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Autore: Ahiryn    19/05/2021    2 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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L'Evasione

III
 
 
 
 



Kieran aveva lasciato la prigione di Sidergate per raggiungere il palazzo d’Acciaio, uno dei quattro edifici che circondavano il carcere, nel lato est della città. La notte gli permise di passare inosservato nella zona militare e cercare il colonnello Bervana senza destare attenzioni. Era certo che fosse ancora alzata, non andava mai a dormire prima delle tre di notte, era una di quelle persone instancabili che si ammalavano di lavoro pur di continuare.
Per sua fortuna la avevano rimandata nella capitale una settimana prima a causa di un infortunio, era raro che fosse di istanza in città.
Fu lieto di trovarla sveglia nel suo studio, intenta a studiare la mappa delle zone ancora contese.
Insonne come sempre.
Era una degli ufficiali con cui aveva legato di più nel corso della sua carriera militare, avrebbe davvero voluto che ci fosse un altro modo, ma aveva bisogno di crearsi un alibi e alimentare altri sospetti se voleva che tutto filasse liscio.
– Colonnello?
La piccola lampada ad olio era sbiadita e le lancette dell’orologio a muro erano piuttosto rumorose. Il caminetto crepitava sulla destra, di fronte a una poltroncina di velluto rosso che aveva visto giorni migliori; il tavolo strategico era quasi interamente occupato da una grossa carta geografica ingiallita, fissata da punte agli angoli. Sopra le zone occupate svettavano dei soldatini meccanici di ottone. Contenevano dei piccoli registratori rumorosi che se azionati ripetevano le ultime mosse di quella fazione in poche parole chiavi, che spesso era un metodo più veloce di andare a consultare fogli e scartoffie.
Bervana era in piedi e aveva poggiato un bicchiere di whiskey vicino alla sua pistola col manico in legno. Indossava la divisa degli ufficiali, un farsetto bluette con il simbolo del Ferro ricamato sul colletto, spallacci di metallo dorato, una blusa bianca, pantaloni scuri infilati dentro a grossi stivali lucidi. Aveva uno stocco al fianco e i capelli legati in una treccia.
Al richiamo del nuovo arrivato alzò subito gli occhi stanchi. – Reed? Come mai sei qui?
– Volevo parlare con il prigioniero un’altra volta ora che la votazione si è conclusa. Magari è meno ostile. E volevo anche chiedere se lo avete interrogato negli ultimi giorni.
Bervana cercò di sorridergli, ma era stanca e non la biasimava. Aveva sentito che la situazione ai confini era peggiorata, doveva essere parecchio risentita di non poter essere lì. Fino a qualche settimana fa Kieran era intenzionato a partire per i confini per raggiungerla e a non guardarsi mai più indietro, purtroppo invece era andato tutto a rotoli.
– Volevi interrogarlo a quest’ora, maggiore?
– Io… non riesco molto a dormire in questi giorni. Questa situazione sta diventando insostenibile.
Il segreto per una bugia credibile era sempre quello di condirla di più verità possibile; era così che aveva ingannato suo padre per anni.
Lei annuì, distratta. Gli indicò la poltroncina e Kieran si sedette.
– Whiskey?
– Solo un goccio, grazie.
Gli versò un bicchiere e glielo porse, accomodandosi sull’altra poltroncina. – La Falena ha continuato a negare. La magia ha confermato che fosse sincero, ma non mi fido di certe fatture con uno come lui, lo abbiamo anche malmenato un po’, ma non ha mai ritrattato. Credo che Jeod gli abbia spaccato una costola. Non sanno mai quando fermarsi, poteva ripercuotersi su di te.
Kieran si trattenne dal commentare. Se avesse avuto più spina dorsale, sarebbe stato presente durante gli interrogatori, per impedire che tutto degenerasse. Ma aveva paura di quello che Silas avrebbe potuto dire con lui presente, nessuno gli avrebbe creduto, ma bastava il pensiero a tenerlo alla larga.
– Ho pensato di provare a interrogarlo io visto che non riuscivo a dormire, ma prima quando sono arrivato non era nella sua cella.
Bervana si irrigidì. – Come sarebbe a dire?
– Ho chiesto alle guardie e dopo aver insistito mi hanno detto che era con il comandante Aiden per un interrogatorio notturno.
– Aiden è fuori città – grugnì.
Annuì. – Ho fatto un po’ di pressioni al prigioniero e ha detto di essere stato portato in una stanza della Gilda dei gendarmi dal Consigliere Karrol. Non ho ben capito perché volesse interrogarlo in segreto, però considerata la situazione attuale mi sentirei più tranquillo se ci fosse un ufficiale in certe frangenti. Anche senza magia Silas è pericoloso, ha ricevuto l’addestramento dei guerrieri di Ferro come noi, sa combattere, sa fare a pugni e sa uccidere se deve.
Bervana era disgustata. – Credo di sapere il genere d’interrogatorio che voleva portare avanti. Andrò a congedare quelle guardie per ora e a metterne altre due nel corridoio, non m’importa se sono gendarmi, domani parlerò al nostro Consigliere per dirgli di tenere le sue luride zampe a posto. Non si stancano mai di gettare fango sui gendarmi di Railia, è una vergogna…
Iniziò un lungo borbottio contro i comportamenti dissoluti di alcuni Consiglieri e aristocratici, Kieran finse di ascoltarla come se fosse la prima volta che si lanciava in un’arringa contro i costumi corrotti degli ultimi tempi.
Bervana era una grande guerriera e una comandante paziente e arguta, ma la sua rigidità e compostezza si manifestavano spesso in quei suoi monologhi contro ogni tipo di libertinaggio. I suoi uomini erano fra i più disciplinati in assoluto. E frustrati. Era implacabile con quelli che si azzardavano a frequentare bordelli nei giorni liberi o a infrattarsi con qualche prostituta durante la pausa da un turno. Era contro ogni tipo di eccesso e offesa alla morale, tanto da essersi guadagnata epiteti poco lusinghieri dai sottoposti negli anni. Kieran aveva militato sotto di lei e sapeva che erano soprannomi immeritati: Bervana era davvero capace e abile a tenere i suoi uomini vivi a lungo, riuscendo comunque a ottenere più successi militari di molti altri comandanti. Aveva imparato tanto da lei, e si sentiva un verme a doverla manipolare.
Suppongo che è il tipo di persona che sono ormai.
Doveva stare attento però; Bervana non era un’idiota, cercare di manipolarla eccessivamente la avrebbe insospettita, era stato fortunato a sorprenderla in un momento di stanchezza dove stava sorseggiando un bicchiere. Uno dei pochi momenti di rilassamento.
E io me ne sto approfittando.
– Ti vedo preoccupato.
Alzò gli occhi di scatto dal bicchiere che aveva fra le mani e la guardò come un animale colto in flagrante. – No, solo un po’ stanco.
– So che voi eravate… amici, prima del suo tradimento.
– Non eravamo amici – replicò in fretta.
Non sentiva di mentire. Qualsiasi rapporto di amicizia che avevano avuto ai tempi dell’Accademia, quando dividevano la stanza, non era mai stato reale o autentico.
– Dovresti prenderti qualche giorno, non credo ti possa essere d’aiuto parlare con lui adesso. È molto abile a far saltare i nervi. È tenace, dagli qualche altro mese in isolamento e cederà.
Purtroppo non lo conoscevano a sufficienza per dire qualcosa di simile. Piuttosto che cedere si sarebbe ucciso, per orgoglio forse, più che per lealtà alla sua fazione. Silas non sapeva cosa fosse la lealtà. Ma era logorante e implacabile, sapeva essere paziente e aveva uno spirito di sopportazione incredibile.
Gli venne da sorridere in modo amaro. Non riusciva a smettere di pensare a lui con una certa ammirazione, ma sarebbe stato stupido negare i talenti di quel bastardo, era un prodigio, anche se votato al male.
– Vado a parlare con le guardie. Puoi restare qui se vuoi.
