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Autore: eddiefrancesco    29/05/2021    0 recensioni
Nel periodo della Reggenza, la città gode di un clima di rilassatezza... L' ultima cosa che Verity Harcourt si sarebe aspettata era di iniziare la stagione mondana smascherando una spia... o che la spia in questione potesse essere proprio Brin, l' uomo che cinque anni prima le aveva spezzato il cuore! E scoprire che il suo misterioso contatto, un postiglione ridesta in lei emozioni violente.
Che cosa deve fare Verity ora che entrambi le hanno rubato il cuore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Meg continuò dicendole: - Andrò subito a parlare con lo zio. Se non dovesse riuscire a montare sulla carrozza, sarà mio dovere adesso restare con lei.- Qualche minuto dopo, Verity vide un uomo entrare nella locanda con passo deciso. Il suo fisico possente era avvolto da un voluminoso mantello grigio. Un antiquato tricorno gli ombreggiava la fronte, e la parte bassa del viso era nascosta da una sciarpa di lana, così che solo gli occhi risultavano visibili. Lei pensò che fosse il postiglione, perché l'uomo andò direttamente al banco di mescita e, dopo aver scambiato qualche parola con Meg e suo zio, volse il capo nella sua direzione. La fissò per quella che le parve un'eternità prima di assentire, si riguadagno' quindi l'uscita. - Venga, signorina Harcourt. Il postiglione ha accettato di farla salire, ma dobbiamo affrettarci perché ha già accumulato ritardo.- La pregò Meg. Non vedendo lo stalliere di sua zia, Verity gli lasciò un breve messaggio e corse in cortile, dove trovò la vettura pronta a partire. - Niente bagaglio, occhi blu? Non sarà una fuggiasca, spero! - Spiazzata da quel rude commento, lei alzò lo sguardo e vide il postiglione fissarla dal suo posto a cassetta. Capì dal luccichio dei suoi occhi che la stava canzonando, ma trattenne una rispostaccia per paura che l'uomo si offendesse e la lasciasse a terra. Si limitò soltanto a sollevare il mento con sussiego prima di salire. La carrozza, per fortuna, ospitava soltanto una signora grassoccia con un neonato in braccio e un ometto vestito di nero. Accomodandosi, Verity salutò distrattamente. Poi, mentre la vettura usciva dal cortile della locanda, incominciò a chiacchierare con Meg, parlandole della bella dimora dello zio nello Yorkshire e dei progetti di lady Billington per il soggiorno nella capitale. - Tuttavia, con gli imprevisti accadimenti in Europa, la zia non prevede una Stagione vivace quest'anno, quindi con un po' di fortuna non vorrà trattenersi fino a giugno.- soggiunse Verity. - Ah! Allude alla fuga del corso dall'Elba, vero? - osservò inaspettatamente l'ometto con un forte accento straniero, attirando gli sguardi indagatori di tutti. - Bontà divina! Non sarà uno di quegli odiati francesi! - strillo' la donna col bambino. - No, madame, sono svizzero e ho documenti che lo dimostrano. Faccio l'orologiaio e mi trovo nel suo paese per lavoro.- - Immagino che si sia messo in viaggio prima che si diffondesse la notizia della fuga dell'imperatore, monsieur - commentò Verity incuriosita. - Sì, mademoiselle, altrimenti non mi sarei avventurato tanto in là, ve l'assicuro. Ma non sono in pericolo qui, credo.- - Senz'altro non lo è, monsieur. Si può fidare di Wellington - sentenzio' Verity prima di rigirarsi verso Meg. La carrozza, intanto, aveva raggiunto un'altra stazione. Il tempo di cambiare i cavalli e il viaggio riprese. Le vetture di posta, si sapeva, avevano precedenza assoluta. La guardia suonava il corno per annunciarne l'arrivo, di modo che i gabellieri aprissero i cancelli senza bisogno di soste. Fu pertanto una sorpresa quando, per nessuna ragione apparente, la carrozza rallento' fino a fermarsi in aperta campagna. Verity notò l'occhiata apprensiva che lo svizzero lanciò fuori dal finestrino prima di volgere i suoi freddi occhietti grigi nella sua direzione. - Che cosa sarà mai successo, mademoiselle? - Una scrollata di spalle tradì la sua completa mancanza di interesse. Non aveva fretta di raggiungere Londra, quindi non si preoccupava di un eventuale ritardo. All'udire delle voci provenire dall'esterno, immagino' che qualcuno fosse venuto incontro alla carrozza, magari per segnalare un pericolo al postiglione. La vettura ripartì nel giro di qualche minuto ma assai più lentamente, e tornò quindi a fermarsi dopo pochi chilometri davanti a una piccola locanda. Qualche secondo dopo, la portiera si aprì e apparve la guardia postale. - È caduto un albero e la strada è bloccata. Si è formata una coda, così aspetteremo qui finché il tronco non sarà stato rimosso. Il postiglione consiglia a quanti lo desiderano di mangiare ora, perché non si fermerà più se non per cambiare i cavalli.