Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! 5D's
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Autore: Aki_chan_97    17/05/2021    1 recensioni
Il regno di Domino era straordinariamente cambiato nel corso di un solo decennio. Da quando era finita la guerra, persino i draghi erano diventati più pacifici nei confronti degli umani, e le due specie coesistevano in pace. La magia permeava il mondo condiviso da uomini, maghi, streghe, e creature magiche; essa è un prezioso nettare prodotto da qualunque essere magico, nonché dalla terra stessa. I draghi ne rappresentano la massima fonte nota. Tuttavia, uomini avidi avevano scoperto che la magia fosse estraibile. C’erano due possibilità: raccoglierne in esigue quantità dalla terra, o rubarla a creature viventi, spesso uccidendole. Però nelle terre del re questo era illegale. E poi, gli umani interessati alla magia erano pochissimi, e spesso lo erano per losche intenzioni. Ad ogni modo, il vero problema non era la ovvia criminalità. Il dramma era che il leggendario Libro dei Draghi era sparito, e nessuno se n’era accorto...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Sorpresa, Yusei Fudo
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 5: un tuffo nel passato
 
“Non incontriamo mai persone ordinarie nelle nostre vite.” ― C.S. Lewis
 
“Stardust, tu quanti anni hai?” domandò Yusei seduto su una zolla d’erba verde.
“Tu quanti anni mi daresti?” domandò il drago abbassando il muso in sua direzione.
“Ehm… 30?”
“Oh, magari. Purtroppo ne ho molti di più.”
“Cioè quanti?”
“Ho ben 350 anni!”
“Oh! Ed è tanto per un drago?”
“Beh, non proprio. Un drago può arrivare a mille anni, sono ancora giovane!”
“Oh…”
“Devo insegnarti ancora tanto, eh?”
Yusei annuì, sorridendo sereno. Il bambino e il drago erano seduti lungo un fiume circondato da piante rigogliose, ricco di bacche e piccoli frutti che Yusei aveva imparato a riconoscere uno ad uno per nutrirsi. Aveva scoperto una grande passione per le more e i mirtilli. Coi funghi non se la cavava ancora tanto bene, doveva importunare spesso Stardust per essere sicuro di riconoscerli, ma stava imparando. Alcuni erano commestibili già crudi, il che non gli dispiaceva. Gli evitava l’onere di dover cercare legna e sassi per il fuoco. Ad ogni modo, stava diventando un cacciatore provetto.
Erano passate diverse settimane dal loro primo incontro, ormai. Stardust ci aveva provato a riportarlo in città, magari da quella “Martha” che Yusei aveva nominato. Ma il ragazzino non ne voleva sapere di separarsi da lui. “Aspetta almeno finché non imparo a sopravvivere da solo nel bosco”, gli aveva chiesto. “Solo tu puoi insegnarmelo”, aveva aggiunto. “Imparo in fretta”, aveva assicurato. “Non mi sento pronto ad incontrare persone che non conosco… di te invece mi fido”, aveva confessato.
Il drago non riusciva a biasimarlo. In fin dei conti, era solo un bambino. Fra l’altro, era di indole piuttosto introversa, calma e obbediente. Stardust era abbastanza sicuro che fosse una cosa piuttosto rara per gli umani. E considerando quanto avesse passato, era sorpreso che non avesse perduto il controllo di se stesso. Però era ancora troppo sicuro di sé quando si avventurava nel bosco. Era capitato che avesse avuto la malaugurata idea di ficcare la testa in un largo buco sotto ad un pino prima di rendersi conto che fosse la tana di un tasso… Stardust lo aveva tirato via di lì con i denti prima che la bestiola potesse aggredirlo, ma non poteva di certo fargli da guardia ogni minuto, non era un baby sitter, e nemmeno un genitore!
Eppure, dopo tanti mesi passati in religioso silenzio, Stardust doveva ammettere che era bello avere qualcuno con cui parlare un po’. I draghi erano fondamentalmente creature solitarie, interagivano fra loro raramente. La compagnia faceva bene ai draghi come agli uomini. E Stardust non si era più annoiato da quando il ragazzino gli trotterellava attorno. Cosa che lo aveva rallegrato più di ogni aspettativa. La noia non la sopportava. Secoli di noia da vivere non erano quello che voleva, in un certo senso gli facevano paura. Per questo aveva acconsentito a tenerselo attorno. E poi, proteggere altre creature più piccole gli riusciva bene. La sua stessa magia lo rendeva lo scudo vivente perfetto. Questa consapevolezza gli dava un senso di scopo, di completezza. Perché la sua pelle poteva guarire, ma quella degli altri no.
“Ehi Stardust, gli altri draghi sono tutti come te?”
“Come me? Che intendi?”
“Parlano tanto?”
“Ehi! Non parlo così tanto! Ma comunque, se intendevi pacifici, non proprio, non tutti.”
“Ci sono draghi cattivi?”
“Cattivi è una parola grossa... alcuni sono molto arrabbiati con gli umani.”
“Arrabbiati?”
“Beh, sì. Gli umani fanno cose brutte a tutte le creature, si uccidono perfino tra di loro. Lo sappiamo bene sia io che te, con quello che ci è capitato.”
Yusei si toccò il mento sovrappensiero. Era proprio vero. Si voltò, alzando gli occhi blu verso Stardust.
“Allora anche tu odi gli umani?”
Il drago rise.
“Nah, solo alcuni. Tipo quelli che hanno bruciato il tuo villaggio, quelli me li mangerei in un sol boccone.”
“E quelli come me?”
“Quelli come te li uso come stuzzicadenti quando ho finito coi primi.”
“Eddai, Stardust!”
Il drago rispose con un buffetto di coda sulla schiena del bambino, emettendo una vibrazione simile ad una risata.
Il ragazzino decise di rifugiarsi all’ombra delle ali del suo amico e di stendersi un po' a riposare. Era il suo angoletto preferito per dormire. Lì niente lo poteva ferire. Non era come le braccia della mamma, ma di sicuro il meglio che aveva in quel momento. Era molto grato al drago per questo. E poi stava bene vicino a lui. Lo sentiva persino nel suo corpo. Il suo cuore malinconico gli sembrava più leggero, si sentiva rilassato e quando dormiva si risvegliava forte e di buon umore. Forse era merito della magia. Non riusciva a pensare di separarsi da lui, almeno non per il tempo presente. Sì, un giorno sarebbe tornato nella civiltà, ne aveva comunque bisogno, ma non prima di aver trovato un modo per tornare da Stardust. Non sopportava l’idea di non poterlo vedere più per sempre.
