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Autore: Corydona    27/05/2021    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Il mare risuonava infrangendo le sue onde contro la sabbia, mentre il vento soffiava placido, quasi a rasserenare chi avesse scelto, in quel mattino dal cielo terso, di camminare a piedi scalzi sulla riva. Così anche lei, che cercava di recuperare quell'innocenza che aveva dovuto abbandonare repentina, inalò il profumo di salsedine a occhi chiusi. Stringeva tra le mani la corona che l'aveva innalzata così giovane a uno dei ruoli più importanti dell'isola: regina, a diciassette anni. Era consapevole della propria precoce maturità, ma avrebbe desiderato altro tempo, per riuscire a conciliare il suo desiderio di amore eterno con le responsabilità del regno.

Abbandonò la corona sulla sabbia, ai suoi piedi, con la veste candida scossa da quel soffio tanto familiare, che ormai era una delle poche compagnie del palazzo. I corridoi, sempre brulicanti di cortigiani e chiacchiere, erano deserti, così come gli innumerevoli saloni, scheletri di architettura che i granelli trascinati dal respiro del mare tentava di scalfire e di attaccarsi alle pareti, come se quell'effetto reso dalla pittura non fosse abbastanza.

«Se tu vuoi che sia io a guidare tante persone, lo farò» mormorò Ariel, la voce coperta dall'eco eterna del mare. «Ma tu fa' sì che lui comprenda che il mio destino è qualcosa di più grande di noi, che avremo altri giorni per vivere insieme, che io non mi dimentico mai di lui, anche se non ne parlo con nessuno, anche se nessuno sa chi sia. Che lui ricordi che lo amo, e che questa corona non cambierà nulla.»

Vudeli non le rispose o, almeno, lei non colse un cambiamento non colse un cambiamento attorno a sé. Allora avanzò, affondando i piedi nella sabbia bollente che non le bruciava, privilegio concesso dal dio. Si lasciò alle spalle la corona e arrivò laddove morivano le ultime onde, tracciando linee irregolari sulla terra ferma.

«Io sono stata sacrificata al regno e a te prima del tempo» sussurrò ancora. «Anche se tu la ritieni una consacrazione, per me è una condanna. Io non posso essere tua, perché da me dipende l'eredità del mio popolo, il destino di altri è appeso alla mia discendenza. Tu non vuoi cadere nelle mani di re e regine stranieri, e per questo devi concedermi di amarlo.»

Un fischio quasi impercettibile si mescolò alla risacca e lei si inchinò, con le mani tra la stoffa della veste pura. Vudeli aveva ascoltato e accolto la sua preghiera.

Ariel rimase immobile per diversi minuti, con i capelli sciolti che ondeggiavano al soffio del vento. Un'immagine sacra, che qualsiasi artista avrebbe desiderato ritrarre, ma che nessuno vide mai: la sovrana bambina, cresciuta e già conscia dei misteri oscuri del dio fanciullo. Lei non gli avrebbe mai permesso di avere il sopravvento, avrebbe chinato il capo di fronte a lui, che non la spaventava. Era consapevole che sfidare una divinità non era saggio: tuttavia quelle non erano le sue intenzioni: Una vita normale, in cui le redini del regno non avrebbero interferito con quegli affetti che lei amava ricercare. Legarsi alle persone era l'unico modo per farsi scudo a vicenda contro un nume capriccioso e indomabile, lo sapeva. Per questo aveva osato porgli quella richiesta, che avrebbe lasciato unica per lunghi anni, se non per tutta la vita. Lesinare le preghiere a Vudeli era il modo migliore per vederle esaurite. Non aveva mai domandato nulla, ma quello era il momento giusto.

Un'onda le bagnò piedi e caviglie, a liberarla da catene invisibili che la inchiodavano lì, al cospetto del mare. Ariel ripercorse i propri passi, afferrò la corona quando le passò a fianco con un gesto rapido e leggiadro e rientrò nella sala del palazzo che aveva scelto come suo studio personale. Si sedette alla scrivania in madreperla e si sistemò la corona sui capelli di corallo, aiutata da un piccolo specchio, che poi abbassò contro la superficie bianca.

Qualcuno bussò alla porta che lei aveva lasciato aperta. Si voltò e vide Dante che sorrideva, con una malinconia che lei non poté non notare.

«I soldati di Tancredi non volevano farmi passare, ma per fortuna uno di loro mi ha riconosciuto.»

La regina si alzò in piedi, e si trattenne dal corrergli incontro. «Devi perdonarli, non sono abituati ai nostri modi, pensano che il pericolo sia sempre dietro l'angolo...»

