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Autore: Valentyna90    19/05/2021    1 recensioni
Alya Merope Black è la sorella gemella di Sirius. Ha vissuto con lui e con il fratellino Regulus gli anni dell'infanzia a Grimmauld Place, sotto la severa educazione impartita da Orion e Walburga Black, i loro inflessibili e orgogliosi genitori.
Sotto l'influenza dei rigidi dettami della sua famiglia, Alya Merope cresce come degna erede della Casata dei Black, fiera e vanitosa delle sue origini; tutto il contrario di suo fratello gemello Sirius, che le rigetta con disprezzo. Insieme, i due gemelli entreranno a Hogwarts, ma vivranno vite separate. Sirius sarà un Grifondoro, Alya Merope una Serpeverde. Un perenne velo di sdegno e indifferenza li separa.
Ma nella vita della giovane Black c'è dell'altro. Un potere arcano e sconosciuto, che nemmeno lei sa comprendere. La sua mente funziona diversamente rispetto a quella dei suoi coetanei. Soprattutto nei sogni. Qui, in questa parte sospesa dell'esistenza, dove tempo e spazio, realtà e finzione si confondono, la coscienza di Alya Merope viaggia, apprende, conosce. Ma sempre inconsapevole.
Quale sarà il destino della giovane maga?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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FRUTTO PROIBITO

 

Come aveva previsto, Alya non riuscì a dormire quella notte. Da un lato, il suo animo palpitava di pura eccitazione; la brama di vendetta le aveva destato lo spirito come aizzato da una fiamma ardente. Dall’altro, una volta invasa da quella profonda illuminazione che l’aveva folgorata mentre spolverava le ampolle incrostate nella segreta di Lumacorno, Alya seppe di dover approfittare della notte, solitaria e oscura, per poter metterla in pratica.

Quando scivolò dentro alla sala comune di Serpeverde, la ragazza si ritrovò sola, immersa nel denso silenzio, con solo lo scoppiettio del fuoco che zampillava nel camino di marmo a interrompere il sussurro muto della notte. Era tardi, come aveva constatato il professore poco prima, e tutti i suoi compagni si erano già rifugiati da tempo nei rispettivi letti. Una situazione perfetta.

Alya si accomodò sul sofà di nera pelle, vicino al camino. Adagiò la borsa accanto a sé, mentre volgeva gli occhi verso le fiamme sfrigolanti, l’unica fonte di luce della stanza, fatta eccezione per le verdi fiaccole nei candelabri maestosi che galleggiavano poco sotto il soffitto di pietra. Le finestre, che di solito regalavano la placida visuale dei fondali del Lago Nero, sembravano essere state coperte di vernice nera, oscurate dalle scure acque che sembravano essersi tramutate in una distesa di inchiostro nero.

Alya osservava come ipnotizzata la danza vivace delle fiamme, sinuose e scarlatte. Sorrise al fuoco, come a un complice. Allungò la mano verso la borsa e da una delle tasche esterne estrasse una piccola fiala, vuota e del tutto anonima, parte di una scorta che aveva l’abitudine di portarsi appresso in caso di necessità. Nel frattempo, sfilò con grazia naturale la bacchetta dalla manica, tenendola a mezz’aria, pronta all’utilizzo. Gli occhi grigi della giovane Black scrutarono con meticolosa attenzione la piccola ampolla nelle dita affusolate, soppesandone fattezze e misure. La mente calcolatrice della ragazza la stava già paragonando a quella contenente il Veritaserum, studiata con dovizia poco prima. La girò verso un lato, poi dall’altro, mentre i bagliori vorticosi e fulvi del fuoco si mescolavano, sulla vitrea superficie della fiala, ai fievoli guizzi smeraldini provenienti dal soffitto. Alya sorrise compiaciuta, grata di come la situazione si stava inaspettatamente volgendo a suo favore; di come gli eventi le avessero donato la scintilla d’ispirazione per un nuovo piano. E la pozione del Veritaserum ne avrebbe rappresentato il perno principale. Ovviamente, Alya era ben consapevole che le sarebbe stato impossibile mettere le mani sul siero originale (Lumacorno se ne sarebbe accorto immediatamente), né tanto meno prepararlo con le sue stesse mani (un’operazione già abbastanza ardua per i maghi più esperti, figuriamoci per lei che per le pozioni provava solo uno sdegnoso ribrezzo). Tuttavia, tale mancanza non sarebbe stato un problema: dopotutto, non era fondamentale disporre del vero Veritaserum, bastava semplicemente far credere a chi di dovere di esserne in possesso. E se c’era una cosa in cui Alya eccelleva, era manipolare la realtà a suo vantaggio. Non solo con le parole, ma anche attraverso la magia. Non per niente, era una delle studentesse migliori del corso di Trasfigurazione del suo anno. Grazie alle sue doti, Alya sarebbe riuscita, malgrado lo spiacevole imprevisto in cui era inciampata, ad ottenere le preziose informazioni sull’esame di Pozioni.

