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Autore: SheHadTroubleWithHerself    26/05/2021    1 recensioni
Elisabetta è in perenne lotta con se stessa.
Mentre si lamenta della sua vita monotona, trema al solo pensiero di un cambiamento che possa stravolgerla.
Nella sua testa non può fidarsi di nessuno, e questo l'ha portata a chiudere diverse amicizie, ma ciò che brama di più è poter cadere sapendo che qualcuno l'afferri in tempo.
“Che cosa pensi potrebbe aiutarti a farti sentire meglio?”
“Una persona che riesca a farmi pensare che valga la pena svegliarsi ogni mattina e vivere un'altra giornata.”
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO NOVE

 

Si dimostra essere una delle giornate più snervanti della sua vita, l'esser scappata di casa passa in secondo piano e non ne percepisce più il peso. Come se fosse stata la cosa più facile del mondo.
Sente ancora il desiderio di scappare, ma paradossalmente il suo lavoro è l'unica cosa che può aiutarla a rimanere a galla e cerca semplicemente di mantenere i toni calmi il più possibile. Ha dovuto sorbirsi quasi un'ora di ramanzina con annesse le scuse meno sentite al mondo e delle giustificazioni totalmente false. Maddalena ha mantenuto una faccia addolorata con diverse pause silenziose ed è stata perennemente in compagnia di Federico, come se avesse bisogno di una scorta.
Per questo motivo quando finalmente la musica del negozio viene spenta Elisabetta rilascia un pesante sbuffo tra le labbra e compie le ultime azioni prima di potersi infilare il giubbotto. Passano solo dieci minuti, ma totalmente passati in silenzio e con sguardi di sottecchi.
Mentre cammina verso la metropolitana il suo telefono vibra nella tasca del giubbotto e le viene spontaneo ruotare gli occhi mentre lo sfila e legge il nome di chi la sta chiamando.

Sono veramente offeso.” sono le prima parole che sente e improvvisamente sbarra gli occhi con un piccolo sentimento di panico nel cuore.
“Che succede?” chiede mite anche se ha ormai le palpitazioni e quasi si dimentica di scendere alla giusta fermata.
E me lo chiedi? Mi hai abbandonato in una camera d'albergo!” la sua voce assume un tono simile a quello di un bambino, non riesce a fare a meno di sentirsi stringere il cuore oltre a far attenuare il battito cardiaco concitato.
“Se avessi saputo come sarebbe andata la giornata non avrei mai lasciato il letto.” commenta sollevando il cappuccio del giubbotto, l'aria di Dicembre inizia a farsi sentire con sferzate di vento gelido.
Brutta giornata?” domanda retorico, sente in sottofondo piccoli rumori che non riesce a ricondurre.
“Potrei aver schiaffeggiato la mia collega.” scappa dalle sue labbra una risata, come se fosse assurdo pronunciare quelle parole e fosse stato tutto frutto di un sogno. Ma ogni sguardo e ogni parola della giornata sono estremamente reali nella sua testa.
Claudio è incredulo, chiede immediatamente di ogni dettaglio e quando la storia sembra diventare più chiara esprime tutto il suo supporto e prova in tutti i modi ad alleggerire la tensione.
“Tu invece che cosa hai fatto?” sono davvero poche le volte in cui Elisabetta domanda qualcosa per conoscerne davvero la risposta, ma essendo Claudio una pura boccata d'aria lo ascolterebbe per ore parlare del niente solo per essere cullata dalla parlata allegra ma rilassante.
Vediamo: mi sono svegliato solo in una stanza speranzoso di trovarti affianco a me...” elenca Claudio rimarcando ogni parola e facendo arrossire inconsapevolmente Elisabetta dall'altra parte del telefono, “Sono tornato a casa e ho studiato tutto il pomeriggio.” aggiunge stendendosi sul letto e rilassando ogni centimetro della sua schiena tenuta in tensione da ore.
“Hai già prenotato l'esame?” chiede ancora mentre cerca con movimenti veloci davanti la porta in legno le chiavi nell'immensa borsa.
Sì, mammina.” le fa il verso ridendo della sua stessa battuta. “Ah, per dispetto ho mangiato le tue caramelle.

Sente quelle parole quando finalmente riesce ad afferrare le due chiavi e mentre le inserisce emette un segno di sdegno. Entra nella stanza lanciando sul pavimento la borsa e nota immediatamente, appoggiato sul comodino, un nuovo pacchetto sigillato illuminato dalla piccola abat-jour. Non riesce a fare a meno di sorridere.
Avevi ragione, sono una droga.

