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Autore: Yoshiko    28/05/2021    2 recensioni
"Il furgone gli era addosso, il paraurti quasi sfiorava la ruota posteriore della bicicletta. Si toccarono, Amy urlò. Julian perse il controllo, la bicicletta ondeggiò. La ruota anteriore oltrepassò il canalino di scolo e si addentrò nell’erba. Precipitarono lungo il declivio. Amy gridò ancora, poi l’acqua della risaia frenò la loro corsa in modo così brusco che la bicicletta si capovolse. Lei e Julian finirono nel fango, tra le rane e i germogli di riso." Un capitombolo, un'aggressione, un temporale, un tentativo di salvataggio mal riuscito e altre improbabili avventure accompagneranno i protagonisti della storia in situazioni sempre più assurde e inaspettate.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Tsubasa Ozora/Holly
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Virtual Story'
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Sistemata sui banchi la mercanzia in vendita, stabiliti i prezzi e raccomandatosi con i compagni di non fare sconti a nessun cliente, Mark lasciò la postazione con un diavolo per capello. La sfortuna aveva voluto che il suo banco fosse ai margini della fiera, in un punto non di passaggio, il penultimo di una fila subito prima di un bigiottiere e un produttore agricolo che vendeva miele e marmellate. Mentre con meticolosa attenzione posizionava la mercanzia per valorizzarne gli aspetti migliori, aveva visto che gli avventori già dal banco del bigiottiere cominciavano a guardarsi indietro intenzionati a tornare verso il centro della fiera e a stand evidentemente più interessanti. La sistemazione non gli andava proprio giù. Aveva pagato lo spazio espositivo lo stesso prezzo degli altri, allora perché quella collocazione così fuori mano? La sua prima tappa sarebbe stata allo stand del comitato organizzatore, per pretendere il rimborso di almeno metà della quota. Dopodiché avrebbe fatto il giro della fiera. Era buona consuetudine dare un’occhiata agli altri rivenditori per individuare possibili concorrenti e, nel caso, ritoccare un po’ i prezzi al rialzo o al ribasso. Recuperò una mappa dell’evento da una colonnina informazioni e puntò dritto verso lo stand informativo collocato proprio di lato all’ingresso.
Studiando la piantina e valutando i banchi degli altri venditori mentre avanzava tra i visitatori, fu quasi travolto da un’entusiastica coppia che procedeva carica di libri. L’urto fece sfuggire a Mark la piantina e un’invettiva, ai due buona parte dei tomi. Mentre la donna si scusava, l’uomo si chinò a raccoglierli trafelato, controllando che nulla si fosse rovinato.
-Mi dispiace, eravamo distratti!- lei abbassò gli occhi sul compagno -Tutto bene?-
-Sì, gli autografi sono intatti.-
-Per fortuna! Non si sono spiegazzati?-
-No, come nuovi!-
Mark li osservò sgomento mentre lo superavano e si allontanavano continuando a verificare l’integrità del loro prezioso carico. Fece per proseguire verso l’ingresso della fiera, quando notò sulla sinistra una donna di mezza età che gli andava incontro stringendo al petto un grande libro. Subito dietro di lei, un giovane sfogliava un tomo piuttosto pesante e non proprio nuovo, con un sorriso estasiato a illuminargli il volto. E ancora dietro di lui due donne, un uomo anziano che avanzava stringendo rispettivamente un libro e un bastone da passeggio, poi un bambino, tre ragazze, due uomini, un giovane, una bambina con la treccia, due amiche sorridenti… chiunque provenisse da quella direzione, portava con sé dei libri. Ed erano tantissime persone. Mark non riuscì a capacitarsi di ciò che vedeva. Erano solo dei libri, alcuni persino malridotti, eppure sembravano andare a ruba, come se fossero degli oggetti preziosissimi e rari.
La curiosità gli fece dimenticare l’originaria intenzione di reclamare un rimborso e lo spinse a seguire il percorso inverso di quella moltitudine di persone nello stretto corridoio laterale. Fendendo la folla controcorrente, sempre più numerosa via via che avanzava, raggiunse lo stand dei libri e si fece largo tra la ressa di clienti che stavano prendendo d’assalto il banco.