«Sono i soliti esagerati del continente. Il nostro popolo non ci vuole male» commentò lui scrollando le spalle.

«Non sono loro il problema» disse lei. «Ma questo non significa che possiamo abbassare la guardia. Immagino che tu non ne sappia nulla.» Si voltò e aprì un cassetto della scrivania, da cui estrasse una busta da lettera di un colore rosato. La ceralacca aveva l'impronta delle due code di serpente intrecciate che ne indicavano l'appartenenza agli Autunno. Mostrò il simbolo a Dante, che si avvicinò per guardarlo meglio.

«Non è possibile...» mormorò incredulo, strabuzzando gli occhi.

Ariel annuì, porgendogli la lettera. «Purtroppo, però, è esattamente quello che sembra. Leggila.»

La busta da lettera emanò un nauseabondo odore di rose quando venne aperta, come se sulla carta fosse stato spruzzato un profumo di qualità scadente. La giovane regina ricordava quel tanfo in modo spiacevole anche se, quando l'aveva ricevuta, suo padre aveva commentato con "Gli Autunno hanno sempre un ottimo gusto". Lei aveva fatto una smorfia, credendo che l'avesse detto in maniera ironica, ma non ne era più così sicura.

Mentre suo fratello ne leggeva il contenuto, Ariel si avvicinò alla finestra spalancata, da cui poteva ammirare il mare, che poco prima si era lasciata alle spalle, quell'immensa distesa che le dava il cognome e che mostrava la preoccupazione che lei, invece, cercava di scacciare dal suo animo. Sapeva che i suoi genitori avevano avuto contatti con i sovrani del Ruxuna, ma questo non le aveva mai dato alcun problema; almeno non fino ad alcuni giorni prima. I rapporti del suo casato con i Primavera-Inverno erano noti a tutti: alla luce del giorno Amintore e Silvia accoglievano con gioia e feste Tancredi e suo figlio, mentre nell'ombra si erano asserviti ad Amelia e Ruggero, che avevano preteso e ottenuto la neutralità dei Dal Mare.

Tuttavia, loro erano stati uccisi e Ariel era certa che dietro l'avvelenamento della sua corte ci fossero gli Autunno. Non sapeva come dimostrarlo: chi aveva materialmente commesso quello sterminio, da cui lei e Dante si erano salvati per miracolo, era ormai lontano e in fuga. Ma lei non aveva alcun dubbio.

«Non ci posso credere... perché io non ne sapevo niente?» chiese il fratello.

«Avevamo già annunciato ai nostri genitori che eravamo d'accordo sulla successione del regno» spiegò la regina. «Forse non hanno creduto opportuno che tu ne venissi a conoscenza, ma non ho domandato. Ero convinta che ne avessero parlato anche con te. Non sono d'accordo con quella scelta: non è un fardello che io posso portare da sola. Questa lettera è stata il preludio a un'alleanza che nostro padre ha firmato insieme a Ruggiero e io non voglio tener fede a quella alleanza. Ho frugato in tutti i cassetti, in tutte le sale in cui venivano custoditi i loro documenti... E non ho trovato nulla.»

«L'Autunno l'avrà portato con sé.»

Ariel scosse la testa. «No. Ce l'aveva ancora nostro padre quando lui se n'è andato. Eppure non lo trovo da nessuna parte.»

«Avreste dovuto immaginare che non c'era da fidarsi» borbottò Dante, alzandosi in piedi per restituire la lettera nelle mani della sorella, che la ripose nella busta.

«L'unica Autunno di cui mi fidi è Melissa» ribatté Ariel. «Immagino che anche tu, come Erik, mi biasimerai per questo, ma sono sicura di lei.»

«Non mi fido di nessuno che porta quel cognome, e non posso credere che loro...» Il principe Dal Mare esitò.

«Amelia e Ruggiero appoggiavano la linea di Raissa, lei no» insisté la regina, pacata. Sapeva che la maggiore delle Autunno era sincera quando le aveva confidato di detestare la mediana. Voleva vederla sconfitta, che perdesse il potere che stava accumulando tanto rapidamente, che la sua ascesa si arrestasse, lasciandola sospesa in un limbo di incertezza, prima di un crollo verticale che avrebbe portato alla sua rovina.

«Sei ancora troppo ingenua, non puoi credere che ci sia qualcuno in grado di fare il doppio gioco e di tradire la propria famiglia.» Il suo volto assunse una smorfia di disappunto e rimprovero.

