Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: cioco_93    27/05/2021    1 recensioni
L'amore arriva quando meno te l'aspetti, anche quando la persona che scegli era l'ultima che avresti mai pensato di amare, ed era quello che era successo a Damon ed Elena. Due ragazzi, un amore che sapeva di eterno e poi una chiamata, che ha messo la parola fine a tutto, senza un reale motivo. Dieci anni dopo Elena scoprirà che non è facile dimenticare chi ti ha spezzato il cuore e che l’odio è pur sempre un sentimento, che può facilmente tornare a esser ciò che ti fa sentire viva. In una FF ispirata all'universo di Suits, tra cause legali e passione, una nuova storia Delena.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
3. Only for work

12 Novembre 2008, casa Salvatore, Mystic Falls

- Esistono vari tipi di forze ed alcune di esse agiscono a distanza. Il termine “FORZA” è difficile da spiegare perchè non è possibile darne una definizione diretta. Allora daremo una definizione indiretta, cioè la descriveremo non spiegando cos’è, ma bensì cosa fa, cosa produce – tentò di spiegarle Damon.
- Odio la fisica – replicò Elena per l’ennesima volta, buttandosi all’indietro sul letto con fare melodrammatico.
- Sai, se continui a ripeterlo, sarà difficile che ti entri in testa quello che ti spiego – le fece notare lui divertito.
Era oramai un mese che ogni mercoledì pomeriggio, Elena si rifugiava in camera di Damon per tentare di capire la fisica. La prima lezione inizialmente era stata imbarazzante, ma nell’arco di un’ora erano riusciti a sciogliersi e stranamente a fine pomeriggio si erano accorti che insieme funzionavano.
A poco più di un mese di distanza, Elena aveva iniziato a migliorare in quella materia tanto odiata, ma soprattutto aveva iniziato a non vedere l’ora che arrivasse il mercoledì pomeriggio. Studiavano, ridevano, si prendevano in giro. Ogni tanto si prendevano pure delle pause dove parlavano di altro oltre alla fisica. C’era sintonia, ma non era in verità niente di nuovo. Loro non erano mai stati amici, eppure avevano sempre avuto quella chimica di prendersi giro con botta e risposta, mai però con cattiveria, ma quasi con affetto.
A Elena Damon piaceva, ma lui era pur sempre… Damon. Era più grande, ogni settimana con una ragazza diversa, l’anno prossimo sarebbe andato al college. Insomma, la stava aiutando in fisica, era gentile, ma lui la considerava una ragazzina.
- Elena mi stai ascoltando.? – le domandò distogliendola dai suoi pensieri.
- Si scusa, io…- iniziò a parlare la mora, rimettendosi seduta sul letto quando fece l’errore di guardarlo negli occhi.
- Te l’hanno mai detto che hai degli occhioni da cerbiatta.?? – le chiese il ragazzo dal nulla fissandola anch’egli in quelle pozze profonde color cioccolato, e lei perse il nume della ragione.
Senza pensare si avvicinò a lui e lo baciò. Un bacio semplice, veloce.
Damon rimase impassibile, totalmente spaesato da quello che stava accadendo, tanto da non sapere dire nulla, nemmeno quando la ragazza, presa dal totale imbarazzo, corse via dalla stanza.

