Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    29/05/2021    14 recensioni
Una voce femminile fuori campo:
“Eccoli lì, quei due idioti! Si vede lontano un miglio che sono innamorati, ma io voglio Ryo Saeba, e sarà mio ad ogni costo!”
L'ennesimo caso per i nostri due amati sweeper, ma stavolta dove si nasconderà il pericolo? Riuscirà questa coppia di innamorati sgangherati e senza speranza a risolvere tutti i problemi che si troveranno ad affrontare?
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Ed eccoci al sospiratissimo finale! Anche se dai, non l’ho tirata troppo per le lunghe, sono solo 9 capitoli e ho aggiornato abbastanza spesso.
Va be’ spero che vi piaccia la conclusione della mia storiella.
Ci siamo tenute compagnia con qualche risatina e un po’di romanticismo.
Sono in debito con voi per la vostra stima e simpatia, e non finirò mai di RINGRAZIARVI.
Vi lovvo
A presto
Eleonora






Cap. 9 Non è come sembra
 
“Sei una donnaaaaaaaa!!!” urlò Ryo improvvisamente stravolto, pareva impazzito.
Poi prese a ripetere, tirandosi pugni in testa:
“È una donna, era una donna, è una donna, era una donna…”
 
Kaori sembrava aver preso la notizia con molta più filosofia, ma si stava facendo sempre più imbarazzata di fronte al comportamento del socio, che era passato in un battibaleno dal freddo sweeper al debosciato più idiota del mondo.
La ragazza s’impensierì.
Di fronte ai coniugi Sei, che lo guardavano attoniti, Kaori quasi si ripiegò su sé stessa, vergognandosi per la reazione spropositata del partner, e un grosso gocciolone di sudore le scese lungo la tempia.
Estremamente a disagio, iniziò pure a balbettare una serie infinita di “eh eh eh eh eh” e, prima che Ryo si giocasse l’ultimo briciolo di dignità, lo afferrò per un braccio e lo scosse energicamente, sibilandogli fra i denti:
 
“Smettila! Ryo, smettila!”
 
Ma lui interruppe quella lunga sequela, ripetuta come un mantra, solo per dirle:
 
“Kaori, ma non capisci? È una donna!!!” per poi riprendere quella scenetta da invasato, con gli occhi girati all’indietro, il ritratto della follia.
 
Kaori, da imbarazzata che era, cadde in un profondo stato di sconforto.
Non era più una scenetta da scemo del villaggio, quella che il socio aveva messo su a beneficio degli astanti: lui stava letteralmente impazzendo, al solo pensiero che una bellissima donna compiacente – seppur animata dalla voglia di vincere una stupida scommessa, per spassarsela con un uomo affascinante e aitante come Ryo – avesse fatto di tutto per sedurlo, e lui… lui l’aveva fermamente respinta!
 
Allora era vero, anche Ryo era fatto della stessa pasta di questa coppia libertina; aveva perso una buona occasione servita su un piatto d’argento, e il fatto che si fosse sbagliato, che avesse creduto che quella creatura fosse un uomo come lui, aggravava la disdetta.
In quei giorni però, lui si era avvicinato tantissimo a Kaori, si erano baciati più volte, l’ultima anche poche ore prima… ma allora quello non voleva dir niente, per lui?
Kaori era stata un ripiego?
Una donna – perché almeno, di quello, lui era sicuro che lo fosse – facile da sedurre perché a portata di mano?
O magari il banco di prova per controllare se ancora tutto funzionasse bene in lui, per sentirsi ancora uomo?
 
Mortificata per l’ignobile figura che stava facendo l’altra metà di City Hunter, e ferita per la constatazione che Ryo non era cambiato e non sarebbe cambiato mai, Kaori gli diede l’ennesimo strattone e, un po’ scusandosi con i Sei, un po’ salutandoli alla meglio, bofonchiando parole senza senso, riuscì a trascinarlo fuori, giù per la scaletta, e poi all’aperto sulla pista di atterraggio.
 
