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Autore: Iander    28/05/2021    1 recensioni
Tony Stark. Un genio, miliardario, playboy, filantropo. E molto di più.
Pepper Potts. Assistente scrupolosa e impeccabile, poi amministratore delegato delle Stark Industries. E non solo.
La storia di un uomo che è diventato un eroe, di una donna dalla forza incrollabile, di un amore che ha affrontato ogni cosa e ne è uscito vincitore, nonostante tutto.
Dal capitolo 2: Armatura e computer, pezzi di ricambio e calcoli. Tutto perfettamente nella norma, non fosse per la persona che in quel momento occupava il divanetto dall’altra parte della stanza: Pepper sedeva placida con le gambe rannicchiate, un libro tra le mani e l’espressione assorta. Il fatto che stessero condividendo lo stesso spazio senza al contempo litigare, ridefinire accordi lavorativi o mettere i bastoni tra le ruote al cattivo di turno, ma solo per il piacere di trascorrere del tempo insieme, rendeva perfettamente l’idea di quanto la sua vita di recente fosse cambiata radicalmente.
[Raccolta; Pepperony; Tony&Peter]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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From Dusk Till Dawn


 
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Capitolo 9
Superheroes


Contesto: The Avengers – Endgame
 
“All the life, she has seen
All the meaner side of me
Now she’s stronger than you know
A heart of steel starts to grow"


Non sempre le cose vanno come vorremmo: a volte è inevitabile perdere qualcosa di estremamente prezioso, senza poter fare nulla per impedirlo. Eppure, la vita è comunque meravigliosa. Nonostante le avversità e la sofferenza, la vita va vissuta a pieno e celebrata con gioia. Pepper ne era profondamente convinta: davanti ad ogni difficoltà aveva sempre cercato di non farsi scoraggiare, affrontando i problemi con grinta e un sorriso sicuro sulle labbra. Lo pensava tuttora, con un futuro non più così roseo dinnanzi a sé e il peso di molte responsabilità a gravarle sulle spalle: la vita è meravigliosa.

Pepper puntò un gomito sull’elegante scrivania del suo ufficio e si passò una mano sul viso stanco, massaggiando con lentezza una tempia. Rilasciò un profondo sospiro e poi si costrinse a liberare la mente da quei pensieri ricorrenti per tornare a concentrarsi sulla relazione del nuovo progetto, stilata con cura dal dipartimento tecnico e disposta davanti a sé in fascicoli ordinati. Inclinò la testa e la scrutò con attenzione, crucciata: si stava dimostrando più difficile del previsto, e non solo perché la sua mente si ostinava a vagare altrove. Nonostante dirigesse quell’azienda da ormai diversi anni, faticava ancora a comprendere fino in fondo i procedimenti fisici e meccanici alla base delle creazioni delle Stark Industries: le occorreva la massima concentrazione e una buona dose di impegno per sviscerarne i meccanismi. Quello, osservò, era decisamente il campo di Tony: lui avrebbe impiegato solo pochi istanti per valutare i progetti e decidere se approvarli o meno. Ma Tony non c’era e l’arduo compito ora toccava inevitabilmente a lei.

Strinse le palpebre, combattiva: non aveva alcuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa da una innocua relazione. Ci sarebbero voluti tempo e pazienza, ma alla fine ce l’avrebbe sicuramente fatta. Riprese a scorrere le pagine con attenzione, segnando con una penna rossa i punti che non la convincevano. Nel suo ufficio alle Stark Industries regnava il silenzio, rotto solo di tanto in tanto dal rumore del vento che soffiava contro l’edificio. Aveva quasi terminato la lettura quando un leggero bussare interruppe la sua concentrazione.

«Sì?» Pepper sollevò lo sguardo, mentre la porta si apriva con delicatezza e la sua segretaria faceva capolino.

«Mi scusi, signora Stark. Ho qui le schede tecniche che aveva richiesto» esordì lei, entrando nella stanza.

«Grazie, Bambi» [1]. Pepper prese i fascicoli che le porgeva e li sistemò con cura accanto alla relazione. «C’è altro?» chiese poi, accorgendosi che la donna era rimasta accanto alla scrivania.

Lei esitò, leggermente a disagio. «Sì. La lista di associazioni da finanziare tramite la Fondazione Stark è pronta, serve la sua firma per l’approvazione» proferì infine, prendendo una cartellina trasparente dai plichi che teneva tra le braccia e posandola delicatamente sul tavolo elegante.