Ridacchia un'ultima volta prima di avvisarlo di essere arrivata in camera e che ha un assoluto bisogno di una doccia, e quando chiude il box doccia percependo le prime gocce sulla testa sente di aver chiuso il mondo fuori. Il suo telefono propone brani in ordine casuale, li sente attutiti a causa del vetro che è diventato leggermente opaco per la presenza di vapore.
Insapona il suo corpo come se dovesse ripulirlo da ogni cosa successa quel giorno, lo accarezza donandosi l'affetto che non sempre è riuscita a darsi diventando a volte lei stessa il suo primo nemico.
Decide poi di sedersi sul piatto doccia con le braccia legate attorno alle gambe godendo ancora del tepore dell'acqua. Ne aumenta il calore con la manopola e anche se la pelle comincia a diventare più sensibile, non esiste per lei sensazione più piacevole in quel momento. Il suo viso si accartoccia in un smorfia di dolore ma non riesce a dire se stia davvero piangendo, le spalle sono ormai arrossate dall'acqua che continua a colpirle.
Ha la vista annebbiata dallo spessore del vapore che è aumentato e la sua testa comincia a girare, i suoi movimenti sono rallentati. Impiega diversi secondi per girare la manopola e interrompere il getto.
Il respiro si affanna leggermente, l'aria attorno a lei è soffocante ma con le tempie che pulsano si rende conto di riuscire a tenere distante ogni pensiero. Ed è forse questa la sensazione che vorrebbe provare per sempre, quella che cerca sempre di spiegare alla sua psicologa. Avere la capacità di azzerare ogni emozione: forse non avrebbe colpito la sua collega davanti a tutti.
Ha bisogno di parecchi minuti per rialzarsi completamente e riuscire a raggiungere il letto senza cadere. I muscoli sembrano essersi liquefatti, le ossa fatte di gomma, niente sembra funzionare correttamente ma paradossalmente Elisabetta rimarrebbe in quello stato a tempo indefinito.
Non si rende conto di essersi addormentata finché non si risveglia nella stanza scura giusto il tempo per leggere l'ora sul display e capire che può concedersi ancora un paio d'ore di sonno. La sveglia sembra arrivare solo qualche attimo dopo, la spegne in pochi secondi amareggiata di poter sentire il suo corpo dieci volte di più.
Ogni piccolo acciacco, la gamba intorpidita dalla posizione scomoda, i capelli sparsi sul cuscino e il viso.


Gli sembra esser passata un'eternità dall'ultimo esame dato, eppure è trascorso un mese scarso. Non si sente come al solito: fiducioso, tranquillo e con la voglia di spaccare il mondo. Sente più la sensazione di levarsi di dosso questo pensiero e dare torto a tutti quelli che ad oggi remano contro di lui.
Sente di essere parte di una guerra che non spara granate ma occhiate preoccupate. Lui non è il nemico, piuttosto un soldato preso in ostaggio, una potenziale vittima. Elisabetta è la mina che può scoppiare da un momento all'altro e la sua trincea alleata è formata dai suoi genitori e un Riccardo particolarmente vicino in quei giorni.
Claudio pensa di sapere come disinnescare la mina, ha solo bisogno di tempo e come tutte le cose importanti deve dedicarci attenzione. Non è più parte di uno squadrone: deve e può solo combattere da solo.
L'esame ha una durata di tre ore e Claudio una volta non sarebbe riuscito a riempirle interamente. Vuole solo uscire il prima possibile ma tutte le volte che legge le domande gli sembra di sapere solo parziali risposte, tutto nella sua testa si mischia e questo lo porta a consegnare solo due minuti prima della scadenza, quasi per ultimo.
Riccardo, che in quei giorni si è trasformato nella sua ombra, lo aspetta fuori dall'edificio con quei bicchieri di carta d'asporto delle caffetterie americane. Sembra quasi frutto di Photoshop se confrontato con lo sfondo della Torino storica.

“Non sapevo di aver assunto una guardia del corpo!” scherza afferrando il bicchiere che l'amico gli sta porgendo. Riccardo alza gli occhi al cielo mentre sorseggia il suo caffè e con una naturale intesa si allontanano dall'edificio senza una vera e propria meta.
“Com'è andato l'esame?” chiede con un briciolo di timore anche se Claudio risulta abbastanza tranquillo ai suoi occhi.
“E' andato e sono contento di essermene liberato. Stasera usciamo?” Claudio che ha ormai la testa libera da tutte quelle nozioni di economia attua la sua prima strategia: ritornare al vecchio se stesso, o almeno farlo credere. E ha capito che deve mostrarsi interessato a soventi uscite e riprendere quella facciata da perfetto studente che involontariamente ha sempre avuto.
Riccardo sembra sorpreso ma camuffa il tutto con un sorriso e annuisce scrivendo pochi istanti dopo un messaggio al loro gruppo di amici per organizzare il tutto.
“Come va con Eli?” domanda dopo attimi di silenzio. Hanno entrambi finito il loro caffè e si sono seduti sulla solita panchina del parchetto vicino l'università. Riccardo in attesa della risposta accende una sigaretta.
“E poi sarei io l'ossessionato?” Claudio solleva un sopracciglio con fare divertito e spintona leggermente l'amico rischiando di fargli cadere la cenere sui pantaloni chiari.
“Non ho mai detto che non dovessi frequentarla!” lo ammonisce inspirando piccole boccate di nicotina. “Lo vedo che ti piace ma so anche che distoglie la tua attenzione dal resto.”
“Che ti posso dire, è magnetica. E' una sorta di dipendenza, troppa fa male ma non riesci a farne a meno.”
“Hai davvero descritto la ragazza che ti piace in questo modo? Spera che non lo venga mai a sapere.” la risata di Riccardo esplode fragorosa nello spazio desolato intorno ma quando il suono si affievolisce si preoccupa di sorridere a Claudio in modo che possa continuare.
“Lo sai che intendo. Non mi è mai successo di provare molto interesse per qualcuno, non in maniera così spasmodica... ho continuamente bisogno di sapere che sta bene.” il tono è improvvisamente più serio quasi timido nonostante davanti a lui ci sia il suo migliore amico.
“Va tutto bene, devi solo ricordarti che siete due persone distinte. Ok?” la mano di Riccardo sulla sua spalla è confortante con le piccole pressioni che applica. Si trovano poi a vagare in discorsi casuali adatti per stemperare la situazione e ricordare loro che in fondo hanno solo ventiquattro anni.