– Credo che andrò a casa, grazie colonnello.
Gli poggiò una mano sulla spalla. – Sono la prima che consiglia allenamento e lavoro per distrarsi dai problemi, ma il corpo ha i suoi limiti ed è controproducente sforzarlo quando non è necessario. Eri ferito gravemente dopo la battaglia e non ti sei fermato un attimo, hai rischiato la vita in tribunale e ora questo. Devi riposarti finché puoi, arrivano notizie infauste dal confine a sud e dal reggimento di Lockwood, so che hai fatto domanda per essere mandato lì…
S’irrigidì. – Era prima che venisse fuori tutto questo – mormorò.
– Non so perché tu voglia andare a buttare la tua vita lì, ammiro il tuo coraggio, ma a maggior ragione ti dico di goderti questi giorni e questa pace.
Non sapeva se fosse la cena o lo schiacciante senso di colpa, ma qualcosa gli stava risalendo per la gola, tanto che fu costretto a deglutire rumorosamente. Gli sembrò di inghiottire rocce e si concentrò per mantenere un atteggiamento calmo. Le preoccupazioni di Bervana erano sempre state piacevoli, ma in quel momento un pugno avrebbe fatto meno male.
– Penso che sarei più utile lì, la vita sedentaria non fa per me – e sorrise.
– Siamo in due allora, qualche settimana ancora qui in città e metterò le mani al collo di qualcuno. Mio marito non mi sopporta più. Noi affrontiamo veri mostri sul campo di battaglia, ma lo preferisco alla burocrazia di questo paese – e scosse la testa, pronta a lanciarsi in un’altra sfilza di borbottii.
 
*
 
 
Erano le quattro esatte di notte quando Kieran agì.
C’erano state molte volte in cui l’ansia aveva reso le sue mani scivolose dal sudore, come la sua prima battaglia con una fata purosangue. Ricordava ancora l’odore dei cadaveri marciti misto a quello dolciastro dei fiori, la risata cristallina e ipnotizzante, le vittime con i corpi intrecciati ai rovi e gli occhi pieni di un orrore impronunciabile. La consapevolezza che perdere non avrebbe significato morire, ma subire sofferenze indicibili per decenni.
Eppure in quel momento l’angoscia gli aveva chiuso lo stomaco in modo altrettanto violento, non era riuscito a mangiare granché e aveva una lieve nausea. Forse perché aveva troppo da perdere o forse perché nel bene e nel male era riuscito a essere coerente con sé stesso e a ubbidire ai suoi superiori fino a quel momento. Aveva sopportato ogni genere di angheria e ingiustizia, aveva pazientato per arrivare fare carriera, ma non aveva intenzione di essere un giocattolo nelle mani del Consiglio. Non voleva morire, non adesso che iniziava a intravedere la cima. Era stanco di essere controllato e manipolato. Il maestro Fergus gli aveva sempre detto che ubbidire agli ordini è importante, ma farsi domande è prioritario.
Non aveva neanche bisogno di porsene troppe, erano già venuti in molti a ricattarlo o a corromperlo. Se voleva essere libero, anche solo in parte, doveva risolvere la situazione.
Ma se qualcuno lo avesse visto…
Si riscosse. Avanti Kieran! Pensa a qualcosa di piacevole, tipo quella volta in cui Silas è scappato a cavallo ed è andato a sbattere contro un ramo rompendosi la testa.
Ridacchiò nervosamente a ripensare al corpo flessuoso che veniva sbalzato via con un’imprecazione.
Doveva mantenere la mente sulle umiliazioni di Silas, quello riusciva sempre a metterlo di buon umore.
 Raggiunse il corridoio della cella. Aveva già addormentato le guardie con una fattura semplice dopo aver usato alcuni capelli di una vecchia fata che aveva sconfitto anni addietro; la magia non era mai stata il suo forte, ma tutti i guerrieri di Ferro dovevano impararne le basi, per capire con anticipo il tipo di magia che il nemico avrebbe scagliato.
Se fossero stati guerrieri di Ferro a guardia di Silas non la avrebbero neanche sentita quella fattura, erano temprati a resistere alla magia, ma il Consiglio aveva negato al Ferro di occuparsi del prigioniero, nonostante questo ne rivendicasse il diritto. Dovevano essere preoccupati che alcuni guerrieri potessero decidere di… occuparsene di persona nella notte; il cameratismo del Ferro poteva rivelarsi molto spietato con chi lo rifiutava e Silas era stato uno di loro prima di tradire. Avevano lasciato la sorveglianza alla Gilda dei gendarmi e questo era il risultato. Poteva già immaginare il Generale Hamilton pronto a umiliare il Consiglio e a denunciarne l’incompetenza.
Silas era sdraiato sulla brandina e sembrava addormentato, ma aprì gli occhi subito quando fu di fronte alla cella. Ogni volta che lo vedeva stentava a riconoscerlo, così magro e pesto.
Avrebbe voluto non sentire quella sensazione negativa quando osservava le sue condizioni, doveva imporsi di rimanere distaccato il più possibile.
– Iniziavo a pensare che te la fossi fatta sotto.
– Metti le mani contro il muro.
Il prigioniero sfoderò uno di quei ghigni insopportabili che alteravano di molto la pazienza di Kieran. E Kieran si riteneva molto paziente, non per vantarsi ma aveva resistito a quattro ore di musiche liriche in un teatro, dunque aveva una lunga capacità di sopportazione. Eppure la voglia di picchiarlo iniziava già a farsi sentire. – Non farmi ripetere.
Quello ubbidì. Si alzò in piedi e si stiracchiò, muovendo il collo e distendendo un braccio.
 – Mi piace questo lato di te: autoritario. All’Accademia avevi quell’aria da garzoncello rintontito.
Aprì la cella mentre tentava di ignorare gli sproloqui dell’altro, usò le chiavi che aveva preso dai due addormentati e la grata stridette sul pavimento. Silas era tenuto in isolamento, lontano dagli altri detenuti, questo giocava a suo favore.
Aveva passato mesi nella prigione di Sidergate come guardia di un Discendente impazzito, un bombarolo che aveva fatto saltare in aria diversi edifici. Pertanto, conosceva bene il funzionamento di quel posto. Non avrebbe mai pensato che gli sarebbe tornato utile per far evadere qualcuno.
– Visto che ti piace questo lato di me, fammi il favore di restartene in silenzio.
Si avvicinò con una corda.
– Dunque sono questi i tuoi gusti, chi lo avrebbe mai detto.
Iniziava a rimpiangere le quattro ore di opera lirica. – Finiscila – bofonchiò e agitò la fine della corda. – Non è il momento di fare il tuo solito teatrino.
Gli tirò le braccia indietro e iniziò a legargli i polsi, ma il contatto con la pelle caldissima delle braccia lo costrinse a rifarlo una volta. Doveva avere un po’ di febbre, ma si sbrigò a interrompere il contatto.
– Se non mi lasci svagare un po’ sarà un lungo e tedioso viaggio.
Diede uno strattone e Silas si girò a lanciargli un’occhiataccia. – Incompetente – mugugnò, mentre la corda gli mordeva i polsi già scorticati dalle catene. – Ora mi spiegherai come faremo ad andarcene? Aprire questa cella è anche semplice per te, certo che essere il Campione non è male, ti si sono aperte un bel po’ di porte rispetto al passato, eh? Ma lasciare la prigione di Sidergate è più complesso, non basterà il tuo bel faccino e qualche “per favore”.
Non aveva bisogno di dirglielo. Sidergate era intessuta di sigilli magici, era una prigione creata per contenere anche persone come Silas. Era scavata nel terreno, al centro della città, dentro un enorme blocco di metallo. Tutto era di metallo lì dentro, ferro e ottone, e nei pasti dei prigionieri fatati venivano aggiunte piccole dosi di ferro in polvere. Li indeboliva tragicamente, e se questo non fosse bastato, le entrate erano chiuse da rune e sigilli molto potenti, che venivano legati a quelli dei corpi dei prigionieri. Silas ne aveva parecchi, gli ingressi lo avrebbero colpito con violenza se avesse provato a oltrepassarli.
