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Autore: Ale Villain    01/06/2021    0 recensioni
AGGIORNATA CON IL CAPITOLO 26 - MARZO 2024
Era così lei: niente di più che una studentessa dalla vita semplice, circondata da pochi affetti e con un passato misterioso, ma che ormai per lei non rappresentava che un mero ricordo. Era così lei, da quando era in quel mondo: ma per quanto ancora le sarebbe andato bene?
---
I.V era stranamente agitato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva nemmeno come approcciarsi e che motivazione dare a questa sua “visita” inaspettata.
[...]
Stava per muovere un altro passo quando sentì un rumore veloce, alla sua sinistra, proprio dove si trovava il soggiorno.
Si bloccò e si girò piano.
Finalmente la vide.
Era a pochi passi da lui.
E gli stava puntando contro una pistola.

---
Sospirò nervosa e fece per chiudere la porta; I.V, però, non glielo permise e posizionò con uno scatto il piede tra la porta e lo stipite.
Mise una mano sulla porta, spingendola fino ad aprirla nuovamente.
"Non costringermi a usare questi metodi" sussurrò, guardandola intensamente negli occhi.
Ambra deglutì. Quel timbro di voce l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo XV: Incontri e scontri
 
 









 
 
 
I.V aveva appena finito di raccontare quello che era successo alla festa dei cacciatori. Aveva omesso solo alcuni particolari che non riteneva fosse il caso che Yunho sapesse.
Yunho aveva ascoltato tutta la storia in silenzio, con una mano sotto il mento senza mai staccare gli occhi da lui.
I.V era piuttosto stranito dal comportamento del maggiore. Ultimamente, infatti, Yunho sembrava sempre sull’orlo di una crisi di nervi e non faceva altro che sbraitare contro tutti. In particolare, con I.V non perdeva un attimo per ricordargli le solite ammonizioni e il fatto che non ne avesse ancora fatto cenno lo stava facendo insospettire. Era fin troppo tranquillo per non nascondere qualcosa.
Quando ebbe finito di parlare, Yunho incrociò le braccia al petto.
“So già di Kor” gli disse.
I.V alzò un sopracciglio.
“Mi ha chiamato dopo che avete parlato” spiegò subito lui subito dopo “Mi ha anche detto che quella che si è presentata a lui come Selene aveva tutte le carte in regola per essere la Ambra di cui ci occupiamo noi”
Sentirono un tonfo sonoro provenire dalle spalle di Yunho. Entrambi si voltarono in quella direzione.
Hoseok si era seduto al tavolo e aveva sbattuto con forza la bottiglia di birra sul tavolo.
“La vuoi finire?” lo rimproverò Yunho “Non hai tre anni”
Hoseok gli riservò un’occhiataccia, evitando di rispondergli. Stappò la birra con l’accendino e ne scolò rapidamente un sorso.
“Che ha?” domandò I.V, osservandolo. Era da quando era rientrato a casa che aveva un’espressione furiosa e sembrava avercela, in particolare, con Yunho.
Yunho scosse il capo con fare rassegnato.
“Non l’ho portato alla festa” spiegò brevemente “E quindi non mi parla più”
I.V sbuffò appena dalle labbra. Forse se lo doveva aspettare, visto che non si erano mai presentati quella sera.
“Ha preferito farmi andare ad indagare con lui su quei cazzo di cacciatori che hanno attaccato Ambra” intervenne il diretto interessato, con tono furioso “Che cazzo ne può fregare a me, poi…” aggiunse poi, un po’ più a bassa voce poco prima di bere nuovamente dalla bottiglia.
“Come minimo, direi” fece Yunho, voltandosi nella sua direzione “Avevi lasciato scappare l’unico che avevamo in pugno”
“Veramente è stato Jeim” ribatté subito l’altro.
Veramente sei stato tu” lo corresse immediatamente Yunho “La colazione si può anche saltare quando c’è un prigioniero da tenere sotto controllo”
“Che due coglioni” fu l’ultimo commento di Hoseok, prima di mettersi le cuffie e isolarsi dal mondo.
Yunho sospirò.
“Siete riusciti a scoprire qualcosa, quindi?” domandò I.V.
Yunho scosse la testa.
“Non granché” rispose, per poi ritornare con lo sguardo su di lui “Anche perché non sono coreani, sono italianissimi”
I.V mise le mani in tasca.
“Per cui non hanno le nostre stesse frequentazioni” ragionò a voce alta quest’ultimo.