Ryo si era apparentemente calmato, ma ora emetteva un singolo monocorde lamento, e pareva non più presente a sé stesso.
Ancora trascinandolo, animata da una rabbia sorda e da una sorta di ribellione, quando Kaori fu a pochi passi dalla Mini si arrestò di botto e, voltandosi, lo fronteggiò; e visto che ancora Ryo non reagiva a niente, perso in un mondo tutto suo, con quanta più forza aveva in corpo, gli assestò un potente manrovescio, che gli fece voltare il viso dall’altra parte.
 
Quello schiaffo ebbe il potere di spezzare lo stato catatonico in cui era caduto lo sweeper, di riportarlo indietro, di scuoterlo.
Fu come se si risvegliasse in quel momento e sbattendo le palpebre più volte, ritornò il Ryo di sempre.
Leggermente sbalordito, si guardò intorno ma quando si accorse dell’espressione adirata e disperata insieme della socia, capì di aver esagerato, di essere andato troppo oltre, e di averla ferita come mai prima d’ora.
Lei lo guardava con occhi pieni di lacrime inespresse, e la sua aura emetteva così tanto dolore che Ryo ne fu sopraffatto.
L’uomo si fece improvvisamente serio, in preda al rimorso.
 
Sapeva benissimo cosa stesse pensando la ragazza in quel momento: si sentiva tradita, umiliata, ancora e ancora, proprio da lui, che si era lasciato andare con lei, che l’aveva baciata, che le aveva fatto capire che sì, anche lui finalmente corrispondeva i suoi sentimenti.
Perché Ryo aveva fatto nuovamente la scena, aveva vanificato il significato di quei baci, di quei bellissimi momenti che avevano condiviso insieme negli ultimi giorni; e gli sfilarono nella mente i ricordi di quando avevano dormito insieme e si era sentito irrimediabilmente attratto da lei, di quel bagno al limite dell’asfissia, a stretto contatto col suo meraviglioso corpo nudo, e quel bacio che lo aveva fatto resuscitare…
Non era forse lui che, fino a pochi minuti prima, non vedeva l’ora di liberarsi di Kelly e del suo degno consorte, per correre a casa e riprendere da dove erano stati interrotti?
O meglio, iniziare una nuova, dolcissima esistenza, con l’amore della sua vita?
E invece…
Aveva rovinato tutto, come sempre.
 
Il mutismo assordante della socia, ritta di fronte a lui, gli stava lacerando le orecchie.
Abbassò la testa e le sussurrò uno: “Scusa” che già sapeva non sarebbe stato sufficiente.
Lei, per tutta risposta, gli voltò le spalle e salì in macchina senza dire una parola.
Anche lui salì a sua volta, mise in moto e fecero ritorno a casa, in un silenzio greve di parole non dette e di pensieri angoscianti: da una parte rabbia, dolore, delusione… dall’altra profondo rammarico e il timore di non riuscire a farsi perdonare, recuperare la stima e l’affetto dell’altra.
 
 
 
 
Era già scesa la notte su Shinjuku, e la casa buia sembrava ancora più triste e tetra.
Kaori salì a passo sostenuto le scale dell’appartamento, cercando di seminare il socio che la tallonava dappresso e sperando di dimenticare al più presto quell’ennesima, spiacevole, brutta esperienza, per poter ricominciare, come se niente fosse, il giorno dopo.
Non andava sempre così, del resto?
Stava già per imboccare le scale che l’avrebbero portata in camera da letto quando, inaspettatamente, Ryo l’afferrò per un braccio a trattenerla.
 
“Kaori! Aspetta!”
 
Lei si voltò con gli occhi fiammeggianti: non era propriamente odio, ma un sentimento che gli era molto simile; di sicuro Ryo vi lesse anche dolore e profondo sconforto.
E l’uomo pensò che lì, in quel preciso momento, avrebbe dovuto prendersi a cazzotti la testa, e non per essersi lasciato scappare quella maliarda, ma per aver ferito, e non per la prima volta, la cara socia.
Che poi, avrebbe concluso veramente?
Sarebbe arrivato fino in fondo?
Da quanto tempo non succedeva più?
E sempre perché, da quando si era scoperto irrimediabilmente innamorato di Kaori, non riusciva più ad andare oltre a qualche bacio, qualche strusciatina o palpatina, avendo sempre come l’impressione di star a tradirla.
E soprattutto, ne sarebbe valsa la pena?
Dentro di sé la trovava già una cosa strana, che una donna di tal fatta si approcciasse così a lui… di solito le altre scappavano a gambe levate quando si faceva avanti, o non appena capivano che le avrebbe portate in un love hotel al primo .
Al massimo si innamoravano di lui, e avrebbero voluto un rapporto serio, solo quando le salvava dal pericolo, le proteggeva dai cattivi, e vedevano in lui il giustiziere senza macchia e senza paura.
 