– Non passeremo dall’ingresso.
Kieran prese un bel respiro e tirò fuori dalla tasca un foulard pregiato col simbolo di una ragnatela ricamato sopra. Silas lo guardò sbigottito, doveva aver riconosciuto lo stemma. Trasse poi fuori un gessetto rosso sanguigno.
Era l’oggetto più prezioso che avesse mai avuto, aveva provato a farlo valutare e il mago in questione era sbiancato: gli aveva detto di non tirarlo mai più fuori se non voleva ritrovarsi morto e derubato il giorno stesso. Non ne conosceva del tutto la composizione, ma veniva da una fata purosangue antica, sentiva quella magia terrificante ogni volta che lo toccava.
Gli occhi viola di Silas si riempirono di avidità a vederlo. – E questo come te lo sei procurato?
– Non è importante, sai usarlo, no?
Alzò subito lo sguardo su di lui. – Puoi giurarci che so usarlo. Ma con i sigilli non posso adoperare la magia, neanche se proviene da un artefatto di quella portata. I conduttori entrano in risonanza con la nostra magia, se è sigillata non succederà nulla.
– Spiegami come usarlo allora, dovrai essere il più preciso possibile.
Silas sbatté le palpebre. – Questo sarebbe il tuo piano? Ah, sapevo che non potevi essere diventato sveglio all’improvviso e ora ne ho la conferma.
– Non c’è altro modo, credi che non mi sia arrovellato su come farti uscire da qui? Io sono bravo a tenere la gente in questa prigione, non a farla uscire!
Silas pronunciò un’espressione colorita in un’altra lingua e suonò come un insulto. – Il gessetto contiene sangue fatato molto, molto potente, lasciamelo studiare un attimo. Quanto tempo abbiamo?
– Poco, mezz’ora al massimo.
Esitò, poi gli mostrò il gessetto. Silas non poteva raccoglierlo legato com’era, ma lo costrinse ad avvicinarglielo.
– Incredibile – mormorò fra sé e sé, meravigliato, gli occhi viola che luccicavano appena. – Un gessetto, davvero ingegnoso. Il contenuto organico è stato fuso in questa forma per facilitare certi tipi di magie.
– Di che genere?
Inclinò il capo. – Di quelle potenti e pericolose. Quelle che alterano la realtà.
Kieran lo osservò senza dire una parola. Magia astratta, una delle più instabili e sconosciute.
Silas alzò lo sguardo dal gessetto e osservò la parete di ferro.
– Devi disegnare un’entrata sulla parete, più è precisa e meglio è. Poi devi ripetere qualcosa che ti faccia pensare al posto verso cui vuoi andare, una melodia, una filastrocca.
– Rimarrà una traccia se indagheranno?
Scosse la testa. – Il ferro la cancellerà, ma per noi sarà difficile attivarlo, il ferro diminuirà la portata, quindi scegli un luogo vicino. Spero che tu sia migliorato con le arti magiche. È un potente manufatto, persino tu dovresti riuscirci.
Guardò il gessetto poco speranzoso. – Ammetto che il disegno non è esattamente una delle mie tante qualità…
– Immagino che siamo spacciati, perché mi sorprendo d’altronde. Ma non mi darò per vinto subito. Prendi il gessetto e disegna, devi farlo tu, da me la magia non scorre in alcun modo.
Kieran dubbioso ubbidì e iniziò a passare il gessetto sulla parete. Non vedeva quasi nulla e la voce di Silas lo guidò nel processo. Le linee rosse tracciarono quella che per lui era una porta, disegnò un pomello e s’interruppe. Non credeva che un gessetto potesse scrivere così bene sul ferro, ma sapeva di avere in mano un oggetto speciale.
– Ora ripeti qualcosa che ti faccia pensare al luogo dove vuoi andare.
– Ed è così facile?
Lo guardò come se fosse un idiota. – Hai un oggetto davvero potente, dunque lo è. Al mercato nero lo vendono per cifre esorbitanti, giusto un Consigliere potrebbe permetterselo, ipotecando qualche villa, e perché esista, una fata purosangue antica è morta e le sue ossa sono state usate per la polvere e il sangue per il colore. Ti basta come spiegazione?
Kieran guardò il gessetto con aria contrariata. Le fate purosangue erano di per sé rare, ma quelle antiche erano talmente poche che mettere le mani sui loro corpi era pressoché impossibile. La quantità di magia che possedevano era incalcolabile.
E io ne sto sprecando una parte per fare evadere questo figlio di puttana.
– Era un dono. Pensi che si possa usare per spezzare il nostro vincolo?
Non sapeva se gli avrebbe risposto in modo sincero, non gli conveniva d’altronde, ma doveva chiederglielo. Silas osservò la porta disegnata. – Forse, se avessi la mia magia, potrei riuscirci, con grandi difficoltà. Ma purtroppo non ce l’ho. È possibile che i maghi del Diaspro possano usarlo per spezzare il vincolo, non è detto, la magia dei sigilli non si sposa bene con quella fatata, ma se scoprono che hai un artefatto di quel tipo te lo porteranno via e basta, cercheranno di scoprire come facevi ad avere un oggetto così… interessante. Ammetto di essere altrettanto curioso.
La morte di una fata antica era qualcosa che andava segnalato al Ferro e al Consiglio, perché rimescolava la situazione politica. Le fate antiche regnavano indiscusse su alcune zone da centinaia di anni, la scomparsa di una era un evento più unico che raro.
– Era un dono, te l’ho detto.
– Chiunque te lo abbia fatto deve amarti follemente. E avere una gigantesca quantità di soldi immagino.
Sospirò. – Credi che funzionerà?
– Se lo dici con quel tono no di certo. Devi rievocare un’emozione. La magia fatata è emozioni, per questo disegniamo, recitiamo filastrocche o poesie o melodie o preghiere, per focalizzare l’emozione che ci serve.
– Lo so, lo so, non farmi la lezioncina.
Silas era sempre stato molto pedante sulle questioni magiche, non poteva fare a meno di comportarsi da maestrino arrogante quando si entrava in quei discorsi. Notava con dispiacere che in quest’aspetto non era cambiato.
Il primo tentativo andò a vuoto, il secondo non fu da meno. Gli insulti eleganti e nervosi di Silas non aiutavano granché.
– Non riesci a provare una singola emozione? Io non ho mai visto una persona più repressa di te.
Si trattenne dal colpirlo. – Sono agitato e in più sono un soldato, non tutti qui sono irrazionali ed emotivi come te.
– No, hai solo l’emotività di un sasso, uno di quei ciottoli da giardino inutili, come tutti voi umani.
– Al massimo sarei uno splendido quarzo costoso, ma in ogni caso sei umano anche tu.
Alzò gli occhi al cielo. – Solo per metà, fortunatamente. Ritenta, abbiamo poco tempo prima che quei due gendarmi si sveglino.
Il suo appartamento: cos’era che gli suscitava qualche emozione forte lì dentro?
Per qualche ragione gli tornò alla mente il suo cane. Era venuto a mancare da quasi un anno e il suo appartamento era così vuoto senza di lei. A volte storpiava alcune canzoncine amorose mettendo il suo nome quando la accarezzava o le dava da mangiare. Bris è splendida e rumorosa, come una cascata sgargiante e schiumosa, la chioma argentea e ingarbugliata, sempre orgogliosa e mai domata.
La ripeté, mentre sentiva di nuovo quella stretta al cuore di quando era morta. Era sempre stato un po’ solo e Bris aveva davvero dato un senso al tornare a casa fra una missione e l’altra. Si prendeva cura di lei la pasticcera della sua via quando lui era assente per mesi, ma Bris esultava a vederlo ogni singola volta, senza serbare alcun rancore.
Certo che quell’ultimo anno era stato davvero solo.
La porta disegnata ebbe un lieve bagliore e si materializzò nel muro, evanescente come una tenda.