-Uno a me, offro tremila yen!-
-A me anche! Ne ho duemila!-
-Cinquemila per l’autografo!-
-Anch’io! Lasciate un libro anche a me!-
Fioccavano offerte per quei libri malridotti, alcuni in condizioni addirittura peggiori della mercanzia portata fin lì con il furgone. Com’era possibile? Perché tutte quelle persone facevano a spintoni pur di riuscire a conquistarsi un libro? Cosa avevano quei tomi di così speciale? Non riusciva a spiegarselo. A fatica si conquistò un posto in prima fila e si trovò faccia a faccia con Holly.
Seduto al di là del banco, firmava forsennato la seconda di copertina dei libri che Patty gli passava in tutta fretta, radunando nello stesso tempo migliaia di yen in una cassetta di sicurezza e restituendo ai clienti i libri firmati.
-Cosa state facendo?-
L’amica sollevò lo sguardo dal cospicuo gruzzolo che teneva tra le mani.
-Affari, Mark. Stiamo facendo affari!-
Landers ammutolì. Non stavano facendo affari, si stavano arricchendo. Il suo cervello prese a lavorare alla velocità della luce, mentre studiava il meccanismo del loro successo imprenditoriale. I libri erano vecchi, datati, fuori commercio, di sicuro fondi di magazzino ma Holly con il suo autografo li rinnovava, rendendoli appetibili a chiunque fosse un suo fan.
-Tieni, signore.-
Mark abbassò gli occhi. Il figlio di Callaghan era lì, appollaiato sul banco tra un’infinità di libri. Sorridendo felice gli porse un libro, lui lo prese senza pensarci. Stava perdendo tempo. Strinse il volume tra le mani, poi se lo mise sotto il braccio con un gesto deciso e indietreggiò tra la gente.
-Mark!- lo richiamò Patty -Se vuoi il libro devi pagarlo!-
Lui non la udì, o fece finta di non udirla. Si sganciò dalla folla che lo pressava alle spalle. Uscì faticosamente dal cerchio e restò a guardare l’assembramento da fuori, mentre una miriade di progetti e pensieri gli affollava la mente fin quasi a mandarla in tilt.
Poi, sempre con il libro sottobraccio, accantonò definitivamente l’intenzione originaria di far visita al comitato organizzativo e tornò di corsa dai compagni. Il sole era alto nel cielo, era passata l’ora di pranzo e gli rimanevano al massimo tre o quattro ore di tempo per vendere la propria mercanzia, prima che il sole cominciasse ad abbassarsi all’orizzonte e la fiera chiudesse definitivamente.

Philip non sapeva più dove cercare. Lui e Tom avevano scandagliato la zona in lungo e in largo. Avevano chiesto notizie di Peter a quasi tutti i rivenditori e nessuno lo aveva visto. Avevano persino cercato le ragazze con cui Benji si era intrattenuto ma non le avevano trovate. Forse avevano già lasciato la fiera.
Philip non sapeva più cosa fare. Non poteva tornare da Jenny senza Peter. Lei non lo avrebbe perdonato. Per un momento aveva persino pensato di prendere in prestito un bambino che gli assomigliasse e tornare verso il banco di Landers tenendolo in braccio, restando abbastanza distante affinché Jenny non lo riconoscesse ma sufficientemente vicino da trarla in inganno.
Philip era stanco di girare tra la gente. Non sopportava più di camminare in mezzo alla folla entusiasta e felice che non prestava attenzione a dove camminava, gli occhi sugli stand, e lo urtava a ogni passo. Per un attimo aveva perso di vista Tom, finito chissà dove tra la gente. Lo aveva ritrovato più avanti sotto un pino, a chiacchierare con una giovane in short e canottiera, una bella scollatura e ugualmente belle gambe. Tom poteva distrarsi, beato lui. Aveva ritrovato Katy, Patty non lo aveva ucciso e a Peter sembrava non pensare più.