Con gesto lieve, ma deciso Alya agitò la bacchetta ed iniziò la sua opera di trasformazione. Le formule magiche appena sussurrate nel cuore della notte, funsero da scalpelli, taglierini e spatole, scolpendo, intagliando e levigando le forme dell’ampolla che teneva salda fra le dita. Man mano che il fuoco divorava il tempo, ingoiando nelle braci ardenti, manciate di minuti laboriosi, la piccola fiala si allungava, si assottigliava, assumendo lentamente, ma inesorabile, le fattezze che Alya aveva scientificamente impresso nella sua memoria fotografica nell’aula di Pozioni. L’immagine suggerita dalla mente la guidava come un manuale di istruzioni e lei ne seguiva attentamente ogni passaggio, aggiungendo particolari sempre più dettagliati e minuziosi. Non si trattava di incantesimi necessariamente complessi, date le misure ridotte delle due fiale, sia quella originale che quella usata come semplice modello. Ma la cura e la precisione richieste per far sì che il risultato finale fosse il più possibile somigliante, rese l’operazione assurdamente lunga. Alya impiegò alcune ore prima di trovarsi a fine dell’opera. Il denso inchiostro nero che inondava le finestre della sala comune, cominciava ora a squarciarsi, macchiandosi di stiracchiate striature violacee, annunciando così l’alba ormai imminente.

Con gli occhi stanchi per il prolungato lavoro di osservazione, Alya studiò con orgoglio il risultato della sua portentosa magia: la boccetta, all’inizio anonima e innocente, si presentava adesso del tutto identica a quella osservata durante i momenti di punizione, contenente il Veritaserum. Persino il tappo dorato scintillava con la stessa lucentezza, irradiato dai bagliori delle fiamme. Alya afferrò la brocca piena d’acqua, perennemente presente sul tavolino di fronte al sofà e sempre a disposizione degli studenti assetati, e versò una piccola quantità del suo contenuto all’interno dell’ampolla trasfigurata. Per fortuna, il Veritaserum appariva incolore e trasparente, innocuo come l’acqua; sarebbe stato impossibile da una semplice occhiata intuire la falsità che la boccetta racchiudeva.

E così, insieme alle limpide gocce della brocca, Alya imbottigliò la sua vendetta, pregustandosi il momento in cui l’avrebbe servita alla vittima designata.

Nel frattempo, il sole era ormai sorto, come si intuiva dalle sfumature verdastre che attraversavano gli abissi del Lago Nero; ben presto anche gli studenti si sarebbero svegliati. Alya ne percepì i movimenti pigri e sonnacchiosi, udendo i compagni che si trascinavano giù per i gradini. Nel giro di poco tempo, la sala comune, fino ad allora vuota e silenziosa, sarebbe stata gremita dal chiacchiericcio ansioso degli alunni. Alya nascose veloce la fialetta incantata all’interno di una delle tasche della sua borsa, celandola alla vista di sguardi indiscreti. Agguantò un libro e finse di aver trascorso la notte a studiare per l’esame, che avrebbe avuto luogo da lì a poche ore.

