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Autore: Stella Dark Star    21/05/2021    2 recensioni
Di punto in bianco Vil e Leona vengono incaricati dal preside Crowley di prendersi cura di un ragazzino ospite al Night Raven College. Il piccolo si chiama Rey, ha tredici anni ed è un incrocio tra un umano e un leone e....questo è tutto ciò che possono sapere, visto che per vari motivi non può rivelare il suo cognome o il suo Paese di provenienza! Eppure in lui c'è qualcosa di familiare, soprattutto nel suo aspetto. Inoltre sembra trovarsi a suo agio nonostante la situazione insolita e ha grande confidenza con chiunque, come se li conoscesse da sempre. Fare i babysitter si rivela più facile del previsto, però ci sono troppe cose che non quadrano. Chi è quel ragazzino? Da dove viene? E soprattutto da...QUANDO?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Cater Diamond, Epel Felmier, Leona Kingscholar, Ruggie Bucchi, Vil Schoenheit
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Meravigliosi guai al Night Raven College'
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Capitolo tredici
Le mille e una…foto!
 
Era cresciuto in un ambiente pieno di calore, coccolato da tutti fin dalla nascita. La sua mamma era una modella di enorme successo, creatrice di una linea di cosmetici di cui lei stessa era testimonial e i reali di tutto il mondo l’avevano invitata almeno una volta nei loro salotti per deliziarsi non solo della sua bellezza ma anche del suo intelletto. Il suo papà era rispettato e benvoluto, un uomo che aveva avuto la fortuna di capire in tempo che non serviva essere re per avere il potere di fare del bene, e che da quel momento si era adoperato per far fiorire il quartiere più povero del regno, per ridare una vita dignitosa ai suoi abitanti. Questi erano i suoi genitori. Nell’intimità di casa erano una coppia affiatata, anche se i battibecchi e i bisticci erano cosa quotidiana e risaputa da tutti, ma nonostante questo il loro amore era immenso e il loro legame indistruttibile. Mai una volta era successo che litigassero con furore, mai una volta aveva visto la mamma dare uno schiaffo al papà, come non aveva mia visto il papà guardare la mamma con uno sguardo carico di odio. Certo era stato avvertito, era stato preparato al cambiamento. Prima di partire in quel viaggio nel tempo i suoi amati genitori lo avevano avvisato di quello a cui stava andando incontro, ma MAI si sarebbe aspettato uno scenario così doloroso. Le due persone  a cui era stato affidato erano quasi degli sconosciuti, degli egoisti, dei prepotenti che non avevano nulla a che fare con la mamma e il papà che conosceva. Era stato mandato lì per sistemare le cose ma…stava andando tutto a rotoli. Cosa poteva fare? Doveva chiedere aiuto allo zio Ruggie? No…quel compito era stato affidato a lui e lui soltanto. Doveva intervenire anche se faceva male. TANTO MALE.
“Per favore…sniff…non litigate a causa mia!” Chinò il capo, emettendo un sonoro colpo di singhiozzo, quindi lo rialzò e li guardò entrambi. “Vi dirò chi sono davvero…sniff, ma vi prego, smettetela! Avevo promesso di non dire niente ma…hic…non voglio vedervi così!”
A questo punto era la soluzione migliore.
Vil scosse il capo. “No, Rey. Non devi tradire il segreto per colpa nostra. I tuoi genitori hanno dato istruzioni precise al Preside stesso.”
“Invece io voglio saperlo.” Leona si fece avanti con aria di sfida e un ghigno perfido sulle labbra. “Dai, sentiamo! Chi diamine sei e perché sei venuto qui a rovinarci la vita?”
Subito Vil gli inveì contro. “Ricominci? Uno schiaffo non ti è bastato, stupida bestia!”
