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Autore: Stella Dark Star    01/06/2021    2 recensioni
Di punto in bianco Vil e Leona vengono incaricati dal preside Crowley di prendersi cura di un ragazzino ospite al Night Raven College. Il piccolo si chiama Rey, ha tredici anni ed è un incrocio tra un umano e un leone e....questo è tutto ciò che possono sapere, visto che per vari motivi non può rivelare il suo cognome o il suo Paese di provenienza! Eppure in lui c'è qualcosa di familiare, soprattutto nel suo aspetto. Inoltre sembra trovarsi a suo agio nonostante la situazione insolita e ha grande confidenza con chiunque, come se li conoscesse da sempre. Fare i babysitter si rivela più facile del previsto, però ci sono troppe cose che non quadrano. Chi è quel ragazzino? Da dove viene? E soprattutto da...QUANDO?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Cater Diamond, Epel Felmier, Leona Kingscholar, Ruggie Bucchi, Vil Schoenheit
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Meravigliosi guai al Night Raven College'
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Non immaginate quanto ho pianto scrivendo questo capitolo...

 
Capitolo quattordici
Un nuovo raggio di sole
 
La stanza dell’infermeria era così silenziosa che il ticchettio dell’orologio da parete rimbombava come le campane di una chiesa, ma Cater era così assorto nei propri pensieri da non farci nemmeno caso. Lo sguardo basso e vuoto, le mani giunte in grembo, i capelli sciolti e un po’ spettinati che gli ricadevano sul viso coprendo in parte i quadrati di garza fissati col nastro adesivo. A guardarlo sembrava un vecchio burattino malconcio e in disuso. Per questo Trey, ad un certo punto, provando un pizzico di pietà per lui, abbozzò una domanda giusto per ridestare l’amico dalla sua condizione.
“Vuoi parlarmene?”
Lo sguardo di Cater finalmente tornò limpido e si sollevò su di lui. “Non saprei cosa dire.”
“Quando ti sarai ripreso vorrei accompagnarti dal Preside.”
“Perché dovrei andarci?”
Trey strabuzzò gli occhi da sotto gli occhiali. “Hai visto come sei ridotto? Non mi sembra una cosa su cui sorvolare! E anche se non te la senti di fare il nome di Kingscholar, ci sono numerosi testimoni che possono confermare di averlo visto entrare nel nostro dormitorio.”
Cater fece spallucce. “Se io sono il primo a non voler denunciare l’aggressione, non vedo perché dovrebbero farlo loro.”
“…stai scherzando, vero?” Vedendo che Cater aveva già riabbassato lo guardo per tornare allo stato di desolazione precedente, Trey dovette allungarsi su di lui e scuoterlo leggermente ad una spalla. “Cater, cosa ti succede? Non so perché ti abbia ridotto così, ma tacere non è giusto. Né per te stesso né per me.” Lo scosse di nuovo. “Hai idea di come mi sono sentito? Ero passato alla tua stanza per chiederti cosa volessi mangiare per pranzo e ti ho trovato rannicchiato a terra privo di sensi a causa delle percosse subite e con una pozza di sangue sotto la bocca aperta! Ho creduto che mi si fermasse il cuore per lo spavento.”
Alcuni istanti di silenzio, poi Cater rispose. “…mi dispiace…”
Trey ritirò la mano. “Pff! Ti dispiace, eh? Almeno si può sapere che è successo tra voi?”
“Io…” Le sensazioni di quel momento riaffiorarono, si ritrovò a stringere un lembo di lenzuolo mentre il dolore dei colpi tornava a farsi sentire. “Me lo sono meritato, Trey. Davvero.”
