
La cercarono dappertutto, persino tra le cianfrusaglie in fondo al furgone. Non c’era. La figlia di Holly e Patty non era lì con loro.
-L’abbiamo dimenticata all’autogrill?- ipotizzò Amy, atterrita al solo pensiero.
-Era con te!- l’assalì Tom.
-No! Non era con me! Io le ho comprato una maglietta e mentre facevo la fila alla cassa si è allontanata con Peter.-
Tutti gli occhi si spostarono sul bambino.
-Sono andato dal mio papà.-
Gli occhi dei ragazzi si trasferirono su Philip.
-Sì.- ammise lui -Sono venuti da me perché avevo promesso a Peter di comprargli un pallone.- e infatti il pallone giaceva tra le cianfrusaglie visto che il bambino se n’era già stancato -Mentre sceglievamo la palla, Evelyn l’ha portata a vedere le bambole.-
-Non gliene piaceva nessuna.- si scagionò lei -Mi ha detto che aveva sete e allora siamo tornate al bar. Le ho comprato una bottiglietta d’acqua e l’ho lasciata con Mark che stava finendo la colazione.-
-Quando mi sono alzato per andare in bagno lei era ancora seduta al tavolo con Benji. Stavano facendo qualcosa con un tovagliolo di carta.-
-Abbiamo costruito un aquilone.- disse il portiere -Poi mi ha detto che andava fuori a farlo volare. Tom era accanto al furgoncino, ho pensato che andasse da lui.-
-Da me non è mai arrivata!- gridò sotto shock -E adesso? Mi denunceranno per abbandono di minore! E tutto quello che ho fatto per lei in questi giorni verrà cancellato con un colpo di spugna!-
-Se non ti calmi un colpo verrà a te. Torniamo indietro a riprenderla, o non ti pagheranno neppure.- Mark rimise in moto e partì con una sgommata.
-Come cazzo guidi?- domandò una vocina maschile in seconda fila.
-Peter!- l’occhiata di disapprovazione di Jenny si riversò al completo addosso al suo papà.
Il bambino non si accorse degli sguardi, accusatore e colpevole, che si scambiarono i suoi genitori molto oltre la sua testa, aveva cose più importanti a cui pensare. Si puntellò sulle gambe della mamma e si sporse in avanti.
-Signore...- bussò sulla spalla di Benji -Lo costruisci anche a me un aquilone?-
Dovettero percorrere quasi venti chilometri prima di trovare il modo di uscire dalla superstrada e rientrare in senso inverso. Così arrivarono all’autogrill quasi un’ora dopo averlo lasciato.
Si sparpagliarono nell’edificio frugando i negozi, il ristorante, il bar, i bagni, ogni locale da cima a fondo. Chiesero a chiunque, fecero girare un annuncio agli altoparlanti e dopo quasi mezz’ora di ricerche si ritrovarono all’esterno, affranti e sfiduciati.
-L’hanno rapita.- Tom si sarebbe strappato i capelli dalla disperazione, se le sue mani non avessero stretto il giacchino che Katy aveva lasciato in macchina. L’unica testimonianza della sua esistenza.

Patty non avrebbe mai più, mai più chiesto a Tom di tenere sua figlia. Lo aveva detto mille volte a Holly che sarebbe stato molto meglio rivolgersi a una tata esperta. Invece no, lui si era intestardito con Tom. Non che volesse risparmiare, di soldi loro ne avevano a palate. Ma la fiducia che aveva nel compagno di squadra era pressoché totale. E adesso, per non averle dato retta, avevano recuperato Katy in un autogrill sulla superstrada, seduta sui gradini del giardinetto accanto al bar, che piangeva come una fontana. Avevano cercato Tom nei paraggi e non lo avevano trovato. Nessuna traccia di lui, come se si fosse volatilizzato. Tanto che Holly aveva persino cominciato a preoccuparsi. Ma come aveva detto “ah”, Patty aveva sollevato una mano per fermarlo. “Non mi interessa, che fine abbia fatto. Non ho intenzione di cercarlo.”
