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Autore: Sararmuz    23/05/2021    2 recensioni
Una fanfiction sulla coppia Darklina. Prende spunto sia dal primo libro che dalla serie TV. Ho mantenuto le caratteristiche principali dei protagonisti, iniziando la narrazione dopo la fuga di Alina dal Piccolo Palazzo e dall'Oscuro. Inizia con lei in fuga verso il Nord con Mal, e nella fanfiction ho voluto creare nuovi momenti Darklina. Potrebbe avere una prosecuzione parallela alla storia originale di Leigh Bardugo.
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alina Starkov, Altri, Darkling, Malyen Oretsev
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chissà cosa stava vedendo adesso nella sua incoscienza...

Alina:
Sentii nel buio il rumore di un seghetto contro un osso,che mi nauseò. Poi il suono si allontanò, e sentii come un battito regolare e un dolce tepore. Non capivo dove fossi, era come se fluttuassi in un mare nero, ma diverso da quello della Faglia d’Ombra. Non ricordavo come fossi finita in questo posto stranamente famigliare, sinistro ma anche accogliente. Mi sentivo come protetta in questa bolla oscura. Strano, pensai. Che proprio io che evocavo la luce, mi sentissi a casa nel buio.
Poi mi sentii come appesantita e privata di questo mantello d’ombra che mi scaldava, e rabbrividì per il freddo improvviso. Il buio lascio spazio ad una luce, che da tenue si fece sempre più intensa, e da essa apparve il cervo bianco, che mi chiamava a se. Il cervo, certo, ora ricordavo ! Lo avevo visto morire davanti ai miei occhi. Come potevo vederlo adesso ? L’animale si fece sempre più vicino, camminando su questa lastra di luce bianca. Doveva essere un sogno pensai. Abbassò il muso verso il mio viso, e mi soffiò addosso il suo respiro caldo, che mi ritemprò dal senso di gelo di poco prima. Poi sembrò agitarsi e fuggì spaventato. In quel momento mi svegliai.




CAPITOLO 4 : UN COLLARE PER DOMINARMI, E NEL BUIO INCATENARMI 


Aprii gli occhi stordita, battei più volte le palpebre ma in questa semioscurità non capivo dove fossi. Provai a creare una sfera di luce, ma sentii un peso ai polsi, che mi impedirono i movimenti. Avevo delle manette, le sentivo fredde sulla pelle, che mi bloccavano. Ero sdraiata su una qualche morbida poltrona, al buio. Feci per raddrizzarmi, ma mi fermai non appena lo vidi; o meglio, percepii la sua presenza nella tenda. Girai leggermente la testa nella sua direzione e potei vedere il generale Kirigan. Era chino su un tavolo illuminato da poche candele. Sembrava studiare attentamente qualcosa, poi si portò le mani alla testa, passandole tra i suoi capelli corvini. Aveva gli occhi chiusi e la fronte aggrottata. Sembrava combattuto. Cosa poteva esserci su quel tavolo, da renderlo quasi umano in quel momento?
Pensai a quale potesse essere la mia prossima mossa per scappare, quando lui sferrò un pugno sul legno facendo traballare il tavolo. Io sussultai per il rumore improvviso, e le manette mi tradirono, tintinnando sonoramente. Il generale udendole, si girò verso di me, e mi vide. Il buio, che mi teneva prima nascosta, si levò con un suo gesto, aumentando così la luce irradiata delle candele.
“ Ben svegliata, Signorina Starkov “ Disse avvicinandosi con un sorriso sulle labbra “ da quanto tempo mi stavi spiando? Spero ti sia goduta la visione”.
“ Non farti strane idee, Oscuro. Mi stavo guardando intorno, solo per capire come poter fuggire” Dissi mettendomi seduta, pronta a scattare, malgrado le mani legate. Lui scrollò le spalle, e non sembrò curarsi dei miei movimenti, “Puoi mentire a te stessa quanto vuoi, ma non a me. Ho sentito la sensazione famigliare del tuo sguardo su di me, Alina.”
Vedendomi irrequieta mi consigliò di restare seduta, lì comodamente, perché i soldati erano in attesa di suoi ordini, proprio fuori dalla tenda. Non avevo speranza di fuggire così legata.
Poi tirandomi per le manette si sporse verso di me. “Ora slacciati il cappotto” ordinò guardandomi dritto negli occhi “ Puoi farlo da sola, o lo farò io per te”,
il cuore ebbe un fremito involontario alla solo idea che mi toccasse. Cercai di smorzarlo sul nascere, slacciando i primi bottoni con mani tremanti.
“Cosa vuoi farmi Kirigan?” Chiesi spaventata. Lui mise la mano fredda sul mio collo, e mi accarezzò la clavicola col pollice, mentre abbassava l’indumento slacciato, guardando la pelle scoperta. Dopo secondi che sembrarono infiniti, disse