Pepper si inumidì le labbra, intenerita dalla sua reazione. Nonostante fosse ormai passato qualche tempo dalla Battaglia contro Thanos, le persone non potevano fare a meno di muoversi con estrema cautela quando in sua presenza dovevano parlare di Tony o, come in questo caso, fare accenno a qualcosa che lo riguardava. Nei loro occhi leggeva una sincera pena e un dispiacere profondo per ciò che era accaduto, per ciò che lei e sua figlia stavano affrontando. Eppure, il loro comportamento non la infastidiva, anzi: sapere che quelle persone empatizzavano con il suo dolore al punto di sentirlo come proprio, era un’ulteriore dimostrazione di come Tony fosse riuscito a lasciare un segno tangibile nei loro cuori.

«Non c’è problema» rispose conciliante.

Aprì la cartellina e iniziò a scorrere la lunga lista di associazioni, soppesando con attenzione gli obiettivi che ciascuna di esse si era prefissata. Con la sconfitta di Thanos e il periodo di pace che ne era seguito e durava tuttora, la Fondazione Stark aveva scelto di ampliare i propri orizzonti, impegnandosi a supportare gli enti che fornivano aiuto a coloro che erano tornati dal Blip. L’elenco che teneva tra le mani era solo il primo passo di un importante percorso a lungo termine e Pepper confidava che i risultati non avrebbero tardato a manifestarsi. Il suo sguardo si fermò a metà della lista e indugiò su un particolare nominativo, “The Salvation Army”. Pepper aggrottò le sopracciglia, chiedendosi per quale motivo quel nome le fosse familiare. Impiegò solo qualche istante a ricordare: era l’associazione per la quale lavorava May, la zia di Peter; gliene aveva parlato Happy giusto qualche giorno prima [2]. Le sue labbra si incresparono in un sorriso lieve: finora non aveva avuto molte occasioni per parlare con lei e conoscerla meglio, ma le era comunque sembrata una donna combattiva e leale. Di certo avrebbe fatto buon uso del fondo che la Fondazione avrebbe versato e Tony sarebbe stato felice di aiutarla.

Firmò il documento e chiuse la cartellina, poi la porse alla sua assistente e le rivolse un sorriso caldo, luminoso. «Queste associazioni vanno bene, mi sembrano tutte ottime. Possiamo procedere con il finanziamento» la informò.

Vide con chiarezza il volto di Bambi distendersi, ogni traccia di tensione scivolare via. Lei prese la cartellina e annuì, ricambiando il sorriso. «Certamente» replicò, per poi dirigersi verso la porta e chiuderla con delicatezza dietro di sé. Pepper rimase per qualche istante a fissare il punto in cui si era trovata la sua segretaria, la mente di nuovo immersa in dolorosi pensieri, poi scosse la testa con decisione e puntò di nuovo lo sguardo sui fascicoli: aveva un lavoro da terminare.

Venti minuti più tardi, posò la penna sul tavolo ed emise un sospiro liberatorio: aveva finalmente finito di analizzare la relazione. Rilesse per scrupolo tutti i punti che aveva segnato, controllando di non aver tralasciato nulla; il giorno successivo li avrebbe sottoposti al coordinatore tecnico. Si appoggiò allo schienale della sedia girevole e chiuse gli occhi, assaporando la tranquillità inusuale che regnava nell’ufficio. Dopo qualche istante si alzò e si sgranchì la schiena, per poi avvicinarsi alle ampie finestre che si aprivano alle sue spalle e osservare il traffico newyorkese del tardo pomeriggio che fluiva lento e indifferente diversi piani più in basso. La vita aveva ripreso a scorrere, le famiglie si erano riunite, la normalità stava gradualmente tornando. Giorno dopo giorno, il mondo si apprestava a lasciarsi alle spalle quei cinque anni di orrore e a voltare definitivamente pagina, ignaro del dramma silenzioso che imperversava dentro di lei, sotto la sua facciata calma e composta.

Pepper stava cercando in ogni modo di reagire ed essere forte, fronteggiando un dolore intenso e devastante, capace di schiacciare sotto il suo peso implacabile anche l’animo più impavido. Nonostante in certi momenti le sembrasse di non avere più l’energia necessaria per muovere un passo dopo l’altro, era consapevole di non potersi lasciare andare: aveva una figlia da crescere, un’azienda da dirigere, la vita di centinaia di persone dipendeva da ogni sua decisione, anche la più insignificante. Non poteva arrendersi e lasciarsi vincere, anche se a volte poteva sembrare la scelta più facile.