Elisabetta la stessa mattina si sveglia con la solita scarsa voglia di affrontare le prossime ore della giornata, si è però ripromessa di appianare l'astio che sta crescendo tra lei e Maddalena. Non è ancora chiaro come, ma è stanca degli sguardi indagatori che lanciano il restante dei suoi colleghi.
Il primo passo si rivela essere un sorriso per niente sincero che sembra convincere tutti. Diventa però complicato riuscire a parlare con Maddalena che per un motivo o l'altro le impedisce di cominciare il discorso, solo nella pausa pranzo ottiene l'occasione.

“Possiamo parlare?” pronuncia subito dopo aver bussato debolmente alla porta dell'ufficio.
Maddalena guarda annoiata lo schermo del cellulare mentre mastica gli ultimi bocconi del suo pasto, non sembra volerle rispondere.
“Volevo scusarmi un'ultima volta... non intendevo colpirti.” continua sperando in una risposta.
Sente i nervi a fior di pelle, il suo ginocchio trema flebilmente e forse si è già pentita di aver cominciato questa conversazione.
“Al contrario, sono io a dovermi scusare.” risponde finalmente la sua collega regalandole finalmente uno sguardo di attenzione.

Elisabetta è confusa, è stata lei a colpirla e in ogni caso Maddalena non avrebbe mai chiesto scusa. Neanche se avesse dovuto.
“Mostrare questo tuo lato mi ha permesso di avvicinarmi a Federico, perciò grazie mille.” il suo tono non è sereno né tanto meno dolce. Se non fosse tanto scioccata Elisabetta alzerebbe gli occhi al cielo per la noia.
Quindi ha ottenuto quello che voleva, le ha servito la vittoria su un piatto d'argento ed è stata ovviamente l'unica a pagarne le conseguenze risultando la ragazza strana e violenta.
Improvvisamente Maddalena si alza con la sua sigaretta elettronica in mano e un sorriso di scherno. Le schiaffeggia debolmente la guancia un paio di volte prima di lasciare la stanza. Il suo cellulare vibra nella tasca posteriore del jeans.
Sente l'impellente bisogno di parlare con Claudio, chiudersi con lui nella sua piccola stanza d'albergo e rimanerci per almeno tre giorni nella completa oscurità. Ha bisogno di essere racchiusa dentro le sue braccia e di sentire le sue rassicurazioni perché sono le uniche in cui crede. Ha ancora dieci minuti prima di dover tornare a lavoro, esce quindi dalla porta sul retro e compone in fretta il numero mentre il piede picchietta il pavimento a ritmo sostenuto.

Mi leggi nella mente? Stavo proprio per chiamarti.” risponde Claudio, Elisabetta si fa momentaneamente distrarre dai rumori in sottofondo e potrebbe aver sentito la voce dei suoi genitori.
“Sono straordinaria, non una veggente.” scherza nonostante in groppo in gola, si guarda intorno timorosa che qualcuno possa sentirla.
Sì, questo lo so.” il suo tono si addolcisce prima di passare alle solite domande di rito. “Come va oggi?”
“In una scala da terribile a catastrofico? Siamo in una buona via di mezzo...” ritorna quella sensazione di disagio nell'esporsi così tanto da inglobare Claudio nei suoi problemi e farlo annegare. “Era oggi l'esame?” chiede quindi per confondere i suoi pensieri.
Mi dispiace... l'esame l'ho finito un paio d'ore fa, stavo raccontando ai miei come fosse andata. A proposito: ti salutano” il cuore di Elisabetta si scalda a quelle parole e quasi trema al pensiero che persone così distanti da lei possano davvero volerle bene anche se l'hanno conosciuta di sfuggita.
Riccardo vuole uscire stasera, vuoi unirti?” domanda Claudio che probabilmente ha cominciato a mangiare in quel momento, la voce è lievemente camuffata.