“BASTA!!!” Il grido di Rey riempì la stanza, mentre le lacrime continuano a scendere dai suoi occhi senza sosta. “Sniff… Non mi importa di infrangere la promessa. Non posso vedervi così. Sniff sniff…” Si passò una manica sotto al naso, senza farsi problemi a sporcarla di moccio. “Siete cattivi e siete egoisti. Ma io non posso fare a meno di volervi bene perché…perché…” Li guardò attraverso le lacrime e disse con decisione: “VOI SIETE LA MIA MAMMA E IL MIO PAPA’!”
Seguì un lungo momento di silenzio che poi fu infranto da un mezzo sbuffo di Vil. “Rey, apprezzo il tentativo per farci smettere di litigare, ma davver-” Fu prontamente interrotto. “Ma è la verità!”
“Ascolta…se è ancora per la storia del cucciolo, io…” Rey insistette con più fervore. “Sono io il tuo cucciolo! Hai bevuto una pozione e dopo nove mesi sono nato io! Devi credermi!!!”
Vil lasciò un sospiro. “Rey, per favore…”
Al contrario di lui, Leona si mise a ridacchiare. “Questa non l’avevo ancora sentita! Uh uh! Ne ha di fantasia il leoncino! Mi ha perfino fatto passare la rabbia, con le sue idiozie!”
Rey cominciava davvero a spazientirsi. Altro che piangere, ancora un po’ e li avrebbe presi per i capelli tutti e due! Indispettito, strinse i pugni e batté capricciosamente un piede a terra. “Allora ve lo dimostrerò!” Raggiunse il comodino dove aveva lasciato il telefono e mentre tornava indietro tuonò verso i due: “SEDETEVI!”
Quando voleva era capace di tirare fuori un bel caratterino eh! Ad ogni modo, Vil e Leona si scambiarono un’occhiata sorpresa, decisero di assecondarlo e presero posto sul bordo del letto. Ormai erano curiosi di vedere dove sarebbe andato a parare!
Rey si piantò di fronte a loro e cominciò a tamburellare le dita sullo schermo, indaffarato. “Quando mi avete regalato questo telefono per i miei tredici anni, all’interno avevate già creato una cartella contenente delle foto che ricostruivano i nostri momenti più belli, come a creare un album di ricordi. Poi io ne ho inserite altre e lo tengo aggiornato.” Smise di parlare, lo sguardo concentrato sullo schermo alla ricerca di qualcosa. Un ultimo colpetto col dito. “Ecco, iniziamo da questa. Siete voi il giorno del diploma.” Porse il telefono a Vil. Sia lui che Leona puntarono gli sguardi sulla foto e… “Pffff!!!!!!”
Nel vedere quella reazione, Rey sentì i nervi saltargli come delle molle! “Che cosa c’è da ridere?”
La foto ritraeva loro due nella sala degli specchi, con addosso gli abiti da cerimonia del college, erano sorridenti, tenevano tra le mani le pergamene arrotolate del diploma, Leona abbracciava il proprio innamorato da dietro e…da sotto l’abito di Vil emergeva un ventre parecchio tondeggiante.
Leona abbozzò uno scherzo. “Sembra che abbia ingoiato un’anguria intera!”
Lo stesso Vil dovette faticare per non scoppiare a ridere! “Va bene, Rey! Lo scherzo è riuscito! Ora puoi mettere via il telefono!”
“Non è uno scherzo! Il tuo ventre era così gonfio perché eri incinto! Io sono nato alcune settimane dopo, in piena estate!” Niente di fatto, non gli credevano nemmeno un po’. “Uff! Se questa non funziona, allora proviamo con un’altra.” Col ditino fece scorrere delle immagini in velocità e si fermò su quella che voleva. “Guardate questa.”
La nuova foto ritraeva ancora loro due, ma questa volta all’interno di una stanza dall’aspetto molto formale e con un terzo soggetto.
“E’ la foto ufficiale della mia nascita. E’ stata pubblicata su tutti i giornali e trasmessa alla tv.”
