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Autore: mattmary15    23/05/2021    0 recensioni
James Tiberius Kirk ha salvato il suo equipaggio con un gesto tanto eroico quanto disperato e ha battuto Khan al suo stesso gioco. Ora lo aspetta una buona convalescenza e il ritorno alla sua adorata Enterprise.
Probabilmente anche una medaglia e un picchetto d'onore. Questo almeno è quello che sperano Spock e Bones, gli amici sempre pronti a difenderlo. Sarà davvero così oppure una nuova avventura comincerà proprio dal punto in cui erano rimasti dopo l'ultima battaglia? La vita nello spazio non è facile, ma spingersi fin dove nessuno è mai stato prima si rivelerà piuttosto complicato. Jim, Spock e Bones dovranno andare oltre i loro limiti e, se possibile, riuscire a tornare indietro.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo II

Ogni medaglia ha due facce

 

Passarono tre giorni prima che fosse organizzato il rientro del capitano Kirk sulla Terra. Jim li passò chiuso nella sua stanza ma non volle restare a letto e si fece consegnare un pad con tutte le specifiche degli ammodernamenti dell’Enterprise. 

Rimase solo la maggior parte del tempo. Bones era quasi sempre all’accademia delle scienze alla ricerca di una cura definitiva per Jim e Spock non si fece vedere.

Questo non sorprese Jim. Non solo non lo aveva cercato ma gli aveva fatto sapere che non voleva essere disturbato mentre studiava il nuovo assetto della sua nave.

Fu invece sorpreso dal fatto che a riportarlo sulla Terra non sarebbe stata l’Enterprise ma un’altra nave: la U.S.S. Discovery.

Alle nove zero zero del quarto giorno la U.S.S. Discovery teletrasportò Jim Kirk, Spock e Leonard McCoy a bordo. Una ragazza dal volto simpatico e dalla parlantina vivace diede loro il benvenuto. Il suo sorriso mise Kirk di buon umore.

“Benvenuti a bordo, io sono il guardiamarina Silvya Tilly. Lasciatemi dire che sono strafelice, volevo dire, onorata di incontravi. ” Disse quasi inchinandosi in evidente imbarazzo. Jim sfoderò il suo sorriso più luminoso.

“Siamo noi ad essere onorati, guardiamarina Tilly.”

“Oh mio Dio, lei è il capitano Kirk! Signore lei è una leggenda! L’unico ad aver mai superato il test della Kobayashi Maru!” Spock sollevò un sopracciglio mentre Jim gongolava. “Ha sconfitto la nave romulana apparsa nel paradosso spazio temporale della Kelvin! Signore, lei è il capitano dell’Enterprise!” Jim rise di gusto.

“Visto? Qualcuno ha buon gusto!” Esclamò.

“Solo perché non ti conosce veramente.” Precisò Bones. Le porte della sala del teletrasporto si aprirono e una donna dai modi composti entrò. Era umana ma Jim ebbe la sensazione che qualcosa, in lei,  gli ricordasse i vulcaniani. Lei affiancò Tilly e si rivolse a Spock.

“Benvenuto.” Disse guardandolo negli occhi. Spock fece un cenno col capo.

“Ti trovo bene, Micheal.”

“Scusami per il ritardo, sono scesa a salutare Sarek.”

“Di certo gli avrà fatto piacere.” La donna sorrise e si voltò a salutare gli altri due ospiti.

“E’ un piacere conoscervi. Sono lo specialista Burnham, vi accompagno nella sala tattica del capitano Lorca.”

“Grazie, specialista. Mi aspettavo un passaggio da una nave trasporto, mi hanno mandato un’ammiraglia.”

“La Discovery è una nave di classe Crossfield ma si adatta a viaggi come questo. Seguitemi.” Kirk avrebbe voluto sapere qualcos’altro di lei e del perché sembrava conoscere Spock ma si limitò a seguirla fino ad un’ascensore e da lì al ponte. 

Quando le porte della plancia si aprirono, gli occhi di Jim caddero subito sulla sedia poi, però si persero oltre di essa nella grande paratia di vetro della sala. Da lì lo spazio sembrava immenso e Kirk non avvertì quella paura che si era aspettato di provare nel trovarsi di nuovo faccia a faccia con le sue stelle. L’ultima volta che si era fermato ad osservarle era più morto che vivo e si era sentito inghiottire dal buio. Adesso quel timore sembrava volatilizzato.

La voce di Burnham lo richiamò.

“Capitano, da questa parte prego.” Disse indicando con una mano un’altra porta che si aprì.

Kirk, Spock e McCoy entrarono e si ritrovarono in una stanza pressoché vuota. C’erano solo un tavolo e un uomo. 

“James Tiberius Kirk!” Esclamò quello che doveva essere il capitano della Discovery. “Lei è il capitano più in gamba della flotta o il più fortunato tra noi! Io sono il capitano Gabriel Lorca, benvenuto a bordo della Discovery.” Jim lo guardò dritto negli occhi di un blu molto simile ai suoi e sorrise.

“Nessuno di noi può essere il più in gamba senza un po’ di fortuna, non crede capitano Lorca?”