Come può adesso chiedergli di stare solo con lei e perdere una serata in piacevole compagnia? In che modo può evitare di risultare patetica per l'ennesima volta ai suoi occhi, e come osa affossare un'altra volta il suo entusiasmo?
“Scusami ma sarà una giornata pesante, preferisco rimanere a casa... cioè, in camera.” si corregge all'ultimo secondo rifiutandosi categoricamente di poter definire quei pochi metri quadri una casa e aggiunge un risolino per nascondere le lacrime che le stanno bruciando gli occhi.
Liquida in fretta la telefonata quando si rende conto di essere ormai un fiume in piena nel momento in cui le sue guance si bagnano prima che possa accorgersene.

Da: Mamma
Quando pensi di tornare a casa e chiudere questa messa in scena?


Ci vuole tutto il suo contegno, orgoglio e la sua compostezza per arrivare a fine giornata senza che qualcuno commenti gli occhi lucidi. Per tutta la durata del viaggio verso l'albergo Elisabetta cerca di ignorare quel messaggio e si interroga su come passerà le ore seguenti mentre termina un panino seduta nel vagone della metropolitana. Si sente già sollevata quando pensa al tepore dell'acqua calda della doccia e di come avrebbe potuto eliminare ogni singolo pensiero. Le sembra quasi di poterla già sentire sulla pelle quando esce dalla stazione e compie le ultime centinaia di metri.
Pensa di avere memorizzato ormai i turni di ogni receptionist quando saluta la ragazza chiamandola per nome ancora prima che alzasse lo sguardo per incontrarne il volto. Attiva il pilota automatico nel momento in cui sale le scale e apre la porta abbandonando borsa e giacca all'angolo destro della stanza.
Quando entra nel bagno la prima cosa che fa è girare la manopola verso l'acqua calda, chiudendo le ante del box doccia per impedire eventuali schizzi sul pavimento. Prende in suo telefono lasciando che sia il caso a scegliere la canzone più giusta per quel momento. Si guarda nell'ampio specchio sopra al lavandino spogliandosi di ogni vestito e osservando come di routine ogni particolare della sua pelle. Il neo sulla spalla sinistra, la cicatrice di un graffio e poi si volta controllando la voglia dalle strane forme che ha su un lato della schiena.
Il suo corpo l'è sempre piaciuto: minuto e proporzionato, ma ha comunque quelle piccole e comuni paranoie che l'accompagnano dalle scuole superiore quando l'unico problema era farsi piacere dal genere maschile. Entrando nel box si domanda se Claudio apprezza il suo corpo. Non l'ha mai toccata con fare malizioso né è mai stata creata la situazione adatta. Ma lo farebbe se potesse?

Strofina energicamente il volto grattando la fronte con l'unico intento di rimuovere il broncio che sa essersi depositato tra le sopracciglia.
Insapona svogliatamente i capelli quando la sua unica volontà è quella di potersi finalmente abbandonare al pavimento e lasciarsi bagnare incessantemente dall'acqua calda.


E' sempre il solito locale, i suoi amici hanno ordinato i soliti cocktail e spiluccano a turno ciò che viene servito come aperitivo anche se non è il loro solito giorno. Claudio si sta divertendo, gli sembra però di essere tornato indietro di un paio di mesi perché ha la sensazione che qualcosa in quel quadretto manca e gli impedisce di essere perfetto. Elisabetta non è definibile l'anima della festa, anzi, difficilmente viene notata eppure Claudio sente forte quell'assenza accanto a lui. Si stringe maggiormente nel cappotto mentre sorseggia il secondo Negroni libero da ogni responsabilità perché quella sera non dovrà guidare. Riccardo lo sta ancora prendendo in giro per chissà quale dei tanti aneddoti del liceo che sicuramente tutti conoscono ma che trovano ancora esilarante, lui però preferirebbe più silenzio, meno parole e più Elisabetta.
“Clà, sei ancora tra noi?” Monica sventola davanti a lui la mano adornata da anelli e bracciali ridendo del suo stato di trance.
“Scusatemi, il Negroni deve avermi dato alla testa...” giustifica lasciando il drink appoggiato sul tavolino e asciugando le mani dalle gocce d'acqua che adornano l'esterno del bicchiere.
“Povero, piccolo innamorato Claudio!” esclama poi Riccardo masticando le patatine fritte con poca classe.
“Lo sapevo che quella ragazza c'entrava qualcosa.” rivela Giorgia sbuffando fuori piccole nubi di nicotina. “Silenziosa e misteriosa, non pensavo fosse il tuo tipo!” aggiunge regalando una piccola spallata a Claudio che a stento trattiene un sorriso cercando di minimizzare l'imbarazzo.
“Certo, non ci ha mai presentata nessuna!” controbatte Monica con fare offeso.

La conversazione prosegue senza la sua partecipazione, elencano le sue poche frequentazioni cercando di trovare punti in comune tra loro mentre lui si perde nuovamente nei suoi pensieri. Non ha mai trovato qualcuno che effettivamente valesse la pena di far conoscere ufficialmente ai suoi amici, sembravano tutte uguali tra loro. Deve essere nuovamente ridestato da Riccardo che gli chiede se può finire il suo drink visto che è rimasto intoccato negli ultimi venti minuti.