Incrociò le braccia al petto e si lasciò sfuggire un sospiro stanco. Osservò distrattamente il volo di alcuni uccelli nel cielo limpido di Manhattan, senza vederli davvero. Negli ultimi tempi le capitava spesso di ripensare agli ultimi istanti di Tony, di riviverli con forza attraverso la mente come se in questo modo potesse tenerlo ancora un po’ con sé. Sapeva che era sbagliato, che così non sarebbe riuscita ad elaborare il lutto né a trovarvi un senso, eppure non riusciva a farne a meno.

Occhi che si guardano e che dicono più di mille parole, mani che si stringono alla ricerca di un vano conforto, o semplicemente della forza necessaria a dirsi addio. Attimi di una vita insieme che scorrono in uno sguardo, sorrisi che sanno e dicono tutto, intrisi di amarezza per qualcosa che era ed ora non sarà più. E un dolore secco al cuore, che lacera e riduce in brandelli ogni cosa, che fa tremare le labbra ma che non le impedisce di sorridere con tutto l’amore che sente in ogni fibra squarciata di sé, illuminando gli ultimi istanti di una vita vissuta a pieno.

Pepper prese un respiro profondo, cercando di respingere il groppo che sentiva in gola. Si passò le dita sotto agli occhi, scacciando velocemente le lacrime che stavano prendendo forma. Impiegò qualche minuto per riprendere il controllo, e infine sentì una calma effimera eppure tanto agognata diffondersi nelle vene. Inclinò appena il capo, osservando distrattamente ora il cielo che si scuriva poco a poco, ora le vetrate degli edifici accese dalla luce del sole calante. Il dolore che sentiva era intenso e pungente, ma Pepper sapeva che con il tempo avrebbe imparato a conviverci, a considerarlo suo malgrado una parte di sé di cui non poteva privarsi. Si trattava di una serena rassegnazione, di chi sa che le cose sono andate come dovevano andare.

Ripensò a quando, davanti alle ampie vetrate della Stark Tower in quella che le sembrava un’altra vita – eppure erano passati solo pochi anni – aveva ritenuto del tutto inaccettabile che Tony si sacrificasse per il bene comune [3]. Ora, invece, riusciva a vedere l’altra faccia della medaglia: aveva capito quanto fosse fondamentale per Tony salvare il mondo e fare la differenza, come non potesse tirarsi indietro di fronte alle minacce ma fare tutto ciò che era in suo potere per toglierle di mezzo; come non avrebbe potuto più guardarsi allo specchio, se non lo avesse fatto. Pepper lo aveva capito e, soprattutto, lo aveva accettato. Per questo, seppur una parte di sé avrebbe dato qualsiasi cosa per riaverlo al suo fianco e lenire la morsa inesorabile che le stringeva costantemente il cuore, era serena riguardo al suo sacrificio.

Il rumore ripetuto di un clacson premuto con forza interruppe il filo dei suoi pensieri. Pepper sbatté le palpebre e si riscosse, osservando le auto sfrecciare in basso sulla strada trafficata. Aveva perso la concezione del tempo. Di colpo sollevò il polso e controllò l’ora sull’orologio sottile e semplice che portava: erano quasi le 18, doveva andare a prendere Morgan. Mise in ordine la scrivania e spense il computer, appuntando rapidamente sull’agenda alcune incombenze da sbrigare il giorno dopo. Prese la borsa e uscì, percorrendo a lenti passi il candido corridoio che portava agli ascensori e salutando con un lieve sorriso gli impiegati ancora presenti. Raggiunse il piano interrato e si avvicinò alla sua auto, parcheggiata poco più in là. Ingranò la retromarcia e fece manovra, poi si immise nel traffico newyorkese.