Yunho scosse la testa. Fece vagare per qualche istante lo sguardo in un punto imprecisato della stanza prima di riprendere parola.
“Penso sia scontato dirtelo, ma ho bisogno che tu scopra chi è questa fantomatica Selene”
“Ci ho già provato” disse I.V subito “E si è arrabbiata come pochi. È un nervo scoperto, a quanto pare”
Yunho scosse nuovamente la testa.
“Non mi interessa” insistette “Da incazzata ti ha detto che con quella persona non ci vuole più avete niente a che fare, giusto? Forse più la fai incazzare più ti sputerà addosso, involontariamente, le informazioni che ci servono”
I.V alzò un sopracciglio.
“Questo è puro masochismo” commentò serio.
“Ma a te non deve importare” rispose il capo, a tono.
“Mi importa, invece” ribatté I.V “Sono io che ci vado di mezzo. E poi hai detto che si deve fidare di me, se la faccio incazzare ancora è la volta buona che non mi rivolge più la parola”
“È il mio intento”
I.V si bloccò e corrugò la fronte.
“Cosa?” domandò, incredulo.
“Hai capito bene” fece Yunho, avanzando di un passo verso di lui “Alla festa hai beccato tanta gente che ti conosceva, giusto? E tu lo sai che io sono in contatto con tutti i leader di quei gruppi?”
I.V aveva già capito dove voleva andare a parare. E ciò lo stava mettendo in uno stato di preoccupazione crescente.
Yunho avanzò ancora verso di lui.
“So perfettamente di averti detto di muoverti come più ti pareva con Ambra. Ma non c’era bisogno di ballare con lei… In quel modo per giunta”
I.V lo guardò dritto negli occhi, ripensando a quel momento di intimità. Era stato un ballo strano, un ballo trasformatosi in un abbraccio quasi protettivo. Perché sì, per quanto fosse stata imbarazzata tutto il tempo, l’aveva comunque sentita rilassarsi tra le sue braccia, come se si sentisse al sicuro. E quella sensazione non faceva che aumentare la sua dose di orgoglio.
Era durato tutto troppo poco, però. Così come, invece, gli era sembrato troppo il tempo che lei aveva trascorso da sola sulla terrazza, per poi scoprire anche che non era esattamente da sola.
Kor. Era un bravo ragazzo, non avevano mai avuto problemi con lui. Eppure, a ripensare a lui, non riusciva proprio a pensare a cose positive.
Corrugò le sopracciglia quasi senza accorgersene.
“I.V”
Yunho lo riportò alla realtà.
“Te lo si legge in faccia, I.V” disse.
I.V non rispose.
“Per questo ho deciso che non appena hai scoperto di questa Selene tu, Ambra, la saluti. Definitivamente
I.V pensò che Yunho fosse decisamente lunatico. Nonostante ciò, ghignò nella sua direzione.
“Come pensi di ottenerle le informazioni da lei, se non mi usi più come tramite?”
Quella volta fu Yunho a ghignare. Ma il suo ghigno era decisamente più soddisfatto di quello dell’altro cacciatore.
“Penso di aver trovato un sostituto perfetto”
I.V ritornò improvvisamente serio. Come se gli avesse letto nel pensiero, dalle sue labbra uscì in automatico un nome.
“Kor…” sussurrò I.V.
“Ah-ha” rispose subito Yunho “Kor. È bravo, si è già approcciato a lei e mi pare che lo abbia preso in simpatia”
I.V aprì e chiuse la bocca un paio di volte, cercando le parole giuste. Cominciò ad innervosirsi, notando che era visibilmente confuso e non andava bene renderlo così palese davanti a Yunho, che sapeva, per l’ennesima volta, di aver fatto centro.
“Non capisco… Non vuoi che io mi leghi a lei, ma Kor…”
“La differenza tra te e lui è che se Kor comincia a provare qualcosa per Ambra non me ne frega nulla. Non è un mio uomo. Tu sì, e sai perfettamente che non voglio che i miei uomini si leghino a persone che noi dobbiamo solamente usare per i nostri scopi”
I.V si morse l’interno della guancia con fare sempre più nervoso. Fece scroccare rapidamente il collo e si impose la calma più assoluta. Doveva tornare alla sua solita espressione seria, alle sue risposte laconiche e all’indifferenza più totale.
Perché i pensieri formulati poco prima e quella non condivisa decisione di Yunho avevano scatenato in lui una insopportabile sensazione al petto.