 

Nonostante la notte insonne, Alya non avrebbe potuto sentirsi più energica. Persino l’appetito, che l’aveva quasi abbandonata il giorno precedente, migliorò considerevolmente. A colazione, le sue amiche rimasero stupite nel vederla addentare vorace un’innocente fetta di pane tostato, imburrato copiosamente. Alya non aveva certo l’aria di essere in preda alle ansie da esame. Né tanto meno infastidita dalle ore passate in castigo la sera precedente. Quando Philippa le chiese con sospettosa curiosità cosa le fosse capitato per metterla così di buon umore, Alya si limitò a rispondere con un’indifferente alzata di spalle e uno strascicato niente di che.

“Beata te che sei così pimpante! Io invece mi sento uno straccio. Ho avuto gli incubi stanotte, per colpa degli esami.” brontolò cupa Beth, con i riccioli che le bollivano sulla testa rotonda.

“Pure io...ho sognato tutti i miei libri di scuola rincorrermi per l'intero castello. Mi sembra di aver corso tutta notte, invece di aver dormito.” dichiarò Melyssa, sconsolata, con due profonde occhiaie a solcarle il viso.

“Io, invece, sono dell’idea che oggi andrà benone. Dopotutto, stamattina ci aspetta Storia della Magia. Sarà una passeggiata, me lo sento.” proclamò Alya con voce vigorosa, mentre fissava con una strana luce negli occhi due grosse mele, che si ergevano su una montagna di frutta, posta in una ciotola al centro della tavola. Le afferrò entrambe e le cacciò dentro la borsa.

“Vedo che non ti manca l’appetito! Hai paura di restare senza merenda?” la schernì Philippa, sempre più perplessa. “Davvero, credo che tu sia l’unica ad essere così spensierata durante i G.U.F.O.!”

La bionda non avrebbe potuto avere più ragione. Nelle ore che seguirono, Alya affrontò l’esame di Storia della Magia con evidente disinvoltura. La sua piuma d’oca scorse fluida sulla ruvida pergamena, senza incontrare alcun intoppo. Le domande le sembrarono di una facilità quasi disarmante. Alya riuscì a terminare il suo lungo tema molto prima rispetto all’orario stabilito per la consegna. Si alzò e portò i fogli intrisi di fitte parole ai docenti della Commissione, congedandosi con un piccolo inchino. Girò i tacchi facendo piroettare con elegante leggiadria l’orlo della sua gonna e si avviò verso l’uscita a testa alta. Mentre camminava verso il portone, i suoi occhi grigi scintillanti abbracciarono la marea di studenti ancora chini sui loro temi: alcuni di loro le lanciarono occhiate di stupore mista a lieve invidia (le loro pergamene apparivano desolatamente immacolate), gli altri non si accorsero nemmeno della sua pomposa passeggiata trionfante, tanto erano concentrati a scrivere. Tra questi - Alya la individuò subito - c’era Lily Evans, i cui capelli, raccolti come ormai da consuetudine, in una densa coda di cavallo, dondolavano fluttuanti, a ritmo della sua grafia concitata. Non si accorse dello sguardo di Alya, che d’un tratto si trasformò in una lama affilata, fendendo l’aria con maligna minaccia. Eccola lì, la sua preda. Ancora all’oscuro, ignara di ciò che Alya aveva in mente. Mentre le passava accanto, la ragazza di Serpeverde sentì l’animo ribollire di impazienza, il seme della sua brama di vendetta sbocciare impietoso.

Una volta sgusciata fuori dalla Sala Grande, Alya cercò un punto strategico da dove poter controllare, senza essere notata, chi usciva dal salone d’esame. Voleva tener d’occhio Lily Evans, seguirla e braccarla al momento più opportuno. Finse di aspettare le compagne ancora impegnate a svolgere la prova d’esame, lanciando di tanto in tanto occhiate cariche di aspettativa al portone della Sala Grande. Strinse forte a sé la borsa che teneva a tracolla e udì la boccetta tintinnare allegra nella tasca esterna. Un brivido di malvagia eccitazione la pervase, il suo animo si tese come una corda di violino. Pazienza sussurrò a se stessa, come a un bambino in trepidante attesa di un giocattolo promesso.