Però era da molto che non aveva notizie di quello che succedeva nel regno. Ricordava che ci fossero tensioni con Aracnos, e che comunque le guerriglie erano aumentate per svariati motivi anche nei villaggi vicini. Lui non era un esperto di politica, non comprendeva il motivo di quelle insurrezioni, né che relazioni ci fossero tra di esse. Non era sicuro che la situazione fosse migliorata, al contrario. A furia di ascoltare le lamentele della povera gente, si era fatto una certa idea, cioè che le cose dovevano peggiorare, sempre, quasi fosse una legge cosmica a cui nessuna epoca poteva sottrarsi. Potenti sempre più corrotti, masse sempre più violente… quando si sarebbero fermati gli adulti? Cosa era necessario per cambiare direzione degli eventi? Un cataclisma? Oppure un miracolo?
“Ehi, Yusei, tirati su. Qualcosa non va. Senti queste vibrazioni?”
“No, io non sento niente…”
“Non sono vibrazioni magiche. Sono fisiche. Vengono dal suolo.”
“Dal suolo?”
“Sì. Ma non è un terremoto. Sembra più una mandria che corre... Che succede?”
“Siamo in pericolo?!”
“Non credo. Non io e te, almeno.”
“Possiamo vedere dall’alto?”
“Va bene, ma stai attento quando sali.”
Il drago abbassò il lungo collo a terra e il bambino saltò agilmente cavalcioni sulle sue ampie spalle. Con un balzo, cominciò a sbattere le ali per salire oltre le cime degli alberi. Avanzarono finché non furono sulla sommità del colle. Sul versante adiacente, si stendeva un ampio prato arso dal sole. Torri di polvere si alzavano dalla steppa, dove un’enorme schiera di cavalli, cavalieri e vessilli rossi marciava al suono di una tromba lontana. Erano di fronte ad un campo di battaglia. Dalla parte opposta si intravedevano nubi di polvere grigia e alabarde scure nel mezzo. Si avvicinava un altro esercito. Il cui vessillo era invece blu.
“Stardust, che succede?! Perché tutti quei soldati?!”
“Il regno di Domino sembra in guerra, credo con Aracnos. Non so perché, però.”
“Ma non eravamo in guerra prima!”
“Le cose devono essere cambiate in fretta dopo che il tuo villaggio è stato bruciato.”
“Ma se adesso attaccano anche il regno, non potrò ritrovare Martha! Cosa succederà?!”
“Non ho una sfera di cristallo, non predico il futuro. Ma immagino un disastro.”
“Non puoi fare qualcosa?!”
“E che dovrei fare?! I draghi non devono immischiarsi. Non ho niente a che fare con loro!”
“Ma io sì!”
“Ma cosa pretendi da me?! Sono un drago!”
“Esatto! Tu hai il potere di fermarli!”
“Mi stai sopravvalutando…”
“No, ti dico che puoi farlo!”
“E che dovrei fare? Piantarmi là in mezzo e dire “ehi, fermatevi”?”
“Beh, sì, qualcosa del genere!”
“Tch, e io che ti prendo sul serio…”
Il drago atterrò sconsolato, mentre Yusei si agitò disperatamente per protesta. Se non interveniva un drago, chi poteva farlo?!
“Lascia stare, ragazzino. Per certe cose non c’è niente da fare.”
“No, non è giusto! Tanti uomini moriranno, e loro non hanno fatto niente di male!”
“Lo so, purtroppo. Gli uomini si condannano da soli a queste tragedie.  Ma resta il fatto che non hai garanzie che il tuo piano funzioni.”
“Ma… dobbiamo provarci…”
“Tu sei libero di fare quello che vuoi, ma perché chiedi a me di fare qualcosa?”
“Se avessi avuto i tuoi poteri, io sarei già intervenuto!”
“Saresti davvero andato fra quei due eserciti…?”
“Certo! E poi avrei cercato il re, per parlarci! Oh, giusto! -Yusei batté un pugno nel palmo della mano opposta – Potresti fare così!”
“Tu scherzi.”
Il ragazzino scosse con decisione la testa. Negativo.
“Sei troppo minimalista. Ma forse ho un’idea… è dannatamente semplice, ma non ho di meglio. Potremmo fare come dici, però se ci attaccano e basta, taglio la corda e fine della storia. Chiaro?”
“Si, d’accordissimo!”
“Bene. Tieniti forte, amico.”
Stardust si abbassò a terra, per poi saltar su come una molla. Volò in alto, molti metri sopra gli alberi, precipitandosi poi sul campo di battaglia. Gli schieramenti opposti si stavano avvicinando pericolosamente, ormai tutti i cavalieri erano pronti in riga, e i generali si accingevano a dare nuovi ordini, quando la mitica creatura alabastro comparve nel cielo, planando sul campo di battaglia con un ruggito. Sputò fuoco blu falciando il terreno sottostante in due perfette metà. Il getto magico fu così intenso da scavare un solco largo e profondo proprio tra i due eserciti. I fumi ardenti e la profondità della divisione impedivano a qualsiasi soldato di avventurarsi dal lato opposto. I cavalli imbizzarriti costrinsero i soldati a rompere la formazione. Puntarono gli archi sul drago e scagliarono frecce, ma Stardust volò troppo in alto perché potessero raggiungerlo. Yusei si aggrappò con tutte le forze alla sua armatura. Da lì, poteva vedere perfettamente l’estensione delle due armate, come una macchia nera nel prato verde e giallo. Si muovevano come uno sciame di vespe confuse.