Figuriamoci. Aveva abbandonato la loro preziosissima figlioletta e lei doveva preoccuparsi che non gli fosse accaduto niente? Roba da matti! Patty si augurò con tutta se stessa che Tom non avesse mai, mai si ripeté, neppure un figlio. Chi dimenticava i bambini per strada, non meritava di diventare padre.
Con una punta di preoccupazione che ancora la pungolava dentro, si volse a guardare la bambina  dormire tranquilla nello spazio ricavato tra il banchetto dei libri e le casse che li avevano contenuti prima di venire esposti al pubblico. Patty aveva sempre adorato partecipare ai mercatini e che stavolta l’intero ricavato andasse all’associazione Tienimi con te, che si prendeva cura di cani e gatti abbandonati era uno stimolo in più a recuperare sostanziose offerte. Anche Katy era stata abbandonata sull’autostrada, proprio come succedeva ai quadrupedi più sfortunati. Detestava tanta crudeltà, ma detestava ancor di più Tom. Non vedeva l’ora di avercelo davanti per saltargli al collo e strozzarlo lentamente, molto lentamente. Voleva vederlo diventare prima tutto rosso, poi pian piano cianotico, infine vederlo boccheggiare come una carpa all’amo mentre gli occhi gli si spalancavano e gli uscivano dalle orbite e alla fine…
-Tesoro, mi passi Sotto le stelle si balla?-
Patty allungò il libro a Holly, lui aprì la prima pagina, tracciò un autografo, lo porse alla donna che lo reclamava e prese in cambio una generosissima offerta.
Il ragazzo la infilò entusiasta nel bussolotto.
-Se andiamo avanti così finiremo per le cinque.-
La sua idea di vendere libri autografati, stava andando alla grande. Avevano già svuotato tre scatole su dieci. Alla gente non interessava il libro ma la firma di Holly e si portava via qualsiasi titolo senza andare troppo per il sottile. Un ragazzino si era allontanato sventolando entusiasta 21 posizioni di yoga, una nonnina aveva comprato Idraulico fai da te e un uomo grande e grosso aveva chiesto Schemi al punto croce per tutte le stagioni, perché il formato del libro era più grande, lui era precocemente presbite e voleva godersi l’autografo del capitano anche senza occhiali.

-Senti, Tom!- si spazientì Mark, tirando fuori la testa e parte del corpo dal furgone e passandosi un braccio sulla fronte per scostarsi i capelli dagli occhi -Sono d’accordo sul fatto che se quella pulce è sparita la colpa è tua! Che Patty e Holly non dovevano lasciartela! Che non sei in grado di prenderti cura di un bambino! Che fidarsi di te è come consegnare una banana a una scimmia.- già alla terza mazzata Becker aveva cominciato a rimpicciolirsi, consumato dai sensi di colpa -Che è assurdo pretendere di far emergere una vena paterna dove non esiste, visto che non soltanto non sei padre, ma neppure fidanzato! Che sarebbe stato meglio lasciare la marmocchia a Jack lo Squartatore, perché anche se a pezzi, almeno l’avremmo ritrovata! Che se...-
-Piantala, Mark!- lo fermò Philip -La colpa non è soltanto di Tom! Avremmo dovuto tenere tutti gli occhi aperti!-
-Io li ho tenuti. E infatti nonostante l’invasione che ho subito, non ho perso nulla del mio prezioso carico. E quello che ho perso, l’ho perso a causa vostra. Ecco sì! Questa sì che è colpa vostra! Comunque le chiacchiere stanno a zero. Mentre io preparo lo stand, voi andate a denunciare la scomparsa della pulce così Tom si mette l’anima in pace.-
-Se la metterebbe se la ritrovassimo.-
-Vado con Tom.- disse Benji -Non me la sento di lasciarlo da solo.-
Bruce non era mica scemo.