Ed ecco che il suo giocattolo comparve finalmente sulla soglia del salone. Alya si irrigidì all’istante, puntando la figura di Lily Evans come un cane a caccia. Con disappunto, notò che Lily non era sola, accompagnata dalla sua amichetta bionda, Marlene McKinnon, la ragazza che qualche giorno prima se ne stava beatamente incollata alle labbra di Sirius sotto al faggio, vicino al lago. Chiacchieravano concitate sulle domande d’esame appena terminato e Lily arrotolava una ciocca della sua folta coda di cavallo alle dita, con bellicosa agitazione. Ad Alya parve che la ragazza non prestasse del tutto attenzione a ciò che stava dicendo la compagna, immersa in pensieri irrequieti. Dopo un paio di secondi, infatti, Lily fece segno di congedarsi e Alya – che si trovava abbastanza vicino da poter interpretare il movimento delle labbra della sua preda – decifrò poche, ma utili parole: bagno dei Prefetti.

Alya esultò in silenzio. La situazione non poteva rivelarsi migliore di così. Ostentando un’espressione distratta, si avviò lentamente seguendo i passi di Lily Evans, la quale camminava spedita davanti a lei. Alya fece ben attenzione a mantenere una sicura distanza tra lei e la ragazza di Grifondoro; per nulla al mondo doveva destare sospetti. Sapeva dove si trovava il bagno dei prefetti, sebbene non avesse mai avuto occasione di entrarci. Tuttavia, era necessario pronunciare una parola d’ordine per accederci, perciò Alya aveva bisogno di essere nei paraggi nel momento in cui Lily avrebbe pronunciato tale formula.

Man mano che ci si inerpicava per i piani superiori del castello – il bagno si trovava al quarto – i corridoi cominciarono a spopolarsi. C’era da aspettarselo: tutti gli studenti del quinto anno erano sicuramente ancora nei pressi della Sala Grande, mentre gli altri, molto probabilmente, approfittavano della bella giornata assolata per spaparanzarsi sul prato della scuola. Ora, Alya doveva fare ancora più attenzione per non farsi notare. Rallentò il passo, mettendo ancora più distanza tra lei e Lily Evans. Tuttavia, sembrava che la ragazza dai capelli rosso scuro fosse così assorta nei suoi pensieri, da non rendersi conto che qualcuno la stesse pedinando. Camminava con le mani saldamente aggrappate alla cintura della borsa, che teneva a tracolla.

Lily Evans giunse, infine, al quarto piano, Alya dietro di lei, silenziosa e furtiva come un’ombra. Prima che Lily rischiasse di notare la sua presenza, Alya si incastrò fra due colonne di dura pietra grigia, nascondendosi alla sua vista. Ad una manciata di metri più avanti, Lily si era fermata di fronte ad una statua, raffigurante un mago dall’aria confusa. Da dove si trovava, Alya riusciva a vederla senza problemi. Un’espressione contrita le velava il viso.

Rosaspina pronunciò la ragazza. La eco della parola d’ordine galleggiò nitida nel silenzio del corridoio, sino alle orecchie tese di Alya. La porta dietro la statua si aprì all’istante, lamentando un cigolio sommesso. Lily sparì dietro di essa.

Alya attese qualche secondo prima di imitarla. Si avvicinò alla statua, la quale era stata scolpita in onore di un certo Boris il Basito, come recitava una targhetta sotto di essa, e ripeté la formula udita. Dopo un’istante, anche Alya fu inghiottita dallo splendore del bagno dei prefetti. Per una frazione di secondo, Alya rimase abbagliata dalla sfarzosità che le si espandeva davanti agli occhi. Tutta la sala era in marmo, splendente e bianchissimo. Al centro, una profonda vasca, incassata nel pavimento, occupava gran parte della stanza, circondata da numerosi rubinetti in oro e con pietre preziose, dai colori luccicanti, incastonate nei pomelli. Alya si accigliò indignata nel constatare quanta ricchezza venisse riservata a persone indegne come Lily Evans, per il semplice fatto di essere un prefetto (che per Alya stava a significare “cocca degli insegnanti”), mentre lei, la discendente di una delle più nobili casate magiche di sangue puro, era stata costretta a starsene immersa in una nebbia di polvere stantia, dentro una vecchia angusta segreta, fino a solo dodici ore prima.