Trey sbuffò, ormai non sapeva cos’altro fare per convincerlo. Un rumore fuori dalla stanza attirò la sua attenzione, si alzò dalla sedia e corse fino all’ingresso. Una parola di ringraziamento ed ecco che rientrò spingendo un carrello che poi posizionò accanto al letto. Prese il vassoio e lo sistemò con attenzione sulle gambe di Cater. “Mangia qualcosa, così ti rimetterai in forze.” Tolse i piccoli coperchi di plastica che coprivano un piatto e due ciotole. Il primo conteneva una generosa porzione di maccheroni al formaggio ancora fumanti, mentre nelle ciotole erano dei pomodori conditi tagliati a fettine e una pagnotta di pane morbido. “Non sarà il massimo, ma per ora è meglio un pasto leggero.”
Cater prese la forchetta e infilzò un maccherone, ma invece di portarselo alla bocca si mise a giocherellare col filo di formaggio.
Trey sospirò. “Accidenti a te… Considerati fortunato a non avere niente di rotto! Con qualche cura magica tornerai come nuovo in un paio di giorni!”
Cater smise di giocare. Abbassò di nuovo la forchetta ed infizlò altri due maccheroni. E li mangiò. Dopo aver deglutito, si voltò verso Trey, accennando un sorriso. “Grazie, Trey! Sei gentile a prenderti cura di me!”
“E’ naturale! Siamo amici, no?”
Rimase con lui per tutta la durata di quel semplice pasto, scambiando giusto qualche parola ma senza riuscire a tirargli fuori nulla che potesse fargli capire in che diamine di situazione fosse andato a cacciarsi. Poi ammucchiò le stoviglie. “Bene, porto alle cucine queste cose e torno.”
“Non è necessario. E’ domenica, non voglio che tu rimanga chiuso qui con me tutto il tempo!”
“Ma…”
“E poi, scommetto che Riddle si starà chiedendo che fine hai fatto! Il nostro leader ha bisogno di te!” Gli fece l’occhiolino, sfoggiando un sorriso malizioso, cosa che causò a Trey un evidente imbarazzo!
“…sì, forse hai ragione… Però, sicuro che posso lasciarti da solo?”
“Sì! Cerco di dormire e magari ci sentiamo più tardi, ok?”
Trey lo scrutò dubbioso ancora un po’, ma alla fine cedette. “Ahhh, parola mia, fra te e Riddle non so chi mi dia più problemi quest’anno!”
Non appena lui fu uscito dalla stanza, Cater smise all’istante di sorridere e sbuffò, lasciandosi ricadere all’indietro sui cuscini. Che situazione del cavolo… Allungò il braccio sul comodino accanto e, tastando a caso, recuperò il caro smartphone. Non aveva voglia di dormire, però magari poteva rilassarsi navigando su Magicam e vedere i nuovi post di tendenza. Oppure no… Dal giorno prima aveva un pensiero fisso che metteva in secondo piano qualunque altra cosa. Col dito entrò nella cartella delle foto. Eccolo lì il colpevole di tutto. Quel visetto dolce, quegli occhioni brillanti, quelle orecchiette simpatiche… Da quando si erano incrociati in quel dannato corridoio, quel ragazzino gli aveva stravolto l’esistenza in tutti i modi possibili! Eppure… Si premette una mano al petto, per un istante gli mancò il respiro.
“Ho voglia di vederlo.” Sussurrò, quasi fosse una preghiera. “Chissà se…” Cercò il suo numero in rubrica e digitò il messaggio: [Scusami se ti scrivo. Dopo quello che ti ho fatto avresti ragione a cancellarmi dalla tua vita ma…vorrei sapere come stai.]
I secondi di attesa parvero durare delle ore. La sua mano si muoveva agitata. E poi…lo smartphone vibrò nella sua mano. Non era un messaggio, Rey lo stava chiamando! Cater prese respiro e rispose.
“Pronto?”
“Cater, sono io… Ehm…io sto bene…” La voce era incerta e bassa.
“Rey… Mi dispiace davvero per ieri. Sono stato un-”
“Sei stato fantastico… Io non sono pentito… E…tu?”
Una cosa inaspettata. Cater si sentì improvvisamente più leggero. “Nemmeno io… So che ci siamo appena conosciuti ma…. Rey, devi credermi, io provo qualcosa per te.”