“Io credo nel destino. Alcuni uomini sono dotati di abilità tali da cambiare da soli il corso della storia. Lasciamo però questi discorsi per quando saremo di fronte ad un buon calice di vino. Burnham accompagni il dottore e il signor Spock dove c’è più bisogno di loro. Io informerò il capitano dei dettagli sul loro viaggio.”

Kirk si accorse che Spock piegò appena la testa di lato come faceva quando qualcosa attirava la sua attenzione. Lo specialista accompagnò fuori i suoi amici e Kirk rimase solo con Lorca.

Quell’uomo, estremamente sicuro di sé, lo incuriosiva. Il suo sorriso sfrontato poteva definirsi arrogante? Quando lo avevano definito arrogante in passato, era quel tipo di sorriso che ostentava? La voce di Lorca lo scosse da quei pensieri.

“Bene, capitano Kirk, veniamo a noi. Si sarà stupito che una nave come la Discovery sia stata scelta per portarla a casa.” Kirk fece il giro del tavolo che li separava e guardò fuori, nello spazio.

“Mi hanno riferito che si adatta a molteplici utilizzi ma adesso che lei lo sottolinea, devo supporre che ci sia un altro motivo che l’ha condotta qui.” Lorca annuì.

“Mentre lei si riprendeva dalla fatica delle sue eroiche gesta, alcuni Klingon hanno sconfinato nella zona neutrale.”

“Klingon?” La voce di Kirk non nascondeva un certo stupore.

“Esatto.” Rispose lui. “Per essere precisi bisognerebbe partire da uno sconfinamento non autorizzato di una nostra nave nel loro spazio. Quelli Klingon andrebbero considerati al pari di una rappresaglia.” 

La mente di Jim corse all’esplosione della Jupiter ma dovette riflettere subito sul fatto che l’esplosione era avvenuta nello spazio aereo di Nuova Vulcano almeno un mese e mezzo prima degli episodi raccontati da Lorca.

“So che si è tenuto un consiglio dell’alto comando. Avranno valutato ogni conseguenza della questione.” Disse Kirk guardando Lorca dritto negli occhi. Il capitano storse appena le labbra.

“Sono uomini in alta uniforme che non salgono a bordo di una nave da molto, molto tempo. Dubito che siano stati in grado di stimare correttamente le conseguenze di un errato approccio alla situazione.” 

Le parole di Lorca misero Kirk in allarme per un motivo che non seppe ben definire in quel momento.

“Sta dicendo che l’alto comando della federazione non è in grado di decidere cosa sia meglio fare in questa situazione?” Jim lo provocò per vedere fin dove Lorca era disposto a spingersi con quelle affermazioni. L’uomo non si tirò indietro.

“Sto dicendo che non ho dubbio alcuno sul fatto che siano in grado di stabilire la migliore strategia per reagire alla situazione. Ho invece fortissimi dubbi che abbiano compreso la situazione in sé.” Non era un semplice gioco di parole e Kirk capì dove voleva andare a parare.

“Per lei la stanno facendo meno grave di quel che è?” Lorca sorrise. Interruppe il contatto visivo e raggiunse il tavolo. Toccò un tasto e uno sportello si aprì, lasciando salire una bottiglia di whiskey e due bicchieri.

“Non mi faccia bere da solo, prenda.” Disse versando il liquido ambrato nei bicchieri e porgendogliene uno. Jim lo prese e brindò con lui. “Lei è, di fatto, un uomo brillante, Kirk. Personalmente ritengo che non si dovrebbe lasciare impuniti i Klingon per il loro sconfinamento. Sono una razza di fieri guerrieri. Se nessuno tiene loro testa, mi gioco la nave che gli sconfinamenti continueranno.”

Kirk bevve un sorso e guardò il bicchiere che stringeva tra le mani. Comprendeva il punto di vista del capitano Lorca ed era propenso a dargli ragione sulla natura dei Klingon. Tuttavia, in quel momento, si rese conto del perché era in allarme. Quell’uomo parlava come Marcus. Si ricordò delle sue ultime parole. Aveva detto che diversi focolai di odio e intolleranza già covavano all’interno della federazione e nell’impero Klingon, che era solo una questione di tempo prima che divampassero. 

“Ha detto lei stesso che gli sconfinamenti Klingon nella zona neutrale devono considerarsi alla stregua di rappresaglie. Se dessimo troppa importanza a questi gesti dimostrativi finiremmo per alimentare scontri veri e propri. Persino una guerra, considerato il modo in cui i Klingon preferiscono risolvere le controversie.” Lorca finì il suo bicchiere e lo posò sul tavolo.

“Il suo primo ufficiale è vulcaniano, vero?” L’improvviso cambio di direzione della conversazione lo stupì e, per un momento, non rispose. “Il figlio dell’ambasciatore Sarek.”

“Sì.” Rispose Kirk posando, anche lui, il bicchiere sul tavolo. 

“Si dice che sia una vera e propria spina nel fianco.” Lo disse con sarcasmo.

“Sa esserlo, quando vuole. Perché lo tira in ballo in questo momento?”

“Si dice anche che lo tiene in grande considerazione.” Lorca lo sopravanzò e tornò a fissare fuori dalla nave lo spazio aperto.

“E’ il mio comandante. E’ ovvio che lo tenga in grande considerazione.” Kirk ancora non capiva dove volesse andare a parare Lorca.