Con il progressivo ritorno alla solita routine di tutti i giorni, molti dei suoi amici si erano più volte offerti di aiutarla con la bambina. Pepper aveva sorriso di fronte alla loro disponibilità, uno dei numerosi modi in cui dimostravano il loro affetto per lei e Tony. Aveva però deciso di ricorrervi solo quando strettamente necessario: sapeva quanto fosse importante trascorrere del tempo con Morgan e seguirla di persona nella sua crescita; per questo stava cercando di conciliare il più possibile la vita lavorativa con quella privata, dedicando il giusto tempo ad entrambi gli ambiti. Quel giorno, però, aveva dovuto partecipare a diverse riunioni, che l’avevano tenuta impegnata per quasi tutto il pomeriggio. Ne aveva parlato con Rhodey un paio di sere prima e lui si era offerto di andare a prendere la bambina a scuola e di badare a lei per tutto il tempo necessario. Stava appunto raggiungendo la sua piccola e confortevole casa in periferia, dove si era trasferito poco dopo la Battaglia: il dolore per la perdita di Tony aveva colpito duramente anche lui e Pepper comprendeva bene il suo improvviso bisogno di isolarsi.

Si ritrovò ben presto di fronte all’edificio in mattoni che ormai le era sempre più familiare. Parcheggiò con cura la macchina sul ciglio della strada e spense il motore. Prima di scendere, controllò velocemente il suo aspetto nello specchietto retrovisore: sistemò una ciocca sfuggita dall’acconciatura e si pettinò la frangetta, poi aprì la portiera e percorse i pochi passi che la separavano dalla porta d’ingresso. Il volto sorridente di Rhodey comparve qualche secondo dopo aver suonato il campanello. «Ciao, Pepper» la salutò, dandole un bacio sulla guancia. «Entra, Morgan è di là».

«Grazie, Rhodey. Spero che sia stato un pomeriggio tranquillo» rispose, seguendolo in casa.

«Tranquillissimo. È davvero una bambina adorabile» la rassicurò lui, poi mosse qualche passo verso il salotto. «Ehi, Morgan! Guarda chi c’è!» chiamò.

Morgan era distesa su un folto tappeto rosso, circondata da una marea di pastelli. Sentendosi chiamare, sollevò lo sguardo concentrato dal foglio colorato che aveva davanti a sé e lo puntò sull’ingresso. Vedendola lì in attesa, con un sorriso felice sulle labbra, il volto della bambina si illuminò. «Mamma!» urlò, alzandosi in fretta e correndo a tuffarsi tra le sue braccia spalancate.

«Ciao, amore mio» la salutò Pepper, dandole un bacio affettuoso sui capelli. «Come stai? Hai fatto la brava con lo zio Rhodey, oggi?».

Morgan annuì con decisione. «Sì, sono stata bravissima. Io e lo zio abbiamo fatto tanti giochi insieme» rispose contenta.

«Zio Rhodey conferma» convenne lui. «Sono un po’ ammaccato. Credo di non avere più l’età per queste cose» sospirò, massaggiandosi il collo con una mano.

Pepper si lasciò sfuggire una risatina, sinceramente divertita. «Anche Tony lo diceva. Si lamentava in continuazione, ma poi puntualmente li trovavo sdraiati per terra a svolgere qualche strana missione» proferì, un sottile velo di malinconia ad accompagnare le sue parole. Poi si rivolse alla bambina, prendendo tra le dita una ciocca scura e sistemandogliela con cura dietro l’orecchio. «Forza, è ora di andare a casa. Prendi le tue cose e dai un bacio allo zio».

La bambina scosse la testa, corrugando appena le sopracciglia. «Ma mamma, non ho finito il mio disegno» protestò. «Mi manca poco».

Pepper si accigliò appena. «Lo finisci a casa, dopo cena. Abbiamo già disturbato lo zio a sufficienza, per oggi» replicò, ragionevole.

«Lascia che finisca il disegno, Pepper, non c’è problema. Davvero. Ti offro qualcosa da bere, nel frattempo» propose Rhodey.

Pepper osservò per qualche istante il volto sorridente dell’amico, poi riportò lo sguardo sulla figlia. «E va bene. Ma non metterci troppo, intesi?» rispose, lanciandole un’occhiata eloquente.

Morgan annuì solenne, poi tornò a spaparanzarsi sul tappeto. Pepper si alzò e seguì Rhodey in cucina, rivolgendogli uno sguardo di scuse. «Perdonaci per il disturbo. Ti sono davvero grata per quello che fai per noi».

Lui fece un gesto vago con la mano, minimizzando. «Figurati, non mi pesa affatto, anzi. È il minimo che possa fare, per voi e… per lui» la sua voce quasi si spense sulle ultime parole. Le diede le spalle, aprendo l’anta del frigorifero. «Allora, cosa preferisci? Ho della birra, qualche bibita…».