- Spiegò. - Ottima idea. Dopotutto, sono cose che capitano - convenne Verity troncando le proteste della signora grassoccia mentre smontava con l'aiuto della guardia. - Vedo che è ragionevole, occhi blu - osservò il postiglione dall'alto. Lei gli gettò un'occhiata sprezzante. - Le sarei grata, se tenesse per lei certe riflessioni! - sbotto', e voltandosi, entrò con Meg nella locanda. Avrebbe bevuto una tazza di tè, pensò, e si sarebbe rassettata velocemente. Al di là dei passeggeri della carrozza, vi era soltanto un altro avventore, un uomo brizzolato che indugiava davanti alla finestra con un boccale di birra in mano, ma anche così Verity era di gran lunga troppo pudica per ravviarsi in presenza di esponenti del sesso opposto, così chiese a Meg di ordinare uno spuntino e si introdusse nella saletta sul retro. Fortunatamente era deserta e vi era un paravento contro gli spifferi davanti alla finestra. Infilandosi dietro di esso, Verity si ricompose in fretta. Stava per uscire quando sentì dei passi pesanti entrare nella stanza. Non aveva mai sofferto di timidezza, nemmeno da bambina, quindi non l'avrebbe imbarazzata minimamente mostrarsi e spiegare l'assai comprensibile motivo della sua presenza nel locale. Tuttavia, senza sapere bene perché, decise di non farlo. Sbirciando attraverso le fessure del paravento, scorse un uomo di spalle. Non lo aveva visto in viso prima né lo vedeva ora, ma non ebbe difficoltà a riconoscere in lui l'uomo brizzolato che aveva notato all'arrivo. Di lì a poco sopraggiunse un altro tizio e un'inconfondibile voce dall'accento straniero disse: - Molto astuto da parte sua, monsieur, incontrarmi qui. Ma lei come faceva a sapere di questa sosta imprevista? - - Non è il solo ad avere un cervello. Sono arrivato presto all'appuntamento e ho appreso dell'albero che bloccava la strada. Un uomo a cavallo era in grado di passare, così ho deciso di proseguire. Le vetture di posta sono rinomate per la loro celerità. Ho immaginato che il postiglione non avrebbe fatto altre soste, se non per cambiare i cavalli, e questa locanda è ad appena mezzo miglio dall'albero caduto. Mi ero appostato davanti alla finestra, con l'intenzione di fermarla alla prima occasione o, alla peggio, di seguirla fino a Londra.- ribatte' l'altro. Verity vide il forestiero sorridere con malizia. Gli aveva badato appena sulla carrozza. Ora, tuttavia, dubitava che fosse ciò che sembrava. Vi era qualcosa di decisamente minaccioso in quei suoi occhietti grigi. Quando ricominciò a parlare, lei ascoltò con attenzione. - È un bene allora che il postiglione si sia fermato qui.- Il suo sorriso svani' di colpo. - Abbiamo poco tempo e non è saggio farci vedere insieme. Ha qualcosa per me? - domandò infine. - Non ancora. Ma il mio padrone la aspetterà al solito posto venerdì sera alle venti.- - Ah, sì, ricordo. La taverna di Frampington Bassa. O meglio dire, Bassa Bassa. Voi inglese siete così buffi, n'est-ce pas? Benissimo. Dica al suo padrone che ci sarò. E gli ricordi che la situazione è oltremodo delicata. Non posso tardare. Il mio amato imperatore ha urgente bisogno di informazioni. Deve conoscere i piani di Wellington, e presto! - Verity boccheggio' mentre il forestiero lasciava la saletta in compagnia del suo complice. L'imperatore? Wellington? Le parole le vorticarono in testa. Bontà divina! In che cosa era incappata? E soprattutto, che cosa avrebbe dovuto fare a riguardo? Fu tentata per un attimo di affrontare lo straniero, accusarlo di essere una spia e consegnarlo alle autorità, ma poi cambiò idea. Sarebbe stata la sua parola contro quella di lui. E senza dubbio l'infame disponeva di documenti d'aspetto sufficientemente autentico che lo identificavano come l'innocuo orologiaio svizzero che diceva di essere.
   
 
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