Il comandante Ushio era scioccato. In tanti anni di servizio alla corona di re Goodwin, non aveva mai visto niente del genere. Un drago era intervenuto sul campo di battaglia. Non era venuto da Aracnos, non poteva essere stato mandato dai loro avversari. Se i suoi occhi non lo tradivano, poteva giurare di aver visto una persona sulle spalle del drago, forse un bambino… nulla di quello che avesse davanti poteva avere una spiegazione plausibile. Estrasse la spada avanzando rispetto agli altri soldati tenendo gli occhi puntati sul drago.
“Drago! A che gioco state giocando?!” gridò al cielo.
Stardust guardò bene la vallata. Cercò di capire chi di loro avesse il comando. Scrutò le file, le armature, gli equipaggiamenti, cercando di separare l’agglomerato dei soldati semplici da quelli che invece avevano il comando. Individuò un uomo per ognuno dei due schieramenti. Si muovevano da soli, circumnavigando perifericamente i gruppi più massicci di soldati. Avevano un mantello, a differenza di molti altri. Non sembravano reali, l’equipaggiamento non era elaborato a sufficienza. Piuttosto, generali di alto rango.
Ushio scrutò la creatura sopra di loro. Il drago era fermo nello stesso punto del cielo da uno o due minuti. Non li stava attaccando. Li stava studiando. Perché?
I soldati avevano smesso di attaccare. Gli occhi di entrambi gli schieramenti erano puntati nel cielo. All’improvviso, Stardust scese giù in picchiata, virando all’ultimo momento per rasentare terra, abbastanza da raggiungere gli uomini con le sue zampe. Ushio si accorse a malapena di cosa accadde.
Un artiglio lo afferrò, strattonandolo via da cavallo. Commilitoni corsero loro dietro, gli lanciarono frecce, ma nulla scalfì il drago. Anzi, dovettero fermarsi quando si resero conto che invece avrebbero potuto ferire il loro stesso capitano. Ushio si agitava inutilmente nella presa ferrea del drago. Cercò di resistere al vento forte e alla vertigine del volo, concentrandosi su dove il drago lo stesse portando. La creatura volteggiò un paio di volte, prima di planare di nuovo a ridosso delle truppe di Aracnos. Improvvisamente, afferrò un altro uomo, alto e muscoloso, calvo e abbronzato, che Ushio riconobbe come il generale Devak.
“Certo che siete pesanti…” borbottò il drago, tirandosi su nel cielo. Ruggì verso il suolo con forza, nel tentativo di disperdere i soldati su entrambi i fronti a forza di onde d’urto. Non avevano più nulla da fare lì.
Dopo di che, volò dritto in direzione di Aracnos. I generali gridavano contemporaneamente per attirare l’attenzione del drago.
“Ehi tu! Perché ci hai rapiti?! Dove stiamo andando?!” gridò Devak dall’altro artiglio.
“Vi porto dal re di Aracnos. I re di questo continente non vanno mai sul fronte. Una guerra non è quello di cui questa terra ha bisogno. Dovete risolverla senza le armi.” rispose.
“Ma tu cosa sai delle nostre guerre?!”
“So tutte le disastrose conseguenze. E adesso dacci un taglio, se non vuoi cadere come un uovo dal nido.”
Il forte e coraggioso Devak non fiatò più.
Il volo non durò molto. Il drago si avviò al piazzale del castello, dove molte guardie tentarono di radunarsi e attaccare la creatura, ma furono costrette a fermarsi, perché il loro generale Devak si sbracciava disperatamente, segnalando la sua presenza e probabilmente supplicandoli di non mettere a repentaglio l’incolumità del loro stesso concittadino. D'altro canto, un drago che teneva due generali fra le zampe e un bambino sul dorso di certo non era una vista comune…
“Chiamate il re, devo parlare con lui.” esordì Stardust, ringhiando severo.
Molte guardie nel piazzale ovviamente sollevarono le armi in diniego, qualcuno scagliò frecce sulle ali del drago, ma esse non produssero il minimo danno. Ottennero solo di irritare il drago ulteriormente. Poco dopo fu il re stesso a presentarsi fuori dalle mura, ignorando servitù e guardie che cercavano di trattenerlo.
“Che cosa succede? Devak?! Che ci fai lì?! Che fine ha fatto l’esercito?!”
“Vostra Maestà Rudger! Noi-”
“Ssh, parlo io qui” lo interruppe Stardust. “Nessun soldato si farà male, oggi. Ma devo sapere perché volete fare questa pazzia. Questa terra non ha bisogno di altri conflitti. Attento, perché a un drago non si mente.”
Il re impallidì. Questa bestia stava veramente facendo tutto questo per evitare la loro guerra? Perché?!
“Io…”
“Allora?” incalzò Stardust. Il re sospirò.
“E va bene. Non ho niente da nascondere, quindi te lo racconterò. Le ho provate tutte, drago. Ma la situazione è ormai insostenibile. Mio fratello è circondato da gente che vuole spingerlo ad attentare al mio regno, e ne è succube. Non ha più rispettato determinati patti, e infine mi ha lanciato false accuse, alla ricerca di un pretesto per attaccarmi!”
“Ma quante ciance!” lo interruppe Ushio, nero dalla rabbia, “Voi avete ordinato l’assassinio di re Goodwin! L’avete fatto quasi ammazzare! Come potete fare la parte della vittima?!” Forse lo avrebbe assalito se non fosse stato serrato dall’artiglio del drago.
“Perché io non ho voluto ordinare un bel niente! Non sono stato io a mandare quella spia!” si difese il re di Aracnos.
“Bugiardo, aveva un pugnale col vessillo ufficiale del tuo regno e una lettera con la tua ceralacca sopra! Come puoi mentire così?! Sono anni che cerchi di sottrarre terre a tuo fratello per ricavarne tasse! Una vittoria di guerra ti farebbe più che comodo!”
“Io non mento, e non devo di certo giustificarmi a te! Il drago sa che ho detto la verità, giusto?”
Stardust assottigliò lo sguardo. “Vero. Non menti - affermò, con gran stupore di Ushio- ma mi nascondi lo stesso qualcosa, vero?” suggerì, mostrando i denti. Rudger sbiancò visibilmente. Devak e Ushio si guardarono all’unisono, sorpresi e confusi. Cosa c’era che non sapevano?
“Drago, non posso parlare di questo adesso, non qui.”
“Capisco. Allora ti porto da tuo fratello, e ne parlerete a tu per tu.”