«Un bicchiere d’acqua andrà benissimo, ti ringrazio» replicò. Prese posto su una delle sedie che circondavano il tavolo, mentre lui vi posava sopra due bicchieri e una brocca.

«Com’è andata al lavoro, oggi?» le chiese, versandole da bere.

«Oh, bene. Una classica giornata piena di impegni» si schermì lei. «E tu, invece? Come procede all’aeronautica?».

«Tutto liscio come l’olio» rispose, bevendo un sorso. «Stiamo vivendo uno dei periodi di pace più lunghi e tranquilli, da un decennio a questa parte. Meglio goderselo» aggiunse, facendo spallucce.

«Già» concordò Pepper, rigirandosi il bicchiere tra le mani. Parlarono per un po’ del più e del meno, delle Stark Industries, di come stessero procedendo i lavori di ricostruzione del Complesso. Si informarono a vicenda sulle sorti degli Avengers superstiti, poi rimasero in silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri. Fu Rhodey, infine, a spezzarlo.

«Mi manca» proruppe. «Mi manca davvero da morire».

A Pepper non servì sentirgli pronunciare il suo nome. Sapeva perfettamente a chi si riferisse. «Lo so».

 «Non riesco a credere che l’abbia fatto sul serio. Che si sia sacrificato così, senza pensare alle conseguenze» sbottò lui, la voce intrisa di frustrazione. Per quanto ci provasse, Rhodey non riusciva ad accettare la morte dell’amico: era convinto che avrebbe potuto esserci un altro modo, che avrebbero potuto salvare il mondo senza dover necessariamente perdere Tony. Pepper glielo aveva sentito ripetere più volte.

«Sai che non si sarebbe mai tirato indietro» ragionò, stringendosi nelle spalle. «L’ha fatto per noi, affinché potessimo vivere una vita piena, priva di minacce. L’ha fatto per Morgan, perché fosse al sicuro. Niente per lui contava più di questo».

Mentre lo diceva, sentì la sua compostezza incrinarsi piano piano: gli angoli della bocca si abbassarono, una ruga le attraversò la fronte, le spalle si incurvarono sotto un peso invisibile eppure del tutto percepibile. Se ne rese conto, ma permise comunque alle sue difese di abbassarsi perché si trovava con Rhodey, qualcuno che comprendeva bene il suo dolore e che lo condivideva a pieno. A lui poteva concedere di intravvedere lo strazio che corrodeva il suo animo dall’interno. Il silenziò calò di nuovo nella stanza, carico di sofferenza e di una profonda malinconia che ormai conoscevano in ogni sfumatura. Poi Pepper si ricompose, richiuse dentro di sé tutto ciò che provava e gli rivolse un lieve sorriso. «Beh, è un notevole passo avanti, rispetto al Tony del passato» sdrammatizzò.

Rhodey la scrutò a fondo, studiando la sua espressione. Per un attimo, le sembrò che volesse dire qualcosa, ma non lo fece. Scosse la testa e ricambiò il suo sorriso. «Ammiro la tua forza d’animo, Pepper. Sei un esempio per tutti» affermò infine.

Un rumore di passi concitati interruppe la loro conversazione. Morgan fece capolino dalla porta, entusiasta. «Ho finito!» annunciò euforica, per poi avvicinarsi a loro e posare il disegno sul tavolo. «Guardate» li esortò, arrampicandosi sulle gambe di Pepper e sistemandosi tra le sue braccia.

Pepper osservò il disegno: raffigurava un prato verde punteggiato di alberi, con delle montagne sullo sfondo; al centro, Morgan aveva disegnato un laghetto, affiancato da una sorta di capanno. «Wow, che bello!» commentò, dandole un bacio sulla guancia. «Che posto è?».

«È il posto dove si trova papà adesso» rispose la bambina, con voce cristallina. Un silenzio stupito scese nella stanza, prima che lei cominciasse ad illustrare il disegno. «Lì c’è il laghetto, qui c’è il garage. E tanti fiori gialli».

«Gialli? Non rossi?» chiese Pepper, riscuotendosi e osservandola con attenzione. Morgan aveva visto più volte suo padre armeggiare con la sua armatura rossa e oro; immaginava che, pensando a Tony, le venisse più spontaneo associare a lui quel colore.

«No, gialli. Come il sole. Vedi?» Morgan indicò con eloquenza il sole. «Mi piace tanto, il giallo» mormorò [4].

