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Autore: EleAB98    29/05/2021    4 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo VI – Non lo so, però ci sto
 
Venerdì


La volevo. Qui e ora. Non mi importava un fico secco dei giudizi della gente, volevo soltanto tornare quello che ero. Un casanova incallito alla costante ricerca di un orgasmo, di un'emozione fisica del tutto trascendente dalla razionalità della mente, che mi prospettava solo e soltanto guai. Riprendere il controllo di me stesso aveva ormai la priorità. Su tutto il resto. Al diavolo i sentimentalismi, al diavolo un qualsiasi genere di sentimento paragonabile a una colossale stronzata. Dovevo divertirmi, perdermi nei meandri di uno squallido ma rinvigorente rapporto sessuale con quella donna. Per l'ennesima volta, squadrai il bel sederino della bionda che, appellandosi a un'ostentata concentrazione, stava apprestandosi a fotocopiare gli ultimi numeri del Ciak Magazine. Sapevo quanto adorasse lasciarsi guardare, e sospettavo che sapesse già da un pezzo che mi trovavo dietro di lei.
Sogghignai. Schiena dritta, spalle larghe, petto infuori. Dovevo farmi avanti. Con un sorrisetto impertinente, mi avvicinai a lei.

«Risparmiati la fatica, caro Malcom», esordì lei, inviperita.

«Avanti, non ti nascondere dietro a un falso perbenismo. Sappiamo entrambi che lo vuoi anche tu. Ho visto come mi guardavi, poco fa. È vero, soltanto ieri mi avresti dato un sonoro – e immeritato – calcio nei gioiellini e, magari, gettato per direttissima nelle fiamme degli inferi, ma d'altra parte... non ti hanno mai detto che l'attesa aumenta il desiderio? E, a tal proposito...» Con aria furtiva, presi a sfiorarle il morbido collo con il pollice e l'indice. «Credo proprio che noi due abbiamo aspettato abbastanza, cara Melanie.»

«Immeritato, eh? Sicuro che, invece, non ti saresti meritato ben più di un sonoro calcio negli zebedei, caro il mio Malcom?» replicò, serafica. Poi, con un velato sarcasmo, accennò all'altra donna, che, in religioso silenzio, aveva assistito a tutta la scena.

«Signorina Rossi!» esordii, un sorriso compiaciuto mi attraversò le labbra. «Cos'è, vuole unirsi a noi, forse? Desidera un caffè? Magari un tè? Oppure...» strinsi gli occhi, le labbra incurvate all'insù, «desidera un qualcosa d'altro?»

«Sono a posto così, la ringrazio», mi rispose Megan, scoccandomi un sorriso più falso delle banconote del monopoli.

Per qualche istante, mi guardai intorno. La saletta adibita alle stampe era sempre impeccabile, completamente tirata a lucido. Il luminoso parquet, le quattro pareti tinteggiate di bianco. E due donne mozzafiato impresse sullo sfondo.
Entrambe a braccia conserte, entrambe con un sorrisetto beffardo a incorniciare i loro volti allungati. Il mio viso si contrasse in un sorriso di circostanza. Misa che avevo toppato anche stavolta.
E pure oggi, nessun orgasmo all'orizzonte, ridacchiò con aria mordace la mia coscienza, che tentai inutilmente di zittire. La pura, ineluttabile e semplice verità era una sola. Non riuscivo proprio a staccare gli occhi da quella Megan, la sua sola presenza riusciva a stordirmi in un modo allucinante. La serica massa di capelli mori le ricadeva parzialmente sulle spalle, un vestitino corto di colore nero con scollo a V le fasciava alla perfezione le generose forme che ben volentieri mi sarei prodigato ad adorare. Sarei persino stato capace di rimanere lì, completamente immobile al centro di quella stanza, e contemplarla per ore. Senza fare una beata cippa. Immerso nel silenzio, magari.
Rimbrottai me stesso ancora una volta. Fino a pochi minuti fa, desideravo ricevere attenzioni da parte di Melanie, che avevo rifiutato soltanto il giorno prima, mentre ora... comprendevo che, oltre ogni ragionevole dubbio, desideravo solo e soltanto la Rossi. La mia collega di lavoro. La mia pretenziosa collega di lavoro.

«Ehm, ehm... vogliamo andare, signorina?» le domandai, schiarendomi la voce. Con aria visibilmente infastidita, Melanie girò i tacchi e sparì dal mio campo visivo, un'altra occhiata in tralice e mi avrebbe incenerito.

Avanzai di un passo, cercando di mascherare la forte attrazione che provavo per Megan. Soltanto il giorno prima, ero caduto in un circolo vizioso fatto di domande inopportune e sorrisi da ebete, cocente delusione ed eclatante esaltazione. Ma oggi, dovevo assolutamente comportarmi come se nulla fosse accaduto. Come se quel bacio non ci fosse mai stato. Dovevo comportarmi come un perfetto gentiluomo. Battutine a parte, chiaramente.

«Ha scoperto qualcosa sul conto di quel Thompson?» le chiesi, emulando la sua posa di chiusura. La Rossi aveva incrociato le braccia al fine di coprire la leggera scollatura promossa dal quel meraviglioso vestito, non sopportava proprio che qualcuno – o meglio, il suo collega – la scrutasse con fervore, con gli occhi famelici di un uomo che non desiderava altro che farla sua.

Megan socchiuse le labbra. «In realtà, speravo potesse illuminarmi lei sul conto di quel bastardo», replicò, senza complimenti.