Ryo” si disse “Sii sincero con te stesso, una volta per tutte. Tu, con Kelly, non ci saresti andato comunque!
 
Ma non solo!
Si meravigliò non poco, quando realizzò che il suo subconscio aveva voluto trovare una scusa per non tentare la sorte con la cliente.
 
Quel giorno, dentro il bagno, lui non aveva visto chiaramente proprio nulla, e invece di soffermarsi sulla nudità invitante di quel corpo, si era auto-convinto, per uno strano scherzo del cervello, che quella fosse un uomo solo perché l’aveva trovata in quella posizione.
La storia del mokkori power che si era sbagliato, la convinzione che quella creatura fosse un travestito, era solo una contorta e bizzarra reazione del suo io più intimo, al fatto che non voleva provarci con Kelly come d’abitudine, come da routine.
Questa consapevolezza gli era arrivata contro come un treno in corsa, nell’attimo esatto in cui aveva fissato gli occhi duri di Kaori, e l’uomo ne era rimasto come folgorato.
 
Doveva dirglielo, doveva spiegarle le cose come stavano.
Le doveva altresì un chiarimento.
 
Non è come sembra” le disse all’improvviso Ryo, spezzando quel silenzio schiacciante, e rompendo gli indugi.
 
Kaori lo guardò, e i suoi occhi di ambra si offuscarono leggermente per effetto dell’incomprensione.
 
“Kaori, ascolta, non è come sembra” reiterò l’uomo.
 
A quel punto la socia, sfoderando un sorriso sardonico e irridente, ribatté:
 
“È vero, non è mai come sembra, perché è sempre tutta una finzione, una  bugia, con te!”
 
Stavolta fu il turno di Ryo di non capire; lei proseguì:
 
“È una bugia quando dici che mi trovi indifferente, perché invece so che, sotto sotto, mi desideri, però sei talmente codardo da negarlo perfino con te stesso; è una finzione ogni volta che ti lasci andare, come quel giorno nella radura, e mi fai capire che sono importante per te, che probabilmente mi vuoi bene, salvo poi tornare sui tuoi passi e fare finta che non sia successo nulla… Era una finzione quando, per sfuggire alla corte asfissiante e imbarazzante di Kelly, ti sei gettato fra le mie braccia e mi hai baciata come se lo volessi davvero… perché poi sei andato fuori di testa nell’attimo stesso in cui hai capito che no, non era un travestito, e che ti eri fatto scappare l’occasione della tua vita”
 
Ryo, attonito, l’ascoltava senza riuscire a connettere.
 
Kaori sorrise con amarezza e continuò, a bassa voce:
 
“Era una finzione quando, davanti a Kelly, hai detto che ero la tua fidanzata… la tua promessa sposa… e sì, anche la tua amante, perché tu queste cose non le pensi davvero e non t’importa nulla di me”.
 
“Kaori… io…” provò a dire l’uomo.
 
“Non dire altro, tanto domani farai e dirai l’esatto contrario… Sono stanca di credere alle tue parole, non mi merito tutto questo…” e abbassando lo sguardo sul suo braccio, ancora prigioniero della forte mano del socio, gli disse:
 
“Lasciami… è tardi, voglio andare a dormire” ben consapevole che dormire sarebbe stato impossibile.
 