Philip aveva apprezzato il panorama di tutta quella pelle esposta, poi aveva a malincuore trascinato via il compagno, perché ritrovare suo figlio era la priorità.
Peter però sembrava essersi volatilizzato. E se lo avessero rapito per chiederne il riscatto? E se Mark lo avesse rivenduto insieme alle sue cianfrusaglie? Lo riteneva capace di farlo e forse era il caso di metterlo sotto torchio per indurlo a confessare. Doveva tornare allo stand e verificare, anche perché Peter non era da nessuna parte ma poteva benissimo – lo sperava con tutto se stesso – essere riuscito in qualche modo a ritrovarli.
Si avvicinò di soppiatto, tanto per essere pronto a fronteggiare Jenny prima che lo assalisse e gli saltasse al collo. Per fortuna in quel momento lei non c’era. Neppure Joy e Amy. Forse si erano allontanate a comprare qualcosa da mangiare visto che mentre lui e Tom si rimpinzavano di birra e fritti, gli altri erano rimasti a riordinare gli oggetti e avevano saltato il pranzo.
-Allora?- domandò Evelyn quando li vide avvicinarsi -Lo avete trovato?-
Scossero la testa.
-Speravamo che fosse tornato.- rispose Philip.
-Jenny non ne sarà contenta.-
Lo sapeva benissimo ma non era in grado di risolvere l’immensa tragedia che gli gravava sulle spalle. Aveva cercato il bambino ovunque e non era riuscito a trovarlo. Spostò gli occhi su Mark.
-Tu ne sai qualcosa?-
-Di cosa?- rispose quello senza neppure alzare gli occhi, occupato com’era.
Philip gli si avvicinò.
Dietro il banco, armato di un grosso pennarello nero indelebile, tracciava la sua firma sugli oggetti e li riponeva sul ripiano, mettendo il suo autografo in bella vista.
-Cosa stai facendo?-
-Sto valorizzando la mercanzia.- lanciò un’occhiata a un paio di avventori che si avvicinarono allo stand, come tanti altri da quando aveva iniziato a personalizzare gli oggetti.
Ma i clienti, come tutti i precedenti, si allontanarono senza acquistare nulla.
Mark chiuse il pennarello con un gesto stizzito e sbuffò.
Cosa c’era che non andava? Perché non funzionava? Osservò il ripiano costellato degli oggetti più vari marchiati con il suo nome, dopodiché spostò lo sguardo alle persone che si avvicinavano di continuo e poi si allontanavano. Nessuno chiedeva i prezzi, nessuno acquistava. La lampada da tavolo, la stufa elettrica (funzionante), lo specchio, il comodino, un vassoio inox di media grandezza, il bollitore del tè, il set di posate ancora nella confezione originale, il materassino da ginnastica, la boa rossa e bianca, una ciotola per cani di un bellissimo verde smeraldo, il vaso di plastica sbeccato sul bordo, l’innaffiatoio, i pannolini della marmocchia… era ancora tutto lì. Perché, accidenti? Perché?
-Tu pensi di vendere questa robaccia grazie alla tua firma?- Philip lo guardò incredulo -Stai scherzando?-
-Se non te ne sei accorto, Callaghan, i clienti che vengono fin quaggiù sono molto più numerosi di prima. La mia firma tira, aspetta e vedrai.-
-Aspetta e spera.-
-Fila a cercare tuo figlio, padre degenere! E togliti da davanti che copri la visuale ai clienti!-
-Quali clienti?-
Mark afferrò la boa e l’agitò minaccioso davanti al compagno, che si tirò indietro di scatto e si allontanò di nuovo, alla ricerca del bambino perduto.