Con rapido gesto, sfilò la sua bacchetta dalla manica della divisa e, continuando a dare le spalle alla porta, la chiuse a chiave con un incantesimo appena sussurrato. Avanzò lenta e scaltra, attenta a non emettere alcun rumore che potesse mettere in guardia chi si trovava nel bagno insieme a lei. Il dipinto di un’elegante e sinuosa sirena, dai capelli dorati, sovrastava l’immensa vasca in marmo. La creatura mitologica, nota per le sua natura ingannevole e infida, dava il benvenuto ad un’altra creatura infida, dalle intenzioni non meno subdole.

Ora, Alya si ergeva immobile, in mezzo alla sala da bagno, gli occhi puntati davanti a lei, sulle spalle di Lily Evans, la quale era china su un lavabo sfarzoso, anch’esso in marmo, intenta a rinfrescarsi il viso con l’acqua che sgorgava fragorosa. Non si era ancora accorta della presenza della giovane Black, nonostante Alya la fissasse intensamente e con minaccia, tenendo salda la bacchetta dietro la schiena, pronta all’utilizzo.

Quando Lily richiuse il rubinetto, mettendo a tacere il gorgoglio d’acqua, emise un profondo respiro che suonò pieno di rammarico. O di rimorso, come intuì Alya, indovinandone il motivo. Le sue labbra si incresparono in un sorrisetto maligno.

“Il senso di colpa ti divora, Evans?” sibilò spavalda alle spalle della Grifondoro, la quale sussultò, colta di sorpresa. Lily si voltò di scatto, sgranando gli occhi verdi smeraldini, nel momento in cui vide Alya di fronte a lei.

“Che cosa ci fai tu qui?” domandò severa, aggrottando la fronte. “Questo bagno è riservato ai prefetti. Non ti è permesso entrare qui!” sentenziò categorica.

“Per questa volta dovrai soprassedere a certe insulse regole, miss prefettina. Rilassati, voglio solo fare una chiacchierata con te.” la canzonò Alya, avanzando lentamente verso Lily. Si compiacque nel vederla irrigidirsi man mano che si avvicinava. Sembrava spaventata, sebbene tentasse di nasconderlo.

“Per quanto mi riguarda, non ho proprio nessuna intenzione di chiacchierare con te. Non so che cosa tu abbia in mente, né che cosa ti abbia spinta a entrare qui, ma non ti è concesso. Se non vuoi andartene da sola, sarò costretta a farti trovare io l’uscita.” esclamò Lily sostenuta, estraendo la bacchetta. Ma Alya scattò rapida come un felino. Sferzò l’aria con un movimento netto di bacchetta e quella di Lily volò a qualche metro di distanza.

“Non sta a te dire a me che cosa mi è concesso e cosa no, Evans!” tuonò Alya minacciosa, puntando la bacchetta dritto in faccia a Lily, non più capace di celare la sua preoccupazione. Ma nonostante lo spavento, rimase comunque a testa alta, davanti alle intimidazioni di Alya.

“Che cosa vuoi?” chiese la rossa, a denti stretti.

“Come ti ho detto vorrei discutere con te riguardo un paio di cosette. Immagino tu sappia a cosa mi riferisco.” rispose Alya, con voce improvvisamente affettata.

Lily trattenne il fiato, ma non disse nulla.

“Per esempio…” continuò Alya, fingendo di ponderare l’argomento. “...c’è quella spiacevole questione che riguarda la tua amichetta...come si chiama?… Ah, McKinnon.”

Un lampo di rassegnazione balenò rapido nello sguardo di Lily.

“Poverina...affatturata e con un braccio rotto...per fortuna Madame Pomfrey l’ha rimessa in sesto.” Alya parlava con voce soave, come se stesse conversando durante l’ora del tè.