Ma lui, inaspettatamente, le rispose solo un “No” che significava tutto e niente; non voleva lasciarla, voleva tenerla lì con lui, aveva bisogno di lei, della sua presenza… non era così che le cose dovevano andare; e poi voleva, e doveva, trovare il modo di farsi perdonare.
Ma, al solito, non sapeva da dove cominciare, pertanto iniziò dicendole ciò che gli passava per la testa in quel momento:
 
“Kaori, perdonami…” che era già tanto per lui.
 
E lei, non abituata a sentirgli chiedere scusa, ne rimase stupita.
Capiva che il socio stava combattendo una dura battaglia con sé stesso, dilaniato fra il volersi aprire con lei e continuare a tenersi le cose dentro; gli diede tempo, ma non l’avrebbe imboccato, né gli sarebbe andata incontro.
Però gli occhi le si addolcirono, e persero un po’ di quella luce funesta che tanto spaventava il più grande sweeper del Giappone; Ryo, incoraggiato, raccolse le idee e provò a spiegarsi:
 
“Hai ragione, ti ho fatto capire sempre cose diverse dalla realtà, ho dissimulato, cercato di nascondere il più possibile quello che provavo veramente per te, ti ho confuso volutamente le idee, Kaori, perché… perché avevo paura di te…” e qui sembrò perdersi; la socia, meravigliata, lo guardava senza capire e lui proseguì così:
 
“Nella vita non mi sono mai potuto permettere il lusso di essere sincero: ho sempre dovuto stare all’erta e non mostrare mai i miei veri pensieri, per non fornire appigli o pretesti al nemico, svelare il mio eventuale punto debole. Nel momento in cui ti apri agli altri diventi vulnerabile, facile preda di attacchi”
 
“Ma io… non sono un tuo nemico…” l’interruppe Kaori impulsivamente, con una leggera nota di protesta nella voce; questo ammorbidì lo sguardo dell’uomo che le rispose:
 
“No, Sugar, è vero, tu non lo sei, non lo sei mai stata. Solo con te e con Hideyuki mi sono sempre sentito al sicuro…”
 
“… e allora… perché…?” nuovamente l’interruppe.
 
“Perché? Perché tu sei l’unica che riesce a guardarmi dentro, che vedi al di là della corazza con cui ho cercato di proteggermi dal mondo, dagli altri… e anche se non mi hai mai giudicato, restando comunque al mio fianco anche dopo aver conosciuto il mio tremendo passato, di fronte a te io mi sento indifeso e fragile,e questa cosa… mi spaventa!” finì in tono disarmante, e facendo spallucce.
 
Non era stato facile per lui spiegarle che effetto gli facesse averla accanto, ma sapeva che giunti a quel punto doveva essere sincero una volta per tutte; e per timore che lei fraintendesse si affrettò a proseguire, non prima di aver allentato la presa sul suo braccio e averle rivolto un caldo sguardo rassicurante:
 
“Non so come spiegarlo, ma… non mi era mai capitato di incontrare una persona come te, di dipendere così tanto da un altro: tu hai la mia vita nelle tue mani e potresti distruggermi in qualsiasi momento, eppure hai scelto di proteggermi, come fossi la cosa più preziosa al mondo…”
 
“Ry-Ryo ma che stai dicendo? Io non potrei, mai e poi mai, farti del male, lo sai!”
 
“Sì, lo so. Però, proprio perché sono in tua balia, l’unico modo che ho trovato per proteggermi da te, è stato quello di nasconderti i miei pensieri e i miei veri sentimenti!”
 
Kaori scosse la testa; lei era totalmente aliena da questi raggiri mentali, per lei la vita non era così contorta: sentiva di amarlo da tantissimo tempo, e cercava di nasconderlo solo perché credeva che lui non la volesse, non ricambiasse i suoi stessi sentimenti, ma finiva lì.
Da che si erano conosciuti e lei era andata a vivere con lui, gli aveva affidato la sua vita: prima perché era rimasta sola al mondo e lui rappresentava il suo unico appoggio, e poi perché, ben più prosaicamente, col lavoro che facevano veramente Ryo non faceva altro che salvarla.
Ma lei era felicissima per questo, anzi, a volte le sembrava che fosse il solo modo per credere che Ryo tenesse un po’ a lei, salvo poi pentirsene un secondo dopo perché, per trarla dal pericolo, troppo spesso metteva a repentaglio la sua stessa vita.
Lei ogni giorno si affidava completamente a lui, e lo faceva con gioia; dipendeva da Ryo, anche emotivamente, ma questo non la spaventava affatto: per lei non era concepibile il contrario.
Però, se si soffermava su ciò che le aveva appena detto il suo socio, conoscendolo, poteva capirlo.
 
