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Autore: Stria93    16/05/2021    0 recensioni
Per il giovane Ciel è ora di andare a letto, e cosa c'è di meglio di un buon racconto poliziesco prima di addormentarsi?
Tra maggiordomi demoniaci in vena di battute e riflessioni pseudo-filosofiche, un altro piccolo spaccato della vita quotidiana al maniero dei Phantomhive.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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mastino

Le lancette di tutti gli orologi della casa puntavano sulle dieci esatte quando Sebastian, con puntualità impeccabile, bussò con garbo alla porta dello studio. - Padroncino? -

Non ottenendo alcuna risposta dall'interno, si permise di abbassare la maniglia ed entrare nella stanza.

- Perdonatemi, padroncino, è ora di prepararvi per la nott... Oh, cielo. -

Il conte sonnecchiava seduto alla scrivania, la testa reclinata da un lato appoggiata sulle nocche e la bocca leggermente dischiusa che emetteva un lieve sibilo ad ogni respiro.

Sebastian scosse la testa, lo spirito conteso tra il divertimento e l'esasperazione.

- Ma che visione incantevole. - mormorò, ironico. - Povero me. Addormentarsi così sgraziatamente ancora vestito di tutto punto e per di più proprio di fronte alla finestra con il lume acceso accanto a sé. Il bersaglio ideale per chiunque voglia attentare alla sua vita, e lo sa il diavolo in quanti avrebbero valide ragioni per provarci. A volte il padroncino è così sconsiderato. -

Il maggiordomo emise un sospiro di rassegnazione, si avvicinò al ragazzino assopito e gli scosse delicatamente una spalla. - Signorino? -

Ciel mugugnò qualcosa di incomprensibile prima di sollevare la palpebra dell'occhio sinistro rivelandone l'iride color acquamarina, offuscata dalla nebbia del sonno breve in cui era caduto.

- Sebastian? -

Si guardò intorno con aria vagamente spaesata, tentando di orientarsi. Il demone si affrettò a dissipare la confusione dovuta al brusco risveglio, anticipando le sue domande. - Sono le 10, padroncino. È ora di andare a letto e, considerando lo stato deplorevole in cui vi ho appena trovato, direi che ne avete un gran bisogno. -

L'aspra replica del conte sfumò miseramente in uno sbadiglio. Ciel scostò la benda che occultava il sigillo del contratto posto nell'occhio destro e si stropicciò il volto con un sospiro stanco. - Sono quelle stupide lezioni di danza. - borbottò, a mo' di giustificazione. - Mrs. Mayerl è un'insegnante anche più esigente e severa di quanto lo sia tu. Non credevo fosse possibile. -

La bocca di Sebastian prese una piega beffarda. - Ah, capisco. Volete dire che il vostro fisico gracilino non può reggere neppure qualche giro di valzer? Sarà difficile spiegare a Lady Elizabeth che il suo promesso non potrà mai farle da cavaliere a un ballo senza poi crollare addormentato ancora prima di raggiungere il letto. -

Ciel gli rivolse uno sguardo truce. - Tieni a freno la lingua, demone. -

- Oh, non temete, signorino. - lo rassicurò il maggiordomo, senza smettere di ridacchiare e ammiccando con furbizia. - Terrò per me questo piccolo segreto. La vostra reputazione è al sicuro. -

Il conte sbuffò, infastidito dall'ilarità irriverente del suo servo, che pure si fondava nientemeno che sulla triste verità.

- Basta così. - tagliò corto, per nulla intenzionato a subire altre frecciatine. - Sono stanco ed è già piuttosto tardi. Andiamo. -

Sebastian chinò il capo. - Agli ordini, my Lord. - gli concesse qualche istante di silenzio prima di tornare a sogghignare, incapace di trattenersi. - Pensate di riuscire a camminare fino alla vostra camera o preferite che vi porti in braccio? -

Ciel si alzò, incenerendo il maggiordomo con una nuova occhiataccia. - Vedo che sei di umore particolarmente spiritoso questa sera. Buon per te, demonio. Ma vedi di non esagerare. -

- Vi chiedo scusa, padroncino. - rispose Sebastian, con un tono che di contrito non aveva proprio nulla.



Una ventina di minuti più tardi, il ragazzo giaceva nel grande letto a baldacchino tra una pila di cuscini candidi e vaporosi. Sebastian gli rimboccò le coperte con cura, rituale che, come maggiordomo, compiva ormai ogni sera da tre anni a quella parte.

Stava per congedarsi e augurare la buonanotte al padrone quando notò il suo sguardo vagare per la stanza, come se fosse in cerca di un dettaglio mancante.

- Qualcosa non va? - indagò.

Ciel scosse la testa, sbuffando. - Non è niente. Mi sono dimenticato lo Strand nello studio. - spiegò. - È stato appena pubblicato il nuovo capitolo dell'ultima storia del dottor Arthur. Pensavo di leggerlo prima di dormire. -

Sebastian annuì. - Capisco. Non disturbatevi, padroncino. Vado subito a prenderlo. -

Il ragazzino assentì con un cenno imperioso del capo e si lasciò andare contro i cuscini socchiudendo le palpebre pesanti, in attesa del suo ritorno.

Quando il maggiordomo rientrò nella camera reggendo il giornale, scoprì il giovane Ciel profondamente addormentato, abbandonato tra le coltri. Pareva dormisse da ore invece che da una manciata di minuti.