In effetti mostrava un letto dal materasso rialzato su sui era Vil con addosso una vaporosa vestaglia ricamata con motivi autunnali, i capelli raccolti in un semplice chignon, e il viso privo di trucco che mostrava segni di stanchezza ma anche di grande gioia, probabilmente per il fagottino che teneva amorevolmente tra le braccia, un leoncino dalle orecchiette minuscole e gli occhi chiusi, avvolto in una copertina azzurra. Accanto a loro, seduto sul bordo, c’era un Leona ben vestito con un completo e i capelli legati in una coda, che mostrava uno sguardo brillante e fiero mentre cingeva le spalle di Vil.
“Un fotomontaggio ben fatto, devo ammetterlo! Peccato solo per la contraddizione. Hai appena detto che sei nato in piena estate, ma qua io vedo Vil con una vestaglia pesante!”
“E’ perché sono nato a Pyroxenes!” Sbottò Rey, quindi si rivolse a Vil. “Hai voluto partorire nell’ospedale migliore del Paese, coi migliori Dottori! Per essere sicuro di non avere le doglie mentre eri nella Savanna, verso la fine della gestazione sei tornato a casa di nonno Eric!”
Leona continuava a ridersela, però Vil aveva già riacquistato serietà scrutando attentamente quella foto. “In effetti, questo è l’ospedale della mia città… Una volta sono stato nel reparto di pediatria in occasione della nascita del figlio della mia manager e le stanze erano proprio così.”
“Vil, non ti farai fregare con così poco?!”
Sbottò Leona, accanto a lui, ma Vil non gli badò e col dito fece scorrere un’altra immagine sullo schermo. Si vide con in mano un biberon, intento ad allattare il piccolino che aveva in braccio. Quel visetto paffuto, quello sguardo un po’ furbetto, quelle manine piccolissime protese in alto nel tentativo di raggiungere una ciocca di capelli della mamma che era sfuggita all’acconciatura improvvisata e maldestra… E gli occhi colmi di tenerezza che aveva lui nell’osservare la propria creatura… Una sensazione di tenerezza lo assalì, per quanto fosse assurdo ciò che stava guardando. Premette il tasto per uscire ed ecco che sullo schermo comparvero le icone delle foto. Con lo sguardo cominciò a passarle velocemente, cogliendo giusto qualche dettaglio qua e là. Man mano che le immagini scorrevano verso il basso, come gocce di pioggia che precipitano verso il terreno, le emozioni in lui si intensificavano. Foto dopo foto vedeva Rey crescere, i primi passi, i primi dentini, i sorrisi, i giochi, esattamente come vedeva che i propri capelli si allungavano man mano che Rey cresceva, mentre quelli di Leona si accorciavano. Senza contare che in alcune foto aveva riconosciuto un Ruggie più adulto, un Jack più serio che mai, un Epel cresciuto e bellissimo con una folta chioma di capelli mossi e ben curati che quasi glieli invidierebbe, un Neige che sprizzava dolcezza e femminilità con un nastro rosso fra i capelli, e ancora suo padre Eric che invecchiava, i genitori e i parenti di Leona…quell’album racchiudeva una vita che dovevano ancora vivere. Prima Leona aveva menzionato il fotomontaggio, ma se si fosse trattato di un scherzo o quant’altro, chi mai si sarebbe preso la briga di fare un lavoro simile? Anche con l’uso della magia ci sarebbero voluti mesi e mesi per elaborare tutti quei dettagli. Era troppo reale… All’improvviso le icone sullo schermo si bloccarono, avendo raggiunto la fine dell’album. Vil si rese conto di faticare a respirare, il cuore gli batteva veloce come le ali di un colibrì e un leggero brivido lo invadeva in tutto il corpo. Si portò una mano al petto, abbassò il capo. “Hai…hai nominato una pozione, poco fa?”