Il problema era che, a discapito di tutti gli sforzi e la buona volontà che stesse impiegando, la sua espressione era ormai più che palese.
“Quanto ti dà fastidio, I.V?” continuò Yunho, sapendo che così non avrebbe fatto altro che innervosirlo ancora di più.
I.V stava sbuffando dalle radici.
“Non ti capisco” rispose, cercando di sembrare serio, ma in realtà il tono che gli era uscito era stato particolarmente duro.
Yunho ghignò nuovamente.
“Fai pure il finto tonto. Tanto ci sono io a ricordarti che a breve sarà Kor a occuparsi di lei, ad andare a casa sua”
Si bloccò un istante.
“Ad invitarla ad una festa e ad abbracciarla”
I.V non resistette più. Lo superò, dandogli una spallata e si avvicinò alla porta d’ingresso. La aprì con forza e la fece richiudere dietro di sé con un colpo secco.
Hoseok sobbalzò, togliendosi le cuffie dalle orecchie.
“Che cattiveria” commentò.
Yunho osservò la porta chiusa.
“Ha funzionato, però”
Hoseok corrugò le sopracciglia, con espressione stranita.
“Che?”
“Non ho mai chiesto a Kor di occuparsi di Ambra e non ho intenzione di farlo”
Hoseok, in realtà, non aveva seguito assolutamente nulla della conversazione che avevano avuto i due, aveva ascoltato la musica tutto il tempo. Ma, vista la situazione in cui versava con il capo, pensò che non fosse il caso di farglielo notare.
“E a questo poteva arrivarci da solo”
Hoseok corrugò le sopracciglia, ancora senza capire.
Yunho, vedendo che non stava avendo riscontro, proseguì.
“Non sostituisco mai i miei uomini con quelli di altri gruppi. Ma forse I.V era troppo preso a sopprimere la gelosia per pensarci”
 


 
***
 




Ambra starnutì nuovamente.
“Ecco, brava, ti sei ammalata”
La rossa sospirò e alzò gli occhi al cielo.
“Me l’hai già detto tre volte” ricordò al fratello, con fare scocciato. Odiava le paternali, soprattutto da parte sua.
Era da quando aveva rincasato la sera della festa che Giovanni la tartassava col fatto che avesse preso freddo. Ed effettivamente così era stato: si era presa un bel malanno. Probabilmente uscire sul terrazzo a quell’ora della sera, senza qualcosa di più caldo addosso, non era stata una grande idea. Se n’era resa conto quando, dalla mattina seguente, aveva cominciato con tosse, mal di gola e stanchezza. La febbre, invece, saliva e scenda continuamente; ma era sempre bassa, per fortuna.
Giovanni, ovviamente, non aveva accennato un minimo di comprensione. Passava il tempo a punzecchiarla sul fatto che fosse sempre poco attenta. Per lo meno le portava il cibo in camera quando non riusciva proprio ad alzarsi dal letto.
Quel giorno, però, c’era anche qualcun altro a ricordarle che spesso non era attenta.
Richard aveva deciso, infatti, di piantarsi in casa Doria per quel week end. Si era presentato il venerdì mattina da lei, un paio di brioche nel sacchetto e carico per una giornata da passare insieme. Da tutt’altra parte, Ambra gli aveva aperto la porta con una cera poco invitante e i piani di Richard erano dovuti cambiare sul momento.
Giovanni l’aveva, stranamente, presa piuttosto bene l’improvvisa comparsa di Richard. Pensava che alla fine si fosse reso conto di quanto poco tempo stava riuscendo a trovare per Ambra.
Era proprio lei a non essere più sicura di niente, invece. Continuava ad osservare il suo ragazzo chiedendosi se avesse ancora senso, se loro due avessero ancora un senso di esistere. Non si cercavano, non si desideravano più come un tempo. E la sua mente, ormai era inutile negarlo, era continuamente annebbiata da un altro volto, un altro sguardo. Un’altra voce.
Ambra inspirò profondamente, poggiandosi allo schienale del divano e chiudendo gli occhi. Le stava venendo mal di testa per colpa di tutti quei pensieri.
Riaprì gli occhi subito dopo, sentendo la suoneria del telefono. Tastò vicino a sé, ma sapeva che non era lì, la musichetta proveniva sicuramente da un’altra stanza. Si alzò velocemente, dopo aver dato un colpo di tosse e si avviò in camera sua.