Sebastian scosse la testa e sospirò nuovamente. Ancora una volta, si era dato da fare per nulla. Aveva ormai perso il conto di tutte le occasioni in cui i suoi sforzi, per quanto minimi, avevano finito per infrangersi contro il muro del temperamento volubile, testardo, capriccioso (a volte anche sadico) del suo attuale contraente. Anche se, in tutta franchezza, non poteva riconoscergli alcuna colpa per essere stato vinto dal sonno e dalla stanchezza dopo una lunga giornata scandita da impegni di studio e incontri d'affari riguardanti la compagnia di cui era a capo nonostante la giovanissima età.

Posò il candelabro sul comodino, accanto alla benda e ai due anelli che durante il giorno adornavano le dita del conte e simboleggiavano il suo status; sistemò meglio le coperte che avvolgevano il signorino, dopodiché gettò un'occhiata alla pagina della rivista occupata dall'ultima fatica letteraria di Arthur Conan Doyle.

Dopo gli eventi eccezionali accaduti durante il soggiorno alla residenza Phantomhive e la sconcertante sequela di rivelazioni che l'avevano travolto in seguito, la penna del dottor Doyle aveva ripreso a partorire storie su storie. Sebastian sorrise con soddisfazione, lieto che il suo stratagemma avesse dato i frutti sperati: era certo che scuotere un po' la mente piatta del dottore con un piccolo shock lo avrebbe portato a ritrovare la creatività, l'entusiasmo e la motivazione per dedicarsi alla stesura di quei romanzi polizieschi che il padroncino trovava così avvincenti. A differenza dei suoi coetanei, il ragazzo non traeva diletto da molte attività, ma sembrava che la lettura di quei racconti costituisse un diversivo efficace per distogliere almeno per un po' la sua mente dal pensiero assillante della vendetta e dalle preoccupazioni quotidiane.

La nuova avventura del formidabile Sherlock Holmes si intitolava Il mastino dei Baskerville. Il demone inclinò le labbra in un sorrisetto: era alquanto bizzarro che proprio Lord Phantomhive, il Cane da Guardia della Regina, leggesse uno scritto con quel titolo.

Per curiosità, scorse qualche riga del capitolo e la sua attenzione venne catturata da un passaggio in particolare:

Ma se io possiedo una qualità che sia una, questa consiste nel mio buonsenso, e nulla potrà persuadermi a dar retta ad assurdità del genere. Se questo accadesse, mi parrebbe di scendere al livello di questi poveri zotici, che non solo credono fermamente in una bestia infernale ma addirittura pretendono di descriverla e asseriscono di averla vista sputar fuoco e fiamme dalla bocca e dagli occhi. Sherlock Holmes non crederebbe certo a simili fandonie, e io non ci credo per sua delega.”*

A Sebastian non sfuggì l'ironia della situazione. Il dottor Doyle aveva infatti investito il personaggio di John Watson di quella stessa arroganza intellettuale tipica dell'uomo moderno di cui egli stesso aveva dato prova di fronte alla straordinarietà dell'esperienza vissuta al maniero dei Phantomhive. La verità dei fatti si era dispiegata come un nastro davanti ai suoi occhi sempre più sbarrati, prendendo le sembianze di un'evidenza terrificante, del tutto inconciliabile con il razionalismo scientifico, eppure di una coerenza inoppugnabile. Nel momento in cui aveva finalmente aperto la mente e colto un barlume della sua vera natura, Sebastian aveva fugato ogni dubbio residuo e gli si era mostrato per ciò che era in realtà, spaventandolo a morte. Lo scetticismo iniziale del povero dottore si era quindi tramutato in una sbigottita certezza, impossibile da negare o razionalizzare. Impossibile da ricondurre a quei principi che i suoi studi di uomo di scienza indicavano come leggi fondamentali assolute sulle quali si reggeva il mondo e che, di certo, non contemplavano l'intervento di entità demoniache nelle faccende umane.

Al di là di ciò che aveva presentato come l'opinione di Watson, il buon dottor Arthur sapeva perfettamente che le bestie infernali esistevano eccome, sebbene non sputassero fuoco e fiamme... non tutte, almeno. In effetti, di recente, alcune se ne andavano in giro sotto le spoglie di eleganti maggiordomi in frac...

Il demone ridacchiò tra sé al pensiero appena formulato.

In ogni caso, quelle che sempre più spesso venivano etichettate come superstizioni e credenze “da zotici” corrispondevano al vero molto più di quanto si potesse immaginare. Ma la boriosa superbia degli umani non conosceva limiti e andava accrescendosi di pari passo con i progressi delle scienze. Le nuove scoperte alimentavano la loro arroganza piuttosto che farli riflettere su quanto ancora non conoscessero. Ma, del resto, erano proprio queste contraddizioni a rendere gli esseri umani così interessanti ai suoi occhi di demone.

Sebastian ripose la rivista sul comodino e recuperò il candelabro.

- Bene, allora. Vi auguro una buonanotte, padroncino. - sussurrò in direzione del ragazzo addormentato prima di spegnere con un soffio le tre fiammelle.



* A. C. Doyle, Il mastino dei Baskerville, Cap. 10, pg. 112



Nota dell'autrice:

Mi sono presa la libertà di anticipare di qualche anno la pubblicazione de Il mastino dei Baskerville, romanzo a puntate che appare sullo Strand Magazine a partire dall'agosto del 1901. La voglia di scrivere questa storia era troppo forte per lasciarmi fermare da un'incoerenza temporale. E poi, seriamente, vogliamo parlare del fatto che Yana Toboso ha inserito nel manga telefoni, carri armati, dispositivi di rilevamento, boy band e quant'altro? :D

  
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