Rey, che per tutto il tempo era rimasto fermo a guardarlo con occhioni preoccupati e le labbra socchiuse, ebbe un piccolo fremito nel riprendersi per dargli una risposta. Le sue orecchie si abbassarono, iniziò  a stropicciarsi le mani. “Ehm…sì, l’ho fatto.”
“Puoi parlarmene?”
“Mh. Mi hai raccontato poco al riguardo. Dopo il matrimonio, con l’inizio del nuovo anno scolastico, sei tornato qui al college e hai cominciato a frequentare assiduamente la biblioteca. Hai studiato numerosi volumi di incantesimi, soprattutto quelli appartenuti alla Regina Cattiva e hai chiesto al professor Crewel di farti un corso avanzato di erboristeria e farmacologia. E…dopo un paio di mesi hai creato il filtro per concepire.”
“E questo ci riporta alla foto del diploma, dove esibisco un ventre bello gonfio!” Anche se l’aveva detto con un accenno di divertimento, la voce gli era uscita bassa e zoppicante. “Ora le cose si fanno chiare… Tutto quello che mi hai detto su tua madre, tutto ciò che lei ti ha insegnato…tutto…tutto…” Rialzò lo sguardo su di lui, gli occhi lucidi per la commozione. Gli cinse il viso con le mani, in un gesto delicato. “Rey…il mio bambino!”
Gli occhi di Rey si riempirono di calde lacrime, il labbro gli tremò nel pronunciare quella parola che avrebbe voluto dire fin dal primo momento: “Mamma!”
Mentre piangeva, Vil gli baciò la fronte. “Finalmente riesco a dare un nome  a ciò che provo! Quel…quell’istinto naturale di prendermi cura di te, quel bisogno di proteggerti… Era-” La voce gli si spezzò in gola, costringendolo a deglutire e riprendere respiro. “Era questo!”
Una scena incredibile agli occhi di Leona. La testa gli stava dicendo che quei due erano impazziti, che si trattava di una manipolazione, di lavaggio del cervello, di chissà quale diavoleria ma…il cuore che gli stringeva nel petto era più forte di ogni pensiero. Prese il telefono che era scivolato sul letto quando Vil si era sporto verso Rey, allo stesso modo di lui prese a scorrere le icone delle immagini, però andando verso l’alto. Che quel leoncino fosse Rey era innegabile, solo gli veniva spontaneo chiedersi se quell’uomo coi capelli raccolti in un codino e un accenno di barba sul viso che gli dava un’aria più matura fosse davvero lui. E poi quel ragazzo adolescente coi capelli rossi e dal sorriso che avrebbe illuminato la notte più scura, era il suo nipotino Cheka? Certo era che si stava divertendo parecchio a fare il girotondo tenendo le mani del cuginetto più piccolo e che a sua volta splendeva di felicità! E quel tizio coi capelli biondi pettinati a puntino e un completo blu addosso poteva essere Ruggie? E chi era quel bimbo-iena che teneva in braccio? Più di tutto, lo attirava il gesto affettuoso con cui accarezzava i capelli di Rey che gli si era incollato alla gamba! Tu-tum… Il respiro gli mancò per un istante.
“Un giorno ti pentirai amaramente di quello che hai detto a quel povero cucciolo innocente. Quando capirai ti sentirai morire e farai di tutto per avere il suo perdono.”
Quelle parole gli tornarono alla mente come l’eco di un temporale in lontananza. Non era possibile… Ruggie lo aveva avvertito… Lo aveva avvertito e invece lui… Dannazione.
Il mugolio che emise mentre rievocava quel ricordo, attirò l’attenzione dei due accanto. Rey aveva il visetto arrossato dalle lacrime e anche dal tentativo della mamma di asciugargliele con la manica della tunica.
Vil notò lo sguardo turbato del proprio fidanzato e gli si rivolse con serietà. “Leona… Gli credi adesso? O queste prove non ti sono bastate?”
Leona strinse i pugni.