– Ha funzionato – mormorò Silas incredulo. – Mantieni la concentrazione adesso, non rilassarti.
Kieran ripose il gessetto, mentre rifletteva su come l’emozione che lo legava al suo appartamento fosse la solitudine. Non molto piacevole da realizzare. Pensò imbronciato.
Posò la mano sulla maniglia e aprì la porta semitrasparente, afferrando il prigioniero per la maglia.
Era esitante. – Ci sono rischi?
Silas sorrise beffardo. – Con la magia delle fate ce ne sono sempre.
Si buttò dentro e Kieran venne trascinato a sua volta.
Quando attraversarono il passaggio erano nel suo appartamento. Intatti. Lasciò andare il fiato, mentre veniva invaso da un'ondata improvvisa di stanchezza. Aveva la bocca secca e una gigantesca e logorante fame. Barcollò appena mentre accusava gli effetti della magia, ma cercò di riprendersi in fretta.
– Riprova uno scherzo del genere e te la farò pagare.
Si guardò alle spalle per controllare il punto da cui erano entrati. Era ancora lì, evanescente.
– E ora?
– Cancellalo con un panno. Il disegno è da entrambi i lati.
Si voltò per prendere uno straccio e iniziò a rimuovere il gesso, ansioso. Ora che era a casa un po’ di angoscia iniziava a scemare, non molta purtroppo.
Il suo appartamento non era molto ordinato, ma neanche così vissuto, ci tornava di rado. Era quasi sempre lontano in altre città, usava quel posto solo per dormire. Appariva come una pensioncina, molto spartana, un letto, un comò, una libreria poco fornita e alcuni abiti accatastati. C’era un cucinino nell’angolo e un vecchio telegrafo arrugginito sul tavolo; l’unica altra stanza era la sala da bagno, con una vasca comoda, una toilette con specchio e grosse tubature che invadevano il soffitto.
La porta evanescente sparì nel nulla una volta rimosso tutto il gesso. Tentò di recuperarne un po’ dentro un piccolo sacchetto, ma la magia consumava quasi tutto. Per fortuna gli rimaneva ancora più di metà gessetto.
Silas fischiò. – Non ero certo che ce la avresti fatta. Devi essere proprio preso da questa Bris. Potresti presentarmela – lo provocò.
– Bris era il mio cane, ma se vuoi la prossima volta ti organizzo una passeggiata romantica con un maltese di razza – rispose piccato.
Non si era aspettato quella risposta e per una volta riuscì a fargli chiudere la bocca.
Kieran si passò le mani fra i capelli in un gesto stanco, tremava appena e andò a trafficare nel bagno. Silas era ancora legato, ma lo sentì buttarsi sul letto a peso morto senza farsi alcuna remora.
– Questa catapecchia cosa sarebbe? Il tuo rifugio per i loschi affari? Un bordello sotto mentite spoglie? Porti qui le tue sfortunate amanti? Intendo quelle che abitano i tuoi sogni, non quelle reali che non vedi neanche con un binocolo.
Ma quanto parla? Perché non chiude mai quella bocca, pensa di potermi parlare con questa confidenza.
– Sarebbe casa mia – rispose freddo.
Silas cessò di osservare il soffitto e muovere i polsi, voltò lo sguardo. – Stai scherzando, vero? Il Campione vive in questo tugurio? Sono certo che hai abbastanza soldi da poterti comprare un terreno in campagna, una villa e qualche titolo nobiliare. Se non ne hai già.
– Sto sempre in viaggio, cosa dovrei farci con una villa? Quest’appartamento va benissimo.
– Oh sì, ero quasi più confortevole in cella. Sei facoltoso adesso, potresti almeno riammodernare.
– Non sono affari tuoi come spendo i miei soldi. Alzati dal mio letto e smettila di provare a fare conversazione, mi fai così incazzare.
Aveva i pugni serrati e continuava a chiedersi se non fossero già sulle sue tracce, se non lo avessero già scoperto.
Ubbidì seccato. – Hai i nervi a fiori di pelle, inizia col calmarti, o fiuteranno quello che hai fatto. Devi mantenere la mente fredda. A Railia tutti sospettano sempre di tutti, ci saranno altri indiziati.
Kieran lo ignorò con rabbia e poggiò un secchio pieno d’acqua con del sapone e una spugna. Accanto lasciò piegati alcuni abiti semplici da viaggio.
– Il tuo odore è terribile, devi lavarti o non ti faranno salire sul treno. Sbrigati.
– Il mio odore è terribile perché per settimane ho dormito nel fango e mi è stato versato addosso ogni genere di sporcizia.
Kieran accennò un sorriso freddo. – La prendi sul personale? Era solo una constatazione.
– Levati quel ghigno, Reed, sarai tu prima o poi a essere lercio di urina e sputo, o il tuo cadavere almeno.
– Vorrei vederti provare – si avvicinò e sciolse la corda. – Ora sciacquati e non provare mosse strane, non vorrei romperti un’altra volta il naso.
– Almeno il mio si è riaggiustato, al tuo ho fatto un lavoretto squisito.
Kieran guardò i polsi scorticati e feriti, non se n’era accorto prima nel buio. – Dovrò trovarti dei guanti e in treno me ne occuperò.
Silas afferrò il secchio e lo ignorò. – Io me ne occuperò, tu stammi lontano.
Al che lo guardò, aspettando che si levasse dalla sua vista mentre si sciacquava e denudava. Kieran invece si era seduto su una poltroncina e aveva poggiato i gomiti sulle ginocchia. – Muoviti, devo raggiungere il Generale Hamilton e dirgli che ho sentito la tua presenza spostarsi.
– Vai allora, incamminati ovunque tu debba andare.
– Se credi che ti lascerò libero di girare per la mia casa, sei pazzo.
Silas sembrò afferrare che non gli avrebbe lasciato alcuna privacy, lo guardò sdegnato e decise quindi di rendere tutto molto imbarazzante.
Kieran era un soldato e dunque sapeva rimanere concentrato. O almeno si illudeva di riuscirci. Cercò di pensare all’angoscia dell’essere scoperto mentre Silas si spogliava e iniziava a sciacquarsi via lo sporco, ma non fu semplice. O meglio, il traditore non gliela rese semplice. Si passò una mano sul collo per sciogliere i muscoli, si piegò per strofinarsi via lo sporco.
– Datti una mossa – lo rimbeccò burbero, mentre l’altro si esibiva in una sorta di spettacolo osceno.
La pelle scura in quel momento era lercia e incrostata, i capelli neri unti e sfibrati. Si rovesciò il secchio addosso e l’acqua uscì color fango dalle punte nere della chioma.
Era pieno di lividi, lividi violacei per tutto il corpo ed ematomi, oltre ai simboli dei sigilli. C’erano andati pesanti, non era sorpreso, Silas aveva fatto del male a troppe persone, anche se quel pensiero non lo faceva stare meglio.
Aveva già visto Silas nudo, avevano diviso gli spazi per tre anni in Accademia ed era capitato più volte, ma aveva sempre cercato di farsi gli affari propri; in quel momento però doveva tenerlo d’occhio, lo conosceva troppo bene per abbassare la guardia.
Di certo non ha più sedici anni.
Pensò un po’ imbarazzato. Le fasce dei muscoli sembravano quasi viticci sotto la pelle ed era più slanciato ed etereo rispetto al passato. La prigionia però doveva averlo provato, era troppo magro, anche se aveva ancora quel portamento orgoglioso. In due mesi non lo avevano neanche scalfito, era ancora lì, tutto sarcasmo e crudeltà, senza la benché minima preoccupazione.
– Ti piace quello che vedi? – gli domandò, alzando gli occhi al cielo.
Kieran arrossì appena, resosi conto che sovrappensiero com’era il suo sguardo era caduto verso il basso, dove la pelle era appena più chiara. Era proprio così che speravo fossero le mie vacanze, un pazzo assassino che si spoglia nel mio soggiorno, un sogno.