“Chieda a lui se è conveniente lasciar correre con i Klingon. Quando ho fatto questa domanda allo specialista Burnham, non sono rimasto deluso dalla risposta.”

“Lo specialista è umana. Mi spiace ma non capisco.” Lorca si voltò con l’espressione del gatto che ha messo il topo nell’angolo.

“Non lo sa? Burnham è stata crescita dai genitori di Sarek dopo aver perso la sua famiglia d’origine. E’ figlia adottiva di Sarek.”

Jim sentì una fitta alla testa mentre elaborava la notizia dell’esistenza dell’ennesimo parente di Spock di cui non sapeva nulla.

“Non capisco ancora la correlazione con i Klingon.”

“Burnham utilizza la logica vulcaniana nell’approccio tattico e, oserei dire, come scelta di vita. Quando le ho chiesto di analizzare la migliore reazione alle azioni dei Klingon, ‘attaccarli’ è stata la sua risposta.” Kirk abbassò gli occhi sullo scintillante pavimento della Discovery e comprese finalmente quale doveva essere il suo approccio a quella situazione. Sollevò lo sguardo accompagnandolo con lo stesso sorriso arrogante con cui Lorca lo stava intrattenendo fin dal principio della loro conversazione.

“Il punto non è cosa pensa di fare Spock. Né, tantomeno, cosa pensiamo di fare io o lei, Lorca. Il punto è cosa deciderà di fare la federazione.” Lorca batté le mani un paio di volte.

“Ora so che l’onoreficenza che vogliono darle è meritata, capitano.”

“Personalmente non sono fiero di ricevere un’onoreficenza come quella.” Rispose Jim che si sentiva preso in giro. Lorca si affrettò a chiarire.

“Mi scuso se le sono sembrato offensivo. Ho davvero un’enorme stima della sua persona. Per questo motivo mi sono confrontato apertamente con lei. Di rado confesso così esplicitamente i miei punti di vista. E lei deve essere fiero di quello che ha fatto su Nuova Vulcano.”

“Sono certo che la figlia dell’ammiraglio Marcus non la pensa così.” Lorca si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.

“Non deve dire così. L’ammiraglio Marcus era un borioso bastardo. Avrebbe messo a ferro e fuoco l’universo. Le cose sono andate così prima che avesse l’occasione di realizzare i suoi intenti. Mi piacerebbe davvero sapere cosa ci faceva a bordo di una nave appena varata nello spazio aereo di Nuova Vulcano. Come si chiamava la nave?” Kirk non mosse un muscolo del viso.

“Non era ancora stata battezzata. Non ne ho idea. Forse era solo un uomo in alta uniforme che non saliva a bordo di una nave da molto, molto tempo e voleva tornarci.” Lorca interruppe il contatto e si voltò.

“Alcuni uomini non sono fatti per essere capitani.” Disse di nuovo con un tono di voce serio. “Ad ogni modo, sappia che il viaggio di ritorno sulla Terra durerà un po’ più del previsto.” Jim si rabbuiò.

“Il mio primo ufficiale scientifico ha richiesto un consulto del suo. Diciamo che è il prezzo per il passaggio. Così avrò ancora modo di discutere con lei dei Klingon, che dice?”

“Non sono desideroso di partecipare a quella festa in mio onore. Quindi più mi tiene quassù e meglio è. L’avverto però: una nave e due capitani non sono una buona combinazione.”

Lorca sorrise divertito e allargò le braccia.

“Capitano, la sedia è sua finché la vuole.” Jim mise entrambe le mani sui fianchi e scosse la testa.

“No. L’ultima volta che mi sono seduto sulla sedia del capitano di una nave che non fosse l’Enterprise, l’ho fatta esplodere. Temo che solo lei abbia il giusto temperamento per sopportarmi.”

Lorca gli fece strada sul ponte di comando e lo presentò all’equipaggio presente in plancia.

 

Micheal Burnham non era di molte parole. 

Leonard non faceva che passare con lo sguardo da lei a Spock. Quei due erano in confidenza e, dalle loro chiacchiere, aveva capito che a legarli era Sarek.

“Mi pare di capire che vi conoscete bene.” Bones intervenne prima che lei potesse rispondere a Spock su tutta una serie di dati sulla Discovery che lui gli aveva appena chiesto.

“Micheal è stata adottata dai miei genitori quando era molto piccola.” Le parole di Spock ebbero il potere di immobilizzare il dottore.

“Mi stai dicendo che è tua sorella?” Chiese con un tono di voce alterato.

“Sorella non è la definizione corretta. Essendo stata adottata, la logica suggerisce che il termine corretto è sorellastra. Tuttavia è una definizione che non spiega in modo sufficiente la nostra relazione.” Rispose Spock. Burnham sorrise appena e cercò di togliere McCoy dall’imbarazzo.

“Nostra madre non amava quella parola e non voleva che la utilizzassimo.” Solo in quel momento si rese conto che la ragazza doveva aver patito le medesime sofferenze di Spock dopo la distruzione di Vulcano. Abbassò lo sguardo.

“Sono molto addolorato per la sua perdita.”

“Grazie, dottore. Le dispiace se non parliamo di questo argomento? Non pratico molto bene il distacco dalle emozioni come il resto della mia famiglia.” Bones la trovò subito più simpatica.

“Dimostra solo che è umana, il che è un merito ai miei occhi.”