“Ma perché?!”
“Perché questa faccenda riguarda tutti e due. Dovete parlare, ma in mia presenza.”
“Ma… che garanzie ho che arriverò sano e salvo fin laggiù?!”
“Se avessi voluto la tua morte, non ci avrei messo molto a friggerti qui e adesso.”
“Non fa una piega… Ma porti con te troppe persone, come hai intenzione di fare?”
“Ah non c’è problema per questo – rassicurò Stardust, spostando Ushio sulla sua schiena – Yusei, da bravo, fai spazio al re. Posso portare un’ultima persona.”
“Perdonami se te lo chiedo drago, ma chi è quel bambino?” inquisì il re.
“Oh, lui è Yusei. Lo ringrazierete più tardi. Ora dobbiamo andare.”
Il re di Aracnos, ancora pieno di domande, si avvicinò cautamente all’immensa creatura. Furono molte le guardie che cercarono di dissuaderlo, ma il re rassicurò tutti. Aveva una bizzarra sensazione nelle viscere, come se nonostante la prudenza umana, avrebbe potuto fidarsi di una creatura celestiale.
Stardust prese il volo cautamente, stavolta carico di tre uomini e mezzo. Rudger si teneva stretto al suo collo, troppo liscio per dargli la massima sicurezza di non cadere. Al contrario, il bambino sembrava molto meno preoccupato di tali rischi. Sorvolarono i pini e gli abeti di diversi ettari di terra, una vista che in effetti nessuno di quei tre uomini aveva mai immaginato di poter ammirare nella loro breve vita. Videro i villaggi, le strade, i cittadini grandi come formiche, i carri che circolavano indisturbati come in un immenso formicaio, e il re si beò di quella visione magnifica unitamente all’ebbrezza del volo.
Rudger era re di tutte quelle cose, una sua parola aveva il potere di cambiare quello che vedeva. Si chiese quanto fosse giusto affidare ad un essere umano una responsabilità del genere, perché se le sue parole fossero stati crudeli, avrebbe potuto distruggere ogni cosa bella che ora ammirava. Ma dalle sale del castello era tutto molto più semplice, ormai si era abituato ad avere tutto quel potere fra le mani, ma era come se il cielo volesse dargli una lezione su quello che avrebbe dovuto sempre considerare prima di parlare. Si chiese anche se il suo “segreto” potesse aggiungere qualcosa a quanto già possedesse. Perché in effetti poteva attenderlo tanto una benedizione quando una tremenda maledizione. E il drago era l’unico a capirne qualcosa in più, fra i due.
Non passò molto tempo prima che Stardust raggiungesse il cuore del regno di Domino. Ma a differenza della sua precedente spedizione, ad accoglierlo trovò degli arcieri più preparati. I dardi che lo raggiunsero bruciavano maledettamente, doveva esserci lo zampino di qualche mago esperto… cercò di alzarsi il più possibile in volo, ma la stanchezza e gli attacchi fastidiosi gli resero le manovre non poco difficili, e fu così che l’atterraggio nelle mura del castello fu molto più brusco del previsto: Yusei e Rudger riuscirono a restare aggrappati al collo del drago, mentre Devak e Ushio furono lasciati andare al momento esatto dell’impatto, rotolando fuori dagli artigli del drago, colpendo involontariamente nobili e guardie lì presenti che non erano riuscite a scappare via…
“Cosa diavolo sta succedendo qui?!” si sentì urlare dal portico quando la nube di polvere sollevata dal drago si diradò.
Rudger scese cautamente dal dorso di Stardust. Devak e Ushio si rimisero in piedi, un po’ scombussolati, ma tutti d’un pezzo. I presenti, invece, erano tutti fuggiti via urlando. Innumerevoli guardie si piazzarono in cima alle ampie mura puntando gli archi e le balestre sul drago, ma Ushio segnalò loro con ampi gesti di non attaccare. Tutti i militari lo riconobbero, confusi.
Stardust sollevò il sinuoso collo, scuotendo la testa. Ce l’aveva fatta, ma aveva scoperto a sue spese che il re di Domino avesse dato armi incantate ai suoi balestrieri. Non era così alla corte di Aracnos. Era grave, oltre che sleale. La magia non doveva stare in mano agli umani. In cuor suo, non avrebbe dato garanzie sull’incolumità di Rex se non avesse collaborato. Osservò il re dai capelli argentei venire avanti con una certa curiosità. Ma proprio la sua corona attirò la sua attenzione: quelle pietre non erano gioielli normali… la testa del re sembrava infestata di magia. Stardust separò le file di denti acuminati emettendo vibrazioni basse.
Ushio corse incontro al re, scusandosi del disastro e spiegandogli quanto fosse accaduto nel tempo precedente. Poi si avvicinarono anche Devak e Rudger.
“Fratello?! Come puoi tu essere qui?!” esordì Rex.
“Lui è qui perché avete affari di cui discutere – latrò al suo posto Stardust -  e se ti azzardi a sfiorarlo con un solo dito, o a ordinare ai tuoi uomini di fare loro del male, ti assicuro che dovrai fare i conti con me.”
Rex alzò lentamente le mani in segno di resa. “Come vuoi, drago. Ascolterò quanto avete da dire. Ma dovresti minacciare anche a lui, perché fra i due sono io quello che è stato quasi ucciso. Il suo sicario è proprio qui a marcire nelle segrete, se non ci credi.”
“Bugiardo-” ribatté Rudger, interrotto dalla zampa del drago.
“So che hanno cercato di ucciderti, ma non c’entra tuo fratello. L’ho visto nel suo cuore. Non mi ha mentito.” ribatté il drago. Questa storia già puzzava di marcio. Rex non mentiva sul sicario, ma non aveva la minima intenzione di credere alle sue buone intenzioni.
“Non mi fido di te, drago! Vuoi forse il nostro male? Perché vieni a farti gli affari nostri?!” lo accusò Rex.