«No, Dante» disse lei. «Mi spiace. Sei in errore, questa volta. Non esiste solo la lealtà verso il casato. Io stessa sono in dubbio nel giudicare i nostri genitori e il loro operato. Ora che sono regina, mi rendo conto che il loro modo di governare non si confaceva a quelle che sono le mie idee. Sotto un'ostentata spensieratezza e leggerezza hanno nascosto questo legame con gli Autunno.»

«Non sono stati dei bravi regnanti? Non puoi dire una cosa del genere, tutto il popolo sostiene il contrario, i nostri alleati ci elogiano per come il benessere prospera...»

Ariel batté un pugno sul tavolo. Perse la calma, perché non riusciva a comprendere come mai lui si ostinasse a non cogliere la totalità della situazione. Non credeva che suo fratello fosse ottuso, ma quell'atteggiamento la spingeva a cambiare idea. «E a cosa serve il benessere, se c'è la firma di Amintore Dal Mare in un accordo segreto con Ruggero Autunno? Non possiamo stringere alleanze ufficiali per gli accordi di quasi un millennio fa, ma tu con chi avresti voluto averne una?»

«Non con gli Autunno.»

«Non con Ruggero, Amelia o Raissa, vorrai dire» precisò Ariel. «Nessuno sa quasi nulla di Deianira, e Melissa non è come loro.»

Dante sbuffò. «Non voglio mettere in dubbio la tua capacità di giudizio, perché so che ne hai molta più di me, ma devi ammettere anche tu che...»

«Ne sei consapevole anche tu» lo interruppe la regina. «Se ti dico che possiamo fidarci di Melissa, devi credermi. Non mi sbilancerei se non ne fossi certa.»

Dante la guardò negli occhi, chiari e cristallini. «Ti è arrivata la mia lettera sui Lupfo-Evoco, vero?»

«Ieri sera» rispose lei. Aveva letto la missiva con sorpresa, perché immaginare un palazzo reale in fiamme nel cuore di una capitale le risultava pressoché impossibile. Ancora meno riusciva a credere che il fuoco non avesse dilagato tra le vie di Mitreluvui anche se, confrontandosi con Erik, aveva scoperto che la reggia dei Lotnevi non era così vicina alle abitazioni del popolo. Anche il principe Inverno, tuttavia, era turbato da quegli accadimenti che avevano del meraviglioso, ma non aveva esitato a imputare quell'eccezionalità all'uso della magia.

Ariel sospirò, al pensiero che se Raissa avesse realmente appreso a maneggiare un potere simile, anche loro avrebbero dovuto ricorrere a quelle pratiche ancestrali. Sollevò il capo e fissò lo sguardo in quello del fratello. «Nostro padre ti ha iniziato all'alchimia, giusto?»

Lui annuì. «Cosa hai in mente?»

«Ho bisogno che tu sappia utilizzarla come i maestri che si nascondono su Selenia. Qualcuno deve aver insegnato a Raissa, noi non possiamo rimanere inerti. Non abbiamo un esercito, anche se lo sto preparando, e non possiamo prevedere quando gli Autunno decideranno di espandersi qui nel Pecama. Hanno dei soldati esperti e terribili, quest'isola non è così grande, e siamo una preda ambita, visto che possediamo il porto più a settentrione. Non ho intenzione di concedere loro neanche uno stelo d'erba al confine.»

«Sì, è un'ottima idea» concordò Dante. «L'unico problema è che non so dove poter trovare un maestro che mi possa insegnare.»

«A questo si può provvedere. Nella corrispondenza di nostro padre ci sono delle lettere tra lui e un sacerdote di Vudeli, nel sud del regno.»

«Questa ricerca tra le sue carte, in fondo, non è stata tanto infruttuosa» constatò lui.

Lei piegò un angolo della bocca, trattenendo un sorriso. Sapeva che Dante cercava di smorzare la tensione per la discussione di poco prima, ma non aveva intenzione, almeno per il momento, di concedergli la possibilità di trattarla da pari. Ora i loro ruoli erano cambiati, ed era bene che anche lui se ne rendesse conto. Il destino del regno gravava solo sulle spalle di Ariel: era lei a dover prendere decisioni, ad assumersi le responsabilità... E non aveva tempo da dedicare alle battute scherzose, quand'anche innocenti e che cercavano di risollevarle il morale.

«Sono stati giorni di viaggio molto intensi» commentò, con gentilezza.

«Decisamente e io non vedevo mai l'ora di essere di nuovo qui e di riposarmi» borbottò Dante, pensieroso. «Se non hai altro da dirmi...»