Presente

Chiusa nel mio ufficio fissavo lo schermo del computer senza realmente guardarlo.
Mi stavo letteralmente nascondendo, anche se in una stanza dove la parete principale era un vetro sul resto dello studio, non era un luogo sicuro dove rendersi invisibile.
- Non mi potrai ignorare per sempre – esordì Damon non appena, dopo dieci minuti, entro nel mio ufficio senza neanche bussare.
- Dobbiamo avere delle risposte entrò venerdì mattina, fidati sono molto consapevole che non potrò ignorarti a vita, per quanto è la cosa che desidero più al mondo – sospirai pesantemente continuando a fissare lo schermo.
- Quindi sei pronta a parlarmi.? – mi domandò lui sedendosi sulla sedia di fronte alla mia scrivania.
- Non manderò a puttane la mia carriera a causa tua, quindi si, sono pronta a parlarti per capire cosa sta succedendo alla Toris Enterprise. Solo esclusivamente di questo – replicai aprendo il fascicolo del caso.
- Bene, allora direi di chiarire subito le cose – affermò lui facendosi incredibilmente serio – Ho letto il tuo curriculum: sei brava, forse anche troppo per esser un’associata del terzo anno, ma rimani pur sempre quello, un’associata. Io qui dentro sono un socio Junior, quindi qualsiasi idea, pensiero o voglia di prender iniziativa riguardo a questo caso dovrà passare prima da me, perché sono un tuo superiore. Non vuoi parlare del nostro personale.? Lo posso accettare, ma non farmi scherzi o ripicche per dimostrare che vali più di me o altre stronzate – aggiunse tagliente.
- Non sono più una ragazzina Damon – lo ripresi immediatamente indispettita del suo discorso – e si, hai ragione, sono brava nel mio lavoro, per questo mi offende che tu possa credere che io possa sfruttare il caso per prendermela con te – conclusi guardandolo finalmente negli occhi.
- Bene – rispose semplicemente non sfuggendo al contatto visivo.
- Bene – ribattei io.

Due ore dopo eravamo su una macchina di servizio che ci porta dalle prime 10 famiglie che avevano ottenuto quelle cifre esagerate.
Sei di loro avevano perso uno dei loro cari, le altre quattro convivevano con una persona che non era più la stessa.
La maggior parte di loro abitava nei quartieri del bronx, e questo fu una grossa complicazione. Erano famiglie che avevano bisogno di quei soldi, quindi fu difficile ottenere qualche informazione, ma al settimo tentativo riuscimmo nel nostro intento.
Fu la signora Gomez a parlare. Era la madre di Fernando Gomez, un ragazzo di soli 26 anni morto l’anno prima. Sui documenti era semplicemente classificato come “incidente sul lavoro” ma sotto c’era molto di più. L’incidente c’era stato, ma il punto era che il ragazzo non aveva le adeguate protezioni che gli avrebbero potuto salvare la vita e questo valeva praticamente per tutti gli altri 40 casi che erano segnati sui nostri documenti.
La donna fu gentile, ci raccontò la verità per filo e per segno: della morte del figlio, di come pochi giorni dopo il funerale si presentò un signore a casa loro con un assegno da 50 mila dollari e di come, prima di uscire, affermò solo “spero che capiate che siamo apposto così”.
Disse che conosceva alcune delle altre famiglie coinvolte, e che a tutte era capitata la stessa cosa, ma che date le condizioni economiche precarie avevano tutti acconsentito al silenzio. Lei non voleva quei soldi, lei voleva giustizia, ma non se l’era sentita di andare contro chi invece ne aveva bisogno.
- Direi che abbiamo un caso – affermò Damon una volta saliti in macchina dopo l’incontro con l’ultima famiglia.
- Direi che abbiamo una class action – specificai fissando i fascicoli delle 40 famiglie che tenevo in mano.
- Se riusciremo a far parlare le altre famiglie -commentò con un sospiro sconsolato di chi sapeva che non sarebbe stata un’impresa facile.
- Ascolta, hanno offerto 50 mila dollari a famiglia e loro hanno accettato il silenzio. Se riusciamo a fare decollare il caso, potremmo chiedere un risarcimento molto più grande e non credo nessuno di loro si opporrà – ribattei io per fargli capire che non ci dovevamo scoraggiare e facendo calare un temporaneo silenzio
- Torni in studio.? – domandò d’un tratto lui cambiando il discorso.
- Abbiamo passato tutta la giornata a parlare con famiglie distrutte per la morte di qualcuno che amavano – risposi atona guardando fuori dal finestrino – pensi che quando ti occupi di diritto societario non avrai a che fare con questo, con il dolore e con la morte, e invece ti perseguita anche in questo. Quindi no, non voglio tornare in studio, voglio tornare a casa, bermi un bicchiere di vino e riprendere le forze per domani – spiegai cercando il suo sguardo.
- Sei stata brava oggi. Io non sono mai stato un sentimentale con chi non conoscevo, eri tu quella empatica. Ti sei sempre presa il dolore degli altri senza se e senza ma, anche con degli sconosciuti. Oggi sei riuscita a non cedere davanti a quelle famiglie, sai gestire meglio le tue emozioni. Sei cresciuta – commentò il moro scrutandomi intensamente.
- Te l’ho già detto Damon. Non sono più una ragazzina. L’Elena che hai mollato con una stupida chiamata 10 anni fa non esiste più da tempo – replicai tagliente.
- Pensavo non volessi parlare del personale – ribatté immediatamente lui con toni sarcastici.
- Infatti, era solo una specifica – affermai gelida – e ora ti prego Arthur, mi porti a casa – aggiunsi poi rivolgendomi all’autista.