Riposto l’oggetto sul tavolo, Landers si lasciò cadere su uno sgabello che era ancora indeciso se mettere in vendita o meno. Una ragazza si avvicinò al banco, indicò a Evelyn il set di posate. L’amica rispose cordiale e sorridente, la cliente sembrò per un attimo indecisa. Mark trattenne il fiato quando la vide prendere in mano la confezione, togliere il coperchio su cui aveva apposto la sua preziosa firma e scrutare gli oggetti riposti all’interno. Cucchiai, forchette e coltelli splendevano al sole nuovi, brillanti e puliti. Mark li aveva ricevuti con la raccolta punti della benzina. E adesso, con il suo autografo, avevano raggiunto un valore inestimabile.
Dopo un tempo lunghissimo la ragazza annuì, porse la confezione a Evelyn e lei la mise in una busta. Mark non riuscì a crederci. Non c’era bisogno di sprecare una busta per un unico oggetto. Aveva completamente dimenticato di dare istruzioni ai compagni. Ma non importava, la cifra valeva lo spreco di una busta. Vide la giovane porgere diecimila yen ed Evelyn riconsegnarle qualche banconota e alcuni spicci di resto. Come la ragazza si fu allontanata, raggiunse l’amica.
-Niente busta se acquistano soltanto un oggetto.-
Lei annuì, avrebbe dovuto immaginarlo.
-A quanto hai venduto?-
-Trecento yen.-
Per poco Mark non le saltò al collo.
-TRECENTO YEN? Con la mia firma?-
Lei rispose con veemenza.
-Sì, accidenti! Se non ci fosse stato quello scarabocchio sulla scatola sarei sicuramente riuscita ad arrivare a mille!-
-Con il mio autografo avresti dovuto vendere quelle maledette posate almeno a cinquemila yen!-
-Impossibile Mark! Il tuo autografo rovina la merce, non lo vuole nessuno!-
Il ragazzo ebbe uno scompenso. Impossibile!
Evelyn continuò.
-Non lo vedi? Le persone si avvicinano, guardano e poi si allontanano. Leggono incuriosite come se si aspettassero di trovarci scritto chissà cosa e poi se ne vanno!-
Chissà cosa… chissà cosa… Mark rifletté. Forse i clienti si aspettavano di trovarci scritto qualcosa tipo… tipo la firma di Holly?
Gli si rimescolò il sangue nelle vene, impossibile accettare che l’autografo di Hutton valesse più del suo! Eppure…
Corse verso il furgone, dimenticando di intascare la banconota da diecimila yen che Evelyn gli porgeva. Frugò nel vano di carico, poi tra i sedili e tornò al banco stringendo tra le mani una bottiglia di smacchiatore e un pacco di fazzoletti di carta.
Annacquò i tovaglioli con il liquido e prese a cancellare forsennato tutte le firme apposte sugli oggetti, saturando l’aria al punto che se qualcuno avesse acceso una sigaretta, l’esplosione li avrebbe inceneriti tutti.
-E adesso che fai?- domandò Evelyn osservandolo incredula ammonticchiare accanto a sé la mercanzia interamente ripulita, almeno dove il pennarello non era penetrato nel materiale, lasciando antiestetiche macchie scure e aloni nerastri.
Lui non rispose. Prese il libro che gli aveva dato Peter all’incirca un’ora prima, proficuamente utilizzato per puntellare la zampa di uno dei tavolini che traballava sul terreno sconnesso. Aprì il volume alla pagina dell’autografo e provò a tracciare la firma di Holly su un pezzo di cartone. Tentò e ritentò decine di volte, finché non riuscì a imitarla così bene da rendere praticamente indistinguibile l’originale dalla copia.
Allora, chino sotto il banco, nascosto dal ripiano, recuperò tutti gli oggetti e tracciò la nuova firma, creando un’ingente quantità di falsi, senza indugio e senza remore. Dopodiché, bastò riposizionare la mercanzia sullo stand affinché le persone cominciassero ad avvicinarsi.
-Mamma, guarda!- il primo a notare l’autografo fu un bambino. Corse indietro a recuperare la madre, la prese per mano e la trascinò fin da loro -Guarda, mamma! L’autografo di Oliver Hutton!-
-Sei sicuro?- la signora osservò titubante i venditori.