Lui, abituato a contare solo su sé stesso, aveva paura di dipendere da un altro essere umano.
Questa constatazione la sconvolse.
 
“Per-perdonami Ryo, non credevo di essere così importante per te …” disse Kaori, sentendosi inspiegabilmente triste e sciocca.
 
Avrebbe dovuto essere felice sapendo che lui la teneva in così tanta considerazione, ma Ryo aveva parlato di paura, e in nome di questa si era sempre trincerato dietro una cortina di fumo.
Non era consolante scoprire questa contorta verità, perché quando si ama veramente ci si dovrebbe abbandonare totalmente all’altro, non celarsi dietro scuse o paranoie.
 
Ryo notò subito che le sue parole, in qualche modo, l’avevano ferita di nuovo, e si preoccupò; ecco, non ne faceva mai una giusta, eppure le aveva appena detto che lei era importantissima per lui.
Nuovamente si buttò, sperando di non peggiorare la situazione:
 
“Sugar… è vero ho detto che questa cosa mi spaventa, ma io sono anche contento che sia così… voglio dire, io sento che ho bisogno di te, voglio stare con te, e ho così tanta fiducia che non affiderei la mia vita a nessun’altra donna sulla faccia della terra!”
 
Mai come in quel momento Ryo sperò che un suo colpo facesse centro, perché quando aveva a che fare con l’adorata socia – e affrontavano seriamente la loro relazione non dal lato lavorativo – diventava sempre maldestro, troppo duro, o sempre troppo criptico, e invece stavolta voleva a tutti i costi che lei capisse fino in fondo cosa intendesse; non sarebbe stato in grado di spiegarsi diversamente.
 
Ma Kaori in qualche modo capì; capì che Ryo era semplicemente e finalmente innamorato di lei, e che quello era lo stato d’animo di chi ha perso la testa per qualcuno; e se lui si faceva così tanti problemi a vivere queste emozioni, era solo perché non le aveva mai provate per nessun’altra.
 
Il cuore di Kaori si riempì di gioia, tanto che temette che le sarebbe scoppiato nel petto.
D’improvviso pensò che quelle frasi sibilline che lui le aveva rivolto, là nella radura, erano veritiere, che allora non aveva frainteso!
Però aveva ancora bisogno di una conferma, e questa non sarebbe arrivata dalle parole, lo sapeva; pertanto si alzò sulle punte dei piedi, e lo baciò.
 
Dapprima lo fece dolcemente, poi sempre più appassionatamente, e Ryo, superato il primissimo stupore, rispose con entusiasmo all’invito, e chiudendo gli occhi si lasciò andare.
 
Quel bacio era la somma di tutti i baci che si erano negati negli anni, la conferma del sentimento che così tanto tenacemente avevano osteggiato, e fu travolgente perché, a dispetto di quei primi che si erano scambiati quando ancora Kelly era lì in casa loro, questo era consapevole, fortemente voluto da entrambi. Non era più solo scoperta, ma accettazione, bisogno e consolazione.
Quando per mancanza d’aria si separarono, con gli occhi ricolmi d’amore, ancora ebbri della sferzata di emozioni provata, Kaori gli sussurrò sulle labbra:
 
“Allora era vero, quando mi hai baciato anche le altre volte non stavi fingendo. Avevo bisogno di verificare…”
 
“Direi di no, amore mio, quelli sono stati gli unici momenti in cui ero veramente me stesso…”
 
“Bene, allora, direi che sono soddisfatta, mi sono presa la parte migliore!”
 
“Che vuoi dire?” fece lui perplesso.
 
“Voglio dire che anche se hai finto per tutto questo tempo di non essere attratto da me, di non considerarmi una donna ma un travestito e via discorrendo, alla fine, al momento giusto, sei stato sincero, quindi al diavolo tutto il resto!”
 