Seduta sul mio divano, con il mio tanto agognato bicchiere di Brunello in mano, fissavo le luci della città oltre l’immensa vetrata del mio salotto.
Era stata una giornata lunga. Tutte quelle storie di morti mi avevano avvilita, ma lo stare tutto il giorno affianco a Damon era stato anche peggio. Era cresciuto, era un uomo fatto e finito, maledettamente bravo nel suo lavoro, ma era sempre lui. Era sempre il Damon a cui avevo dato il mio cuore, lo stesso che me l’avevo spezzato in mille pezzi. Mai come durante quella giornata, per quanto ci fossimo attenuti al parlare solo ed esclusivamente di lavoro, avevo capito quanto mi era tremendamente mancato. Ma tutto questo era dannatamente sbagliato.
Eravamo andati avanti e lui si stava per sposare.
Fu il bussare alla porta a distogliermi dai miei pensieri.
Non aspettavo nessuno, sia Caroline che Bonnie erano impegnate con i loro fidanzati quella sera, perciò andai ad aprire abbastanza perplessa, ma non potei che sorridere non appena aprì la porta.
- Devo farti venire più spesso i sensi di colpa se ti fanno arrivare da Mystic Falls a New York con tanto di bottiglia di vino in mano – presi in giro il ragazzo di fronte a me.
- E se non fossero i sensi di colpa, ma solo una grande voglia di abbracciare la mia migliore amica.? – replicò Stefan spalancando le braccia.
- Direi che sei un pessimo bugiardo – replicai divertita lasciandomi abbracciare e facendolo entrare nel mio appartamento.
Stefan e io eravamo come fratelli, migliori amici probabilmente da quando eravamo ancora nelle pance delle nostri madri. Avevamo frequentato le stessi classi al nido, all’asilo, elementari, medie e superiori, ma anche quando non eravamo a scuola passavamo molto del nostro tempo insieme, ovviamente in compagnia di Care e Bonnie. Però il nostro era un rapporto diverso, forse anche perché data l’immensa amicizia delle nostre famiglie, ma soprattutto delle nostre madri, non c’era stata Pasqua, Natale o Ringraziamento che non passassimo insieme a Villa Salvatore. Eravamo tipo Lee ed Elle in the Kissing Both, amici per la pelle, senza nessun risvolto romantico, anche se per anni tutti ci avrebbero scommesso una mano sul fuoco che saremmo finiti insieme, e invece io avevo stupito tutti finendo tra le braccia del fratello maggiore.
Ci siamo divisi solo nel momento del College, quando a grande sorpresa Stefan scelse la Standford, in California. Era sempre stato chiaro che avrebbe preso lui in mano le redini dell’impresa di famiglia, per questo motivo aveva deciso di trasferirsi, quanto meno per gli anni universitari, dall’altro capo del paese, perché a detta sua “passerò tutta la vita sulla costa Est, sempre vicino ai miei affetti, tanto vale godermi qualche anno di libertà”.
Questo però non ci divise, e anche dopo anni e km di distanza eravamo rimasti più uniti che mai.
C’era solo una cosa, o meglio, una persona di cui non parlavamo mai: Damon, ma le cose ovviamente erano decisamente cambiate.
- Seriamente Stef, sei qui solo per i sensi di colpa o anche per informarmi che tuo fratello si sposa.? – domandai a bruciapelo una volta che ci misimo comodi sul mio divano con entrambi un bicchiere di vino in mano.
- E tu come fai…Anzi, non mi dire che te l’ha detto lui.?? – domandò incredulo della mia conoscenza dei fatti.
- Bonnie – replicai semplicemente prendo un sorso dal mio bicchiere.
- Bonnie parla con Damon.?? – replicò ancora più spaesato.
- No no, l’ha saputo per vie traverse qualche settimana fa, ma non sapeva come dirmelo finché non è uscito fuori che io e tuo fratello lavorassimo nello stesso studio – spiegai basita di tutta quella situazione.
- E tu come l’hai presa.? – chiese preoccupato – non mentirmi – aggiunse poi guardandomi di sottecchi. Quel ragazzo mi conosceva troppo bene.
- Speravo di prenderla meglio. Sono passati dieci anni, eppure Damon è riuscito a sconvolgermi un’ennesima volta – affermai sorridendo amaramente – L’hai mai conosciuta.? – domandai a quel punto curiosa e masochista.
- Io… si, l’ho conosciuta l’anno scorso, quando sono stato a Londra a trovarlo – mi spiegò con un sorriso tirato – si chiama Rose, è un architetto e si sono conosciuti a Oxford, durante la magistrale. È molto dolce, nonostante abbia un bel caratterino, ma sinceramente non pensavo saremmo arrivati a una proposta di matrimonio – continuò a raccontare, sapendo benissimo che volevo saperne di più su di lei.
- Perché.? Cos’ha che non va.? – chiesi stranita da quel commento.
- Perché Damon non l’ha mai guardata come guardava te – rispose semplicemente.
- Andiamo, questa è una sciocchezza – replicai immediatamente quasi innervosita da tale affermazione.
- Il fatto che tu l’abbia voluto eliminare, per giuste ragioni, sia chiaro, dalla tua vita, non vuol dire che lui abbia fatto lo stesso con te Elena. Per anni mi ha chiesto come stessi, cosa facessi…- iniziò a ribattere Stefan.
- Non è nemmeno venuto al loro funerale, questo è quanto gli importava di me – affermai a quel punto furibonda.
- Pensi che non volesse.? Avrà avuto paura che ti avrebbe ferito maggiormente vederlo dopo 3 anni di totale nulla – mi fece notare subito il ragazzo facendo calare il silenzio nella stanza.
- Lo doveva a loro – sussurrai poco dopo mentre una lacrima mi rigava il volto.
Stefan non replicò, appoggiò il bicchiere di vino sul tavolino di fronte a noi e mi abbraccio con dolcezza.
- Che dici, cambiamo argomento.?? – mi propose poco dopo staccandosi cercando il mio sguardo.
- Non volevo urlarti contro  - risposi invece io.
- Ci sono abituato quando si tratta di mio fratello – cercò di scherzarci lui e finalmente passammo a chiacchierare d’altro.
Gli raccontai dello studio, del fatto che avessi perfino una macchina di servizio a mia disposizione, e di come mi avessero dato anche un ufficio.
A seguire ricordammo un po’ i vecchi tempi, ma per le 22 il ragazzo decise che era l’ora di andare.
- Cos’è hai il coprifuoco in albergo.? – lo presi in giro io. Le nostre serate erano famose solitamente per durare fino a notte fonda.
- Dormo dal tuo ex stanotte, quindi è il caso che quanto meno mi presenti a un orario decente dato che mi ospita – affermò lui divertito.
- Gli hai detto che venivi qua.? – chiesi sinceramente curiosa.
- In verità gli ho solo detto che avevo delle faccende da sbrigare, ma mi conosce troppo bene – rispose alzando gli occhi al cielo – mi ha detto “ok, non c’è problema. Salutami Elena e dille che domani deve esser alle 9 in ufficio” – aggiunse facendomi strabuzzare gli occhi. Era incredibile come quell’uomo conoscesse ancora bene le dinamiche tra me e suo fratello. Data la mia reazione sarà stato facile per Damon immaginare che io non sapessi niente che avremmo lavorato insieme, di come io me la sarei presa in primis con Stefan per non avermi detto niente, e di come quest’ultimo si sarebbe presentato alla mi porta per scusarsi. Odiavo che sapesse così tanto di me ancora dopo tutto questo tempo.
- Mandalo a fanculo da parte mia – commentai semplicemente io, con il sorrisetto più stronzo che potesse uscirmi, facendo scoppiare a ridere Stefan.