-Certo, mamma! È proprio il suo autografo! Per favore mamma, compramelo! I libri sono finiti ma possiamo prendere quella cosa tonda...-
Era la boa, la firma riuscita meglio. Sul bianco risaltava perfettamente e non si notava la differenza con l’originale.
-Quanto viene?- domandò la madre rassegnata.
-Faccia lei, signora. Ma tenga presente che è un oggetto più unico che raro. E soprattutto molto più durevole di uno stupido libro che si può bagnare e con il tempo ingiallire. Una boa è per sempre.-
-Me la dia, allora.-
La donna non fu che la prima di una serie di clienti che offrirono cifre esorbitanti per la copia della firma di Holly, senza sapere di acquistare un falso. Mark, quando cominciò a vedere la cassetta dei soldi riempirsi, prese a fare fumo dalle orecchie per i sentimenti contrastanti che provava. Pura gioia per il guadagno facile e ingente, fastidio e collera perché la firma di Holly andava a ruba mentre della sua non si era curato nessuno. Il suo ego stava andando in tilt, la confusione era totale, tanto da non accorgersi della tragedia che si consumava alle sue spalle, oltre lo stand e oltre il furgone.
Jenny era sull’orlo del divorzio di un matrimonio apparentemente mai celebrato. In lacrime, gli occhi gonfi e rossi, osservava Philip che aveva finito le parole per scusarsi. Per quanto fosse mortificato, per quanto si sentisse in colpa, Peter non era saltato fuori da nessuna parte. Non ce n’era traccia, non sapevano dove fosse finito e a quel punto era definitivamente perduto. E Jenny non si dava pace.
-Sarebbe stato molto meglio andare a cena con quei teppisti, piuttosto che incontrarti! Ho perso la macchina, ho perso la spesa e adesso ho perso anche Peter!-
-Ti assicuro che l’ho cercato ovu...-
-Non avresti dovuto cercarlo, Philip! Non avresti dovuto perderlo! È questo il problema! Non dovevi togliergli gli occhi di dosso neppure un istante!-
-Tom e io...-
-Siete completamente inaffidabili! Tom ha perso la figlia di Patty, tu Peter! Non ho parole per definirvi! Siete degli incoscienti!-
-Ma l’abbiamo ritrovata, Katy era con Holly e Patty!-
-LORO l’hanno ritrovata, non VOI DUE!-
-Jenny per favore, non...-
-Per favore niente, Philip. O ritrovi Peter o sparisci definitivamente!-
Mark, che si era avvicinato per recuperare un nuovo pennarello dal furgone con cui sostituire quello ormai consumato, lanciò un fischio di sorpresa.
-Questo sì che è un ultimatum!-
La coppia si volse, gli occhi che emanavano lampi. Jenny furibonda con Philip, Philip furibondo con il compagno che aveva assistito alla sua completa disfatta.
-Vai pure, Philip.- lo schernì Mark senza dimostrare per lo sconfitto neppure un briciolo di solidarietà -Ce la caveremo anche senza di te.-
Il ragazzo si allontanò con la coda fra le gambe. L’unica speranza era ritrovare Peter.

-Holly, ho deciso. Con il guadagno di oggi creerò un’associazione che si occupi di crescere i figli dei padri degeneri.-
-Va bene.-
A lui non importava come Patty intendesse impiegare i soldi raccolti. Holly aveva accettato di partecipare alla fiera per farla contenta e rendersi utile al prossimo.
Il cielo si era tinto di rosso, oltre la pineta il sole stava ormai tramontando. Era ora di andare. Aprì le scatole ormai vuote, impilò i cartoni ben appianati l’uno sull’altro, tolse il panno rosso dal lungo tavolo che aveva ospitato i volumi, lo agitò nell’aria e lo ripiegò per bene. Richiuse le sedie pieghevoli e le appoggiò contro il ripiano, poi raccolse le proprie cose, recuperò Peter e Katy che si inseguivano poco distanti e tornò da Patty.