«Se sei stanco, non ti trattengo» lo congedò la sorella. Non voleva espressamente chiedergli di rimanere da sola, ma desiderava che lui lo capisse. Il fratello maggiore era tornato al palazzo nel momento peggiore, per lei: era intenta a scrivere una lettera che nessuno, se non il destinatario, avrebbe mai dovuto leggere. Aveva approfittato di quel saluto doveroso per aggiornarlo sugli sviluppi e per parlargli di quel minacciato attacco che lui ancora ignorava.

Il principe Dal Mare chinò il capo e lasciò la sala, mentre la giovane sovrana si sedeva alla scrivania. Ariel estrasse dal cassetto la missiva interrotta e la rilesse. Sperava che lui capisse, che l'attesa sarebbe stata ben ripagata da un lungo futuro insieme... Sollevò lo sguardo al soffitto, sospirando al pensiero della preghiera rivolta quel mattino a Vudeli, che non l'avrebbe abbandonata, ne era certa. Non aveva intenzione di raggirarlo, ma di fare in modo che la volontà di entrambi li portasse alla stessa via. Aveva capito quello che a tutti i suoi predecessori era sfuggito: non bisognava tenere buono il dio nella speranza che lui non si adirasse, bensì innalzarsi al suo stesso livello senza tracotanza, in modo che lui potesse comprenderne la bontà d'animo.

Anche se forse allearsi con gli Autunno, soprattutto con quelli più spietati, non è qualcosa che lui avrebbe accettato.

Sigillò la busta, spostando i suoi pensieri alla discussione con Dante. Lei considerava Melissa degna della sua fiducia, ma questo non significava che avrebbe accettato un'alleanza con lei. La maggiore delle sorelle Autunno si manteneva in un equilibrio precario, e le sue mosse potevano essere dettate da quelle di Raissa, che fossero per eseguire i suoi ordini o per raggirarla. La regina Dal Mare si era inorgoglita nel prendere atto che una delle poche persone a conoscere realmente la situazione tesa tra le due, sebbene non ne conoscesse le più profonde ragioni. Il suo sesto senso, o forse un'ispirazione di Vudeli, le aveva suggerito di credere alle sue parole, in quel giorno ormai lontano nel tempo, quando avevano passeggiato insieme a Punta Salina... Quando lei aveva scoperto di aver perso il suo pugnale.

Quell'arma discreta era posata lì sulla scrivania, al fianco dello specchio capovolto. Ariel lo teneva lì sotto i suoi occhi in modo che, se fosse sparito di nuovo, avrebbe saputo con esattezza chi l'aveva preso: gli abitanti del palazzo si erano drasticamente ridotti e quelli che frequentava erano ancora meno. Preferiva rimanere da sola, perché la solitudine le permetteva di focalizzare al meglio tutti gli aspetti del regno di cui si doveva occupare, senza che una voce la interrompesse o che uno sguardo che si posava su di lei, fosse anche benevolo, la distraesse. Saltuariamente cercava la compagnia di Iris ed Erik, e alcune volte si confrontava con loro.

La sua quotidianità era amministrare il regno, ricevere i notabili di Ehoi e consultarli sulle decisioni da prendere. Tancredi, prima di partire, le aveva suggerito di circondarsi di uomini e donne abili e che sapessero consigliarla, come faceva suo padre con i nobili più illustri. Ma ora la nobiltà Marina era stata spazzata via, e il re Inverno aveva caldeggiato l'ipotesi di rivolgersi a quei rami di borghesia più intraprendente che rendeva il loro regno tanto prospero.

Lei aveva concordato sin da subito: vedeva con i suoi occhi come gli affari giovassero al suo popolo, che anche coloro che erano impiegati nei mestieri più umili non vivevano in povertà, ma nella parsimonia che restituiva loro la quiete da quegli affanni che, invece, Melissa le aveva raccontato dei ceti inferiori nel Ruxuna. Il pensiero tornò a quell'accordo segreto con gli Autunno, e lei cercò di scacciarlo con un gesto della mano, come un insetto piccolo e fastidioso che svolazzava per la stanza.

Doveva gestire troppe cose, e quella lettera scritta per il suo innamorato era ancora tra le sue mani. Non si chiese nemmeno a chi avrebbe potuto affidarla perché venisse consegnata, perché Iris era stata la complice ideale durante l'ultimo ballo in onore di Vudeli e poteva fidarsi di lei.

Finché sono lontani, non è ancora tempo di pensare agli Autunno.

   
 
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