“Sai, è buffo...chi ha assistito all’incidente si è, non so come, convinto che fossi io la responsabile di quella fattura. Certo, nessuno è riuscito a dimostrarlo, ma mi sono comunque beccata una punizione. Una vera seccatura.”

Alya sospirò, scuotendo teatralmente la testa.

“Una vera ingiustizia! Considerando il fatto che io non c’entro nulla…” il tono della Serpeverde cominciò a farsi più grave, meno lezioso. Alya si avvicinò ancora di un paio di passi, guardando Lily dritto nei suoi occhi verdi, la quale se ne stava immobile e muta.

“...Dopututto, sappiamo bene chi è la vera responsabile. Lo so io. E lo sai tu.” Alya sussurrò la frase scandendo bene le parole, socchiudendo gli occhi grigi a due fessure cariche di minaccia. Ora Lily era visibilmente agitata.

“Ascolta...mi dispiace. Davvero. È stato un incidente.” confessò Lily, con voce flebile. Alya la scrutava inflessibile.

“Non avevo alcuna intenzione di lanciare una fattura. Mi è scappato. Non sono riuscita a controllarmi...E non volevo che ci andasse di mezzo qualcun altro.” Lily sembrava davvero dispiaciuta, come si poteva evincere dal suo sguardo sincero.

“Ma ti sei ben guardata dal confessarlo.” osservò Alya, gelida.

Il respiro si bloccò per un istante nella gola di Lily. Sembrava sul punto di aggiungere qualcosa, ma si interruppe prima che il pensiero potesse trasformarsi in parole.

“Mi dispiace. Davvero.” sospirò semplicemente.

Fingendosi convinta, Alya abbassò la bacchetta, scrollando le spalle. Il suo tono tornò alla mielata stucchevolezza di poco prima.

“Be’, non posso biasimarti se hai preferito tacere sulla tua colpevolezza. Lo capisco...la perfetta Lily Evans, abile strega, stimata da tutti i professori, amata dai compagni...studentessa modello, prefetto...una reputazione impeccabile, difficile da difendere...ma dopotutto, come dici tu, si è trattato di un semplice sbaglio, un gesto involontario...sarebbe un peccato rovinare una condotta così esemplare per un errore così insignificante...vero?” disse Alya, con tono falsamente comprensivo.

“Senti. Non è giusto che qualcun altro sia stato accusato per qualcosa che è mia responsabilità. Parlerò con la McGonagall e con Lumacorno. Dirò loro che tu non c’entri nulla.”

“Molto nobile da parte tua. Ma non mi interessa.” replicò Alya, asciutta.

“Davvero. Voglio aiutarti…”

“NON HO BISOGNO DEL TUO PIETOSO AIUTO!” tuonò improvvisamente Alya, guardando Lily con furia negli occhi. Lily trasalì.

“Non ho bisogno del tuo aiuto…” ripeté Alya, questa volta con tono calmo, ritrovando il suo contegno. “Vedi, Evans, non è la punizione che mi interessa. Né tanto meno essermi presa la colpa al posto tuo. La vera ragione, infatti, riguarda il motivo che sta dietro a quel gesto.”

Lily impallidì.

“Lo stesso motivo, presumo, che ti ha impedito di ammettere la tua colpa. Qualcosa che non vuoi assolutamente che si venga a sapere.” continuò Alya, impietosa. Avanzò di un altro inesorabile passo. Ora, solo un paio di centimetri separava le due ragazze. Alya poteva percepire il respiro leggermente affannato di Lily.

“Sirius.” pronunciò Alya, come una sentenza.

“È per lui che hai lanciato l’incantesimo sulla tua amica. Dimmi, Evans, che cosa hai provato vedendo la tua amichetta sbaciucchiare con tanto ardore mio fratello? Rabbia? Invidia?” chiese Alya, con uno squittio divertito. Lily non rispose. Abbassò lo sguardo smeraldino, incapace di sostenere quello della giovane Black, che le scrutava l’animo come una lama spietata.