-Hai intenzione di adottarlo o possiamo riportarlo ai suoi genitori?-
-Lo riporteremo a Jenny, non a Philip.-
Holly annuì conciliante, prese il pesante zaino che conteneva la cassetta di sicurezza e altri oggetti di uso quotidiano che avevano portato da casa e, tenendo Peter per mano, s’incamminò lungo lo stretto viale, tra gli alberi e gli stand in via di smontaggio. Gli altri venditori sembravano entusiasti, la fiera doveva essere andata bene anche per loro.
Lungo la via si imbatterono in Julian e Amy che camminavano mano nella mano sorseggiando una coca-cola ciascuno. Ne portavano altre in due buste, avevano fatto un carico anche per i compagni.
-Peter!- esclamò la ragazza, più sorpresa di vedere il bambino che la coppia -Che fine hai fatto?-
-Ho giocato con Katy.- rispose lui fiero come un galletto.
-Tuo padre ti cerca disperato da ore e tua madre sta morendo di preoccupazione!-
-Stavo giocando...- disse a voce più bassa e con tono meno baldanzoso. Quando la mamma si preoccupava erano sempre rogne. Che il papà lo avesse cercato non se n’era neppure accorto. Forse non lo aveva cercato bene, visto che non lo aveva trovato.
Amy ripescò una lattina di aranciata dalla busta e gliela porse.
-Ne vuoi?-
Il bambino annuì, lasciò la mano di Holly e corse da lei.
-Dov’è Jenny?- chiese Patty.
-Allo stand di Landers.- rispose Julian -Stiamo tornando lì.-
-Mark aveva uno stand?- Holly si accostò al compagno e procedette insieme a lui -E cosa vendeva?-
-Cianfrusaglie.-
-Spero che il mercato gli sia andato bene.-
-Abbastanza.- dicendolo Julian soffocò un sorrisetto saputo, perché Mark aveva venduto tutto soltanto grazie all’autografo di Holly. E se il fine giustificava i mezzi, lui era contento perché da quando l’ultimo oggetto era sparito dai tavoli, l’atteggiamento molesto e irritante del compagno era cambiato e il furgone si era svuotato, consentendo loro un decoroso ritorno tra sedili larghi e comodi.
Philip era a terra, nell’angolo più lontano dello spazio assegnato ai ragazzi. Immusonito e preoccupato, era stato piazzato in isolamento e ormai non gli parlava più nessuno. Jenny lo ignorava e soltanto Joy, ogni tanto, scappava dalle braccia della madre, lo raggiungeva sgambettante e lo toccava dove capitava. Su un ginocchio, su un braccio, sulla testa, quasi a volersi assicurare che quel relitto umano gettato al suolo come un mucchio di biancheria da lavare respirasse ancora. Poi Jenny arrivava di corsa, recuperava la figlia e, dopo avergli lanciato l’ennesima occhiata incollerita, si allontanava portandola con sé, perché se aveva perso Peter, Philip era un pericolo anche per Joy.
Scoppiò in lacrime, Jenny, quando vide il bambino arrivare facendo l’altalena aggrappato alle mani di Amy e di Patty. Accanto alla madre, Katy camminava tranquilla succhiando un’aranciata con la cannuccia.
Corse incontro al bambino, lo prese tra le braccia e gli inondò il viso di lacrime. Lui si scostò con una smorfia, la spinse indietro e si guardò intorno, perché non trovava chi voleva rivedere. Poi lo scorse, suo padre, nell’angolo, seduto a terra con le gambe piegate e le braccia sulle ginocchia, l’espressione afflitta e catatonica. Gli occhi quasi assenti di Philip riacquistarono un barlume di vitalità, ma la presenza di Peter a due passi dopo averlo tanto cercato era così incredibile che pensò di avere le allucinazioni.
Poi il bambino corse verso di lui e gli piombò addosso.
-Ciao papi, oggi ho giocato tutto il giorno con Katy. Possiamo invitarla a cena?-
-Sì… sì.- tutto quello che voleva per ringraziarlo di essere riapparso, ritornato, risorto. La sua vita coniugale era salva e le crepe che si erano formate quel giorno si sarebbero rattoppate con il tempo.