“Voglio solo darti il più potente amplificatore mai creato. Mentre dormivi ho scelto le parti perfette, che comporranno la tua collana”
Io andai nel panico. Sarà stata l’unione di quel tocco, come lava, sulla mia pelle esposta, e di quelle parole lapidarie, che mi percorsero il corpo, come una tempesta di neve.
L’amplificatore.
Voleva mettermi le corna del cervo.
Voleva obbligarmi a essere sua.
Aveva scelto il mio collare.

Mi scrollai la sua mano dalla spalla, e provai a scartarlo per allontanarmi da lui. Non mi accorsi neanche della presenza di altre due figure. Ivan, il suo braccio destro, arrestò subito la mia corsa, agguantandomi in malo modo, e mettendomi in ginocchio, al centro della tenda. Poi dall’ombra vidi avanzare David il fabrikator. Lui teneva la testa bassa e in mano il pezzo di palco prescelto.
“ No!” Urlai. “Lasciatemi! Non lo voglio!” L’Oscuro avanzò “Ti avevo detto di restare seduta, ma non mi ascolti mai tu, vero?! Cerca di stare ferma, ricorda quale vita è nelle tue mani”

Io alzai la testa “ Io ti ho dato il cervo, e tu avresti dovuto liberarlo!” E lo guardai con rabbia. “ Non erano questi i termini, ti ho promesso che non sarebbe morto, lì nella neve, infatti è sano e salvo nelle mie prigioni, il resto dipenderà da te”. Io tacqui chiudendo per un attimo gli occhi, sconfitta. Poi lui disse “Io sono un uomo di parola” e Inclinando la testa con sguardo rilassato, dimezzando lo spazio che ci separava, prosegui “Sai qual’e l’unica cosa più potente di me o di te? Noi due insieme Alina.” “Potremmo fare grandi cose insieme, come far cessare le guerre. Non vorresti un paese in pace?” Chiese come speranzoso. Certo che volevo la pace, ma invece risposi “Andremo a distruggere la Faglia d’Ombra per sempre?” lo provocai “Certo, perché no. Insieme non abbiamo limiti” e detto ciò mi porse la mano per aiutarmi a mettermi in piedi. Accettai dubbiosa quella mano salda, mentre Ivan mi si allontanava di un passo. Lo guardai sollevare un lato della bocca, come un mezzo sorriso. Mentre mi teneva la mano.
Poi Kirigan interruppe il contatto e disse al fabrikator. “Non mi deludere David”.
Detto ciò distolse lo sguardo da me e dalla scena, dandomi parzialmente le spalle. Prima di celarsi al mio sguardo, potei notare una smorfia sul suo viso, e gli occhi intristirsi.
Il ragazzo gli fece un cenno con la testa e si avvicinò al mio collo, con quel pezzo di morte tra le mani. lo implorai con lo sguardo, mentre Ivan mi alzava meglio la testa. David strinse gli occhi un attimo, e mettendomi le corna al collo, seguendo le mie clavicole, nella posizione desiderata, attivò il suo potere. Lo udii rispondermi un flebile “Perdonami, ma è per un bene superiore”. Poi sentii le corna fondersi tra di loro circondandomi il collo, e alcuni spuntoni penetrarmi nelle carni fino a congiungersi col mio scheletro. Questo era il suo potere? Per questo si era allenato tanto al piccolo palazzo? Lui finito l’opera, sempre a testa bassa, si rivolse al generale Kirigan dicendo “Così dovrebbe funzionare”, e uscii dalla tenda senza guardasi indietro.
Io mi toccai istintivamente il collo, sentendo quella sporgenza di ossa irregolare, che sarebbe stata con me per il resto della mia vita. Ero a bocca aperta completamente shockata, perché forse una parte di me sperava ancora che Alexander non mi avrebbe mai fatto una cosa così ripugnante.
Non mi accorsi di Kirigan finché non sentii la sua mano premermi una spalla, sfiorando il mio nuovo collare con le dita. Voleva provare il suo nuovo potere capii. Ma cercai di oppormi alla sua volontà “No, Questo potere è mio!” Urlai. Lui mi guardò con uno sguardo bramoso di vittoria “Ma adesso lo controllo io” disse , e facendo forza, tramite le ossa dell’amplificatore, riuscì a illuminare la tenda con una cupola di luce, più volte consecutive. Se la lotta era tra le nostre volontà, la sua era più forte della mia.