-Non ti frega niente di Tom. Il problema è che non ti va di sgobbare, di scaricare l’immondizia dal furgone e…-
-Cosa hai detto, Harper? Come hai chiamato tutto questo bendiddio? Sai che una piccola parte di benzina che useremo al ritorno la pagherò grazie ai guadagni di oggi? Una piccolissima parte in verità, perché voi contribuirete. Divideremo per dodici, come al solito.-
-Dodici? Perché dodici?- chiese Philip a cui non soltanto non tornavano i conti, ma stava pagando la sua quota di benzina da prima che raccogliessero Julian e Amy per strada. Ora s’era francamente stufato -Siamo nove, non dodici. Hai contato bene? Jenny ed io, Julian e Amy, Evelyn e Bruce, tu, Benji e Tom.-
-Callaghan, sei tu che non sai contare. Tu e Jenny valete per quattro. E poi c’è la marmocchia di Holly.-
Philip lo fissò incredulo.
-I bambini non pagano. Non pagano mai. Non lo sai?-
-Intendi far pagare la bambina che abbiamo perso per strada?- domandò Julian -Non ci posso credere.-
-Si suppone che la ritroveremo. Giusto?- Tom annuì con pari speranza e convinzione -E i bambini occupano posto, Philip. POSTO. Quindi pagano.-
-Anche il tuo carico occupa posto. Lo fai pagare?-
Mark, stufo di quella discussione che tra l’altro rallentava il suo lavoro perché invece di dargli una mano erano tutti impalati ad ascoltare, concluse:
-Posso mettere in vendita la tua prole, allora? Perché tra loro e il mio carico c’è una bella differenza. Il carico occupa posto e lo vendo. I tuoi figli occupano posto e stasera li porteremo via con noi. Se hai finito di cianciare cose inutili, ricordati che sei qui solo per darmi una mano!-
Tenendo in braccio Joy che tranquilla e beata si succhiava il pollice, Jenny lo osservò riprendere a scaricare le cianfrusaglie di cui era carico il furgone. E più lo guardava e più si chiedeva come fossero riusciti a entrare tutti quanti lì dentro.
-Fortuna che dividiamo la benzina, Mark. Davvero pensi di vendere quegli oggetti?-
-Vedrai! Ho il senso degli affari, io.-
Benji li ascoltò solo in parte. Avrebbe avuto molto da commentare sulle parole di Mark, ma preferiva che gli amici si dimenticassero di lui. Mai, mai avrebbe ficcato le sue preziose mani in mezzo a quei relitti, che erano stati riportati alla luce chissà da quale logoro e fetido cassonetto dell’immondizia. E poi mai e poi mai avrebbe lavorato, faticato, sgobbato per e sotto la direzione di Landers.
-Andiamo Tom.- gli disse e lo trascinò via.
-Cercate di non metterci tutto il giorno!- gli gridò dietro Mark, che rinunciava volentieri all’aiuto di Price ma non a quello di Becker.
Peter si sganciò dalla mano di Philip e corse dietro ai due.
-Posso venire con voi? Posso aiutarvi a cercare Katy? Sono un detective! Adesso entro in un telefono e poi volo.-
Benji lo guardò.
-Questo bambino non ha le idee chiare. Confonde Sherlock Holmes con Superman.-
Tom rise e lo prese per mano. Peter afferrò le dita del portiere e, aggrappato come una scimmia a un ramo, cominciò a dondolarsi tra loro, emettendo dei versi che parevano l’incrocio tra il fischio di un treno e il rombo dei motori di un jet al decollo.
Jenny li osservò allontanarsi con un filo di preoccupazione.
-Philip, possiamo fidarci di Tom? E se sparisse anche Peter?-
Il ragazzo non aspettava altro.
-Hai ragione, vado con loro!- e corse via.
-A sgobbare sono sempre i più fessi.- borbottò Julian serafico.
   
 
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