«È un disegno davvero bello, scricciolo. Bravissima» Rhodey le scompigliò i capelli in un moto d’affetto. «Potrai fare la pittrice, da grande!» affermò, facendole l’occhiolino.

Morgan ci pensò su per qualche secondo, poi scosse la testa ridendo. «Io voglio costruire tante cose belle come il mio papà!» replicò, sicura.

Pepper e Rhodey si guardarono, increduli; poi Pepper si lasciò sfuggire un sorriso e scosse la testa, accarezzando i capelli di sua figlia. «Questo è il gene Stark, temo. Generazione dopo generazione, alla fine spunta sempre fuori».


***

 
“All the hurt, all the lies
All the tears that they cry
When the moment is just right
You’ll see fire in their eyes”
 

«Cosa ti va di mangiare, tesoro? Facciamo le polpette?» Pepper guidava con calma, lo sguardo concentrato sulla strada poco trafficata. Si erano lasciate alle spase le ultime case da qualche minuto, ormai, e accanto a loro scorrevano prati immersi nel buio.

Morgan sedeva sul suo seggiolino, sul sedile posteriore. «Non so». Tormentava l’orsetto di pezza che teneva tra le mani, lo sguardo appena corrucciato. «Possiamo chiedere a Peter di venire da noi stasera?» chiese infine.

Pepper sollevò lo sguardo e lo puntò sulla bambina attraverso lo specchietto retrovisore. La sua espressione si addolcì, rendendosi conto di quanto sua figlia si fosse affezionata in così poco tempo a quel ragazzo allegro ed educato. Non lo conosceva da tanto, eppure ormai era come se fosse uno di famiglia. Non riuscì a trattenere un sorriso: il giovane Parker aveva fatto breccia a colpo sicuro nei cuori degli Stark, padre e figlia. «Adesso è troppo tardi, Morgan. Peter domani deve andare a scuola, e anche tu. Gli chiederemo di venire nel fine settimana, d’accordo?» propose.

La bambina inclinò appena la testa, non troppo convinta. «Ok» rispose.

Pepper la osservò di nuovo, intenerita. Si chiese cosa potesse fare per risollevarle il morale. Un’intuizione le attraversò ben presto la mente. «Sai cosa possiamo mangiare?» domandò, con tono allegro e al tempo stesso complice. «Un bel cheeseburger gigante!».

Il viso della bambina si illuminò di colpo. «Con doppio formaggio?» chiese, gli occhi che le brillavano.

«Con doppio formaggio» confermò Pepper, apprestandosi a compiere una piccola deviazione prima di tornare a casa. Sapeva che il cheeseburger l’avrebbe resa felice – del resto, la mela non cade mai troppo lontana dall’albero.

Raggiunse in poco tempo il loro ristorante di fiducia – Tony si era assicurato che ce ne fosse uno nelle vicinanze, quando avevano scelto di trasferirsi da quelle parti – e ordinò i panini, aspettando pazientemente mentre la bambina saltellava allegra al suo fianco. Ritirarono la cena e poi risalirono in macchina, riprendendo la strada di casa. Le loro voci concitate riempivano l’abitacolo e sovrastavano la radio accesa, mentre percorrevano gli ultimi chilometri che le separavano dalla loro destinazione. Dopo qualche minuto, Pepper rallentò e svoltò leggermente per immettersi su una stradina sterrata. Percorse il vialetto a passo d’uomo, in sottofondo lo scricchiolio dei sassi accompagnato dal frinire dei grilli, e parcheggiò infine l’auto sullo spiazzo antistante la casa. Aiutò Morgan a scendere ed entrarono, chiudendosi la porta dietro di loro. Sua figlia corse di sopra a riporre lo zaino, mentre lei posava la cena sul tavolo ed iniziava ad apparecchiare.

Nonostante ogni angolo di quella casa le ricordasse Tony in maniera dolce e al tempo stesso dolorosa, non aveva avuto il cuore di venderla e trasferirsi. Quel posto aveva rappresentato un porto sicuro per cinque meravigliosi anni, in cui avevano scoperto la felicità di essere una famiglia, condividendo gioia e dolore, pianti e risate. Sapeva inoltre quanto Morgan amasse quella dimora, quanto adorasse trascorrere le giornate in giardino all’aria aperta; non voleva costringerla a vivere in una città caotica prima del necessario. No, pensò, non se la sentiva di traslocare. Forse un giorno lo avrebbe fatto, ma per il momento stavano bene lì.

