Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Exentia_dream2    20/05/2021    0 recensioni
Esiste un castello che non sa raccontare favole, arena di un torneo in cui si può perdere tutto... persino la vita.
Harry Potter e Draco Malfoy sono stati sorteggiati dal Calice di Fuoco, legati indissolubilmente da qualcosa che non conoscono. Chi vincerà il Torneo Tremaghi? E cosa porterà Draco a tornare a Hogwarts per completare gli studi? Ma, soprattutto... chi risponde alle domande che lui scrive su un diario con l'inchiostro invisibile?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non dimenticarti, piccola, che a mezzanotte precisa l’incanto finirà, e tutto tornerà come era prima.
Fata Smemorina.
 
 
VII
Cenerentola
 
       C’era una volta, in una terra lontana lontana…
I giorni successivi alla prima prova trascorsero abbastanza velocemente: Hermione, decisa a liberare gli elfi domestici dalla schiavitù, per la prima volta, attraversò il passaggio segreto di cui aveva scoperto l’esistenza grazie a Fred e George e, una volta giunta nelle cucine, fu così felice di rivedere Dobby e Winky che quasi pianse per l’emozione e decise di dirlo subito ai suoi migliori amici.
Nel frattempo, le lezioni proseguivano e, durante una di queste, Harry scoprì che, essendo uno dei campioni, avrebbe dovuto aprire le danze assieme alla propria dama. Il viso del Bambino Sopravvissuto si trasformò in una maschera di orrore, molto più terrificante di quella che gli si era cucita addosso al cospetto dell’Ungaro Spinato: imparare a ballare, trovare da qualche parte il coraggio di chiedere a Cho Chang di essere la sua dama, ripassare tutte le materie per non avere un brutto voto ai test finali prima della pausa natalizia… tutto questo, fece sentire Harry stanco e nervoso, eppure Hermione rimase ferma sull’intenzione di spronarlo ogni giorno affinché risolvesse l’enigma celato all’interno dell’uovo d’oro. “Sbrigati Harry” gli diceva e lui rispondeva annoiato, dicendo che aveva più di due mesi di tempo per provarci, che era Natale e aveva bisogno di riposo. Ovviamente, Hermione non giustificava quel suo atteggiamento e, piano piano e senza nemmeno accorgersene si allontanò da lui quel tanto che bastava per non pensare all’imminente ripasso, al Ballo e all’avvicinarsi della seconda prova.
Fu proprio quello a tranquillizzarla un po’o, forse, fu la vicinanza di Viktor.  Difatti, mentre tutte le ragazze fremevano nell’attesa di ricevere l’invito per il Ballo del Ceppo, Hermione trascorreva le mattine in biblioteca a godere in silenzio dei sorrisi che il bulgaro rivolgeva solo a lei, arrossendo di tanto in tanto, ancora incredula che proprio lui avesse notato una come lei, che faceva di tutto per nascondersi e passare inosservata e che difendeva se stessa camminando fiera, il mento alto e gli occhi sempre vivi; i pomeriggi, invece, erano minuti e ore in cui aveva l’impressione di star vivendo una favola: Viktor era un principe irraggiungibile che, però, aveva fatto tanta strada solo per giungere a lei, per regalarle baci dolci e carezze pulite, posando le dita persino sugli stracci che erano i suoi abiti e facendola sentire vestita dell’abito più bello e prezioso: le sue mani.
Nessun cavallo bianco, nessuno scintillio di spade o draghi da sconfiggere – non per salvare lei, comunque – e nessuna strega cattiva da contrastare. C’erano soltanto loro due in quelle passeggiate infinite durante le quali lui la guardava come se fosse un dono divino, qualcosa che andava oltre l’inconcepibile semplicità di una bellezza senza fronzoli e lei, sguardi timidi e felicità accennata, stava ferma a prendersi tutto quello che Viktor le regalava senza chiedere niente in cambio, se non la sua compagnia.
Hermione si chiese come sarebbe stato continuare a scrivere quella storia, quanto avrebbe impiegato a districarne la trama e a renderla leggibile ai loro cuori, che battevano timidamente in quei tramonti invernali, e come si sarebbe sentita quando finalmente avrebbe scarabocchiato commossa la sua frase preferita, con l’emozione che attraversava la piuma, macchiando qui e lì la pergamena. E vissero tutti felici e contenti.
 