– Sbrigati – lo intimò di nuovo e distolse lo sguardo per solo un secondo dopo avergli inavvertitamente guardato fra le gambe.
Ma fu un secondo di troppo.
Silas calciò il secchio con una precisione disarmante e glielo lanciò dritto in faccia. Kieran lo schivò per un soffio e subito dopo si rovesciò indietro con la poltrona, per evitare il pugnale indirizzato verso la sua giugulare.
Silas era in piedi, nudo, bagnato e con una lama stretta in mano. Kieran riconobbe il pugnale decorativo che gli aveva regalato il comandante Aiden, lo aveva poggiato nello scaffale sotto la finestra, vicino al letto, dimenticandoselo lì. Silas lo aveva individuato e afferrato nel giro di pochi secondi, quando lui era andato in bagno.
– Sei nudo e senza magia, non fare l’idiota.
Fece un passo avanti, ma Silas girò il pugnale con lentezza, puntandoselo alla gola. – Su su, ora non guastare il divertimento. Parliamo un po’.
– Non abbiamo tempo per i tuoi giochi del cazzo.
Il suo petto era attraversato dai sigilli che contenevano la sua magia. Erano rune rosse e nere impresse sulla carne a fuoco, riceverle era molto doloroso. Apparivano altre cicatrici, alcune inferte da lui negli scontri, altre ricevute chissà dove. Aveva il fisico di un guerriero, anche così magro e deperito sembrava incrollabile e irremovibile. Non doveva dimenticarsi che era un terrorista, un esaltato, quelli come lui non avevano limiti o freni.
Aveva abbandonato il sorriso sfrontato e aveva quello sguardo serio e cupo, gli occhi violetti così infuriati da smorzare la determinazione di Kieran.
– Che rapporti hai con la Tela?
Lo guardò con un’espressione talmente instupidita da aumentare la sua irritazione. – Eh?
– Il gessetto, era avvolto in un foulard con lo stemma della Tela.
– Il foulard era un regalo, così il gessetto. Non ne so nulla della Tela, non è la mia giurisdizione. Io combatto le fate, non i criminali.
Silas lo osservò ancora un po’, poi sembrò decretare che l’altro fosse soltanto un idiota perché rilassò le spalle. Ma non lasciò il pugnale.
Kieran si spazientì dopo aver guardato l’orologio a muro e si fece avanti, nel tentativo di afferrargli il polso. L’avversario lo evitò rapido e con un gesto secco gli piantò il pugnale nel braccio. Kieran fu abbastanza veloce da evitarlo, ma si aprì un brutto taglio sulla blusa bianca che la macchiò di rosso.
Imprecò e gli tirò un gancio prima che l’altro potesse sfuggirgli di nuovo, Silas però lo incassò nel miglior modo possibile e rispose con una ginocchiata dritta in pancia. Fu l’ultimo scambio, perché Kieran gli strappò il pugnale di mano mentre il colpo lo lasciava senza fiato e respinse Silas indietro con forza. Si guardò la ferita al braccio con il viso contratto dalla rabbia.
– Per le fate, vuoi farci ammazzare?! Sei… sei davvero… – non trovò un insulto adatto, si era così forzato a evitare il turpiloquio negli ultimi anni, che ora non era più capace di insultare nel modo giusto. – E mettiti qualcosa addosso che sei nudo! Non capisci che se ci scoprono ci ammazzano entrambi? Se vuoi morire allora ucciditi qui e adesso.
Quello incrociò le braccia, come se l’assenza di abiti fosse irrilevante. – Ti ha distratto, questo conta. Capisco la situazione meglio di te temo, e non posso essere certo che quando rinsavirai non tornerai sui tuoi passi con la coda fra le gambe. Sei sempre stato un soldatino ubbidiente.
– I guerrieri di Ferro non ubbidiscono al Consiglio, hanno la libertà di decidere senza consultarlo se la minaccia lo richiede. Detto questo so benissimo quello che sto facendo, ma è l’unico modo.
Lasciò uscire un verso di disappunto. – E ci credi davvero quando te lo racconti? Hai solo paura di morire.
Strinse i pugni e inspirò piano.
– Sì, ho paura di morire in questo modo insulso. Ma tanto non capiresti neanche se te lo spiegassi – mormorò e abbassò lo sguardo.
– Ti sopravvaluti. Come ho fatto a perdere contro di te, non so spiegarmelo. Sembrava di lottare con un ghiro zoppo.
– Non vorrei uccidermi per sbaglio uccidendo te, anche se la tentazione è tanta.
Si tamponò la ferita al braccio. Il pugnale era poco affilato, ma lo aveva sentito eccome. Era stato davvero stupido ad abbassare la guardia.
Silas si chinò a raccogliere gli abiti e iniziò a indossarli, prima una manica e poi l’altra con la grazia di un principe. Mentre legava i lacci sul petto, sentirono bussare.
Kieran impallidì di colpo e Silas si immobilizzò. Nessuno dei due si mosse, al che l’evaso guardò il Campione cercando di sollecitarlo con lo sguardo. Kieran però sembrava paralizzato.
– Vai – sussurrò a denti stretti l’altro.
– Kieran? Ci sei?
Una voce femminile: era Dalia. Doveva rispondere, non poteva rischiare che sospettasse di lui. – Dammi un momento, mi stavo sciacquando.
Afferrò Silas per un braccio e prese la corda, legandolo in un angolo dove non sarebbe stato visto dall’ingresso. Gli piazzò un bavaglio in bocca ignorando proteste e insulti, poi si guardò attorno nel panico. Fece per andare ad aprire ma un mugugno lo costrinse a voltarsi. Silas gli stava indicando col mento qualcosa.
Ricordò la ferita al braccio e prese una vestaglia da casa, indossandola frettolosamente.
Aprì dopo essersi passato una mano fra i capelli.
Dalia era sull’ingresso in divisa e lo guardava con aria preoccupata. Era a malapena l’alba, avrebbe voluto sapere perché si era presentata da lui a quell’ora ridicola. Era possibile che fosse lì per avvertirlo? Per dirgli che lo avevano scoperto? Sarebbe stata dalla sua parte?
Respira.
– Buongiorno – lo salutò da dietro la porta. – Posso entrare?
Il panico si tramutò subito in nausea. Una di quelle nausee disorientanti e aggressive. – Non è un buon momento.
Lo osservò scettica. – Perché?
Si schiarì la gola. – Uhm, sono in compagnia.
Silas lasciò uscire una sorta di gemito attraverso il bavaglio e Kieran socchiuse gli occhi, mortificato. Non credeva di poter raggiungere quella gradazione di rosso, ma di fronte all’espressione di Dalia si ricredette.
Io lo ammazzo.
L’amica lo guardò incredula. – Me ne sono accorta. Senti un po’, idiota, volevi nasconderci ancora a lungo del vincolo con Silas? Ci hai evitato per settimane e sei qui a spassartela? Hai idea di quanto eravamo preoccupati? Thomas è passato sei volte.
Abbassò lo sguardo. – Non è davvero il momento di parlarne.
– Thomas è rimasto ferito all’Iniziazione di quest’anno, all’Accademia.
Non si mosse. Ogni colore era sparito dal suo volto. – Cosa stai dicendo? Come sta? Cos’è successo? – domandò agitato.
– Si riprenderà, non è nulla di serio.
– Perché è andato lui all’Iniziazione? È un geniere!
Dalia si passò una mano sul viso con aria stanca. – Si è offerto perché mancavano maestri, sono quasi tutti ai confini, i cadetti sarebbero dovuti andare da soli e ci sarebbero state delle morti.
– Perché non ha chiesto a me o a te di andare.
L’amica sospirò e tirò su con il naso in modo nervoso. – Lo sai perché. Ad ogni modo non è per questo che sono passata. Perché cazzo non ci hai detto del vincolo?
Kieran gettò un’occhiata verso Silas, ma tenne la porta socchiusa. – Ascolta, ne parliamo dopo. Va bene così, davvero. Starò in città. Per una volta posso rilassarmi, riposarmi e, e, non so, fare le cose che fanno le persone in vacanza, come una gita, o comprare cose di… uhm artigianato.