Morgan la raggiunse in cucina e presero posto a tavola, parlando della scuola e scambiandosi risatine tra un boccone e l’altro. Dopodiché, armate di ghiaccioli, si spaparanzarono sul divano a guardare cartoni animati, godendosi la vicinanza reciproca. Trascorsero la serata così, strette l’una tra le braccia dell’altra, con Pepper che le accarezzava i capelli e Morgan che ridacchiava allegramente per qualche scena buffa. Poi Pepper guardò l’orologio e decise che era ora di andare a letto. La aiutò con delicatezza a fare il bagno e la accompagnò nella sua cameretta. Morgan si mise il pigiama e si infilò a letto sbadigliando. Pepper si sedette accanto a lei, sistemandole il cuscino e le coperte.

«Mamma?» chiese la bambina, stropicciandosi gli occhi.

«Dimmi, tesoro».

«Secondo te a papà piace il mio disegno?». Le mani di Pepper, intente a sollevare il copriletto, si bloccarono a mezz’aria. Si accorse di come lei parlasse del padre sempre al presente, come se non se ne fosse andato davvero.

Terminò di rimboccare le coperte, sorridendo con dolcezza. «Ma certo. Ti direbbe che è stupendo, che sei una piccola artista» la rassicurò.

Morgan si zittì. Corrugò le sopracciglia scure come faceva sempre quando pensava a qualcosa e fissò per un po’ la parete di fronte a lei. «Vorrei tanto farglielo vedere» proferì infine.

Pepper avvertì distintamente il fiato bloccarsi all’altezza del petto e una morsa spiacevole stringerle lo stomaco. Le accarezzò la testa con dolcezza, desiderando confortarla in qualche modo, poi inclinò il viso e la scrutò con attenzione, soffermandosi sui suoi occhi nocciola così simili a quelli di Tony. Non ebbe bisogno di pensare troppo a cosa dirle: la risposta era proprio davanti a sé. «Oh, ma lui lo vede, sai? Vede tutto quello che fai. Lui è sempre con te. È qui dentro» replicò, indicando il suo cuore «e non andrà mai via».

Morgan si guardò il petto, ragionando per qualche istante sulle parole della madre, poi annuì con convinzione. «Allora farò tanti disegni per lui. Così sarà sempre contento!».

«Mi sembra un’ottima idea» concordò Pepper. Poi le diede un bacio sulla fronte e un buffetto sul naso. «Buonanotte» la salutò.

Si alzò e spense la luce, apprestandosi ad uscire. Socchiuse la porta e rimase a guardare sua figlia attraverso la fessura, in viso un’espressione intenerita. Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere affinché il sacrificio di Tony non fosse stato vano, si disse. L’avrebbe tenuta al sicuro, standole accanto e guardandola realizzare un passo dietro l’altro, un sogno dopo l’altro.

Ti darò tutto l’amore che potrò [5].


***


Pepper entrò in camera da letto, passandosi distrattamente una mano tra i capelli ancora umidi. Si avvicinò al comò sul quale teneva creme e cosmetici vari e ne prese una per il viso, cominciando a spalmarsela con delicatezza. Massaggiò con gesti lenti le guance e il mento, poi risalì lungo gli zigomi e percorse la ruga appena accennata delle occhiaie. Lo specchiò le restituì l’immagine di una donna che si avvicinava alla mezza età, la cui evidente bellezza cominciava poco a poco ad incrinarsi sotto al peso di un dolore che logora e non da tregua. Pepper osservò i suoi occhi azzurri, un tempo così caldi e accesi, ora spenti e malinconici. Un giorno sarebbero tornati a brillare, pensò. Morgan sarebbe sicuramente riuscita a farli splendere di nuovo.