“Perché gliel’ho chiesto io!” esclamò Yusei. Tutti gli occhi si puntarono su quel ragazzino rimasto fino ad allora nascosto dietro l’imponente sagoma del drago. Il piccolo era ora sceso a terra, di fronte a Stardust, con fare dignitoso. Dal suo aspetto un po’ trascurato, si poteva intuire che fosse rimasto per parecchio assieme a quella creatura, presumibilmente nel bosco. La domanda era: come? Come aveva fatto un ragazzino ad avvicinarsi a un drago senza essere attaccato a vista?
“Tu chi sei, ragazzo? Qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Yusei Fudo.”
“Fudo? Interessante. Ti dispiace spiegarci perché gli hai chiesto una cosa del genere?”
“Vostra maestà, io sono nato in questo regno. Ma da quando il Satellite è stato bruciato, io non ho più una casa, né una famiglia. Domino è la mia ultima casa. Quando ho visto l’esercito attraversare il grande prato nel bosco, ho temuto per il regno. Ho solo pensato che volevo che si fermassero, che la guerra sarebbe stata una catastrofe…”
“E cosa c’entra fin qui il tuo amico drago?”
“Io non potevo fare nulla, ma lui poteva. L’ho incontrato poco dopo aver perso la mia famiglia, mi ha aiutato tantissimo. È un drago buono, si può fidare di lui.”
“Capisco.” commentò il re, perplesso.
“Rex – si inserì Rudger- non prendiamoci in giro. Tu sai perché è scoppiata questa guerra.”
“Ma cosa dici… prima cerchi di farmi ammazzare, e poi-“
“Ti ho detto che non sono stato io, e nemmeno i miei ufficiali! Quella è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma qui sei tu che hai qualcosa che mi hai sottratto e che non hai voluto più condividere. Qualcosa di estremamente prezioso e pericoloso.”
Rex fissò Rudger intensamente negli occhi. Calò un silenzio soffocante. I due fratelli erano immobili come statue, sembrava stessero dialogando solo mentalmente. Stardust non perdeva una frazione di secondo di quello scambio. Aveva captato un pensiero comune tra i due. Stavano parlando di qualcosa di concreto. Un oggetto. “Non rinunceresti per nulla al mondo, vero fratello?” disse Rex.
“No. Non puoi farne una tua possessione come se nulla fosse.”
“Non ti fidi di me, fratello?”
“Mi fiderei, se non volessi nascondermi quello che fai. Stai abusando del tuo diritto. Avresti già dovuto restituirmi quel libro.”
Il cuore di Stardust saltò un battito. Un’immagine ben precisa balenò nella sua mente. Quel libro di cui parlavano era un oggetto magico, profondamente sacro. Sacro per la sua razza.
“Rex, quell’oggetto di cui parlate… è meglio se lo dai a me” li interruppe Stardust. Lui aveva capito. Con suo orrore, quegli umani avevano messo le mani su un libro antichissimo, noto al mondo magico come Libro dei Draghi. Era un tesoro che apparteneva alla sua stirpe. Il reperto più antico che possedessero. Doveva essere stato trafugato dai loro templi nascosti nella natura. Ma ora era nelle mani del re di Domino, evidentemente.
I due fratelli si voltarono. Rex si scurì in viso, quasi offeso.
“No! Ho fatto salti mortali per avere questo tesoro! Non posso darlo via come se nulla fosse, è unico al mondo, ed è l’unica garanzia di difesa che ho se un giorno quelli della tua razza decidono di farci le feste!”
Stardust mostrò i denti, indignato. I draghi erano infinitamente superiori agli umani, ma il re sembrava considerarli come creature assetate di sangue paragonabili a bestie irragionevoli. Come osava!
“Tu non lo stai usando per difenderti, Rex. Ho visto cosa porti sul capo. Se vuoi che questo regno prosperi, devi lasciare le cose come stanno. E vedrai che nessuno della mia razza verrà a infastidirti.” asserì il drago, spazientito.
Rex era purpureo. Quel drago stava scoprendo il velo di tutto ciò che aveva faticosamente mantenuto segreto. Doveva trovare un modo per non fargli sputare troppi rospi.
“Mettiamo caso che te lo dessi, chi ci difenderebbe da nemici che usano la magia? Come faremmo a cercare risorse utili per difenderci dagli assalti dei draghi?!”
“Nessun drago verrà a infastidirvi finché non lo infastidite voi, ve lo garantisco. Per quanto riguarda minacce magiche da parte di uomini, se necessario, potrete convocarmi. Avete la mia parola.”
“Perché prometti questo?”
“Perché so che non avrete comunque bisogno di me, se fate come vi dico. Altrimenti, attirerete infinite sciagure su di voi e sui vostri regni. Tu vuoi vedere la tua preziosa Domino cadere in pezzi?”
In quel momento, Rex parve turbato.
Ushio si fece umilmente avanti. “Vostra maestà, vi chiedo di perdonare la mia impudenza, ma… è una vita che servo questo regno per amor di patria. Mi pare di capire che c’è molto di più dietro alle parole e agli ordini che ci vengono riferiti. Ma a me non importa: ho sempre combattuto perché questo regno prosperasse. Questo drago si sta assumendo un incarico che supera in nobiltà qualunque nostro tentativo di cercare la pace. Se fossi in voi, gli darei fiducia. Vi supplico, dategli una possibilità. Nessuno di noi qui vuole la guerra.”
Rex abbassò il capo, pensieroso. Si abbracciò nel suo mantello, fremendo. Sembrava soffrire, ma non diceva nulla. Stardust avvicinò lentamente il muso verso il re. Una nube oscura lo circondava, ma solo lui riusciva a vederla. “Vedo una forte lotta dentro di te, qualcosa non va nel tuo spirito.” Notò il drago. Rex gli lanciò uno sguardo livido, una smorfia d’odio gli sfigurava il volto.
“No, il libro è mio… mi serve… non è tuo… non lo avrai!” lo minacciò. Stardust vide la nube di magia spostarsi sulla mano del re. Stava per attaccarlo. Ma il drago non lo permise.
Ruggì contro Rex, sollevando nubi di polvere e foglie tutt’attorno. Tutti i presenti furono costretti ad abbassarsi a terra o ripararsi dai detriti e dalla forza di quelle onde d’urto. Il re dovette alzare un braccio e abbassarsi per proteggere il viso. Quando rialzò lo sguardo, il drago puntava gli occhi sfavillanti su di lui.