“Oh, è inutile che cerchi di nasconderlo a me. Ho capito tutto. Ho visto come lo guardi, di nascosto. Come lo desideri. E la tua coda di cavallo...hai preso ispirazione dalle sudicie babbane ritratte nei suoi poster?” Alya sfiorò delicata una ciocca rosso scuro dalla coda di Lily, la quale tentò di ritrarsi, invano, dato che il lavabo dietro la sua schiena glielo impediva “Volevi che ti notasse, che ti guardasse…” la voce Alya si era fatta fievole come una brezza.

“Ma sappiamo entrambe che questo non accadrà.” concluse Alya, glaciale. “Non finché quel Potter ti ronza intorno. Mio fratello gli è troppo leale, non metterebbe mai a rischio la sua importante amicizia…” Alya guardò Lily da capo a piedi, come per soppesarne il valore. “…per te.”

“Hai ragione, Evans, meglio tenere per sé certi sentimenti. Inutile dichiarare un amore non corrisposto, se a rimetterci sarebbe solo la tua impeccabile reputazione. Non ne vale la pena.” constatò Alya, con tono pratico e allo stesso tempo crudele.

“Che cosa vuoi?” sibilò d’improvviso Lily, la quale aveva capito che la subdola Serpeverde aveva in mente qualcosa.

“Ricordarti quanto sarebbe un peccato per te, se Sirius – e tutta la scuola – venisse a sapere di questo tuo piccolo segreto.” sorrise Alya, con malignità.

“E suppongo che tu non veda l’ora di spifferare tutto per ripicca!” sbottò Lily, con rabbia. Alya scrollò di nuovo le spalle.

“A meno che tu non sia disposta a concedermi un piccolo favore…”

“E sarebbe?” domandò Lily, fingendo indifferenza.

“Niente di che. Solo un piccolo aiuto. L’esame di Pozioni è alle porte e – grazie a te e al castigo che mi sono beccata per colpa tua – non mi è rimasto molto tempo per prepararmi a dovere…”

“Non ti basterebbe un decennio. Lo sanno tutti che sei negata in Pozioni.” la interruppe Lily, con sguardo di sfida. Alya la fulminò, levando di nuovo la bacchetta.

“Dicevo...non mi è rimasto molto tempo per essere pronta. Tuttavia, se solo potessi conoscere in anticipo gli argomenti che la Commissione ha disposto per la prova, mi sarebbe di immenso aiuto. Mi toglierebbe dai pasticci.” Alya parlò molto lentamente, con voce mielata, ma che suonò terribilmente velenosa.

Lily la fissava, senza emettere un fiato.

“Non fare la gnorri, Evans. So che Lumacorno vi ha spifferato tutto, a voi del suo preziosissimo Lumaclub. Cosa non farebbe quel pomposo per mettersi in mostra, attraverso i suoi alunni prediletti!” esclamò Alya acida.

“In effetti, ora che ci penso deve avermi detto qualcosa al riguardo…” rispose Lily, facendo finta di non rammentare molto bene l’evento. “Tuttavia, Black, non ho nessuna intenzione di rivelarti ciò che mi hai chiesto!”

“Non sei nella condizione di poter rifiutare…o vuoi che il tuo segretuccio salti fuori?” la minacciò di rimando Alya.

“Sai, all’inizio ero realmente dispiaciuta per quanto è successo. Desideravo davvero aiutarti. Ma adesso… non sei altro che un’arrogante, subdola e maligna. È vero, ad affatturare Marlene sono stata io, per i motivi che tu hai intuito. Sto malissimo per quello che è accaduto, ma almeno so di non averlo fatto apposta. È stato uno sbaglio. Un terribile sbaglio, ma involontario. Per quanto ti riguarda, invece, sembra che ti diverta un mondo ad essere spregevole! Non sarai tu la diretta responsabile, ma credo che una bella punizione ti stia proprio bene!”

“Non ti permettere…” sibilò Alya, stringendo gli occhi, che dardeggiavano di collera.

“Non mi fanno paura le tue minacce, Black! Va’ e di’ pure a tutti quello che hai scoperto! È la tua parola contro la mia. E, credimi, nessuno crederà a niente di ciò che uscirà da quella tua boccaccia velenosa!” sbraitò Lily, guardando Alya visibilmente disgustata. Un bagliore di trionfo, tuttavia, attraversò le pupille profonde della Serpeverde.