“Per favore, portiamo questa anima in pena da lei, non ci sta più con la testa.” esclama Giorgia sistemando la spessa sciarpa attorno al collo e ritirando ogni suo oggetto dal tavolino.
“Dai andiamo, ti accompagno io.” risponde Riccardo con una risata scompigliando leggermente la riccia capigliatura.

Si rende conto troppo tardi di dover svelare l'abitazione di Elisabetta, e spera con tutto se stesso che Riccardo non insista troppo per saperne di più. Il viaggio è accompagnato da una playlist su una chiavetta usb collegata alla macchina, il suo migliore amico è ossessionato dal rap americano quindi Claudio si riempie la testa di parole veloci e per lui prive di senso finché non arrivano a destinazione.
Riccardo aggrotta le sopracciglia mentre imposta le quattro frecce e aspetta che Claudio dica o faccia qualcosa.

“E' una storia lunga...” tronca la probabile conversazione che Riccardo avrebbe voluto intraprendere.
Lo ringrazia e compie i pochi passi per infilarsi tra le porte girevoli in vetro all'entrata dell'albergo.

La receptionist lo riconosce e, anche se non dovrebbe, lascia che prenda l'ascensore per recarsi alla solita stanza.
E' quasi mezzanotte ma non è preoccupato di svegliare la ragazza che è solita fare le ore piccole. Bussa alla porta in legno e aspetta con pazienza che possa essere aperta. Passano però diversi minuti e indeciso se bussare nuovamente decide di chiamarla al cellulare che dopo pochi secondi sente suonare dentro la stanza. Nessuno risponde.
Non riesce a contenere l'ansia che gli cresce nel petto, sbatte entrambi i pugni alla porta ed è quasi tentato di urlare il suo nome finché non sente tenui rumori. La maniglia della porta si muove lentamente e sembra metterci un'eternità per abbassarsi del tutto e rivelare uno spiraglio della stanza preceduto da un rumore sordo.
Aspira un verso spaventato dopo aver aperto con forza la porta. Elisabetta è davanti a lui in un accappatoio bianco allacciato grossolanamente, ha il viso paonazzo, gli occhi socchiusi e un leggero tremore è comparso sulle sue mani. E' seduta a terra in maniera scomposta, con il viso che ora ciondola verso il basso ed è il motivo per cui Claudio la avvolge completamente per poi adagiarla sul materasso. Non è ancora riuscito a pronunciare vere e proprie parole, come lei.
Le accarezza il volto e nonostante le sue mani siano tiepide sente la ragazza scottare, il passaggio delle dita lascia temporanee linee chiare.

“Che cosa è successo?” sussurra nonostante sia convinto che Elisabetta si sia addormentata.
Le ciglia sfarfallano brevemente e finalmente la ragazza riesce a registrare l'intera situazione. La bocca è impastata, ci mette un po' per aprirla e tentare di esprimere un discorso coerente.
“Credo di essere svenuta,” spiega con lentezza, le sue mani cercano un appiglio.
Quello che adesso vorrebbe fare è scuoterla con violenza, chiederle che cosa fosse accaduto per ridursi in questo stato e urlare di frustrazione perché credeva davvero che si stesse stabilizzando il suo umore.
“Come?” non riesce ad aggiungere altro, sta sudando a causa del cappotto ancora addosso e il calore eccessivo che emana Elisabetta.
La mano di Elisabetta afferra il colletto della sua maglietta dopo aver scavato tra la sciarpa e il giubbotto, cerca di avvicinarlo a lei il più possibile mentre rivela la sua risposta.
“Non volevo sentire più nulla.” riesce a notare la pesantezza delle palpebre e gli occhi che non smettono di muoversi nella stanza come se non riconoscesse quel luogo.
Claudio poi registra di star stringendo il corpo della ragazza seminudo e che ovviamente avrebbe voluto goderne in maniera differente invece che domandarsi se stia ancora respirando. Il fiato è profondo e se concentra il suo udito riesce a sentire vagamente il tuonare del suo cuore nel petto.
E' spaventato e incredulo e con la paura persistente di non star facendo abbastanza. Elisabetta ha chiuso gli occhi da diversi minuti e anche se riesce a contare i suoi respiri dal numero di volte che il suo petto si innalza sente comunque il bisogno di colpirle delicatamente la faccia.
“Sei qui con me?” chiede Claudio, e non si riferisce allo stato fisico quanto più a quello mentale.
“Mi sento stanca.” risponde con voce bassa trovando le forze per portarsi le gambe vicino al petto per quanto la vicinanza del ragazzo glielo riesca a permettere.
Vorrebbe chiamare qualcuno: i suoi genitori, Riccardo o una semplice ambulanza, ma tutto ciò comporterebbe dare delle spiegazioni che in quel momento non riesce ad avere ne tanto meno a capire.