La mattina seguente alle 9.00 in punto mi trovavo già nell’ufficio di Damon.
Per quanto anch’io avessi guadagnato la mia stanza personale, la sua era molto più bella essendo lui un socio Junior, molto più spaziosa, e soprattutto era tacita usanza che fosse l’associato di turno a venire nell’ufficio della persona con cui collaborava, e volente o nolente, io ero la sua associata per quel grosso caso.
- Sei in ritardo – proclamai non appena lo vidi entrare nel proprio ufficio, mentre io mi godevo comoda il suo divano, con tanto di gambe stese su di esso, mentre rileggevo le note delle persone con cui avevamo parlato il giorno prima.
- Togli le gambe dal divano – ribatté semplicemente lui con toni scocciati. Aveva la faccia di chi stamane non aveva avuto per niente un bel risveglio, ma per quanto fossi tentata, evitai di fare domande.
- Ho già sentito la signora Gomez. Ha detto che forse è riuscita a convincere alcune delle famiglie che conosceva a deporre – lo informai sedendomi in modo più consono sul divano, lasciando che anche lui si potesse accomodare.
- Ok – rispose secco lui.
- Ho già fatto chiamare la macchina per le 10.00, oggi dovremmo passare alla sede della Toris per capire qualcosa di più su di loro – continuai a parlare.
- Va bene – replicò Damon come se nemmeno mi stesse ascoltando e la cosa mi snervò parecchio.
- Santo Dio, che ti prende Dam.? Odio quando rispondi a monosillabi, lo facevi sempre quando discutevi con Stefan – commentai nervosa. Non volevo fare un riferimento al nostro passato, non volevo intromettermi su cosa effettivamente avesse, ma lavorare così mi avrebbe fatta impazzire.
- Per la precisione quando litigavo con Stefan per te, e guarda caso è esattamente quello che è successo dopo neanche 3 giorni che ti ho rivista, dopo 10 anni di pace tra me e mio fratello– affermò lui con un ghigno sarcastico. Fu troppo e io gli sbottai addosso.
- Non ci provare Damon. Se qui c’è qualcuno che dovrebbe esser arrabbiato sono solo ed esclusivamente io. Hai litigato con tuo fratello per causa mia.? Mi spiace, ma io non ho detto niente per spronarlo ad andarti contro – iniziai a inveire – quindi, come io mi sto mordendo la lingua e mi sono stampata un sorriso in faccia per poter lavorare con te, vedi di fare lo stesso – conclusi alzandomi dal divano e puntandogli il mio dito contro.
Il moro non replicò, ma il suo sguardo fu nettamente stupito della mia sfuriata, immagino non credesse che sarei arrivata a sfogarmi così, ma quanto meno ritornò in se, e dopo dei primi secondi di silenzio, sussurrò un lieve “scusa” e finalmente ci mettemmo al lavoro.