~•~
 
“Hermione, Neville ha ragione… tu sei una ragazza…”
Era una sensazione strana, sentire il cuore d’un tratto pesante e i polmoni raggrinzirsi al suono di quelle parole dette con tanta leggerezza.
Non pensava più a Ron romanticamente, eppure la consapevolezza di non essere nient’altro che libri e cervello per uno dei suoi migliori amici la fece sentire tremendamente fuori posto. Forse, se non si fosse sentita tanto ferita, sarebbe scoppiata in lacrime e gli avrebbe urlato contro, dandogli dello stupido e, invece, alzò lo sguardo e rispose con fierezza: “Non posso venirci con te, perché ci vado già con un altro.”
“No, non è vero!” disse Ron. “L’hai detto solo per liberarti di Neville.”
Avrebbe pianto lo stesso, lo sapeva, nonostante ostentasse un orgoglio pericoloso e ingombrante negli occhi. Avrebbe pianto e Ron l’avrebbe presa in giro. Sospirò rumorosamente per contenere la rabbia e la delusione che sentiva crescere dentro, mentre in qualche angolo di cuore si posava cauto il pensiero che forse chi si veste di stracci non potrà mai davvero essere una principessa, e disse: “Solo perché tu cu hai messo tre anni per accorgertene, Ron, non vuol dire che nessun altro ha capito che sono una ragazza.”
Le sentiva, le lacrime che premevano per uscire. Le sentiva così forti e vicine che decise di allontanarsi, di andare via dal dormitorio e di correre tra le braccia di chi l’aveva guardata per com’era davvero e che faceva di tutto affinché quegli occhi, lucidi e arrossati, guardassero lui allo stesso modo.
Correva, eppure, le sembrava di essere sempre più lontana dal punto in cui lo trovava sempre, mentre aspettava che lei lo raggiungesse, strappando foglie dagli alberi per regalarli a lei come fossero fiori rari e bellissimi; correva, ma le sembrava di essere ancora ferma con le spalle al muro accanto al ritratto della Signora Grassa; correva e non le importava di urtare gli altri studenti. Correva per arrivare da lui.
E lui era lì, con la schiena poggiata a una colonna del giardino e gli occhi chiusi, a farsi cullare da un sole che chissà se sarebbe riuscito a scaldare anche lei e ad asciugarle le lacrime che ormai le avevano bagnato le ciglia e le guance.
“Viktor” lo chiamò, la voce ridotta a un sussurro sottile e tremante.
“Hermi-un!” lui l’accolse aprendo le braccia, stringendogliele attorno al corpo con una delicatezza che la fece tremare ovunque, dentro e fuori.
“Viktor… tu pensi che io sia bella?” gli chiese, calando il capo per la vergogna che provava di fronte a quel sorriso gentile e buono, per la paura che anche lui, principe dell’est, potesse dirle che lei non era altro che libri vecchi e sfilacci di un abito che non le sarebbe mai stato bene indosso.
“No, non lo sei.” seguì un silenzio strano, durante il quale Hermione avvertì il pensiero di poco prima farsi più grande, occupare più spazio nel suo piccolo cuore. E se fino a quel momento era riuscita a non piangere, sentiva che adesso non ce l’avrebbe più fatta a trattenersi.
Il bulgaro le mise il pollice e l’indice sotto il mento, sollevandole il viso perché la voleva guardare, vedere le sue emozioni e impararle tutte, mentre le diceva una verità che per lui era assoluta, quindi riprese a parlare sottovoce, quasi come le stesse confessando i segreti nascosti dell’universo: “Non per me: tu sei bellissima, Hermi-un. La più bella di Hogwarts e Durmstrang e Beauxbatons.”
E, allora, il pensiero che le aveva occupato il cuore divenne piccolo piccolo, fino a sparire del tutto e le lacrime, che adesso le imbrattavano il viso, lasciavano una scia di contentezza ingenua, mentre il sorriso esplose in una luce di affetto e timidezza, incurvandole le labbra e schiudendole come i petali di un fiore: vestita di stracci puliti trasformati in un abito meraviglioso e inadeguatezza diventata stupore, Hermione, per la prima volta in tutta la sua vita, si sentì bella davvero.
… una bellissima giovane dal cuore puro.
 