Rex si rese conto di non riuscire più a muoversi. Si sentiva paralizzato. I presenti notarono che anche i suoi occhi stessero brillando. Sembrava rapito in una qualche visione mistica. Nessuno osava emettere un suono. Poco dopo, Stardust aprì un artiglio, e una specie di nuvola scura lasciò il corpo del re, entrando nel suo palmo. Infine, gli occhi di Goodwin tornarono normali, ed egli cadde su un ginocchio, stordito. Il drago invece spirò del fuoco nel suo palmo, dove si era accumulato il miasma, che si disperse in tanti frammenti lucenti, portati via dal vento.
I generali e Rudger si precipitarono da Rex, che per quanto sconvolto, parve comunque molto più sereno di prima. Si alzò lentamente, accorgendosi di due lacrime che gli avevano solcato le guance.
“Rex? Che ti succede? Stai bene?” domandò suo fratello. Ma più lo guardava in viso, più pensava che la sua preoccupazione fosse inutile. Suo fratello sembrava improvvisamente sereno. Non c’era più alcun cruccio sul suo volto. Niente.
“Drago, io… come hai fatto a far questo? Il peso che sentivo dentro sembra sparito!” esclamò Rex, commosso.
“Semplice, agli uomini non fa bene invischiarsi con la magia. Forse c’è un mago attorno a te che ha fatto finta di benedirti, o forse tu stesso hai voluto giocare con l’alchimia, ma queste cose ti infettano. La magia è delicata, non si altera, altrimenti si trasforma in un veleno, vale soprattutto per voi umani, che non potete vederla. Tieniti lontano da tutto questo.” lo avvertì.
“Me lo ricorderò, drago. Non so come ringraziarti, era da molto che non tornava tanta pace in me. Prometto che ti restituirò il libro, improvvisamente non è più così importante per me. Ma giurami che potrò contare sul tuo aiuto!”
Il drago alzò una zampa posandola sul petto corazzato. “Lo farò.”
“E tu, Rudger? Sei d’accordo?” lo interrogò Rex.
Rudger sbuffò. “Non posso non ammettere che avrei voluto studiarlo di più anche io, quel libro. Ma se non l’avrà nessuno dei due, andrà bene lo stesso, mi sento già più al sicuro. Sarei felice se potessi condividere con me ciò che ne hai tratto finora, Rex. Se abbiamo un accordo così, la guerra può concludersi qui.”
“Per egoismo ti direi di no, ma la pace viene prima di ogni altra cosa, Rudger. Prima, qualcosa mi accecava, e non mi importava della pace o della guerra, me ne duole profondamente. Ma se quanto ho fatto finora resterà fra me e te soltanto, allora abbiamo un accordo. Sono stanco dei nostri conflitti.”
I fratelli si strinsero la mano con uno sguardo d’intesa. Improvvisamente erano di nuovo quello che erano sempre stati per legame di sangue: fratelli. I soldati rimasero a contemplare la scena per vari secondi prima di cominciare ad applaudire. Le voci crebbero, finché le esultanze non riecheggiarono anche dall’altro lato delle mura.
Yusei guardò la scena con occhi brillanti. Probabilmente era il più bel giorno della sua vita. Non poteva credere che Stardust avesse fatto così tanto per una sua piccola, folle richiesta. Corse verso la sua zampa e lo abbracciò stretto, strusciando il viso contro la sua corazza liscia.
“Stardust, grazie!”
“Tutto questo è merito tuo, Yusei. Non avrei mosso un dito se non mi avessi convinto tu, e sarebbe stato un errore! Se un bambino come te poteva sperare così in grande, allora potevo farlo anche io. Mi hai dato una bella lezione, oggi.”
Yusei strinse Stardust ancora più forte. Il suo cuoricino non era abbastanza grande per contenere certe emozioni.
“Ma credo che ti dovrò salutare. Sei nel regno di Domino ormai, non ti sarà difficile trovare Martha da qui.”
“No…! Non voglio dirti addio!”
“Beh, magari ci rivediamo. Io volo spesso da queste parti. Se vorrai cercarmi, dovrai soltanto chiamarmi.”
“E come?”
“Usa questo.” gli sussurrò il drago, stendendo un artiglio di fronte a lui. Nel mezzo del palmo, comparve un piccolo ciondolo munito di corda, a forma di zanna. “Quando vuoi che venga da te, stringi questo e dì il mio nome, e io ti sentirò ovunque mi troverò.”
Yusei afferrò il ciondolo, stupefatto. Era la prima volta che riceveva un oggetto da un drago! Si ripromise di indossarlo a vita e di non toglierselo mai più. Non poteva credere di avere un oggetto tanto prezioso fra le mani.
“Quanto spesso potrò usarlo?”
“Solo quando sarà necessario. Non sono un cane.”
“Ho capito… me lo ricorderò!”
“Ehi drago, non per interrompervi, ma… avrei un ultimo favore da chiedere – li interruppe Rudger - rimane soltanto il sicario che ha cercato di uccidere Rex, non potresti confermare per noi se dice il vero o no?”
“Oh, va bene.”
Ushio si addentrò nell’edificio, presumibilmente per andare a prendere il prigioniero. Yusei si avvicinò incuriosito a Stardust.
“Stardust, ma come fai a sapere se una persona mente?”
“Oh, io vedo molte cose, ragazzo. Se menti, il tuo stesso corpo ti tradisce. C’è una particolare energia negli esseri umani, un po’ simile alla magia, e quando fate il male, questa cambia colore, si intorbidisce. Quando una persona parla e agisce rettamente e ha uno spirito sereno, si distingue dalle altre perché è molto chiara.”
Yusei lo fissava ammirato. “E io come sono?”
Stardust parve sorridere. “Tu sei una goccia d’acqua chiara. Se sarai così bravo da non cambiare quando crescerai, comincerai a brillare. Quelli così bravi hanno il potere di risanare chi gli è attorno, lo sapevi?”
Gli occhi blu di Yusei luccicavano. Stardust abbassò il muso. “Però non devi dirlo a nessuno, rischieresti di farti dei nemici invidiosi di questo. Tu pensa solo a fare il bravo, chiaro?”