“Già” fece lui ridacchiando come uno scemo.
 
“Mi chiedo come avresti reagito se mi fossi fatta avanti in certe situazioni” borbottò lei quasi fra sé.
 
“Ah, cara socia, probabilmente ti sarei caduto ai piedi come una pera cotta. Non sai le volte che ho sperato che lo facessi!”
 
“Idiota!” sbottò la ragazza, sferrandogli un cazzotto sul petto, leggermente contrariata.
 
Ma lui, incassato il colpo, tornò a stringerla più forte; l’attirò a sé ed affondò il viso nei suoi capelli:
 
“Hai ragione, tu non potevi saperlo… e poi mi sono comportato sempre così male con te, che se non l’hai mai fatto immagino fosse perché temevi di essere respinta…”
 
“Esatto…” sussurrò in risposta la ragazza.
 
Tacquero, ognuno assorto nei propri pensieri, ma accoccolati in quell’abbraccio consolante.
Avevano sbagliato moltissimo entrambi, durante quegli anni passati insieme, ma forse tutto quel tempo era stato necessario per capirsi e accettarsi fino in fondo, per amarsi consapevolmente e non solo sull’onda di una folle attrazione.
Perché a pensarci bene, all’inizio Ryo non nascondeva di essere attratto anche da lei: se Kaori avesse ceduto o fosse stata più compiacente, avrebbero avuto magari un’avventura, ma poi Ryo si sarebbe stancato e lei ne sarebbe rimasta irrimediabilmente delusa; la loro partnership avrebbe avuto vita breve, e City Hunter, così com’era adesso, non sarebbe mai esistito.
 
Ancora una cosa, però, Kaori si sentiva di chiedergli, e con il viso sprofondato nel suo ampio petto gli domandò:
 
“Dimmi la verità, se fossi stato sicuro che Kelly non era un uomo, tu… tu… avresti ceduto alle sue avances?”
 
“Sapevo che me lo avresti chiesto…” e lo sentì sorridere dal tono della voce “ma ti capisco… In realtà non so bene cosa avrei fatto. Da principio ero molto preso, e con tutta la sua carica sessuale era difficile ragionare lucidamente, l’hai vista anche tu com’era e come si comportava, avevo gli ormoni in subbuglio. Però stavo tranquillo, perché sapevo che tu me lo avresti impedito e quindi, fondamentalmente, non correvo il rischio di finirci a letto. Te l’ho detto che la mia vita è nelle tue mani!” concluse ridacchiando.
 
Kaori a quel punto si staccò di colpo da lui e lo guardò fisso negli occhi; era serissima:
 
“Ma se non ci fossi stata io… tu cosa avresti fatto?”
 
Ryo la guardò altrettanto intensamente: quegli occhi caldi che riuscivano a penetrarlo fin nel profondo, e che quando lo guardavano in un certo modo lo turbavano enormemente, chiedevano la verità; e lui lì, fra le braccia della donna che amava, non voleva più fingere, voleva essere semplicemente sé stesso.
Non più lo stallone di Shinjuku, il cinico sweeper o il re delle folli notti del Kabukicho, ma solo un uomo che ama ed è riamato dalla creatura più fantastica dell’universo.
Voleva essere sincero.
Ci pensò un attimo poi le rispose così:
 
“Non lo so Sugar… non mi ci sono mai trovato a dover scegliere”.
 
Kaori spalancò i suoi occhi di ambra, incredula.
 
“Sì, è così” riprese lui “Sono anni che non concludo con una donna, o che non arrivo fino in fondo; qualche volta sono andato in bianco perché ho rovinato tutto sul più bello facendo il porcello, ma più spesso mi sono auto-sabotato, perché in fondo non era quello che volevo. Quando ho capito che eri tu la donna che amavo, tutte le altre hanno perso importanza, e andare con loro era un po’ come tradirti, anche se non stavamo insieme… Cioè, sapevo che tu ci saresti stata male, ti avrei fatto soffrire ulteriormente, anche se non lo avresti mai saputo. Dalle clienti mi proteggevi tu, dicevo, ma dalle altre donne… mi proteggevo io. Kelly aveva un bel appeal su di me, non lo nego, ma quando l’ho vista nuda in bagno, in piedi in quella posa, mi sono voluto convincere che fosse un uomo, così sarei stato al sicuro. Avevo la scusa per non provarci e non cedere alle sue moine. Perché con lei, molto di più che con chiunque altra, sarebbe stato facilissimo cadere in tentazione… almeno credo!” E si grattò la testa, con aria perplessa: andare a fondo a certe questioni era davvero troppo per lui.
 