~•~
 
La mattina di Natale era cominciata con lo scartare i regali ricevuti da parte di Harry e Ron che, oltre al pacchetto incartato, le donò un sorriso di scuse sincero.
Quando arrivò in Sala Grande, Hermione si meravigliò di trovare al posto in cui era solita sedersi un bellissimo fermaglio a forma di fiore tempestato di strass, a cui era legato un fiocco rosso grande tanto da coprire l’oggetto. Lo strinse tra le mani come fosse un segreto e si guardò intorno, convinta di poter scoprire chi le avesse mandato quel regalo e, infatti, lo trovò qualche metro distante, seduto al tavolo dei Serpeverde, che la guardava fisso, senza nemmeno battere le ciglia. Si sentì quasi mortificata al pensiero di aver comprato niente per lui e sicuramente non avrebbe potuto rimediare in alcun modo, perciò abbassò lo sguardo, imbarazzata e colpevole.
Si disse che avrebbe dovuto fare qualcosa a riguardo, ma ebbe l’impressione che il suo cervello avesse smesso di funzionare per elaborare un’idea dell’ultimo minuto.
La distrasse Ginny che le sfiorò il braccio ammiccando e sorridendo, mentre i suoi migliori amici la guardavano con gli occhi spalancati e la bocca aperta a formare una perfetta o.
“Scommetto che te lo manda il ragazzo con cui andrai al ballo” disse uno dei due e lei annuì, incapace di proferire parola, emozionata al punto che credeva che, se avesse parlato, la voce sarebbe uscita tremolante e lei proprio non voleva far capire ai due ragazzi quanto importante per lei era stato quel gesto plateale e intimo: non  c’era nessun biglietto accanto al fermaglio, il che era un bene perché in quel modo avrebbe potuto tenere nascosta l’identità del suo cavaliere ancora per un po’, ma riceverlo in quell’ambiente aveva fatto sì che tutti gli occhi fossero puntati su di lei. “Dovremmo fare una battaglia a palle di neve” disse per stemperare l’imbarazzo che le colorava le gote.
“Oh, sì, Fred e George sono già fuori” l’avvertì Ron.
Era strano guardarlo e non provare più quello che credeva fosse amore, e sorridergli, nonostante l’offesa che le aveva arrecato soltanto la sera prima e lei lo perdonò, perché non riusciva a non volergli bene.
La neve cadeva fitta su Hogwarts e ricopriva il parco con uno strato di candore che faceva venir voglia di toccarla, di plasmarla nelle mani e vederla sciogliere al contatto con il calore della pelle.
Hermione si era stretta nella sciarpa, cercava di evitare in qualunque modo possibile di rispondere a Ron che le domandava con insistenza con chi sarebbe andata al ballo. “Non te lo dico, non insistere” gli diceva, mentre perdeva gli occhi sul manto bianco che abbracciava gli alberi, e guardava oltre le colonne del porticato, con la speranza di vedere Viktor. Non l’aveva ancora ringraziato e aveva un gran voglia di farlo, perché lui era riuscito a farle sentire il calore del Natale, di quel periodo magico che con la magia aveva davvero poco da fare, nonostante fosse il primo Natale lontano da casa e lontano da mamma e papà, nonostante la mancanza che avvertiva di stringerli e addobbare l’albero insieme a loro, mentre veniva raccontato, come ogni anno, il canto di Natale.
Hermione era sicura che lo Spirito del Natale Passato l’avrebbe portata in una camera colorata di rosa, a osservare il modo in cui da bambina fingeva di dormire per far passare più in fretta il tempo, gli occhietti chiusi e le mani unite in preghiera, e le avrebbe fatto ascoltare il suono dei suoi piedini che calpestavano la moquette e terminavano la corsa soltanto di fronte all’albero, fermandosi nell’abbraccio caldo dei suoi genitori, mentre lei scartava i regali; lo Spirito del Natale Presente, probabilmente, l’avrebbe portata a Hogwarts, a vivere quei giorni in cui tutto sembrava essere scritto dalla penna di un autore che non ammetteva finali tristi, perché non poteva esserci, un finale triste, nei giorni pieni di emozioni nuove che Hermione stava vivendo; e lo Spirito del Natale Futuro, chissà, forse l’avrebbe accompagnata per mano in una casa piccola e accogliente, a rimirare se stessa nei sorrisi ingenui e gli occhi sognanti dei suoi figli… si chiese chi sarebbe stato l’uomo che avrebbe avuto accanto e il suo cuore scalciò un po’ quando si rese conto di essersi fermata al centro del corridoio, con la speranza che quell’uomo fosse Viktor e, magari, avrebbe potuto regalargli qualcosa di significativo, qualche fotografia in cui erano accanto ai loro bambini o un nuovo modello di scopa per imparare finalmente a volare insieme a lui e non avere più paura.
 