Rey allungò la mano e la posò sulla sua. “Farò qualunque cosa per convincerti.”
“Io…ti ho detto delle cose orribili. E ti ho trattato come un insetto fastidioso.”
“Non è colpa tua! Non sapevi chi ero… Non preoccuparti, papà.”
Quell’ultima parola gli provocò una scossa nel cervello. Era stato così cieco…così CIECO… In uno scatto repentino afferrò quella piccola mano e tirò a sé Rey, lo cinse con un braccio, quasi con possessione, mentre l’altra mano gli teneva inclinata la testa in avanti per permettergli di leccargli il contorno di un orecchio nel modo tipico dei felini. Tra una leccata e l’altra, sempre più frenetico, Leona bisbigliava: “Perdonami… Perdonami…” Allora Rey gli portò le braccia al collo, come a volerlo tranquillizzare. “Va tutto bene, papà. Ti ho già perdonato.”
Leona s’interruppe e lo guardò negli occhi. “Non so se io potrò mai perdonare me stesso.”
Rey accennò un sorriso e gli diede una leccatina sulla guancia. “Lo farai quando diventerai il miglior papà del mondo!”
“Scusatemi, non vorrei interrompere questo momento ma…” Vil attese che gli prestassero attenzione,  non appena Rey riabbassò le braccia lui gli riprese una mano, mentre Leona si appropriò giustamente dell’altra. “Rey, devi darci delle spiegazioni. Come è stato possibile per te venire qui nel passato?”
Rey si diede alcuni istanti per riorganizzare le idee, quindi fece un cenno col capo e cominciò a spiegare come meglio poteva. “E’ stato abbastanza semplice, in verità. Papà ha chiesto aiuto al saggio anziano del regno. Unendo le conoscenze di entrambi sulla magia antica sono stati in grado di creare un vortice spazio temporale collegato allo Specchio magico di questo college.”
“Un saggio anziano?”
“Sì. E’ un signore vecchissimo, magrolino, con una lunga barba bianca e le sembianze di un mandrillo.”
“Quel vecchio rimbambito???” Saltò fuori Leona, alzando la voce.
Vil subito gli chiese. “Lo conosci?”
“Non proprio. Mio padre ha affidato a lui il compito di presentare mio fratello al popolo dalla rupe dei re, alla sua nascita. E poi mio fratello ha fatto lo stesso per la nascita di Cheka. Girano molte voci strane su di lui, ad esempio che abbia centinai di anni e che pratichi la magia più antica del mondo.” A quel punto fece una smorfia crucciata. “Be’, almeno questo deve essere vero se è riuscito a mandare mio figlio nel passato.”
Vil fece un cenno col capo e tornò a rivolgersi a Rey. “Fino a qui ho capito, ma perché ti abbiamo mandato indietro? E’ successo qualcosa di grave?”
Di nuovo Rey ci pensò su, prima di rispondere. “Mmh… Non siete stati molto chiari su questo. O forse non sapevate come spiegarmelo. Avete detto che la mia esistenza era in pericolo e che era necessario farmi venire in questo tempo per aiutarvi a rafforzare il vostro legame e farvi venire voglia di diventare genitori.”
Vil si sfiorò il mento con fare pensieroso. “E’ un po’ vaga come spiegazione…”
“Io non direi!” Leona attese che Vil lo guardasse, quindi proseguì. “Pensaci, Vil. Da ciò che ha detto si tratta di una specie di loop.”
“Un loop?”
“Sì. In altre parole, i noi del futuro hanno mandato Rey nel passato per aiutarci, allo stesso modo quando noi saremo adulti manderemo nostro figlio nel passato dai giovani noi e così via.”
“Mi gira la testa solo a pensarci!” Disse Vil, scuotendo leggermente il capo.
“La sfortuna è che sarebbe impossibile stabilire come ha avuto inizio.”
“Che vuoi dire?”