Buongiorno lettor*,
eccomi qui 24 ore prima del previsto con un nuovo capitoletto. Sapete, domani esce la nuova stagione di Lucifer, e ho intenzione di farmi una bella maratona prima di attaccare al lavoro la sera, plus questo week end mi aspettano i doppi turni, quindi piuttosto che postare in ritardo, eccomi qui un po' in anticipo.
Detto ciò, eccoci finalmente con il primo effettivo giorno di collaborazione tra i nostri Delena. Come si poteva immaginare la situazione è decisamente tesa ed Elena sta cercando di mantenere tutto sul lato lavorativo, anche se con Damon a volte e difficile.
Hanno un passato importante alle spalle, e vedremo nei prossimi capitoli quanto non sarà facile separare il proffessionale dal privato. 
Plus, come promesso, ecco un po' di info in più sull'amicizia tra i nostri Stelena. Anche in questa storia non avranno nessun risvolto amoroso, ma saranno molto importanti l'uno per l'altra. Con il tempo parlerò anche del Brother's Bond dei nostri Defan, anche se come avete potuto intuire, sono molto legati, ma la questione "Elena" causerà non pochi problemi tra loro.
Per quanto riguarda il passato, per ora sto cercando di farvi esplorare come "è nato tutto".
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ovviamente sono sempre graditi i commenti (positivi e negativi) se ne avete voglia.
Alla prossima
Baci
A.

Ps. Probabilmente inizierò a pubblicare 2 volte a settimana, ma sono ancora indecisa tra i giorni tipo se martedì e venerdì o magari il meroledì e il sabato.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: cioco_93