Il suo viso angelico illuminato dalla mia luce, gli dava un aspetto quasi etereo. Potevo sentire il potere scorrere tra di noi. La sua bellezza quasi divina, in quel momento era anche spietata e crudele, solo guardandolo potevo sentire il mio cuore contrarsi, preso in una morsa dolorosa tra la venerazione e il disprezzo.
Come poteva un essere fatto di oscurità come lui, sposarsi così bene con la mia luce? 
Durante tutta questa sua dimostrazione di forza, cercai di imprimere nella memoria quel sentimento di odio profondo che stavo provando, per riuscire ad estirpare del tutto i sentimenti che aveva piantato in me, in quei mesi insieme. Ad un tratto vedendomi esausta e sofferente, si interruppe togliendomi la mano dal collo, per farmi sedere. Ero troppo esausta nel corpo e nell’anima per parlare. Lo guardai con astio, e solamente per un attimo intravidi nei suoi occhi grigi uno strano luccichio, ed un espressione addolorata. Sapeva che stava intraprendendo una strada senza perdono, ma in quel momento sembrava chiederlo.
Poi quasi fosse lui a soffrire al sol vedermi, uscì dalla tenda insieme a Ivan, lasciandomi finalmente sola.
Sentii le lacrime calde solcarmi il viso, lavarmi le guance e scivolare lungo il collo fino alla collana d’ossa. Caddi rannicchiata a terra, maledicendomi per aver provato ancora compassione per lui.
Poi chiusi gli occhi invocando l’oblio.


Kirigan:

Uscii dalla sua tenda a passo spedito. Congedai Ivan con un gesto. Avevo bisogno d’aria e di spazio.
Quella ragazza riusciva a portare al limite le mie resistenze, create in anni di perfezionamento.
Quando vidi il suo sguardo affranto, con indosso l’amplificatore appena testato, mi sentii come una fitta nel petto.
Ma avevo dovuto farlo. Non potevo evitarlo. Continuavo a ripetermelo.
Lei era la sola con il potere per aiutarmi, e quel collare leggendario era necessario.
Sapevo che eravamo connessi tramite i sogni, ma grazie al cervo di Morozova, ora lo eravamo ad un altro livello. Se le stavo troppo vicino potevo quasi sentire quello che provava lei. In quella tenda l’odio nei suoi occhi mi trafisse. Mi pugnalò al petto come uno stiletto invisibile. Non potevo sopportare di dividere lo spazio e questi sentimenti con lei un minuto di più. Infatti, me ne andai e basta.

Non esistevano parole che potessi dire in quel momento, per indorare ciò che le avevo fatto. Potevo solo alzare al massimo i miei scudi, per evitare che lei potesse accorgersi di questo nostro nuovo legame, e distruggermi da dentro
   
 
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