~•~
 
       Il principe le venne incontro, la prese per mano e ballò con lei. E non volle ballare con nessun’altra; non le lasciò mai la mano, e se un altro la invitava, diceva: “E’ la mia ballerina.”
Era bellissima, Hermione, seduta mentre Ginny le acconciava i capelli, le sistemava il fermaglio dietro la nuca e le diceva: “Hai fatto bene a comprare questa pozione, sarebbe stato impossibile pettinarti!”
La lasciava fare, con quei tocchi lievi e dolcissimi con cui le stendeva il rossetto sulle labbra, il sorriso dolce di chi osserva qualcosa di bello pronto a scoprirsi al mondo.
Era bellissima, mentre scendeva le scale con la paura di inciampare, provando a stare in equilibrio allargando le braccia e le dita, la preoccupazione a disegnarle una ruga al centro della fronte, dispiegata subito dopo aver sceso l’ultimo scalino; guardava l’intera sala come se non l’avesse mai vista e si fermò un secondo sotto una ghirlanda di vischio: le pareti erano ricoperte di brina d’argento scintillante, i lunghi tavoli della Sala Grande erano sostituiti da altri più piccoli, illuminati da lanterne all’interno di cui bruciava una fiammella blu come quella del Calice di Fuoco e a lei restò il respiro imbrigliato in gola di fronte a quello spettacolo.
Era bellissima, avvolta nel suo abito azzurro. Glielo disse Viktor, avvicinandosi al suo orecchio e lasciandole un bacio lieve sulla fronte e, nonostante l’accento duro con cui lui le pronunciò, a lei sembrarono le parole più dolci del mondo. Ed esplosero tutti i suoni, tutte le voci, perché adesso, mentre lui le tendeva la mano, per Hermione scomparve tutto in un boato di emozioni e rimasero solo loro due, a guardarsi e a sorridersi, prima di cominciare a ballare.
Non aveva notato il modo in cui Harry l’aveva guardata, come se l’avesse vista per la prima volta soltanto in quel momento; non aveva visto la consapevolezza che lei fosse una donna posarsi sul viso di Ron, che la osservava da lontano, come si osservano le cose belle, senza avvicinarsi troppo per paura di romperla, perché era bella, Hermione. Era bellissima.
Non si accorse nemmeno del disgusto che ostentava Draco Malfoy ogni volta che alzava lo sguardo e lo posava sulla stoffa del suo abito, smarrendo se stesso su quelle pieghe, chiedendosi come sarebbe stato essere salvati dai mostri grazie ai fili azzurri di quel vestito  e rendendosi conto soltanto in quel momento che era salvo solo grazie a lei, che non aveva srotolato nessun gomitolo, eppure gli aveva indicato l’uscita. Hermione non si accorse nemmeno delle occhiate che le lanciavano le altre ragazze, sia perché volteggiava al centro della sala con Viktor sia perché era bellissima, vestita del riflesso della sua anima e di tutto ciò che si portava dentro senza mai mostrarlo agli altri.