Yusei annuì convinto. Non molto dopo, Ushio e una guardia raggiunsero il piazzale scortando il suddetto sicario. Con gran sorpresa di Yusei, si trattava di un ragazzo giovanissimo, poteva avere 18 o 20 anni. Era piuttosto alto per la sua età, anche molto magro. Era decisamente malmesso, le carceri del re parevano averlo messo a dura prova. Smagrito, sporco, i capelli bordeaux spiccavano agli occhi, così come il ciuffo voluminoso che copriva la metà destra del suo viso. I suoi occhi verdi erano pieni di odio, ma alla vista del drago, vacillarono. Squadrò la creatura, calcolando in fretta la plausibile rapidità con cui poteva essere divorato. Allora subentrò la paura.
“Ragazzo, abbiamo domande da farti.” annunciò Rudger.
“C-c-cos’è quello?! Che ci fa qui?!” balbettò il giovane, tentando invano di indietreggiare.
“Stai tranquillo, non ti farò del male.” tentò di rassicurarlo Stardust. “Ma esigo da te la verità. Perché volevi assassinare il re?”
“Io ho solo eseguito degli ordini...”
“Di chi?” insisté Rex.
“Non mi ha detto il suo nome. Mi ha solo dato lettera e pugnale.”
Stardust avvicinò nuovamente il muso. “No, il suo nome te l’ha detto. Ma è un nome falso, vero?”
Il ragazzo non ribatté, ma si poteva intuire che Stardust ci avesse visto giusto.
“Perché hai accettato?”
“Io… non avevo altra scelta. Non avevo più niente. E quelle persone mi avrebbero ucciso se fossi uscito dal castello senza aver compiuto la missione.”
“Anche questo è vero. Ma c’è dell’altro, dico bene?”
Il ragazzo si morse il labbro. Non voleva fiatare. Ushio rinsaldò la presa. “Parla, canaglia. O avrai il resto delle botte.”
“Perché voi risolvete tutto con la violenza, dico bene?” sibilò il giovane.
“Che hai contro il re?” incalzò il drago.
“Diciamo che non sarei qui se mi avesse aiutato quando hanno assassinato la mia famiglia.” spiegò.
“Assassinato?”
“Certo. Ero di sangue nobile, non un poveraccio qualunque. Io e i miei genitori stavamo tornando alla nostra villa quando ci ha assaliti una banda di malviventi. Pensai volessero derubarci, invece erano sicari, erano lì per ucciderci. Sono sopravvissuto soltanto io, e per miracolo. Quando riuscii a fuggire verso casa, i servitori si presero cura di me, credevo di essere al sicuro, ma non sapevo che non fosse finita lì. Un mio zio, che viveva nella nostra stessa villa, cercò di assassinarmi a sua volta. Il piano era di farlo sembrare un suicidio. Mio zio voleva tutta l'eredità, e non bastava far uccidere i miei, dovevo sparire anch’io, che ero l’erede. Ma sventai il suo tentativo, e ci fu una lotta. Alla fine, cadde giù da una finestra. Morì sul colpo. Per la paura, scappai. Ma quando ormai ero lontano, mi convinsi che la mia era solo legittima difesa, e che giuridicamente l’unico colpevole era mio zio, assieme a quei sicari. Non potevo però tornare a casa, perché i miei cugini potevano essere d'accordo con il loro defunto padre per la mia morte. Così ho fatto di tutto per arrivare alla mia unica speranza, il castello del re. Mio padre era suo amico, il re avrebbe potuto ascoltare il figlio del suo amico e castigare gli assassini dei miei genitori, avrei potuto convincerlo che la morte di mio zio era stato solo un incidente…”
“Comprendo… Immagino che le guardie ti abbiano respinto all'ingresso.”
“Mi hanno preso a calci, non volevano nemmeno ascoltarmi… la cosa peggiore è che dopo un po’ comparve il re alla finestra… ed era rimasto a guardare, mentre mi deridevano e mi cacciavano come un qualunque straccione. Peggio per lui, se mi avesse accolto, avrebbe corso meno rischi per la sua vita!”
“Vero, è andata così. Una tragica casualità… ma non ti scuserà da quello che hai fatto, o hai tentato di fare. Un mago come te avrebbe potuto fare uso migliore della sua magia.”
La parola “mago” fece mutare l'espressione in viso di molti presenti. Da una parte, lo stupore di avere davanti un mago misconosciuto, peraltro così giovane, dall’altra il brivido d’allarme di aver avuto una pericolosa fonte di magia attorno per tutto quel tempo.
“Hai finito a far la predica?! Tu non sai niente di me!”
“Al contrario, mi basta guardarti per sapere molte cose. Non sei particolarmente forte. Ma se te la sei cavata da solo per tutto questo tempo, vuol dire che sai giocare bene le tue carte. Chapeau.”
Rex Goodwin si avvicinò, interrompendo l'interrogatorio. “Hai ragione: io so chi sei. Avrei dovuto riconoscerti dai lineamenti del tuo viso, ma eri troppo lontano da me. Conoscevo la tua famiglia. Il tuo nome è Divine, vero?”
Il giovane cambiò espressione. Non si aspettava un intervento del genere, non dal re, almeno. Goodwin continuò. “Mi ricordo di tuo padre. Non sapevo fosse stato assassinato assieme a tua madre, me ne duole. La mia durezza di spirito mi ha reso cieco per molto tempo, e se non fosse stato per questo drago, avrei mandato al macello i miei soldati per nulla. Ma adesso che vedo, permettimi di scusarmi.”
Divine sembrò rabbonirsi, ma in cuor suo non capiva. Era convinto che il re fosse una specie di mostro spietato, che era giusto ed urgente toglierlo di mezzo, e tutte le botte che aveva ricevuto in carcere ne erano ulteriore prova. Ma quello che vedeva e sentiva in quel momento non aveva senso. Quelle scuse non avevano senso. Quando aveva quasi accoltellato il re, mentre Goodwin afferrava il suo polso smagrito con riflessi e forza inumani, Divine lo aveva guardato negli occhi, e aveva visto un’oscurità terrificante, un brivido di terrore lo aveva attraversato, e aveva capito di essere di fronte ad un diavolo che indossava una corona. Il re nascondeva segreti di cui nessuno era a conoscenza. O almeno di questo si era convinto, mentre lo picchiavano e umiliavano al buio di una cella sporca e puzzolente, minacciandolo di morte in attesa della sua sentenza, di certo altrettanto nefasta. Come se la sua vita non potesse precipitare più in basso di così.