“Vogliamo proseguire? Il tenente Stamets ci sta aspettando.”

Burnham li condusse fino ad un laboratorio molto grande in cui diversi uomini lavoravano alacremente. Bones riconobbe il guardiamarina Tilly che fece un cenno ad un uomo biondo dall’aspetto simpatico. Questi si girò e, non appena li vide, li salutò con un grande sorriso.

“Benvenuti! Grazie per averli accompagnati, Burnham.”

“Di niente. Stamets, loro sono il comandante Spock e il dottor McCoy dell’Enterprise. Signori, vi presento il tenente Paul Stamets responsabile del comparto scientifico della Discovery.” Spock diede si un’occhiata attorno e fece un cenno del capo.

“Voleva un consulto per cosa?” Stamets fu preso in contropiede dai modi diretti del comandante e toccò a McCoy restituire un po’ di cordialità alla conversazione.

“Il signor Spock voleva dire: piacere di conoscerla, tenente. Siamo felici di essere a bordo e le saremo utili come potremo se avrete bisogno del nostro aiuto.” Sylvia Tilly rise ma lo sguardo severo di Spock la fece ricomporre immediatamente.

“Mi scuso per la mia franchezza ma tendo ad ottimizzare i tempi.”

“Non si scusi,” rispose Stamets, “è vulcaniano. Lo comprendo.” Spock piegò appena la testa di lato come faceva sempre quando si sforzava di capire se c’era ironia in una frase il cui senso gli sfuggiva.” 

“Che significa?” Chiese e toccò a Burnham farsi sfuggire un sorriso.

“Che sei una canaglia.” Gli rispose Leonard. “Renditi utile dato che è quello che sai fare meglio. E’  chiaro che qui farete cose per cui occorre un quoziente intellettivo di cui non sono dotato. Guardiamarina Tilly, sarebbe così gentile da accompagnarmi in infermeria?” Tilly guardò Stamets che annuì.

I due lasciarono il laboratorio mentre Stamets faceva strada a Burnham e Spock in un’altra stanza del laboratorio. 

Quando Spock vide cosa c’era all’interno della camera sterile in cui Stamets li aveva condotti, rimase a bocca aperta.

“Si tratta di una colonia.” Spiegò il tenente.

“Una colonia di funghi spaziali multicellulari e capaci di produrre spore particolari.” Disse Spock avvicinandosi ad uno dei ceppi a cui erano collegati i funghi e causando stupore in Stamets e orgoglio in Micheal. “Se non erro, producono una sorta di energia. Per cosa la utilizzate?”

Il tenente si avvicinò e gli indicò un condotto che immagazzinava le spore.

“Le usiamo per fornire energia alla nave.” Il sopracciglio destro di Spock si sollevò.

“E’ sicuro.” Si affrettò a precisare Burnham che conosceva bene cosa significasse quell’espressione.

“Non dico che il dilitio non sia un mezzo di propulsione privo di rischi, ma le spore sono frutto di organismi viventi. Pur volendo tralasciare le implicazioni etiche della cosa, ritengo siano instabili anche più del dilitio.”

“E’ energia sostenibile.” Lo riprese Stamets. “L’estrazione del dilitio sta distruggendo intere colonie. Le spore sono frutto di coltivazioni e hanno delle applicazioni che ancora non siamo riusciti a studiare fino in fondo.”

“Immagino che il consulto riguardi questo.” Stamets li riportò nell’altra stanza e mostrò loro una formula. Spock comprese immediatamente di che si trattava.

“Pensate che le spore possano garantire quello che potremmo definire il teletrasporto dell’intera nave?” Stamets si affrettò a spiegare.

“Le spore sparate nel motore, se sovraccaricate, riescono a raggiungere un’intensità tale da squarciare, di fatto, lo spazio. Riescono a spingere l’intera nave lungo dei warmhole che normalmente non potrebbe attraversare. Praticamente questi warmhole consentono alla nave di spostarsi tra due punti non prossimi come in canali a supervelocità, di fatto realizzando il teletrasporto.”

“Ne parla come se ci foste già riusciti.” Azzardò Spock.

“E’ così.”

“La formula, però, è incompleta.” Gli rispose e Stamets guardò, stupito, Micheal.

“Te l’ho detto che lui avrebbe capito subito.” Il tenente proseguì.

“E’ incompleta. Riusciamo a ‘saltare’ nel warmhole ma non siamo in grado di pilotare la nave. Se non possiamo decidere dove andare, il teletrasporto è inutile. Ci lavoriamo da mesi ma non riesco a trovare la soluzione.”

“Non posso dire che posso trovare la soluzione ma posso dirvi cosa manca nell’equazione.”

“Cosa?” Chiese Micheal.

“La costante.”

“Non capisco.” Rispose lei.

“Se devi stabilire una rotta su di un piano che non rimane mai identico a se stesso, come in questo caso,” Spock usò gli ologrammi del computer per dimostrare come i vari passaggi tra i punti di accesso e di uscita dei warmhole modificassero di fatto lo spazio, “occorre una costante che agganci la nave allo spazio stesso.” Spock modificò la formula e con l’utilizzo di una costante, l’equazione dimostrava la possibilità di guidare un oggetto nei warmhole.

“Fantastico!” Esclamò Stamets. “Ma cosa può fungere da costante in un universo che cambia continuamente?”