Era così pessimo che poteva sentire gli occhi di Silas sulla nuca disapprovarlo. Questo perché con Dalia non era abituato a mentire, temeva che potesse smascherarlo.
La sua collega aveva gli occhi amareggiati. – Magari Silas ha una soluzione, conosce la magia, col tempo potrebbe collaborare.
Socchiuse gli occhi. – No, ci parlerò più avanti, quando mi andrà. Dalia scusami ma ora sono davvero impegnato.
– Ho sentito che hai chiesto per il reggimento di Lockwood.
La frase venne fuori così seria e tremante, che Kieran non riuscì a chiudere la porta come avrebbe voluto. Rimase in piedi rigido, un metro e ottanta di nervosismo. Non sopportava di sentirsi così freddo e distante, non sopportava di non essere capace di abbracciarla e tranquillizzarla come avrebbe fatto un buon amico.
– Si parla di una missione che avrò fra mesi, niente per cui preoccuparsi, soprattutto vista la situazione in cui mi trovo.
– Non dire stronzate – prese fiato. – Vuoi morire?
– Non morirò, Dalia per favore, ti prego – mormorò lamentoso.
Poggiò una mano sulla porta. – Non è un compito alla tua portata, so che pensi di essere una sorta di prescelto.
– Io non lo penso affatto!
– Beh sbagli, a volte penso che tu lo sia, perché sei un prodigio in quello che fai, ma questo non significa che tu sia infallibile. Nessun guerriero di Ferro è tornato… in sé, quelle zone sono perdute, è ridicolo che te la abbiano accordata. Non devi…
– Dalia – scandì esausto. – Ne riparleremo dopo, per favore.
La ragazza sembrò molto delusa e socchiuse gli occhi. – Scusa, è che non voglio che tu ti butti in una missione suicida. Ho sempre pensato che Silas in questo senso ti desse uno scopo.
Oh per tutti gli gnomi!
– Cosa? Deliri.
Alzò gli occhi al cielo. – Lo sai cosa voglio dire, è un po’ come quel libro del cacciatore ossessionato dall’orso che deve cacciare. Lo hai preso e ora come prima cosa getti tutto alla malora.
– Ti sei fatta una nottata in qualche casa dell’oppio? Non sto gettando niente alla malora. Adesso sarei piuttosto occupato.
Dalia provò a sbirciare, ma Kieran non glielo permise. – L’ho notato. Chi è?
– Nessuno che conosci.
– Una signorina di Jolene street?
Si passò una mano sul viso. – Io non vado con le prostitute, Dalia.
L’amica ridacchiò. – Ma se c’era quella ragazzetta a cui avevi anche comprato dei fiori e… ah, maledizione. D’accordo, non insisto per ora, ma ne riparleremo. Stasera?
Annuì frettoloso, pur sapendo che quella sera sarebbe stato su un treno diretto da tutt’altra parte.
Si allontanò e Kieran la guardò con una fitta di rimorso. – Dalia… grazie.
Lei abbozzò un sorriso e lo salutò.
Richiuse la porta esausto, non si era mai sentito così stanco. Tornò da Silas e gli tolse il bavaglio.
– Devo raggiungere il Generale al più presto. Tu aspetterai buono qui o le cose si metteranno molto male.
Per qualche ragione il prigioniero non contestò. Sembrava perso nei suoi pensieri.
 

Forse questo è il fondo, ma no, credo di poter scendere ancora più in basso.
Silas era provato dalla stanchezza e dalla fame, quando Kieran lasciò l’appartamento cessò di fingere e si afflosciò contro la poltrona come un vestito spiegazzato. Era stato cortese e lo aveva legato seduto sul mobile, anche se avrebbe potuto lasciargli qualcosa da mangiare.
Non avere la sua magia era come non avere più una gamba. Ogni giorno si sentiva mutilato, con quest’arto fantasma che provava ad agitare e a muovere senza ottenere nulla. Disorientato, cieco, non percepiva la magia intorno a sé o dentro di sé, l’odore dolciastro delle fatture, il sapore di miele del linguaggio fatato e la sensazione vibrante che gli drizzava i peli quando scagliava un incantesimo.
Doveva tornare da Cavana, forse lei avrebbe potuto rimuovere i marchi, ma era più probabile che lo uccidesse. Il fallimento non era molto tollerato nella Legione, soprattutto visto che gli avevano vietato di portare gli uomini alle Steppe, e dopo mesi di prigionia era difficile che lo risparmiassero. Inoltre era possibile che le loro spie li avessero già informati della faccenda del vincolo, in quel caso gli rimaneva davvero poco tempo, sia a lui che a Kieran.
Forse però poteva convincere Cavana, persuaderla a dargli un’altra possibilità, nessuno alla Legione aveva le sue abilità, di certo non il Geco o il Cinghiale come volevano far credere.
Un crampo al braccio interruppe qualsiasi pensiero razionale e si ritrovò a bestemmiare. – Cazzo – sibilò a denti stretti, sporgendosi avanti per allentare la morsa delle corde.
Doveva concentrarsi su altro, un problema alla volta, una volta libero avrebbe pensato alla prossima mossa, per ora doveva pazientare. Doveva sopravvivere.
Alzò lo sguardo a studiare il piccolo appartamento di Kieran, mentre ripensava alle parole della ragazza che era appena passata. Era piuttosto in ordine, quando condividevano la stanza all’Accademia era molto più disordinato. Forse non viveva abbastanza lì dentro da poter essere disordinato, c’era polvere ovunque. Un ritratto appeso vicino all’ingresso rappresentava una battaglia dei guerrieri contro un potente principe fatato, il cielo innaturalmente nero, le creature fatate che sciamavano fameliche contro gli scudi e le baionette, come lupi d’ombra. Non aveva foto personali o dipinti della sua famiglia, ma non era sorpreso, le informazioni su di lui scarseggiavano. Sapeva qualcosa da ciò che gli aveva raccontato in Accademia, sapeva le voci che narravano di questo ragazzino povero e strabiliante che era stato notato dal rettore dell’Accademia un giorno in fabbrica, rimasto talmente colpito da avergli offerto un posto all’Accademia per ufficiali dei guerrieri di Ferro. Kieran stesso gli aveva raccontato che la realtà non è mai bella come la fantasia delle storie.
Era figlio unico da ciò che sapeva, i suoi erano morti qualche anno prima. Non sapeva altro. Dunque l’unica certezza è che era solo, non aveva parenti in vita, proprio come lui. Beh almeno parenti che ritenesse tali, Silas aveva una famiglia adottiva disgustosa che non vedeva l’ora di prendersi un bel pezzo del suo corpo per rafforzare il proprio potere; sua madre era stata quasi più materna del solito al processo, mentre tentava educatamente di rivendicare il diritto a smembrarlo.
Il reggimento di Lockwood? Qual era?
Gli venne da sorridere. La sua vita si era fatta interessante, chissà quanto successo aveva accumulato sulla sua pelle e sulla sua sconfitta. Eppure viveva lì da solo senza motivo, sicuramene aveva accumulato parecchi soldi e li teneva da qualche parte. Patetico. Avrebbe potuto comprarsi una villa nei quartieri Dorati, dotarla di ogni nuova tecnologia, acquistare una vaporetta e pagare un autista, vivere nella parte più alta della città. Di nuovo quell’altezzosità morale insensata, o forse era solo tirchieria.
Il crampo era passato, ma la fame rimaneva. Voleva scivolare nel sonno, il corpo gli faceva male e aveva consumato ogni energia, ma non poteva, doveva rimanere vigile ancora un po’.
Almeno però una buona notizia la avevano portata: i confini erano a pezzi.
Gli venne da sorridere. Era bello vedere che anni di lavoro venivano ripagati, Cavana stava davvero facendo del suo meglio se i guerrieri di Ferro non avevano abbastanza uomini da mandare insieme ai cadetti dell’Accademia durante l’Iniziazione.