Inarcai le sopracciglia in un cipiglio assai sorpreso. «Mi dica un po', signorina Rossi... lei considera tutti quanti dei bastardi? Gli uomini, intendo dire.»

L'altra alzò le spalle, ma sbarrò gli occhi. Sembrava colpita da quella domanda. «Credo solo a quello che vedo, signor Stone. Voi uomini non siete altro che degli animali in calore; subdoli esserini alla perenne ricerca di un orgasmo. Senza contare che non riuscite a guardare una donna negli occhi per più di cinque secondi senza finire per indugiare più del dovuto in altre parti del corpo. In poche parole, siete veramente degli...»

Megan sospirò. Non riuscì a terminare la frase.

A quelle parole, mi voltai di scatto. Ero pronto a giurare che mi si fossero imporporate le guance dall'imbarazzo, a quella dichiarazione tanto diffamante quanto veritiera. Potevo forse darle torto? Dal canto mio, non avevo proprio voce in capitolo.

«Mi sembra una definizione molto riduttiva, questa», ribattei, tornando su di lei. «E altrettanto crudele... Non crede di aver esagerato?»

«Penso proprio di no», rispose lei, rifilandomi un sorriso ironico.

«Non pensa che un uomo per bene potrebbe farle cambiare idea?» insistetti, desideroso di conoscere la sua opinione riguardo l'universo maschile. Non avevo mai sostenuto una tale conversazione con una donna, e mi scoprii sinceramente interessato. Ero molto attratto da lei, non soltanto per via della sua indiscutibile bellezza. La sua mente mi affascinava, dovevo ammetterlo. Il suo modo di lavorare assomigliava molto al mio, eravamo entrambi molto devoti alla professione giornalistica e molto, ma molto, pignoli. Il carattere di lei, però, sembrava ben più spigoloso. Ma oltremodo irresistibile.

«Gli uomini sono tutti uguali, e lei ne è senz'altro la prova diretta, il prototipo alpha

Soffocai una risatina. «Il prototipo alpha? Mi ha davvero battezzato così la prima volta che ho incrociato i suoi occhioni azzurri?»

Rabbrividii a quella domanda. Scacciai un sordido – quanto impattante – pensiero per l'ennesima volta, tornando a concentrarmi su di lei. Mi incenerì con lo sguardo.

«Ogni singola volta che l'ho vista per le vie di Firenze, se la rideva e se la scherzava gironzolando baldanzoso con al seguito un esercito di donne. Ogni giorno una diversa. E vorrebbe dirmi che la mia definizione di uomo non le calzi a pennello?»

Diventai paonazzo. Sapevo benissimo che il mio comportamento spregiudicato, promiscuo e alquanto disgustoso l'aveva indotta a giudicarmi come un dongiovanni senza speranza. Ma quel che lei non sapeva, era che...

«Sono sicuro che riuscirà a trovare l'uomo dei suoi sogni, signorina», replicai con serietà, scacciando ancora una volta l'impulso di ripensare al passato. «Si fidi, e non si lasci ingannare dalle apparenze. Non tutti gli uomini vantano il medesimo curriculum... del sottoscritto», dichiarai, deglutendo a fatica. «Esistono i bravi ragazzi, ma non sempre si ha la fortuna di incontrarli. A lei capiterà, però. Ne sono più che convinto.» Sospirai impercettibilmente, rilassando le spalle.
Megan non aveva idea di quanto mi fosse costato pronunciare – ad alta voce, per giunta – quelle parole. Indossavo giornalmente la corazza di un uomo stronzo, forte e del tutto insensibile, ma per la verità... io ero tutto, tranne che questo.
Tentai di scrollarmi di dosso l'improvviso senso di tristezza che mi aveva colto. «Ma adesso smettiamola con i sentimentalismi, non sono affatto bravo a consolare le persone e non vorrei vederla piangere, anche se...»

«Anche se?»

«Lei mi sembra una donna davvero forte; una donna che sa il fatto suo e che non si lascia poi troppo travolgere dalle futilità. Il fatto che lei sia concentrata esclusivamente sulla carriera è assai ammirevole. Ma non si precluda altre possibilità. Sarebbe un peccato, perché vede...» le scoccai uno sguardo intenso e, per certi versi, quasi timido. «Lei è molto bella, signorina Rossi. Dico davvero. E per inciso, no, non ci sto provando, può stare tranquilla», aggiunsi, qualche istante dopo. «Almeno per ora.» Le feci l'occhiolino.

Megan ridacchiò, regalandomi un dolce sorriso. Sentii i miei occhi illuminarsi all'istante. E il suo sguardo mi bruciò. Non mi aveva mai regalato un sorriso così, prima d'ora. Mi schiarii la voce ancora una volta. Dovevo tornare alla realtà. «Benissimo, emh... Credo sia meglio tornare al nostro lavoro, adesso... non trova? Non vorrei che il direttore responsabile ci uccida prima ancora della pubblicazione dello speciale.»

La Rossi annuì ridacchiando, senza aggiungere altro.

«Ah, dimenticavo...» le dissi poi, voltandomi di nuovo verso di lei. «Amici?»

Lei mi scrutò da capo a piedi. Il sorrisetto di poco prima aveva lasciato il posto a un'espressione dubbiosa ma, al tempo stesso, tremendamente curiosa.
«Amici», esalò poi, stringendomi forte la mano. Quel contatto meraviglioso mi lasciò senza fiato, provocando nel mio cuore un intenso sussulto; un sussulto che avrei potuto ricordare per il resto della mia vita.

 

*Perché No: brano del cantautore Lucio Battisti (1978)

   
 
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