Forse Goodwin li stava prendendo in giro tutti. Forse quel demonio aveva messo una bella maschera per prendere in giro tutti. D'altronde, il male si maschera sempre da bene per essere accettato. Quel che non capiva, era come mai il drago non gli dicesse niente, eppure era in grado di vedere attraverso chiunque. Cosa era cambiato? Erano forse in combutta?! Cosa stava succedendo?
Divine scrutò gli occhi del re. Ma nessun brivido lo percorse, i suoi occhi erano normali. Sembravano addirittura buoni. Ma come può un essere umano cambiare la sua indole così all’improvviso? No, impossibile, doveva esserci un inganno, non era così stupido. E se pure il re si fosse ravveduto davvero, Divine non riusciva a fidarsi. Anche la sua famiglia sembrava normale. Anche i suoi parenti sembravano buoni. Ma erano riusciti a nasconderlo per anni. Perché il re doveva essere migliore? Divine appese la testa, ricacciando quella nuvola di pensieri nel profondo dell’animo.
“Rex, che vuoi farne?” tagliò corto Rudger.
“Per legge, chi cerca di uccidere il re merita la morte, qualunque sia la ragione. Ma dopo quanto accaduto, ritengo più adeguato l'esilio. Non morirà, ma non potrà più entrare nel regno, per la sicurezza di tutti. Avvieremo le ricerche di quei banditi che lo hanno spedito qui, invece. Loro sono i primi responsabili da trovare e condannare.”
“Mi sembra sensato. Lascio tutto nelle tue mani, allora. Spero che in futuro potremo mettere in piedi collaborazioni che rafforzino entrambi i nostri regni, Rex.” concluse Rudger, stendendo una mano. Rex la accettò convinto.
Yusei invece non riuscì a staccare gli occhi dalla fragile forma di quell’adolescente. Era come lui. Anche Divine aveva visto morire entrambi i suoi genitori violentemente nello stesso giorno. Si portavano dentro la stessa ferita. Eppure, il destino con loro era stato diverso. Yusei aveva salvato un regno, Divine lo aveva quasi condannato, perché? Cosa c’era di diverso fra loro due? Yusei non poteva nemmeno dire con certezza se al posto di Divine si sarebbe comportato diversamente. Era ingiusto, era questo che pensava. L’esilio non sembrava una bella cosa, tuttavia era certamente meglio che morire appeso davanti a una folla che ti insultava, incitando il boia a fare il suo lavoro.
Anche Divine studiò quel bambino ritto in piedi all’ombra del drago bianco. Era piccolo e i suoi vestiti avevano di certo visto giorni migliori, ma aveva un fare dignitoso. Di certo non apparteneva alla pulitissima reggia. Non sapeva chi fosse, né perché fosse lì, ai piedi di una creatura leggendaria. Un marmocchio benedetto dal destino? Molto probabilmente. Mentre a lui non ne era andata bene una. Aveva tutto, una volta, e nonostante la freddezza dei suoi genitori, almeno aveva di che mangiare. Ma se pure qualcuno o qualcosa regolasse l'ordine cosmico degli eventi, lui doveva essere molto odiato.
“Ehi, re. Ho io un favore da chiederti, adesso.” aggiunse Stardust mentre raddrizzava la spina dorsale, forse preparandosi a riprendere il volo, “Yusei aveva desiderio di ritrovare una certa “Martha” che vive qui in città, da che ho capito potrebbe prendersi cura di lui. Potreste dargli una mano?”
Rex Goodwin acconsentì molto calorosamente. Anzi, incaricò Ushio personalmente di prendersi cura del ragazzino finché non si fosse trovata quella donna, con minimo gaudio del generale. Ma gli ordini del re erano assoluti, e il povero gendarme si rassegnò ad eseguirli. In un flash fulmineo, il re ricordò a Stardust dei due eserciti abbandonati sul campo di battaglia. Stardust promise di passare di lì prima di tornare nel suo habitat, per portare il lieto annuncio ai poveri soldati. Insomma, se devi compiere gesta eroiche, devi potarle a termine fino in fondo, no?
Fu allora che il drago si sollevò in aria, alzando nuvoloni di polvere per tutto il cortile. Yusei si precipitò sotto l'ombra del suo maestoso amico, che si allontanava sempre di più. Sapeva che quello non fosse un addio, ma allora perché tutta questa resistenza a lasciarlo andare? Aveva paura di restare di nuovo da solo? Perché sentiva già quel fastidioso pizzicore agli occhi? Una voce profonda risuonò nella sua mente, e nella sua mente soltanto.
“Non essere triste, amico mio. Ci rivedremo.”
E il suo turbamento, come per magia, sparì. Yusei raddrizzò le spalle e si batté le mani sul viso. No, quello non era un giorno per piangere. Una volta, suo padre gli aveva detto che nulla accade al mondo se prima non accade nel cuore delle persone. Non serve scandalizzarsi delle cose che si vedono, se prima non si bada alle sterpaglie che soffocano l’anima. Il cuore del re era avvolto dall’oscurità, ma adesso era stato risanato. Era garanzia di una pace ben più duratura della precedente. Yusei non doveva piangere, doveva solo gioire, perché adesso la vita riprendeva a scorrere. Mantenne lo sguardo fisso sul suo amico che si librava nel cielo, mentre dalle sue ali scendeva una polvere scintillante, delicata come la neve, come se il cielo si fosse riempito di stelle in pieno giorno. No, non c’era da piangere. Quello che voleva adesso, era essere preparato per il ritorno del drago. Voleva fargli vedere quanto sarebbe cresciuto, voleva forgiare il suo spirito come nessuno mai aveva fatto, voleva dimostrargli che ci aveva visto giusto, che un giorno sarebbe stata la stella più fulgida del regno, magari della Terra. E ci sarebbe riuscito.
  
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