“Se non avessi incontrato Rey, avresti creato una pozione per concepire?”
Vil strabuzzò gli occhi, sentendosi colto alla sprovvista da quella domanda. “I-io? Be’… In verità… L’idea non mi aveva mai sfiorato. Insomma… Siamo entrambi maschi, i miei progetti per il futuro erano solo di sposarti e vivere con te per il resto della vita. Non avevo preso in considerazione l’opzione di fare un figlio.”
“Invece adesso lo desideri con tutto te stesso, vero?”
A quella domanda era molto più facile rispondere. Strinse più forte la mano di Rey, sorridendogli. “Sì. Assolutamente sì. E mi impegnerò con tutte le mie forze perché ciò avvenga.”
Questa volta fu Leona ad interrompere il momento speciale tra loro, esponendo una interessante domanda. “Toglimi una curiosità, Rey. Quando sei stato affidato a noi, il Preside conosceva la tua identità. Ma vista la situazione, come hai fatto a convincerlo che venivi dal futuro?”
“Eh eh!” La lingua rosea fece capolino fra le labbra, sbarazzina, prima che lui riprendesse a parlare. “Prima del viaggio nel tempo mi avete affidato una lettera per lui, con spiegato tutto. Però per convincerlo avete aggiunto una parte in cui lo avvertite che, se non mi avesse aiutato, avreste rese pubbliche delle foto compromettenti riguardanti lui e il professor Crewel quando era ancora uno studente.”
Leona si rivolse a Vil. “Foto compromettenti? Di che sta parlando?”
“Parola mia, non ne ho idea. Però, sapendo che prossimamente trascorrerò più tempo con Crewel, riuscirò a scoprirlo senz’altro!” Terminò la frase sfoggiando un sorriso malizioso e sicuro di chi non si fa scrupoli ad ottenere ciò che vuole!
“Quindi…ehm…” Rey fece per parlare, ma si fermò subito, abbassando le orecchie. “Adesso…posso dormire con la mamma?” Lo sguardo timoroso si orientò verso Leona.
Lui scoppiò a ridere. “Ah ah! E me lo chiedi?”  Con la mano libera avvolse le spalle di Vil, creando così un triangolo unito. “Comunque questa sera dormiamo tutti e tre insieme su questo grande letto! Che ne dite?”
I loro sguardi complici accompagnarono la risposta.
“Ah… Ora che sapete di me… Mi promettete di non bandire Cater dal regno?”
Pessimo momento per tirare fuori quel nome!!! Rey non si rese conto del vespaio che stava andando a stuzzicare!!!
Vil si rabbuiò all’istante. “Perché nomini quella disgrazia vivente proprio adesso? Maledizione, se avessi saputo in quel momento che eri mio figlio invece di limitarmi a minacciarlo lo avrei…” Non terminò al frase, in compenso sollevò il pugno e lo strinse con forza, lasciando intendere che se all’interno vi fosse stato Cater lo avrebbe ridotto in briciole! A ben dire…
“Mamma, per favore!” Lo pregò Rey, rischiando di irritarlo ancora di più.
Fu allora che Leona si alzò in piedi, circondato da un’aura oscura che avrebbe fatto tremare la pietra. “Mi è venuto in mente che devo fare una cosa di estrema importanza.”
“Leona, non puoi aspettare almeno un po’? Prima vorrei sentire di più al riguardo di questa messa al bando.” Lo richiamò Vil.
“No. E’ davvero importante che io lo faccia subito.” Il suo sguardo fremeva quando incontrò gli occhi di Vil. “Fidati di me.”
Vil capì al volo e non protestò, anzi accennò un sorriso perfido degno del rappresentante della Regina Cattiva!