Kaori però era comunque soddisfatta della sua risposta, in fondo non si può fare il processo alle intenzioni, ai se e ai ma; era giunto il momento di andare avanti e lasciarsi alle spalle le vecchie abitudini.
Tuttavia, come a ripensarci, gli chiese ancora:
 
“Ma… continuerai a fare lo stupido come hai sempre fatto?” E stavolta lo sguardo fu un pochino più intimidatorio.
 
“Eh eh eh eh eh, Kaori… ma che domande…”
 
“Allora?” incalzò lei.
 
“Lo sai che mi diverto tanto in quel modo… e poi… eh eh eh eh eh… ho una reputazione da mantenere…”
 
“Sì, quella dell’idiota!” l’interruppe Kaori.
 
“Esatto! Cioè no, ma che dici? La reputazione dello stallone!” concluse socchiudendo gli occhi e dandosi delle arie.
 
“Allora di’ al tuo stallone che, qualora volesse trottare nel mio recinto, troverà il cancello chiuso. Sbarrato!” minacciò.
 
Ryo inghiottì a fatica, mentre un’unica goccia di sudore gli scivolava lungo la tempia.
 
“Vuoi dire che… che non sarai la mia puledrina?” cercò di buttarla sul ridere.
 
“No!” rispose tagliente Kaori.
 
“Okay, okay, ho capito. D’ora in poi sarò solo un cavallo da soma!” Sentenziò.
 
“Ma smettila!” finì per ridacchiare la socia.
 
Poi, prendendosi per mano, si avviarono verso il piano di sopra, felici di essersi trovati, e consapevoli che da lì in poi si apriva per loro una nuova dimensione, che la loro relazione avrebbe fatto un incredibile balzo in avanti.
 
Stavano quasi per scomparire dietro l’angolo quando si sentì Kaori chiedere:
 
“Ti andrebbe un tè caldo?”
 
“Sì, ma non quello che ti ha offerto Kelly l’altra sera, che io… non voglio dormire!”
 
Poi si udirono risate gioiose farsi sempre più fievoli, mano a mano che i due scomparivano all’interno della casa, la loro casa, e nel posto più intimo e dolce che ci sia.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
In quota, sopra i cieli asiatici.
A bordo di un velivolo Sei Airline.
 
“Ah, ora posso togliermi finalmente questa magnifica parrucca, che tra l’altro mi è costata una fortuna”
 
“Già, però con quella eri davvero uno schianto!”
 
“Hai ragione, ero davvero bellissima. Ci sono caduti tutti. Però anche tu hai avuto una trovata fantastica, ma come ti è venuta?” (risatina)
 
“Non lo so, l’ho sparata così, ho preso la palla al balzo dopo la tua imbeccata: quando hai detto che volevi portare con noi i bambini” (risata) “Avere due figli con quei nomi stra-usati! Figurati che l’ho presi in prestito da un cartone della mia infanzia, c’erano di mezzo dei robottoni… ora mi sfugge come si chiamava…” (tono pensieroso)
 
“Comunque è stata azzeccatissima! Dei figli, un maschio e una femmina, un classico proprio. Hai visto che faccia ha fatto quel mammalucco? Da morir dal ridere!”
 
“Sì, ma… a proposito di morire, veramente dovremo stare lontani per un po’ dal Giappone e da Ryo Saeba, perché direi che gliel’abbiamo fatta grossa” (voce leggermente preoccupata)
 
“Hai ragione… Va be’ che non è come sembra, ma la sua Python non mente mai!”

 
FINE
   
 
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