Prese a spazzolare i lunghi capelli ramati, pettinando le folte ciocche con cura. Nonostante il doloroso lutto che stava vivendo, che avrebbe richiesto tempo e pazienza per essere elaborato ma che non l’avrebbe mai abbandonata del tutto, Pepper considerò che, in fondo, la vera vincitrice morale di quella Battaglia era lei. Aveva avuto infatti l’opportunità di accompagnare Tony nel suo straordinario percorso di vita, che lo aveva portato dall’essere un menefreghista mercante di morte a dare la sua vita per la salvezza degli altri. Nei lunghi e felici anni trascorsi insieme, prima come semplice e fidata assistente, poi come compagna di vita leale e premurosa, aveva avuto modo di supportarlo, amarlo e sostenerlo; il suo stesso amore aveva contribuito a renderlo l’uomo che era. Era fiera di Tony, pensò, lo era con ogni fibra del suo essere, nonostante l’amaro epilogo a cui erano stati destinati. Ma Pepper aveva imparato che c’erano cose più importanti dell’amore senza fine che lega indissolubilmente due persone, che a volte è necessario sacrificare qualcosa di caro e prezioso per il bene di tutti. E il bene di tutti, realizzò, era anche il suo. E poi aveva una bellissima bambina, esatto riflesso del padre, che doveva guidare e crescere con amore: un motivo del tutto valido per guardare al futuro con speranza. Era così orgogliosa di sua figlia, così vispa e intelligente, da non avere alcun dubbio che la vita le avrebbe riservato una lunga serie di successi da gustare con calma, uno dopo l’altro. E se un giorno Morgan avesse davvero voluto seguire le orme di Tony, sarebbe stato suo compito darle tutto il sostegno di cui avrebbe avuto bisogno. Lo avrebbe fatto senz’altro.

 “Ho vinto” pensò, scostando le coperte e sdraiandosi sul lato destro del materasso. “Tra tutti, chi ha vinto, alla fine, sono io”. Eppure, il suo letto era freddo e vuoto, gli occhi di Tony non le avrebbero più sorriso come se lei fosse il bene più prezioso al mondo e le sue braccia non l’avrebbero stretta a sé mai più.


“She’s got lions in her heart
A fire in her soul
 
When you’ve been fighting for it all your life
You’ve been struggling to make things right
That’s how a superhero learns to fly”

Superheroes – The Script




Note:
[1] Secondo il sito https://marvelcinematicuniverse.fandom.com/wiki/Bambi_Arbogast, Bambi Arbogast è la segretaria di Pepper. Appare brevemente in Iron Man 2.

[2] Come mostrato in Spider – Man: Far From Home.

[3] Si tratta di un riferimento al capitolo 3.

[4] Il giallo è il colore che più facilmente viene associato alla felicità, soprattutto da parte dei bambini. Mi piaceva l’idea di questo contrasto, nel quale gli adulti danno per scontato che lei utilizzi il rosso, colore che caratterizzava Tony, mentre Morgan, con la naturalezza tipica dei bambini, sceglie il giallo perché associa suo padre alla felicità.

[5] Piccolo omaggio rivisitato al meraviglioso libro di Agnese Borsellino, “Ti racconterò tutte le storie che potrò”.




Ciao a tutti! Spero non mi odierete troppo per questo capitolo decisamente drammatico: confesso che lo avrei volentieri evitato, ma mi ero ripromessa di attenermi a quanto raccontato nei film ed era, ahimè, un passaggio obbligato.

Dunque, il capitolo si colloca qualche tempo dopo Endgame e il punto di vista è chiaramente quello di Pepper: ho cercato di immaginare come siano andate le cose, come lei e sua figlia siano ritornate alla normalità, se così si può definire. Il mio intento era sicuramente quello di rendere omaggio a un personaggio forte e straordinario come Pepper, dall’inizio alla fine. E si conclude così la sua evoluzione, che l’ha portata ad essere la donna forte e saggia che ben conosciamo: una supereroina ha tutti gli effetti, come recita il titolo.

Dopo averlo nominato diverse volte, Rhodey fa la sua prima apparizione concreta. Al momento non ci è stato detto praticamente nulla sulla sua vita post Endgame, ho immaginato che sia ritornato a lavorare per l’aeronautica militare e che abbia accantonato gli Avengers, almeno per ora. E compare anche Morgan: spero di essere riuscita a fare un buon lavoro con lei, ero un po’ in difficoltà. Mi piace pensare che, anche se Tony non c’è più, abbia comunque stretto un bellissimo rapporto con Peter, come se fossero una famiglia a tutti gli effetti. Per il suo disegno, mi sono vagamente ispirata al disegno che il Principe George ha fatto nei mesi scorsi per la festa della mamma, dedicato a Lady Diana: lo potete vedere qui.

Il prossimo sarà l’ultimo capitolo: posso anticiparvi che sarà una sorta di bonus.

Grazie a chi seguirà, recensirà e leggerà la mia storia: se mi farete sapere cosa ne pensate, mi renderete molto felice!
 
Iander

 
  
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