*
 
Quando Leona era entrato nel dormitorio Heartslabyul, con quell’aria imponente e assassina, i pochi che lo avevano incrociato avevano pensato bene di scansarsi dal suo tragitto, pregando di non essere notati. Non per niente la reputazione di Leona lo rendeva la persona più temuta dell’intero college! Aveva fatto morire di paura un primino, chiedendogli dove si trovasse Cater e questo, bianco come un cencio, dopo aver balbettato una risposta e indicato la direzione col dito tremante, si era sciolto come burro in una padella calda.
Cater, vedendosi entrare in camera quella furia, tentò un approccio simpatico con un “Ehilà!” e il sorriso sulle labbra. Ma a nulla servì. Vide il braccio di Leona caricare, sentì un dolore lancinante allo zigomo sinistro e si ritrovò in ginocchio prima di rendersi conto di cosa era accaduto. Subito Leona lo riafferrò per sollevarlo e, appena Cater fu in piedi, ecco che partì un secondo pugno, questa volta allo stomaco. Cater si piegò in due, la saliva gli schizzò via dalla bocca e finì sul pavimento. Il respiro gli si bloccò completamente. Neanche il tempo di rimettersi dritto che un sinistro gli si abbatté sull’altro zigomo, stordendolo completamente. Ormai non capiva cosa gli facesse più male. Lo sguardo annacquato, quando incontrò gli occhi verdi di Leona si rese conto che lui l’aveva sollevato nuovamente e realizzò che stava per accadere qualcosa. Un istante e si ritrovò scaraventato contro la parete, la schiena sbatté con forza e gli parve di sentire uno scricchiolio provenire dalle ossa, ma il dolore del colpo non gli rese possibile capire se si era rotto qualcosa. Tossì, altra saliva mista a sangue gli uscì dalla bocca. Sentì una mano robusta afferrarlo per i capelli. No, non di nuovo… In un moto di disperazione, la voce gli tornò. “Si può sapere cosa ti ho fatto?”
Uno strattone lo obbligò a sollevare la testa, ma a causa delle lacrime che gli riempivano gli occhi, gli ci volle un po’ per mettere a fuoco il viso di Leona. Era vicinissimo, sentiva il calore e l’odore del suo fiato.
“Gh… Se…anf…se è per la canzone….era solo uno scherzo! Dannazione!”
“La canzone?” Leona fece un ghigno. “Allora sei tu l’autore, razza di microbo! Però no, non sono qui per questo.” Il suo sguardo tornò minaccioso, il ghigno sparì. “Te lo dirò una volta sola, lurido facocero. Non azzardarti mai più a toccare Rey. Tieni le tue sudice mani lontane da lui, o giuro sui miei antenati che ti strappo le budella a morsi e te le faccio ingoiare.”
Con uno così indemoniato c’era poco da scherzare. Non che Cater ne avesse voglia, comunque, col trattamento che stava subendo.
“I-io non ho fatto niente! Te lo giuro!” Stava tremando come una foglia e la voce era piagnucolosa. “Ci siamo solo baciati e strusciati un po’! Non volevo andare fino in fondo!”
Leona tuonò. “Schifoso pedofilo, se lo ripeti ti uccido! Grrrrh! Allora? Hai capito o devo spiegartelo con le cattive?”
Ah quindi quelle erano le buone?
Col fiato corto per la paura e le lacrime che ormai gli solcavano il viso, Cater si affrettò a rispondere. “Ho capito ho capito ho capito. Per favore, lasciami…” Lo pregò, senza dignità.
Leona lo accontentò, però per sentirsi soddisfatto gli diede giusto un ultimo colpo, un calcio ben assestato fra le gambe, che fece gridare Cater, e solo allora se ne andò facendo sbattere la porta alle proprie spalle.
Finalmente Cater rimase solo. Raggomitolato a terra come un bruco, con le mani strette all’inguine, il sangue e la saliva che continuavano ad uscirgli dalla bocca, gli zigomi doloranti e forse una costola rotta, l’unica cosa a cui riuscì a pensare era il viso sorridente di Rey. E poi perse i sensi.
  
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