“Questo non è il mio campo di competenze,” annunciò Spock, “forse potreste chiedere al dottor McCoy, la biochimica cellulare è uno dei suoi campi.”

“Biochimica? Crede che riguardi le spore?”

“Che altro? In un universo in continuo mutamento, ciò che definisce la costante è la sua insostituibilità. In questa fattispecie, le spore.” Burnham mise le mani sulle spalle di entrambi, compiaciuta.

“Ottimo lavoro. Ora, Stamets, tu hai da lavorare. Io accompagno mio fratello nella sua stanza. Lo abbiamo fatto lavorare anche in licenza.” Lui fece un cenno del capo e seguì sua sorella.

Quando rimasero soli, lei abbandonò un po’ le formalità.

“Ottima idea quella della costante. Sembravi Sarek mentre spiegavi come in un universo in continuo mutamento, solo una costante può indicare la strada ad un oggetto in movimento.” Spock abbassò il capo e si fermò. Micheal si accorse che sembrava turbato. “Ho detto qualcosa di sbagliato?” 

“No. Sono io che ho sbagliato.”

“La formula era giusta.” Rispose lei ma capì subito che suo fratello parlava d’altro. “Spock, stai bene?”

“Sì, sono funzionale.” Lei sorrise.

“Non sembri funzionale, sembri emozionato e devo ammettere che mi spaventi un po’.” Spock si voltò a guardarla negli occhi.

“Ricordi T’Pring?” Lei annuì. “Avrei dovuto sciogliere il matrimonio.”

“Ti sei legato ad un’altra?” Chiese Burnham che sapeva come funzionavano le relazioni vulcaniane. Spock scosse il capo.

“Allora non va bene se sciogli il vincolo con lei. Conosci i rischi.”

“Non mi sono legato ad un’altra ma ho un legame e questo legame rappresenta la mia costante. Ciò che mi guida in un universo in continuo mutamento.” Micheal piegò la testa di lato e Spock credette che lo stesse prendendo in giro.

“Signor Spock, è romanticismo quello che avverto nella sua voce?”

“Il romanticismo è un’emozione umana quindi la risposta logica a questa domanda sarcastica è no.”

“Addirittura comprendi il sarcasmo? Deve essere il legame ad aver trasformato il tuo cervello quantistico in un organo di carne e sangue!”

“Questo potrebbe essere vero.” Micheal si portò entrambe le mani alla bocca per contenere lo stupore.

“E chi sarebbe la fortunata legata dal destino al mio straordinario fratello?”

Spock stava per rispondere quando la voce di Kirk lo fece girare nella sua direzione.

“Spock! Che diavolo, questa nave è immensa e non somiglia affatto all’Enterprise. Non riuscivo a trovare i laboratori. A dirla tutta non riesco a trovare neppure il ponte quattro. Lorca dice che la mia stanza è lì. Salve anche a lei, specialista Burnham.”

“Capitano,” lo salutò lei riprendendo il tono formale che aveva abbandonato mentre parlava con Spock. “Se vuole l’accompagno io alla sua camera.”

“Ci mancherebbe! Lei e suo fratello avrete di che parlare!” Esclamò lui con una punta di ironia nella voce che non sfuggì né a lei, né a Spock.”

“Potremo parlare in seguito.”

“Mi basta che mi metta nella giusta direzione. Poi vado da solo. Cerco l’infermeria.” Spock cambiò espressione e Micheal se ne accorse.

“Non si sente bene, capitano?”

“Sto benissimo,” rispose lui facendo istintivamente un passo indietro. “Cerco Bones.” 

“Capisco.” Rispose Spock, indietreggiano a propria volta. Micheal abbassò gli occhi per un momento poi intervenne.

“L’accompagno, capitano Kirk. Sono certa che mio fratello troverà la sua camera. Più tardi, se ne avrà voglia, ceneremo insieme.”

“Certamente.” Fece lui sopravanzandoli e prendendo la via per il turboascensore. 

Micheal portò Kirk ad un altro elevatore e lo guidò fino al terzo piano dove era situata l’infermeria.

Quando le porte del reparto medico si aprirono, Jim vide Bones alle prese con una serie di strumenti chirurgici. Sembrava un bambino in un negozio di giocattoli.

“Grazie, specialista Burnham. E’ stata molto gentile.”

“Si figuri, perché non si unisce a me e Spock per la cena?”

“Mi ha già invitato il capitano Lorca. Sarebbe scortese rifiutare.”

“Lo sarebbe. Anche perché il capitano era davvero ansioso di scambiare due chiacchiere con lei.”

“Sui Klingon?” Chiese Kirk facendole l’occhiolino. Micheal capì che tutte le storie che aveva sentito su James Tiberius Kirk erano vere.

“Non avete perso tempo! Il capitano Lorca pensa che la federazione stia sottovalutando la situazione.”

“E lei è d’accordo, a quanto dice lui.”

“So per esperienza personale che i Klingon non sanno cosa sia la diplomazia. Le controversie si risolvono con la forza. Il più forte vince sul debole.”

“Finora non ci hanno attaccati.”

“Forse quando lo faranno non saremo in grado di reagire.”

“Reagire è nell’indole umana. Dovrebbe tenere in maggior considerazione la sua natura.”