Le parve di vedere un movimento dietro la tenda della portafinestra socchiusa, ma non ci diede molto peso. Trovò il cellulare dove lo aveva lasciato l’ultima volta che lo aveva usato, sulla scrivania.
Guardò il display.
Il cuore cominciò a batterle più forte del dovuto. Strinse le labbra e si portò il telefono al petto. Uscì dalla camera giusto per darsi un’occhiata in giro e per assicurarsi che Richard fosse ancora in bagno, dove ricordava di averlo visto poco prima. La porta del bagno era ancora chiusa, perciò non doveva essersi ancora mosso da lì.
Tossì una seconda volta e guardò nuovamente lo schermo del telefono, mentre si andava a sedere sul letto. Non ce la faceva a stare in piedi.
“Pronto?” mormorò, abbassando comunque il tono di voce.
“Devo solo avvertiti di una cosa, poi ti lascio stare” sentì la voce calda di I.V un po’ più frettolosa del solito.
“Ehm… Okay, dimmi” rispose lei, non sapendo il perché se ne fosse uscito in quel modo, quasi come se lei fosse arrabbiata con lui.
Un momento…
Si era ricordata improvvisamente che effettivamente avevano avuto una piccola discussione, la sera della festa. Ma ormai era passato qualche giorno e lei era decisamente passata oltre. La piccola scenata che gli aveva fatto era stata data solo dal fatto che aveva toccato un nervo scoperto. Di sicuro non aveva avuto intenzione di non rivolgergli più la parola, se era questo che lui pensava.
“Ti ricordi Kor?” le domandò.
Come dimenticarlo.
“Certo che lo ricordo” rispose, con una leggera punta di fastidio. Davvero pensava fosse così svampita da dimenticarsi subito le cose?
“Bene, spero che di lui tu abbia un buon ricordo” le disse, con voce più tagliente.
Ambra corrugò le sopracciglia, mentre sentiva la porta di una stanza aprirsi.
“Cosa intendi?” gli domandò, con un misto di preoccupazione e curiosità.
Sentì dei passi in camera sua, ma non ci diede peso.
Dall’altra parte del telefono sentiva ancora silenzio.
“I.V?”
Sentì I.V sospirare.
“I.V?!”
“Con chi stai parlando?”
Ambra alzò di scatto lo sguardo, senza staccare il telefono dall’orecchio. Richard era in piedi, davanti a lei e la guardava serio.
“Ehm… Io…”
Cazzo.
Richard sospirò, poi le sorrise avvicinandosi a lei. Fece per darle un bacio, ma si scansò piano.
“Ma si può sapere che c’è? È tutto il giorno che eviti i miei baci” le domandò.
Ambra si alzò in piedi, cercando di allontanarsi da lui.
“Sono malata, Richard” gli spiegò “Non vorrei attaccarti qualcosa”
Richard corrugò le sopracciglia e scosse la testa.
“Sai che mi frega, per un po’ di febbre e tosse” fece poi, alzando appena le spalle “E’ una chiamata importante?” domandò poi, indicando con la testa il telefonino di Ambra ancora attaccato al suo orecchio. Non era neanche più sicura che I.V fosse ancora in linea, visto che non sentiva più nessun rumore.
“No…” rispose piano, con poca convinzione.
“Se è così, allora…”
Richard si avvicinò a lei e le tolse il telefonino di mano. Ambra fu rapida a cliccare il tasto per chiudere la chiamata, di modo da non mostrare con chi stesse parlando poco prima. Non avrebbe saputo come spiegarglielo, altrimenti.
Richard poggiò il telefono sulla scrivania, esattamente dove Ambra lo aveva trovato.
La rossa abbassò lo sguardo sul telefono. Davvero Richard si era permesso di farlo? Davvero reputava qualsiasi cosa meno importante di lui? Certo, forse dirgli che non era una chiamata importante non aveva contribuito, ma la trovava comunque una mancanza di rispetto.
Ambra ritornò con lo sguardo su di lui e indietreggiò di un passo.
“Non c’era bisogno di togliermi il telefono di mano” gli disse freddamente “Avrei messo giù il telefono finita la chiamata”
“Hai detto che non era importante” ribatté lui, come Ambra esattamente si aspettava.
“Ma magari era con una persona con cui volevo parlare” continuò lei.
Richard sbuffò dalle narici e incrociò le braccia al petto.
“Dici che non ho tempo per te e quando lo trovo vengo qui, ti faccio una sorpresa e tu te ne stai per le tue al telefono”
Ambra boccheggiò qualche istante, incredula. Veramente le stava facendo quel discorso?