Si disincastra momentaneamente dalla posizione e sfilandosi il giubbotto cerca di fare respiri profondi impedendosi di rendere la situazione peggiore di quel che è. Non ha idea di quanto tempo passa prima di riuscire a sentire Elisabetta parlare di nuovo.
“Ho freddo.” lamenta con ancora gli occhi chiusi e le mani strette nei pugni.
Il sorriso che si mostra sul viso di Claudio è riconducibile alla tristezza ma al contempo alla tenerezza che la ragazza manifesta in quell'istante. Così piccola da sembrare una bambina, indifesa in un mondo in cui lei non riesce ad entrare e per la prima volta la determinazione vacilla.
Sta sollevando le coperte per quanto il corpo di Elisabetta glielo concede rimanendo sdraiata e l'unica cosa a cui riesce a pensare è che scene di quel genere le aveva immaginate in un contesto diverso, prendendola in braccio tocca con mano la poca reattività di quel corpo e un brivido scuote tutta la colonna vertebrale. Si preoccupa di coprirla fino alle spalle visto che non è praticabile l'idea di vestirla, sposta con cura le lunghe ciocche di capelli umide e nota con un pizzico di sollievo che la temperatura deve essersi stabilizzata.
Cammina per la stanza e nota delle piccole pozze d'acqua che prendono origine dal bagno e solo in quel momento si chiede come lei sia riuscita a compiere la strada in quelle condizioni senza farsi seriamente male.
Quando entra nel piccolo bagno si sente soffocare dall'enorme quantità di vapore che fluttua nella stanza e si chiede come lei possa esser rimasta lì dentro anche solo per il tempo di una doccia. Fa caldo e fatica a distinguere i pochi mobili presenti, sente immediatamente il bisogno di tornare indietro.
Tutta la stanchezza della giornata si riversa nella sua testa, la rende pesante e l'unica cosa che Claudio ha bisogno di fare è dormire. Si spoglia solo del maglione per poi infilarsi in quelle coperte che subito lo scaldano a dovere, clicca l'interruttore della luce facendoli piombare nel buio più totale e afferra dolcemente una mano di Elisabetta nella tipica mossa del braccio di ferro e ne bacia ogni nocca prima di cadere in un sonno profondo.

 

Il mattino dopo comincia con un gran mal di testa per Claudio che scopre di essere da solo in quel letto. Non è la prima volta, ma questa ha un sapore diverso.
Capisce presto di non aver voglia di alzarsi e privarsi di quel calore ma di voler semplicemente richiudere gli occhi e dimenticare in un secondo la notte precedente.
Se tante ore prima aveva ancora la risolutezza di parlare con lei, capire fino in fondo i suoi pensieri, in quel momento gli gira la testa al solo pensarci. Ha paura che non sia cambiato niente e che tutti i suoi piccoli sforzi siano già stati vanificati.
E' con estrema lentezza che tira fuori il suo corpo dalle coperte e si strofina il viso con i palmi concentrandosi sugli occhi ancora incollati dal sonno.
Avrebbe voluto trovarla lì con lui e riuscire a sviscerare ogni sua piccola sofferenza ma si sarebbe accontentato anche solo di un piccolo biglietto con una misera spiegazione. Inizia ad insinuarsi in lui il dubbio di non poterla aiutare come vorrebbe, che forse tutte le persone intorno a lui hanno ragione e dovrebbe metterci una pietra sopra per poter andare avanti con la sua vita. Ma poi pensa a quanto ha faticato per vedere un sorriso sincero, a come sia di una bellezza spaventosa quando ride e riesce a lasciarsi andare in conversazioni frivole e subito vuole tornare a quei momenti. A quando lei ha trovato il coraggio di avvicinarsi, di farsi sfiorare e permettergli di entrare momentaneamente in quella bolla isolata dal mondo.
Vale quindi la pena trovarla in quello stato, prendersi cura di lei e assorbire parte di quel dolore se poi a fine giornata potrà vedere i suoi occhi più sereni e il viso rilassato.
Se seguisse il suo istinto correrebbe da lei, la strapperebbe dalla giornata di lavoro e si nasconderebbero da tutto e tutti in modo che lei possa sfogare qualsiasi pensiero e frustrazione, ma se c'è una cosa che ha imparato è che bisogna rispettare i suoi tempi anche se si rivelano sempre molto lunghi, però niente gli impedisce di aspettarla fino al tardo pomeriggio quando finalmente dovrà tornare da lui.

La prima cosa che decide di fare è tornare a casa sua per una veloce doccia e per dimostrare ai suoi genitori di essere ancora vivo, soprattutto. A casa non trova nessuno, ma lascia una breve spiegazione su un foglio di carta che appoggia sul tavolo della cucina.
Si rende conto di muoversi con lentezza mentre si riveste e conta mentalmente le ore che mancano: circa quattro.
Quando finalmente esce di casa nota il piccolo tremore alla mano che apre la portiera della macchina. Non sa se il suo timore sia giustificato ma non ha sentito Elisabetta per tutto il giorno e inizia a preoccuparsi per quella che potrebbe essere la sua reazione.
Si dirige nuovamente all'albergo e si ferma alla pizzeria lì vicino per poi rimanere in sosta davanti l'entrata con il riscaldamento accesso per mantenere il cibo il più caldo possibile.
La figura di Elisabetta non è altro che una sagoma scura a causa della scarsa illuminazione, ma riesce comunque a vedere il capo chino e il cappuccio del giubbotto che la nasconde da qualsiasi occhio. Spegne la macchina e cerca di recuperare ogni cosa in fretta per poter varcare con lei la soglia dell'edificio.