“Anche io. Mi piaci. Vorrei dirtelo tutto il giorno ogni giorno!”
“Immagino che sarai sotto stretta sorveglianza o…ho una speranza di poterti rivedere?”
Dall’altro capo ci fu un lungo silenzio. “Io…non lo so… Mam-ehm, Vil e Leona sono ancora molto arrabbiati con te… Adesso siamo alla serra a fare un pic-nic. Cioè, io mi sono allontanato per telefonarti, ho usato la scusa di andare in bagno. Volevo…sentire la tua voce…”
Cater aveva voglia di sciogliersi! Quel ragazzino era un vero amore! “Anch’io, piccolo! Peccato che ora dobbiamo stare attenti… Uff…”
“Ora devo andare, non vorrei che si insospettissero… Ti…ti scriverò o ti chiamerò quando mi sarà possibile… Ciao Cater…”
“Ciao…Rey…” Un bip indicò che la chiamata era terminata, la sua mano ricadde a peso morto. Cater lasciò un lungo sospiro. “Perché accidenti mi sento così…”
Era un gran casino. E solo perché quel ragazzino assomigliava a Vil! No…forse era inziata così, ma adesso era diverso… Si sentiva un idiota per ciò che provava, sapeva che era sbagliato come sapeva che continuare così poteva portarlo dritto alla prigione….o alla tomba! Ma non poteva farci niente.
Si mise le mani nei capelli e si lamentò. “Così non va bene!!! Per tutti i fenicotteri!!!” Fino a quando un’idea lo stuzzicò… “Alla serra eh?”
*
 
Temperatura perfetta, paesaggio perfetto, atmosfera perfetta e…famiglia perfetta! Circondati da splendidi esemplari di piante e fiori, seduti sull’erba morbida e fresca, Vil, Leona e il piccolo Rey si stavano godendo la giornata in totale serenità, insieme come la famiglia che avevano appena scoperto di essere, impegnati in un piacevole pic-nic. Cibi semplici come riso bianco con le verdurine, bocconcini di pollo arricchiti con formaggio, fette di pane imburrate e del tè freddo alla pesca per addolcire il palato, il tutto consumato sopra una simpatica tovaglia a quadrati viola che avevano recuperato dalle cucine del Pomefiore. Nel vedere un quadretto così bello, gli occhi di Cater si riempirono di tenerezza, soprattutto per via del lieve sorriso che dipingeva gentile le labbra di Vil in un modo che non gli aveva mai visto prima. Va bene che ora si era reso conto di non essere più ossessionato da lui, però non è che poteva dimenticarlo con uno schiocco di dita! E Leona…era quasi incredibile pensare che quello sguardo fiero e vivace appartenesse alla stessa persona che qualche ora prima lo aveva massacrato di botte. Accidenti, quei due avevano seriamente bisogno di una terapia! Niente a che vedere con quello splendido fiore in boccio a cui le loro attenzioni erano completamente dedicate. Era la prima volta che vedeva Rey con addosso la divisa del Savanaclaw, con quei pantaloncini che gli lasciavano le belle gambe scoperte e i capelli raccolti in un semplice codino alla nuca. In quel momento stava giocando con una farfalla bianca che gli svolazzava attorno, era in posizione d’attacco, giù a quattro zampe, il sederino rivolto verso l’alto con la coda che si muoveva come a disegnare delle figure nell’aria. Quel ragazzino era tanto dolce quanto provocante… Glom! Ad un tratto Leona si allungò verso di lui e gli afferrò la coda con fare giocoso. “Ehi ehi! Non sei un po’ troppo grande per giocare ad acchiappafarfalla?”
“Non la voglio acchiappare!” Protestò Rey. Di fatto, con una mano si divertiva a stuzzicare la farfalla, senza però colpirla e nemmeno sfiorarla.
“Ah ah! Va bene! Però adesso vieni qui a farti coccolare!”