Quando la musica cessò, Hermione avvertì il calore affiorarle alle guance e abbassò gli occhi, poggiando la testa sul petto del suo cavaliere e si lasciò cullare per qualche minuto dal battito accelerato del suo cuore e si chiese se anche il suo battesse allo stesso modo, con la stessa voglia di farsi sentire.
Viktor le sorrise e, soltanto allora, Harry e Ron si resero conto di quanto quella lontananza dalla loro migliore amica facesse loro male.
Hermione si avvicinò, il fiato ancora corto a causa del ballo, le labbra increspate in un sorriso incredulo e divertito. “Fa caldo, vero?” chiese ai due ragazzi, le mani a sventolare davanti al viso. “Viktor è andato a prendere da bere.”
Era una favola, quella che stava vivendo. E come in ogni favola, anche nella sua doveva esserci il cattivo di turno pronto a ferire la principessa, a farle del male laddove le ferite non erano visibili e nemmeno curabili, perché si sa: i graffi lasciati sul cuore sono quelli che non guariscono mai, che, di tanto in tanto, ci fanno ricordare quanto le persone a cui vogliamo bene ci rendano fragili quando diamo loro il potere di farci del male.
E quel male, quel dolore, quella lama che le squarciava il petto in due usciva dalle labbra di un ragazzo che aveva creduto di amare, a cui aveva dato tutta se stessa in un viaggio a senso unico e a cui, nonostante tutto, voleva un gran bene. Per questo, avrebbe voluto dirgli che se l’era meritata quella rabbia che gli rosicava lo stomaco, quella sorta di gelosia che adesso gli vibrava negli occhi e nelle orecchie e lo rendeva cieco e sordo, perché lei gli era stata di fronte sempre, pregando che lui si accorgesse della sua esistenza…
Il malumore, però, gli fece ingoiare tutte quelle parole come bile, gliele fece scivolare nella gola senza che lei potesse gettarle fuori. Guardò il suo migliore amico, seduto a gambe aperte con un’espressione soddisfatta in viso e, in quel momento, gli sembrò il peggiore dei mostri.
Si allontanò in silenzio, la magia che prima l’aveva incantata adesso sembrava essere svanita, perché anche gli incantesimi più belli finivano per riportare tutto a come era prima.
 