“Eli...” borbotta con un groppo in gola.
Lei non sussulta, quasi come se si aspettasse di ritrovarlo lì e Claudio non capisce se debba registrare quel dato in positivo o in negativo. Si gira con lentezza estenuante e nonostante la bellezza del ragazzo la colpisca ogni volta i muscoli del suo viso non compiono alcun movimento.
“Che fai qui?” chiede, la voce è completamente atona e gli occhi come al loro solito faticano a mantenere lo sguardo su di lui.
“Pizza e film?” propone con un entusiasmo che per la prima volta non sente in prima persona e tanto meno coinvolge la ragazza davanti a lui.
Elisabetta annuisce con piccoli movimenti facendogli strada e senza aggiungere alcuna parola, cammina con passi calcolati e stringe a intermittenza la chiave nella sua mano durante il tragitto dell'ascensore.
Si accomodano in camera accompagnati dallo stesso silenzio, Elisabetta sfila il giubbotto gettandolo sulla poltrona che ha spostato vicino alla finestra. Claudio si ritrova a fare lo stesso dopo aver appoggiato i cartoni della pizzeria al fondo del letto. Accende il televisore mentre aspetta che Elisabetta esca dal bagno, ma tiene il volume basso nella speranza che le loro voci possano sovrastarla senza difficoltà.
Trascorre il tempo giusto affinché lui possa sedersi a gambe incrociate sul materasso e le dondola nervosamente quando sente la maniglia del bagno muoversi.
“Come ti senti?”chiede dopo che l'ha raggiunto sul letto e comincia a mangiare una fetta di pizza.
Non sembra voler rispondere oltre ad un leggero innalzamento delle spalle e il sospiro successivo sembra più rumoroso di tutti gli altri.
Comincia a mangiare anche lui ma il nodo alla bocca dello stomaco che si forma minuto dopo minuto gli impedisce di godere di quella cena, fa fatica a deglutire e i suoi occhi cercano un punto su cui sfogare tutta la loro attenzione, visto che Elisabetta nono sembra volerlo degnare di uno sguardo.
“Dovremmo parlarne.” dice poi ormai stanco della situazione e crede di aver visto la linea della sua mandibola irrigidirsi per qualche secondo.
“Non mi va.” è il mormorio che esce dalle sue labbra leggermente macchiate dal pomodoro e i suoi occhi per la frazione di un momento lo osservano sperando che la sua tenacia possa completamente evaporare.
“Puoi almeno dirmi che cosa è successo?” si sforza in tutti i modi di mantenere un tono della voce adeguato in modo tale che lei non si agiti, ma diventa più difficile nel momento in cui lei fissa il televisore senza concentrarsi davvero in ciò che sta guardando.
“Eli!” tuona colpendo il muro con un pugno, irradiando così piccole scosse di dolore fino al gomito. Si spaventa di se stesso ma è al contempo compiaciuto nel vedere finalmente il suo viso leggermente sconvolto dalla sua esclamazione. “Ieri sei svenuta, non avevi nemmeno le forze per riuscire a guardarmi... mi merito una spiegazione.” il fervore del momento termina nelle sue ultime parole, totalmente intenerito dal senso di colpa che è adesso padrone del viso della ragazza.
“Io non so cosa dirti.” pronuncia lei nel esatto momento in cui lui stava per pregarla di dire qualcosa.
Ha lo sguardo spento e le mani hanno smesso di reggere il pezzo di pizza che ora è abbandonato al centro del cartone per potersi torturare tra loro. Attende che lei formuli qualcos'altro, qualsiasi cosa e si impedisce di cantar vittoria per averla ridestata dal silenzio.
“Dimmi cosa provi.” aggiunge per spronarla.
Si alza dalla sua posizione, compie qualche passo nella stanza probabilmente per il solo scopo di poter tirare fuori qualcosa dal delirio dei suoi pensieri.
“So che ti farebbe star male.” si arrende quindi, la sua voce comincia a tremare ed è forse il motivo per cui continua a dargli le spalle.
“Io sto già male al pensiero che tu possa di nuovo chiuderti in te stessa... perché non vuoi più parlare con me?” è ormai esasperato, si strapperebbe i capelli dalla rabbia, vuole urlare e non si riconosce in questa sua nuova veste.
“Ma non lo capisci?” chiede in maniera retorica girandosi verso di lui, “Se io te ne parlassi tu mi faresti cambiare idea, riusciresti a farmi pensare che le cose possano migliorare!” anche lei sta trattenendo le sue emozioni chiudendole strette nei suoi pugni e mantenendo le labbra in una linea dritta e sottile.
“Le cose miglioreranno! Devi solo avere paz-”
“No! Io non voglio che migliorino.” è irrimediabilmente spezzata, come le sue parole, dal pianto. Gli occhi finalmente abbandonando la presa e uno spesso strato d'acqua li appanna rendendole le pupille più gonfie e già lievemente arrossate. “Io sono stanca.” ripete più volte in un sussurro appoggiando la testa al muro.