“Sono malata… Non sono in fin di vita, è vero, ma non ho voglia di fare niente. Vorrei solo starmene a letto, non ho nemmeno voglia di mangiare!”
“Ma io sono qui, Ambra! Potresti darmi un minimo di attenzioni!”
“Non ti ho chiesto io di venire!” esclamò lei.
Ci fu un’improvvisa folata di vento. La tenda dietro la ragazza si mosse, ma fu solo Richard ad accorgersene. E non si accorse solo di quello.
Vide la sua espressione mutare da seria, quasi arrabbiata, a stranita e poi preoccupata, mentre teneva lo sguardo puntato alle spalle della rossa.
“Richard…?” domandò lei, preoccupata.
Il ragazzo deglutì.
“Am-Ambra…” mormorò “Non girati” disse poi.
Ambra non lo ascoltò. Si girò verso di sé lentamente e lo vide.
I.V era lì, dietro la porta finestra, lo si poteva vedere chiaramente grazie alle tende mosse dal vento. Aveva un’espressione seria in volto. Troppo seria.
La ragazza si voltò completamente verso di lui. C’era qualcosa che non andava, però: era sicura che il colore degli occhi era cambiato; era tendente al rosso, bordeaux. Faceva quasi paura.
Vide, inoltre, che aveva ancora il cellulare stretto nelle dita della mano destra, cosa che le fece notare un ulteriore dettaglio: sulle punte delle dita, al posto delle unghie, sembravano esserci degli artigli.
Ambra deglutì. Cosa diavolo gli era successo?
Per quanto avesse voglia di avvicinarsi a lui e chiedergli cosa le volesse dire prima al telefono, vederlo in quello stato la metteva troppo in soggezione. Probabilmente era la prima volta che vedeva I.V davvero arrabbiato e lei, per la prima volta, aveva paura di lui.
I.V mosse dei passi verso la camera della ragazza, spingendo la porta finestra. Guardò Richard dritto negli occhi.
“Se ho bisogno di parlare con Ambra al telefono, tu non glielo togli di mano”
Il ragazzo spinse con il dorso della mano la porta finestra, per aprirla meglio.
"Soprattutto se devo dirle qualcosa che mi fa arrabbiare"
Ambra deglutì. Okay, quella era decisamente la riprova che I.V era arrabbiato, sul serio. Più che altro, Ambra stava iniziando a pensare che quella potesse essere il vero aspetto dei cacciatori e che questi assunsero un aspetto più umano ogni qualvolta servisse.
Il ragazzo fece il suo ingresso nella camera e spostò lo sguardo sulla scrivania. Con velocità estrema si avvicinò ad essa, facendo sussultare i due, e prese in mano il cellulare di Ambra. Lo porse alla rossa.
Quest'ultima lo prese titubante, stando bene attenta a non sfiorare gli artigli, poco prima di alzare gli occhi su di lui. Erano ancora di quel colore strano e sembravano in grado di trafiggere qualcuno con un solo sguardo.
"E' uno dei tuoi amichetti degli altri mondi?" domandò Richard, abbassando gli occhi sulla ragazza davanti a sé che in quel momento le stava dando le spalle.
Ambra girò appena lo sguardo.
"Amichetti?" mormorò lei a voce bassa "Se intendi i cacciatori non è proprio con questo termine che li descriverei..." fece ancora, abbassando ulteriormente il tono.
Non sapeva esattamente il motivo per cui lo aveva fatto, ma sentiva di non volersi mostrare ingrata per l'aiuto che I.V le aveva dato in precedenza. Anche se in realtà, vista la situazione, non pensava che a lui potesse importare granché di quello che lei pensava.
"Va bene, basta" disse Richard, tornando con un tono di voce normale "Io vado a chiamare tuo fratello" e si avviò verso la porta della camera.
I.V alzò d'improvviso lo sguardo oltre Ambra, puntandolo in direzione del ragazzo. Esattamente come poco prima, con incredibile velocità si ritrovò di fronte all'ingresso della stanza, precisamente davanti a Richard. Quest’ultimo sobbalzò.
"Ma cosa cazzo..." farfugliò, indietreggiando di qualche passo "Ambra, fa' qualcosa!"
Ambra si girò verso di lui con sguardo furioso.
"Guarda che in questo momento sono utile tanto quanto te!"
Richard deglutì.
"Tu hai quei dannati poteri, no?!" le urlò di rimando.