~•~
 
      Le raccontarono che se n’era scappata al tocco di mezzanotte, e con tanta furia da lasciarsi cadere una delle sue scarpette di vetro, la più bella del mondo; che il figlio del re l’aveva raccolta, che per tutto il resto del ballo non aveva fatto altro che guardarla…
Ginny rientrò tardi, quella notte, ancora un po’ imbronciata perché Harry non l’aveva invitata al ballo, ma comunque soddisfatta, perché era riuscita ad andarci con Neville e non con suo fratello.
“Oh, sei qui” le disse, trovandola accoccolata su una delle poltrone in Sala Comune. “E’ stata proprio una bella festa, ci siamo divertita tanto, vero?”
“Sì” rispose Hermione, guardandola con un sorriso che celava tutta la tristezza che aveva indossato prima ancora di spogliarsi del suo abito, ma non disse nulla e continuò a sorridere, perché non aveva voglia di rovinare un momento così bello per l’amica con le sue lagne.
Calì le raggiunse qualche minuto più tardi, sfregando le mani tra di loro per scaldarsi un po’. “Avete saputo cos’è successo?”
“No” risposero in coro Hermione e Ginny, i volti di chi non aveva bisogno di ascoltare altre storie assurde.
La ragazza, però, sembrò non notare le loro espressioni e trattenne il respiro per un po’, forse per creare una suspense  che nessuna delle due apprezzò. “Beh, allora?” la intimò Ginny.
“Ho sentito dire che qualcuno ha litigato durante il ballo…” Hermione smise di respirare, spaventata dall’idea che qualcun altro avesse assistito a quel litigio. Quando Calì però smentì quel pensiero, lei si portò una mano al petto in segno di conforto e continuò ad ascoltare quello che l’altra aveva da dire: “Non so, credo siano due alunni di Tassorosso, ma non ne sono del tutto sicura. Beh, alla fine, la ragazza è andata via, mentre il ragazzo è rimasto lì, chiedendo a tutti se avevano idea di dove lei fosse andata. Sinceramente da me non è venuto nessuno e, se anche fosse successo, non avrei potuto aiutare quel povero ragazzo, perché non so nemmeno con chi ha litigato.”
“Ed è questa la storia sconvolgente che avevi da raccontare?”
“Non è finita, Ginny. Per favore, non interrompermi.”
“D’accordo” disse la piccola Weasley.
Calì le rivolse un’occhiata ostile, poi, come se nulla fosse riprese a parlare: “E voi avete presente Draco Malfoy, sì? Quel ragazzo di Durmstrang che non degna nessuno di uno sguardo… comunque, appena la voce di questo litigio è giunta alle sue orecchie, lui ha cominciato a cercare qualcuno in tutta la sala e deve essersi accorto che chi cercava non c’era, perciò si è avvicinato alla porta e lì ha trovato una scarpa, l’ha presa tra le mani e l’ha guardata come fosse stata un oggetto preziosissimo, poi è uscito e non è più tornato.”
Hermione s’immobilizzò e le sembrò di non avere più capacità motorie, allo stesso modo di quando l’aveva pietrificata il Basilisco, perché lei sapeva a chi apparteneva quella scarpa: l’aveva persa lei, correndo per allontanarsi da Ron e l’altra l’aveva nascosta sotto il letto nel dormitorio.
E, allora, pensò che, forse, la sua favola non era ancora finita, pensò che il principe sarebbe corso a salvarla per regalarle il lieto fine che meritava e sperò che fosse ancora una volta Viktor a farla sorridere.
“Secondo me, lui è innamorato della ragazza che ha perso la scarpa” disse Calì il tono solenne di chi sta raccontando una verità inoppugnabile.
“Lui chi?” chiese Hermione, con le budella attorcigliate per la paura di ascoltare quella risposta che, quando arrivò, le risuonò nei timpani come una condanna urlata a gran voce dalla Grifondoro che aveva raccontato quella storia che somigliava alla favola di Cenerentola.
Calì alzò lo sguardo su di lei, gli occhi indignati e accesi di un sentimento che Hermione non seppe riconoscere: “Draco Malfoy… è ovvio, no?”
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Eccoci quei con il settimo capitolo: a differenza di altri, questo, al momento, è quello che ha molte più differenze rispetto al testo originale, ma… questa è una what if? e non tutto sarà uguale alla storia che tutti conosciamo. 
Mi piaceva l’idea di paragonare Hermione a Cenerentola, perché credo che le somigli molto, abiti fatti di stracci a parte.
Le frasi in corsivo sono estrapolate in questo modo: la frase di apertura del capitolo e le due successive dal cartone animato della Disney;  la terza dalla favola dei fratelli Grimm e la quarta da quella di C. Perrault.
 
E sì, anche questa volta credo di aver detto tutto.
 
A presto.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Exentia_dream2