Claudio è ancora seduto, immobile e in uno stato confusionale. La vede di nuovo la stessa Elisabetta di due mesi fa, irrimediabilmente senza speranza, che si sporge sulla strada incurante della macchina che potrebbe colpirla.
Vede la sua irascibilità nel non volersi fidare di lui e non ricorda cosa abbia fatto per farla avvicinare. Il suo cervello è completamente fuorviato dalle immagini che i suoi occhi stanno registrando. I singhiozzi trattenuti in gola e la contorsione delle dita delle mani.
“Ho capito che l'unico momento in cui sto bene è quando non riesco a pensare o quando sono con te.” confessa ancora in lacrime, Claudio deve sforzare il suo udito per capire ogni parola. Riesce finalmente ad alzarsi, compie giusto un paio di passi prima di vederla ricomporsi brevemente. Lo guarda negli occhi.
“Ma tu mi illudi che la vita possa essere una cosa bella e mi ricordi che nessuno mi apprezza.” il suo labbro inferiore viene massacrato dai denti che cercano di fermarne il tremore. “Tu sei l'incarnazione della spensieratezza, la tua bellezza interiore sfida quella estetica e il mio sentimento nei tuoi confronti continua ad oscillare tra la devozione e l'odio.”
Al contrario di pochi minuti fa, Elisabetta adesso è un fiume in piena di parole e per la prima volta Claudio desidera che ritorni il silenzio.
Essere inconsapevolmente causa del suo dolore ha fatto nascere un malessere fisico in tutto il suo corpo. Delle fitte fastidiose che sembrano lo stiano corrodendo per ogni parola le sente pronunciare.
“Sei bellissima.” risponde rapito dai suoi occhi bagnati di lacrime. “Anche nel pieno del tuo dolore, ma tu non riesci a vederti.”
Elisabetta scuote la testa in dissenso interrompendo quel piccolo contatto.
“Sei una persona buona che non ha mai trovato mani gentili, ma sono qui adesso.” compie un passo in avanti e di conseguenza lei ne fa uno indietro. “E' difficile fidarsi, lo so. Ma posso darti il tipo di amore che cerchi.” anche il suo tono adesso vacilla, sente le pupille sensibili e sbatte una paio di volte le palpebre per rimuovere la sensazione seccante.
“Smettila.” grugnisce in risposta mentre cerca di asciugare il viso con i palmi delle mani.
“No, tu devi sapere cosa vedo quando ti guardo.” insiste deciso, ignorando i suoi tentativi di mantenere la distanza. “Tu non sei solo queste lacrime, non sei il tuo dolore: sei le risate che non hai trattenuto due sere fa e la dipendenza per le caramelle alla frutta, oppure i brividi quando ricevi un contatto inaspettato.” raccoglie il suo silenzio come un buon segno, come se finalmente volesse ascoltarlo davvero.
Arriva al punto di poterla racchiudere tra le sue braccia, ma le parole nella sua gola spingono con più ferocia.
“Hai così tanto dentro di te ma devi lasciarlo uscire. Anche tu hai quella spensieratezza, hai semplicemente deciso di nasconderla.” le sue dita le sfiorano le spalle, ma nel momento in cui pensa di aver finalmente vinto quella battaglia viene colpito da uno sguardo gelido.
“Sono sfinita da questo mondo, voglio solo poter chiudere gli occhi e scoprire di essermene finalmente andata.” la voce è decisa nonostante i residui del pianto precedente, eppure Claudio nei suoi occhi legge un ennesimo grido di aiuto. Quasi come se volesse essere smentita un'altra volta.
“Ti prego, non chiedermi di lottare per te. Ne uscirei massacrata ulteriormente e la consapevolezza di tirarti giù con me sarebbe un dolore troppo forte.”

Si lascia comunque stringere e si aggrappa con tutte le sue forze al retro del suo collo, Claudio non resiste e cerca le sue labbra per farla zittire e non dover più subire quelle coltellate. Il bacio viene accolto anche se la sua bocca sta ancora tremando tra le lacrime.
Non ha ancora idea di cosa l'abbia spinta a fare così tanti passi indietro, non sa nemmeno se riuscirà scoprirlo. L'unico pensiero che lo tormenta è chiedersi quanto ancora potrà trattenerla a sé prima che le scappi dalle mani.








Oh cielo! La difficoltà che ho avuto per scrivere questo capitolo per me è incommensurabile. 
Difficile trovare le parole e nel distruggere i piiiccolissimi progressi fatti da queste due povere anime. Spero che anche voi possiate entrare dentro queste dinaminche (non troppo, mi sentirei in colpa) e a cercare di capire anche le motivazioni di ogni personaggio.
NIente, concludo con una applauso di almeno mezz'ora per la pazienza infinita di Claudio.

   
 
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