Ambra inspirò ed espirò con rabbia.
"Ambra!"
"Che cazzo sta succedendo qui?!"
La comparsa di Giovanni alle spalle di I.V parve ridare un briciolo di speranza per risollevare la situazione, soprattutto per Richard. Giovanni, infatti, si era avvicinato alla camera della ragazza impugnando un coltello da cucina.
L'unico a cui non importava nulla era sempre I.V, ancora fermo e immobile al suo posto, che fissava Richard.
“Puoi far uscire di casa questo qui?” domandò Richard.
Giovanni corrugò le sopracciglia e osservò la nuca del ragazzo che gli stava davanti.
“Sei I.V, vero?”
Il diretto interessato ruotò appena il volto.
“Ti ricordi di me… Fratello di Ambra?” rispose lui. Si ricordava perfettamente come si chiamasse, ma era ancora tanto curioso di sapere se fosse o meno il fratello biologico. Ogni scusa poteva essere buona per provare a cacciarglielo di bocca.
“Hai aiutato Ambra, certo che mi ricordo” ribatté lui, alzando appena le spalle “Anche se non la lasciavi andare”
“Cosa?!” esclamò Richard, trovando finalmente un po’ di coraggio.
“Si è espresso male Giovanni” intervenne Ambra, avvicinandosi a loro e tirando un’occhiataccia al fratello.
Comunque” riprese a parlare Giovanni, alzando il tono di voce per riportare l’attenzione su di lui “Cosa ci fai in casa mia?”
“Se non fosse stato per questo qui io non sarei neanche entrato” rispose I.V “Devo solo parlare con Ambra”
Giovanni meditò qualche istante sul da farsi. Alla fine, si trattava pur sempre di un cacciatore e da quello che gli aveva più volte raccontato Ambra, potevano rivelarsi davvero pericolosi.
“E va bene” sospirò infine “Ma vedi di fare veloce. Mi sono già rotto le scatole di tutta ‘sta storia”
Giovanni si allontanò dai tre.
Ambra sospirò e si passò una mano sul viso.
“Ditemi quando voi due avete intenzione di schiodarvi da lì” disse poi con fare rassegnato “Io sono stanca, vado a sdraiarmi”
“Non stai bene, amore?” fece subito Richard, cogliendo la palla al balzo per potersi finalmente distogliere da davanti il cacciatore, che a quella espressione aveva roteato gli occhi al cielo. Si avvicinò alla ragazza la quale, però, non si era ancora avvicinata al letto. Era rimasta al centro della stanza, ad osservare il telefono con aveva tra le mani.
“Devo parlare con Ambra. Da solo”
La voce di I.V era rimasta seria come poco prima. Richard si voltò verso di lui.
“Sono il suo ragazzo. Ho diritto a stare con lei”
I.V ghignò appena, divertito.
“Pensi che la cosa mi interessa?” domandò retoricamente “Devo parlare con Ambra, da solo. Non lo ripeterò una terza volta”
Richard alzò le braccia al petto, mentre Ambra distoglieva lo sguardo dal cellulare e lo guardava preoccupata.
“Tanto ho capito che sei bravo solo a parole” continuò il ragazzo, imperterrito.
I.V fece scroccare le dita della mano destra.
“Sai, Ambra? Se non mi avete raccontato frottole, avevi ragione quando mi dicevi che tua sorella considerava i cacciatori – è così che si chiamano? – degli stupidi…” e lo guardò con aria di sfida.
Improvvisamente, nella stanza era calato un silenzio surreale. Sembrava essersi abbassata di colpo la temperatura, si poteva quasi palpare il gelo che si era improvvisamente creato.
I.V si era trattenuto dal non spalancare le palpebre. Ambra stava guardando Richard con un’espressione che il ragazzo non sapeva se stesse per scoppiare a piangere o urlargli in faccia tutta la sua rabbia.
“Ambra”
La diretta interessata si girò piano verso I.V.
“Per favore”














Angolo Autrice
Eccomi tornata! Questo è un altro di quei capitoli che io definisco come 'iniziali' per un'altra parte della storia. Siamo arrivati praticamente alla terza parte del racconto e dai prossimi capitoli ci sarà ancora più dinamicità. Posso solo anticiparvi che questa terza parte ha una durata ben precisa e che ho scandito bene. 
Ad ogni modo, sono contenta che lo scorso capitolo abbia avuto molte letture!
Alla prossima.
  
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