Guardò il pavimento assorto.
Avrebbe voluto essere con loro, rivederli, ubriacarsi insieme, festeggiare, la Rondine avrebbe suonato l’ocarina, il Gufo gli avrebbe ricucito le ferite, rimbeccandolo per la sconsideratezza. Drake. Chissà come se la stava passando, quando Drake gli aveva detto di lasciar perdere le Steppe lui lo aveva mandato al diavolo. Era stata l’ultima volta che si erano parlati.
Rovesciò la testa con un sospiro che somigliava più a uno sbuffo tremante. Quei pensieri gli pesavano.
Era soltanto sollevato per adesso di aver scampato la pena di morte. Poteva accettare di morire, ma non che il suo corpo venisse usato per massacrare altri come lui.
Se dovessero prenderti vivo, dovrai usare la necromagia, solo quella può distruggere il tuo corpo fino in fondo.
Il Gufo lo aveva istruito anni prima con una certa amarezza, sapeva già quanto Silas fosse spericolato.
Era l’unico su cui potesse davvero contare là fuori, doveva contattarlo, doveva fargli sapere che era evaso, lui avrebbe scavalcato Cavana per aiutarlo.
Ora però doveva riposare, anche solo per qualche minuto.
 
 *
 
– Non è nella sua cella dunque.
La voce del Generale Hamilton era bassa e monocorde, ma le sue mani si strinsero a pugno sulla gigantesca scrivania in legno dietro cui era seduto.
Kieran era in piedi e Bervana era vicino a lui, rigida e sull’attenti. Si trovavano dentro lo studio, nel palazzo d’Acciaio.
– Colonnello sei certa di questo?
– Appena il maggiore Reed mi ha avvertito di aver sentito la presenza del prigioniero lontano ho controllato e interrogato tutte le guardie presenti. A quanto pare il Consigliere Karrol lo ha prelevato dalla sua cella intorno alle due di notte e lo ha riportato quando il maggiore ha chiesto spiegazioni. Le guardie erano corrotte e hanno mentito. Ho chiesto che venissero sostituite, quando sono tornata a controllare, le nuove guardie erano addormentate. Una fattura debole, ma efficace. Non c’erano segni di scasso, i sigilli sugli ingressi non si sono attivati, devono aver usato una magia molto potente per farlo fuggire o deve essere intervenuto il Consigliere per far disattivare momentaneamente i sigilli. Ho cercato le guardie corrotte, ma non sono riuscita a trovarle, alla Gilda dei gendarmi si sono rifiutati di rispondermi.
Kieran guardò in modo distratto lo studio, elegante ma spoglio nella sua austerità, i quadri erano pochi e semplici, alternati ad armi primitive appese al muro; c’era anche un’antica sciabola con l’elsa in avorio. Kieran amava così tanto le armi da collezione, più dei quadri, più delle sculture, pensare che qualcuno le avesse brandite e usate, mani diverse di epoca in epoca, lo esaltava.
– Maggiore, tu conosci il prigioniero meglio di tutti noi, credi che lo abbiano fatto sparire?
Kieran riportò l’attenzione sul generale, che lo osservava in attesa. Non aveva grandi opinioni su quell’uomo, era un suo superiore, il Generale d’istanza nella capitale, ed era stato un uomo d’azione nei suoi anni migliori. Aveva una bruttissima cicatrice sul labbro che gli sfigurava la bocca, portandola in basso, gli occhi scuri erano contornati di piccole rughe, ma mantenevano una certa intensità.
– Se qualcuno lo avesse portato via, sappiamo che lo avrebbe fatto per vendetta o per ottenere parti del suo corpo, dunque sarebbe stato improbabile per me sopravvivere. Conosco abbastanza la Falena da sapere che il Consigliere ha corso un rischio enorme, è possibile che si sia liberato e sia fuggito, magari aiutato, non mi sorprenderebbe scoprire che il Consigliere sia stato ucciso.
Bervana intervenne: –  è vivo, me ne sono accertata, anche se si è rifiutato di ricevermi. Ma il prigioniero non è con lui.
Una colorita imprecazione lasciò le labbra del Generale e il colonnello Bervana gli lanciò un’occhiataccia.
– Questo non sarebbe successo se avessero permesso al Ferro di sorvegliare il prigioniero, ma no, dovevano affidare il compito a quegli incompetenti della Gilda dei gendarmi, ed ecco il risultato. Un maiale che vuole fottersi il più pericoloso criminale della Gardenia e che se lo lascia sfuggire.
Si alzò in piedi infuriato, trafficò con la grossa pipa in legno e prese i fiammiferi. La accese e iniziò a soffiare.
– Dove è diretto? Puoi percepirlo?
– Verso sud, credo sia diretto verso la regione di Falker, la mia ipotesi è che sia fuggito con una vaporetta o un cavallo per le campagne, senza prendere il treno.
– Chi hai avvertito per ora?
– Nessuno, soltanto voi.
Il Generale annuì. – Hai fatto bene, ragazzo. Dovrò avvertire il Consiglio, presto se ne accorgeranno. Cercheranno di tenerlo nascosto con la stampa, metterebbe in ridicolo la Gardenia, passeremmo per incompetenti.
Bervana sembrava già dell’avviso che fossero tutti piuttosto incompetenti. – Dovremmo inseguirlo, mandare subito una squadra di ricerca, tutti i migliori guerrieri di Ferro non impiegati ai confini. Il maggiore può darci indicazioni approssimative sull’ubicazione della Falena.
– No – la interruppe il Generale, brusco. – Attirare l’attenzione sarebbe uno sbaglio, questa notizia non deve trapelare fra il popolo, uno spiegamento eccessivo di forze sarebbe controproducente. Il Feldmaresciallo vorrà la mia testa se questa storia arriverà agli articolisti. Inoltre siamo in obbligo di informare il Consiglio e le Gilde prima di procedere.
– Ma signore, se ci perdiamo nella burocrazia il prigioniero contatterà i suoi alleati, dobbiamo agire subito, abbiamo un vantaggio, non possiamo aspettare – insistette Bervana.
Kieran deglutì e prese la parola: – non si farà trovare, potrebbe essere ovunque, non ha la sua magia o ce ne saremmo già accorti per le vittime, ma ha molti alleati. Una squadra di guerrieri di Ferro si fa notare, scapperebbe prima di essere trovato.
– Non può allontanarsi troppo, il vincolo glielo impedisce, giusto?
– Sì, ma la zona che copre il vincolo è molto vasta. Il Consiglio vorrà usare il vincolo per provare a trovarlo…
Abbassò il viso e si mostrò preoccupato, sia il Generale che Bervana lo notarono.
Hamilton si lisciò i baffi. – Non appena avremo avvertito le Gilde e il Consiglio ognuno farà a modo suo, la Falena è una preda troppo ghiotta, si sono scannati per il corpo per mesi, ora che è inerme e latitante ogni Gilda manderà qualcuno a ucciderlo in segreto e a riportare il corpo. Lo faranno sparire.
Guardò Kieran, che era pallido. Sembrava contrito. Bervana invece aveva una smorfia di sdegno che le attraversava il viso e la mascella serrata.
– Non sarebbe più facile usarmi per trovarlo? Mandarmi a un passo dalla morte per bloccarlo, ovunque lui sia?
Lo domandò serio, ma sapeva che non avrebbero mai vagliato quell’opzione.
– Non rischieranno di ucciderlo senza prima trovarlo, il suo corpo vale troppo. E dovrebbe essere nostro. Non solo non hanno acconsentito a dare il suo corpo al Ferro, ma vogliono toglierci anche il nostro guerriero più promettente. Cani fino al midollo.
Bervana osservò Kieran. Il volto della donna era rigido, ma non nascondeva il disgusto verso tutta la situazione. – Tutto questo è vergognoso.
– Lo so colonnello, sto solo esponendo quali saranno le reazioni. È improbabile che rivedremo la Falena viva.