“Con tutto il rispetto, capitano, non mi conosce.” Disse lei, impettita.

“No,” rispose Kirk stringendo un pugno e perdendo l’aria scanzonata che aveva mantenuto fino a quel momento, “non la conosco. Spock non mi ha mai parlato né di lei, né del resto della sua famiglia.” 

Micheal ebbe come un’illuminazione.

“Ha conosciuto T’Pring su Nuova Vulcano?”

“Donna interessante. Decisamente non il mio tipo. Comunque è la moglie di Spock. Deve piacere a lui, non a me. Buona serata, specialista Burnham.”

Kirk si voltò e raggiunse Bones.

 

Leonard si stava divertendo. Dopo due mesi infernali, la compagnia del dottor Culber e l’attrezzatura della Discovery stavano facendo un piccolo miracolo.

Era ancora immerso nella simulazione di una sutura del tronco encefalico spinale, quando la sagoma di Jim si materializzò sulla porta.

“Spiegami perché noi non abbiamo quest’attrezzatura!” Esclamò simulando rabbia.

“Perché questa è una nave scientifica, Bones. Comunque se c’è qualcosa che ti piace proprio molto, te la compro!” Fece lui ridendo e tendendo la mano all’uomo di colore che gli stava accanto. “Piacere, James Kirk.”

“Piacere mio, capitano. Sono il dottor Hugh Culber.”

“Lo sa che mi tormenterà per avere un’infermeria come questa?”

“Gli ho già promesso che gli consegnerò una piccola valigia delle meraviglie quando scenderete sulla Terra, stia tranquillo.”

“Le sono grato. Bones puoi accompagnarmi in camera?” Leonard non se lo fece ripetere. Seguì Jim fuori dall’infermeria e poi fino ai suoi alloggi che erano accanto a quelli di Lorca.

Non appena le porte della camera si chiusero, Bones raggiunse il bagaglio di Jim e tirò fuori il farmaco che gli somministrava periodicamente.

“Stai bene?” Lui annuì con la testa e si sedette sul letto. 

“Tranne un leggero mal di testa, sto bene.”

“Com’è stato tornare a gravità artificiale?”

“Nessun disturbo. A parte,” s’interruppe non appena sentì la puntura sul collo pizzicare, “uno strano senso di vertigine che ho provato non appena a bordo. Non lo avverto più ora.”

“Fammi sapere se hai altri sintomi.”

“Ok. Com’è il dottore della Discovery?”

“Un brav’uomo. Mi piace. E il capitano della Discovery?”

“Non è un brav’uomo di certo. Ma mi sembra un buon capitano. Forse un po’ troppo integralista sui compiti della federazione.”

“Non ti piace?”

“Non so decidermi.”

“Detto da te, mi preoccupa. A proposito di preoccupazioni, dov’è Spock?”

“Con sua sorella. Ci credi? Ha una sorella! E tanto per cambiare, noi non ne sapevamo niente!”

“L’ho conosciuta. Sembra un tipo in gamba.”

“Ne sono convinto.”

“Allora cosa c’è che non va?”

“Niente.” Rispose lui nervosamente. Bones si sedette al suo fianco.

“Vuoi mentire a me?” Kirk sospirò.

“L’ho portato a casa mia, Bones. Mia madre chiede di lui continuamente. E lui ha una sorella di cui io non so niente.”

“Volevi dire che ha una moglie di cui non sai niente!” Leonard gli poggiò una mano sulla spalla ma Jim la scostò bruscamente e si alzò.

“Non dire che me l’avevi detto!” McCoy fece una faccia perplessa.

“Cosa?”

“Che il legame non poteva funzionare per due come noi!” Il dottore sospirò e si alzò.

“Sai benissimo che c’è stato un tempo in cui l’ho pensato ma non lo direi mai adesso. Non dopo che il legame ti ha salvato la vita nello spazio.”

“Non lo sopporto!” Esclamò.

“Non lo hai mai sopportato ma siete amici. Ricordi cosa mi hai detto in Iowa?” Jim mise le mani sui fianchi fingendo di non ricordare. “Che il legame dipendeva da entrambi e che eravate in due in questa cosa.”

“Ha una moglie!”

“E allora?” Lo sfogo improvviso di Bones fece andare fuori di testa Kirk.

“Come sarebbe a dire? Hai detto tu che il legame è una cosa sacra per i vulcaniani e scopro che lui è già impegnato!”

“Scusami se ti parlo con franchezza nonostante si era d’accordo che non ti avrei contraddetto a causa delle tue condizioni di salute, ma Spock ha spiegato che non si tratta di un vero matrimonio fino a che, come posso dire, non è consumato. E lui dice che non è stato consumato un bel niente! Ti stai comportando come quell’isterica della mia ex moglie!”

“Cosa?” Il tono di voce di Jim ora era decisamente alterato. “Sai che c’è, Bones? Hai ragione. Hai perfettamente ragione.” Fece lui sfilandosi la maglia e dirigendosi verso il bagno. “Tra me e Spock non c’è quel genere di legame e la mia delusione sul fatto che non sia stato sincero con me sta influenzando il mio rapporto con lui che è, e deve rimanere, strettamente professionale. Spock può andare a letto con chi vuole. Non sono affari che mi riguardano.”  