-Se siete pronti direi di andare.-
Mark aveva ripiegato le due tovaglie rimediate con cui aveva ricoperto i banchi dello stand e ora le stava riponendo sul retro, vuoto, del furgone.
-Abbiamo comprato da bere.- disse Julian raggiungendolo -Vuoi una coca-cola? Dov’è la mia bicicletta?-
-Cinquantamila yen, Ross. È la cosa che ho venduto più cara!-
-HAI VENDUTO LA MIA BICICLETTA?-
-Sei stato tu a sperare che il furgone si svuotasse per viaggiare più comodo, no?-
-HAI VENDUTO LA MIA BICICLETTA!-
-E allora? Era sporca e rovinata, i raggi si erano piegati quando sei finito nella risaia. Era pericoloso persino montarla.- lo guardò sospettoso -Non ti darò una parte del guadagno, se è quello che desideri. Sto scarrozzando te e Amy da giorni, pensavi che lo avrei fatto gratis?-
La busta che conteneva le bevande sussultava in modo incontrollabile, Julian era lì lì per saltare addosso al compagno e non riusciva a capire cosa lo trattenesse dall’ammazzarlo. Forse il fatto che, finora, non aveva mai aggredito nessuno? C’era sempre una prima volta, però!
Strinse la busta tra le dita, la sollevò di scatto e colpì Mark con le ultime bevande rimaste, la birra di Philip, la coca-cola di Mark e un litro d’acqua per i bambini.
Landers accusò il colpo sollevando un braccio e schermandosi il corpo. Poi prese al volo la busta prima che finisse a terra.
-Grazie per la coca-cola, Ross!- rise sguaiato e con tale strafottenza che Julian dovette allontanarsi per non commettere un markicidio.
Quando Landers mise in moto, nel furgone si stava così larghi che vi avevano preso posto anche Patty, Katy e Holly. Il passaggio era gratis, perché se Mark aveva venduto tutto era grazie alla firma falsificata.
Guidando con prudenza, Landers percorse la strada sconnessa della pineta, sobbalzando tra le radici dei pini e le pigne cadute.
-Vai più piano.- gli disse Bruce con la voce impastata dal sonno. Aveva dormito per buona parte del pomeriggio, perdendosi quasi tutti gli avvenimenti di quel giorno -Mi stai facendo tornare su la coca-cola.-
-A proposito, dov’è la mia?- domandò Mark a Benji che era tornato a sedersi davanti.
-Io non l’ho bevuta.-
-Amy, dove hai messo la busta che ti ho dato prima?-
La ragazza frugò tra i sedili, vide Julian agguantare una coca-cola e scuoterla con forza. Dopodiché gliela porse.
-Ma...-
-Dagliela Amy. L’abbiamo comprata per lui.- ordinò Ross secco.
Lei ubbidì suo malgrado, poi si tirò indietro più che poté.
Nel momento in cui Mark stappò la lattina, il furgone prese una buca profonda e inesorabile che fece esplodere lo pneumatico. Katy gridò, Peter gridò, Joy scoppiò a piangere e la coca-cola invase l’abitacolo spruzzando ovunque, inondandoli di schiuma.

-Tu e la tua coca-cola del cavolo!- sbottò Philip sfilandosi gli occhiali stereografici e alzandosi dalla poltroncina che aveva assunto la forma del suo corpo -Pure nella realtà virtuale devi portartela dietro!-
-Vogliamo invece parlare di te, Callaghan? Di come sei stato capace di perderti un figlio che neppure esiste?- Mark spostò gli occhi su Jenny -Pensaci bene, eh!-
Julian si avvicinò.
-Restituiscimi immediatamente i miei cinquantamila yen, Mark!-
Il ragazzo si impietrì mentre Benji, da dietro, lo scherniva.
-Morto di fame pure nei sogni.-
-La prossima volta il questionario lo compilo io.- stabilì Holly lasciando la sala.
Con Bruce, Benji e Mark finora non era andata granché.
   
 
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