Kieran si schiarì la gola. – Se ogni Gilda manderà qualcuno a cercarlo, allora dovremmo fare lo stesso. Abbiamo due vantaggi sugli altri: il tempismo e il vincolo. Io posso rintracciarlo, sento la sua presenza, lo conosco meglio di tutti gli altri e lui non può uccidermi senza uccidere sé stesso. Lo troverò e lo riporterò alla capitale.
Il Generale si portò le dita al mento, pensieroso. – Vorresti andare da solo?
– Silas è mio.
Quelle parole gli uscirono dense di risentimento e non dovette neanche fingere troppo per calcare la voce. Si pentì subito di averlo detto, gli era uscito di getto.
– Anche lui però ti sentirà arrivare, se ti sposti potrà allontanarsi.
– Dovrà dormire, dovrà riposare, è senza forze, senza soldi e senza magia, io invece ho tutte le mie risorse. Se lo bracco giorno e notte non potrà fuggire abbastanza velocemente. Neanche io posso ucciderlo, ma posso spezzargli le gambe e trascinarlo di peso. L’ho sconfitto e catturato quand’era all’apice della sua potenza, non sarà difficile fermarlo ora che è così vulnerabile.
Il Generale e Bervana si scoccarono uno sguardo indeciso.
Kieran poggiò le mani sulla scrivania. – Signore io… sono preparato a morire. Lo sono da sempre. Ma non chiedetemi di rimanere inerme ad aspettare la mia morte, se ci sarà una caccia almeno lasciate che provi a riportarlo da me e a non morire.
– Il Consiglio potrebbe alterarsi se ti lascio andare senza il loro consenso, sei la garanzia che anche se Silas Vaukhram dovesse riunirsi alla Legione, non avrebbe comunque scampo. Allo stesso tempo se verrai ucciso per l’incompetenza del governo, beh, sarà il Feldmaresciallo a volere la mia testa – commentò esasperato. – Mi ha chiesto di tenerti d’occhio.
Si massaggiò la fronte, stanco.
Kieran sentiva la camicia umida dal sudore, era così spaventato che iniziava a essere difficile recitare. Doveva essere più convincente, doveva smuovere la pena nel suo interlocutore. Cominciava a temere che non ci sarebbe riuscito.
– Il Ferro può prendere decisioni senza consultare il Consiglio, se la situazione lo richiede – ricordò Bervana, inflessibile. – Se posso, signore, devo dire che ci hanno riservato un trattamento indegno. Abbiamo vinto una battaglia impossibile e catturato il traditore. Nonostante questo, ci hanno impedito di ottenere il corpo, di partecipare alla sorveglianza, approfittando dell’assenza del Feldmaresciallo che è al confine a lottare in prima linea. Il Consigliere Karrol ha combinato questo disastro per le sue perverse voglie e ora vorrebbero giustiziare sommariamente la Falena in modo illegale e uccidere anche il Campione? In quanto membro dei guerrieri di Ferro non posso assicurare che questo venga accettato dagli altri guerrieri, e credo che io, come gli altri ufficiali, potremmo riconsiderare il nostro silenzio con il popolo se verremmo estromessi dalla situazione. La nostra Gilda non può tollerare queste umiliazioni.
Kieran sbatté le palpebre, incredulo. Il discorso non tentava neanche di velare l’inclinazione minacciosa nella voce e iniziò ad avere paura che Bervana si fosse spinta troppo oltre. Malgrado questo non riusciva a sopprimere il fiotto d’affetto e ammirazione che provava nei suoi confronti.
Sarebbe tutto più semplice se io fossi come lei.
Il Generale però sorrideva, qualche nuvoletta di fumo uscì dalla bocca e allontanò la pipa. – Il tuo discorso non fa una piega, colonnello. A volte con questa burocrazia smidollata bisogna mostrare un po’ di forza. La situazione ai confini è disastrosa, tutto perché le Gilde vogliono i nostri guerrieri a proteggere i loro territori dalle Corti fatate. Non voglio di certo spiegare al Feldmaresciallo di come abbiamo perso sia la Falena che il Campione senza neanche ottenere il corpo del traditore. Questo è un affronto che non possiamo permetterci.
L’equilibrio delicato fra le Gilde era uno dei punti più fragili di rottura del loro governo, in particolare se si parlava dei due eserciti, i gendarmi e il Ferro. Kieran non credeva che i gendarmi si sarebbero rifiutati di parlare con Bervana, questo li faceva apparire molto più colpevoli del previsto. Era stato un colpo di fortuna, ma aveva sottovalutato l’ostilità delle due fazioni militari.
– Anche se tu dovessi tornare col prigioniero, è comunque possibile che lo giustizieranno seduta stante. Cercherò di contattare il Feldmaresciallo, sono certo che lui abbia abbastanza influenza per impedirlo, ma non sappiamo quando sarà in grado di tornare.
“Se” è la parola chiave immagino. Per allora avrò tolto questo maledetto vincolo e avrò rimediato a tutto.
– Non è detto che accadrà, ma se devo rischiare la vita, tanto vale che vada a prendere io stesso il traditore. Forse i maghi del Diaspro troveranno una soluzione nel frattempo.
Il Generale si leccò le dita e prese un foglio dalla risma, intinse la penna d’oca nell’inchiostro e iniziò a scrivere. Applicò un timbro alla fine, chiuse il foglio e lo sigillò con della ceralacca. Ripeté il tutto un altro paio di volte.
– Colonnello, voi avete avuto il maggiore sotto il vostro comando. Garantite per lui? – domandò mentre continuava a scrivere.
Kieran rimase impietrito. Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo.
– Sì signore. Il maggiore è un giovane leale e onorevole. Ha catturato la Falena una volta, avrà successo di nuovo.
Si chiese se quel traditore di Silas si fosse mai sentito come lui in quel momento, un rifiuto umano, un essere indegno.
Posso ancora… posso ancora tirarmi indietro.
Poteva prendere Silas e riportarlo in cella, poteva ancora fermarsi e annullare tutto. Affrontare qualunque destino lo aspettasse con dignità.
Per un attimo gli tornò in mente William che si piegava su un ginocchio per guardarlo negli occhi, dentro la fabbrica rumorosa e sporca. Gli sfilava l’orologio da taschino dorato dalle mani e lo guardava sorridendo.
Volevi derubarmi? Ne hai di fegato, moccioso.
Socchiuse gli occhi e cercò di sciogliere il nodo soffocante che aveva in gola.
No, non poteva più tirarsi indietro.
Il Generale gli consegnò i permessi. – È importante che la notizia non trapeli, ma l’obbiettivo primario deve essere la cattura del criminale, non possiamo in alcun modo permetterci di vanificare la vittoria delle Steppe, significherebbe trasformarla in sconfitta.
Bervana sembrava d’accordo con lui questa volta e annuì con approvazione. Kieran iniziava ad avere i nervi a pezzi.
– Questi sono i permessi e il denaro necessari a inseguirlo senza destare sospetti o rallentare la caccia a causa della burocrazia. Mi aspetto la massima discrezione da te, Campione.
Si portò il palmo aperto sul cuore nel saluto militare e schioccò i talloni, raddrizzandosi.
Almeno questa recita è finita. Mi dispiace. Sistemerò tutto, in un modo o nell’altro.
 
 


Eccomi con il terzo capitolo, qui proprio denso di dialoghi, avvenimenti e considerazioni. Qui ho avuto veramente difficoltà per rendere tutto verosimile.
Kieran però si destreggia, per ora. Silas gli rende tutto più difficile, e che fai, non ce lo metti lo spettacolino sexy ai danni dell'inflessibile guerriero?
Io vi ringrazio tanto per le recensioni che mi avete lasciato ç_ç, per qualsiasi parte che vi sembra troppo frettolosa, inutilmente complicata o non abbastanza complicata, se potete fatemelo notare.
Grazie per aver letto!
P.s. ho cambiato l'immagine iniziale del primo capitolo e ho provato a disegnare da me i profili dei due impiastri, se qualcuno non la avesse vista e fosse curios*, è lì.
 
   
 
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