Bones rimase a fissarlo mentre si lavava il viso e le braccia. La cicatrice lasciata dal colpo sparato da Khan che l’aveva passato da parte a parte, era ancora ben evidente sulla sua pelle chiara. Lo raggiunse in bagno e gli prese l’asciugamano dalle mani. Glielo poggiò sulle spalle e gli frizionò il collo.

“Sei troppo agitato. Non ti fa bene. Non costringermi a somministrarti un tranquillante a tradimento.” Jim si voltò, gli occhi appena lucidi come se stesse trattenendo le lacrime. Sorrise.

“Sono nervoso. Devo vestirmi. Lorca mi ha invitato a cena. Vieni con me?”

“Mi dispiace ma il dottor Culber mi ha chiesto di unirmi a lui e al tenete Stamets. Pare che abbiano bisogno del parere di un microbiologo con certe competenze vulcaniane.”

“Non ti vantare!” Disse Jim spintonandolo un po’. Raggiunse la sua borsa e tirò fuori l’uniforme. La indossò e si guardò allo specchio.

“Fai ancora la tua sporca figura, sai?” Gli disse Bones. Jim si sforzò di sorridere.

“Non lo so.”

“Ehi, forse una bella serata in compagnia di un commilitone è proprio quello che ti serve, Jim.”

“Forse. Mi guardo allo specchio e non mi riconosco, sai?”

Bones sentì una stretta allo stomaco. In quel momento, Jim stava parlando sinceramente, tutti gli scudi abbassati. Lo fece voltare verso di sé.

“Non dirlo. Andrà tutto bene. E’ ancora presto per una piena ripresa. Tu vuoi bruciare le tappe ma ricordati che un mese fa eri morto.”

“Sarà come dici tu.”

“Sono il tuo medico. E’ esattamente come dico io. Ora va a passare una bella serata. E pavoneggiati con quello sbruffone di Lorca. Digli come hai distrutto una nave da trivellazione romulana. Ti autorizzo ad esagerare con i dettagli!” Jim rise.

Quando l’amico lasciò la stanza, Bones si lasciò ricadere sul letto. Non doveva perdere di vista la cosa più importante. Doveva trovare la cura per la sindrome post traumatica di Jim o non se lo sarebbe mai perdonato.

 

La cena fu frugale ma soddisfacente. 

Micheal raccontò di come aveva maturato i timori che uno sconfinamento Klingon avrebbe potuto nascondere minacce più gravi per la federazione e Spock raccontò di Khan e del suo equipaggio stivato in settantadue missili di ultima generazione. 

Burnham entrò anche nei dettagli del motore a spore e Spock le parlò della materia rossa. 

Terminarono tutti gli argomenti non personali prima che la bottiglia di vino kelpiano che lei aveva portato fosse finita. Fu allora che lei si decise a chiedere.

“Allora? Vuoi parlarne?” Spock capì che voleva sapere del legame.

“E’ nato spontaneamente. In modo totalmente indipendente dalla mia volontà. In un momento emotivamente intenso, se mi è concesso dirlo.”

“Lo immagino. E’ stato così anche per me. Con Sarek.” Disse lei. Lui scosse il capo.

“Mio padre aveva esercitato una fusione con te prima che il legame fra voi si tendesse. Immagino che sia stato una conseguenza di quel gesto.”

“E nel tuo caso?”

“Uno scontro fisico. Un diverbio degenerato in una lite.” Lei sorrise.

“Mi stai dicendo che qualcuno è riuscito a farti perdere la calma al punto da venire alle mani con te?”

“E’ esatto.”

“Hai picchiato una donna?” Gli occhi di Spock si allargarono per lo stupore e mosse le labbra come se volesse dire qualcosa che però non gli uscì di bocca. “Non si tratta di una donna, giusto?” Disse lei realizzando la verità.

“No.” Spock stava per dire come stavano le cose quando le luci nella stanza si spensero e l’allarme d’emergenza scattò. “Che succede?”

“Un codice nero.” Disse lei. “Vieni, Spock, andiamo sul ponte di comando.” Suo fratello non chiese altro. Si alzò e la seguì.

 

Jim aveva fatto quanto gli aveva ordinato il suo medico. 

Aveva accompagnato la cena con un buon vino e chiacchierato in modo inaspettatamente gradevole con Lorca.

Argomento Klingon a parte, Kirk aveva scoperto un uomo dal carattere deciso ed intraprendente, dalla mente sottile e scaltra e dai valori saldi e di squadra. Alle parole ‘non lasciamo nessuno indietro’, Jim era conquistato. 

Aveva comunque l’impressione che anche Lorca si stesse divertendo e trovasse le sue storie affascinanti. Non aveva potuto dirgli molto della missione Jupiter ma quando gli aveva raccontato di come gli avevano installato una bomba al dilitio nel portabagagli della sua auto, aveva indovinato esattamente come Jim l’aveva fatta esplodere.

‘Scommetto che l’hai lanciata con tutta l’auto nel canyon!’ Avevano riso e bevuto. 

Alla terza bottiglia, il malessere di Jim sembrava un lontano ricordo. Le sue guance erano tornate a tingersi di un rosa acceso.

“Sei esattamente la persona che mi ero immaginato fossi.” Gli disse Lorca.

“Pessima?”

“Affascinante.” Jim sorrise.