“Oh, Evans...dalla mia bocca non uscirà proprio nulla, temo. Sarai tu, ahimè, a cantare come un uccellino.” la voce di Alya era tornata ad essere fastidiosamente affettata. Lily le lanciò un’occhiata perplessa, mentre la giovane Black sfilava dalla tasca esterna della sua borsa la piccola fiala che aveva trasfigurato durante la notte. La esibì vittoriosa, gustandosi il velo di terrore che calò inesorabile sul viso di Lily.

“Veritaserum?” mormorò Lily, riconoscendo all’istante la boccetta mostrata a lezione da Lumacorno. Poi, guardò Alya, impaurita.

“Da dove l’hai presa?”

“Sgraffignata dalla segreta.” mentì Alya “Hai ragione, sai, alla fine è stato per me un bene aver ricevuto quel castigo da Lumacorno. Senz’altro, sono riuscita a ricavarne qualcosa di utile.” ghignò trionfante.

“Ora, permettimi di riformulare la mia richiesta. Dimmi gli argomenti previsti per l’esame di Pozioni o, ti giuro, che verserò l’intero contenuto nel tuo succo a colazione. O nel tuo calice a pranzo. Oppure a cena. Nella mia mente c’è già l’immagine di te che confessi ogni tuo intimo pensiero su Sirius, i tuoi sciocchi sentimenti per lui, davanti ai tuoi compagni, ai professori che tanto ti venerano. All’intera scuola. Una scena umiliante, per te, ma estremamente piacevole per me!” proclamò Alya, esultante.

La sicurezza di Lily scemò improvvisamente.

“Non oseresti…” mormorò Lily, sempre più spaventata.

“Dici? Tu stessa hai affermato che sono un essere spregevole. E le persone spregevoli non hanno la tendenza a farsi degli scrupoli. A te la scelta, Evans. O mi aiuti o canti. A meno che tu non voglia darti al digiuno.” sentenziò Alya, facendo tintinnare la boccetta incantata.

Lily stette un paio di secondi a fissare Alya, zitta e immobile, con la paura che si mescolava a scintille di rabbia e frustrazione dentro ai suoi brillanti occhi verdi. Alya la ricambiava irremovibile, ferma nel suo trionfo maligno.

Infine, Lily Evans emise un lungo sospiro rassegnato ed estrasse dalla sua borsa un pezzo di pergamena e una lunga piuma d’oca. Scribacchiò qualcosa febbrilmente e porse il biglietto ad Alya.

“Hai vinto. Ecco gli argomenti.” disse Lily spiccia. Alya agguantò il pezzetto di pergamena vittoriosa.

“Ora sì che ragioniamo! Ti ringrazio, Evans. Sei stata molto generosa!” la schernì con voce stucchevole.

“Mi dai la nausea!” le rispose Lily, disgustata.

Alya le rivolse in risposta il suo sorrise più ammaliante e si voltò, avviandosi verso l’uscio. Tirò fuori le due mele che aveva preso a colazione e ne lanciò una verso Lily.

“Ah, dimenticavo...un regalo per te! Per suggellare il nostro patto.” spiegò con falsa complicità. Lily guardò la mela con sospetto, come se si trattasse di una bomba pronta a esplodere da un momento all’altro.

“Tranquilla, non è mica avvelenata!” disse Alya, fingendosi offesa. Poi, roteò platealmente la bacchetta, tracciando nell’aria alcune lettere incorporee. Sulla superficie lucida del frutto comparve, in contemporanea all’incantesimo di Alya, come incisa da un coltello invisibile, la scritta Sirius.

“Frutto proibito, Evans. E stai lontana da mio fratello.” aggiunse, con un sorrisetto perfido dipinto in volto.

Alya affondò, quindi, i denti nella polpa zuccherina della mela che aveva in mano e uscì trionfante dal bagno dei prefetti, mentre il gusto dolce della vendetta appena compiuta le inondava la gola.

 

   
 
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