“Non mi prenda in giro. Lei attira le persone come un magnete, non dica a me di essere affascinante!”

“Buffo che mi abbia definito così. E’ esattamente quello che penso di lei. Noi siamo molto simili, Jim, dovremmo respingerci in base alle leggi della fisica eppure io mi sento attratto da lei come metallo da un magnete. Forse siamo persone in grado di sovvertire le leggi dell’universo.”

Lorca si sporse in avanti verso il volto di Kirk e gli versò un altro bicchiere. Jim sentì mancargli l’aria.

Il cervello gli giocò un brutto scherzo. La sua mente riportò davanti ai suoi occhi, come se fosse vero, l’immagine di Spock a un centimetro dalle sue labbra la notte in cui erano rimasti soli al canyon. Incapace di distinguere la figura che vedeva dalla persona che era realmente davanti a lui, si sporse appena in avanti e sollevò una mano sul collo dell’uomo. Lorca reagì a quel contatto facendo altrettanto ma, nell’istante in cui stava per fare il gesto successivo, il cicalino dell’interfono suonò. Quel rumore ebbe il potere di riportare Kirk alla realtà. L’uomo scattò in piedi e si allontanò. Lorca rispose alla chiamata.

“Che succede? E badate che sia un buon motivo quello per cui mi chiamate.” Disse guardando Jim che abbassò la testa cercando di nascondere una risata nervosa.

“Signore,” la voce era quella del tenente Stamets, “deve scendere in laboratorio, abbiamo un problema che richiede il suo intervento ed è urgente.” Lorca chiuse la comunicazione senza rispondere.

“Vada.” Disse Jim. “Sembra davvero urgente.”

“Venga con me, capitano Kirk, le va?” Jim annuì e seguì Lorca prima all’ascensore e poi ai laboratori.

Quando le porte si aprirono, regnava una gran confusione. 

Tilly faceva avanti e indietro agitata. Bones e Culber cercavano di essere d’aiuto a Stamets che continuava a controllare dei dati al computer.

“Che succede?” Chiese Lorca entrando per primo e raggiungendo Stamets.

“Sì è avviato!” Esclamò il tenente con voce alterata.

“Cosa si è avviato?”

“Il countdown per il salto.” Lorca si fece cupo in volto.

“Com’è potuto succedere?”

“Controllavamo la formula modificata con le informazioni che ci ha dato il signor Spock e abbiamo inserito delle coordinate per effettuare una simulazione sulla base delle idee che ci ha dato il dottor McCoy. Non so come siamo passati in modalità operativa, signore, me ne assumo ogni responsabilità.” Stamets sembrava mortificato. 

Jim si avvicinò a Leonard.

“Che stavate combinando qui dentro?” Culber si affrettò a spiegare. 

“Il dottor McCoy non ha fatto niente di sbagliato. Stavamo simulando un salto dimensionale della nave quando la procedura si è attivata.” Jim comprese in quel momento la gravità della situazione.

“Noi l’abbiamo già visto un salto dimensionale non andato a buon fine. La nave potrebbe essere sbalzata avanti o indietro nel tempo o addirittura finire spezzata in un buco nero.” Disse rievocando la sorte della nave romulana di Nero.

“Ne siamo consapevoli,” intervenne Stamets, “per questo l’ho chiamata capitano. Ci sono solo due cose che possiamo fare. Anticipare il salto simulato con un altro da impostare adesso. Non sarà preciso ma almeno non sarà alla cieca.” Lorca sospirò e fece la fatidica domanda.

“Oppure?”

“Spegniamo tutto.”

“Con quali conseguenze?” 

“Manderemmo in corto il sistema di puntamento e salto. Probabilmente perderemo i dati degli ultimi tre mesi.” 

“No!” Esclamò Lorca. “Questo non è ammissibile. Quanto tempo abbiamo prima che la simulazione ci faccia saltare alla cieca?”

“Due minuti da ora. Se devo impostare un nuovo salto, devo farlo adesso.”

“Lo faccia.” Stamets si voltò e cominciò a trafficare con la strumentazione. Jim prese Lorca per un braccio.

“Capitano, non crede che dovrebbe spegnere tutto? I dati non sono importanti come le persone.”

Lui guardò la mano di Jim sul suo braccio e poi i suoi occhi.

“La missione, capitano. La missione viene prima di tutto. La missione della Discovery è completare il motore a spore. Il salto non metterà a repentaglio l’equipaggio.” Jim lo lasciò andare.

“Siamo pronti, signore.”

“Allora lanci l’allarme per il codice nero.” Stamets obbedì. Le luci principali della nave si spensero e quelle d’emergenza presero ad accendersi e spegnersi ad intermittenza. La sirena dell’allarme suonò in tutta la nave mentre Stamets nell’interfono avvisava l’intero equipaggio.

“A tutto l’equipaggio, codice nero, ripeto, codice nero.”

Jim vide un portello in alto a destra aprirsi e lasciare passare una sorta di fluido azzurro e grigio. Sembrava polvere. Il condotto lo portò fino a quella che doveva essere una camera di contenimento. Non appena Stamets avviò il salto, quella polvere parve incendiarsi.

Jim si portò le mani alla testa che prese a dolere al punto da fargli perdere i sensi. L’ultima cosa che vide nella sua mente fu lo spazio profondo.

  
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