Leona fece appena in tempo a finire la frase che il piccolo abbandonò il gioco e con un balzo fu addosso a lui. Si accomodò fra le sue gambe, tutto sorridente, e lasciò che Leona lo avvolgesse in un abbraccio da dietro.
“Chi ti ha dato il permesso di monopolizzare nostro figlio?” Lo rimproverò Vil, senza però smettere di sorridere.
“Ahhh…ho tanto da farmi perdonare…” E detto questo prese a leccare una delle orecchiette di Rey, affettuoso e quasi buffo per l’impegno che ci metteva!
Cater, che si era saggiamente nascosto dietro il tronco di un albero e che se ne stava chino per osservare la scena senza il rischio di farsi beccare, sorrise per quel comportamento e per l’appellativo con cui Vil aveva chiamato Rey. Sapeva che era stato affidato a loro, ma non si aspettava che avessero preso il ruolo con tanta serietà. Non voleva perdersi un istante di quello che stava succedendo.
“Mamma, vuoi che ti racconti qualcosa di più sul futuro dello zio Epel e la zia Neige?” Saltò fuori Rey, con uno sguardo così brillante da far intendere che era lui il primo a volerne assolutamente parlare!!!
Al contrario, Vil roteò gli occhi e sospirò. Dalla posa in cui si era messo, sommato al trucco e alla corona che aveva sul capo, avrebbe potuto fare concorrenza a Cleopatra! Sia per vanità che per bellezza, s’intende. “Mi hai già detto più di quanto avrei voluto sapere, in verità. So di essere in parte responsabile, dato che sono stato io a dare i contatti di Neige ad Epel, ma sapere che il mio peggior rivale farà parte della mia vita quotidiana è qualcosa a cui mi serviranno anni per abituarmici.”
Rey ridacchiò. “Non sarà così difficile! La zia Neige ha sempre desiderato diventare la tua migliore amica! Anche tu presto ti renderai conto che è una persona dolcissima e vorrai averla accanto!”
Gli occhi di Vil ruotarono di nuovo mentre masticava un commento a bassa voce. “Povero me…”
Il piccolo poi si rivolse a Leona. “Papà, ho le orecchie tutte bagnate! Ah ah basta! Sembra che tu mi stia facendo il bagno!”
“Non maltrattare così il tuo vecchio!”
“Ma non sei vecchio!!!”
Vederli ridere e scherzare con tanta complicità era una gioia per gli occhi.
“Ora vieni qui dalla mamma?” Quella di Vil voleva essere una semplice domanda, ma i suoi occhi imploranti non lasciavano spazio ad altre risposte che non fossero un sì!
Leona diede una leccatina alla guancia di Rey e lo sciolse dall’abbraccio, permettendogli così di gattonare fino a Vil e lasciare che fosse lui a coccolarselo per bene. Prese posto accanto a lui e Vil subito cambiò posizione per poterlo abbracciare e fare in modo che Rey poggiasse il capo contro la sua spalla.
“Vorrei chiederti di raccontarci qualcosa di te, ma in questi giorni ci hai detto praticamente tutto!” Con la guancia si strusciò sul suo capo e sospirò serenamente. “Non vedo l’ora che tu nasca! Così potrò trascorrere le giornate coccolandoti!”
“Sì, è proprio quello che farai!”
Cater non ci stava capendo nulla. Era un gioco quello che stavano facendo, giusto? Eppure sembravano così coinvolti… Nomignoli curiosi, discorsi strani… Aveva sentito dire che in alcuni Paesi, nelle scuole superiori, gli studenti venivano sottoposti a delle prove per far capire loro la responsabilità di diventare genitori. Che fosse una cosa del genere? Ci stava giusto riflettendo, quando un rumore attirò la sua attenzione. Dal sentiero stava arrivando il Preside, con a seguito qualcuno che da quella distanza non riusciva a vedere e che comunque era abbondantemente nascosto dal suo cappotto.
Quando Crowley svoltò oltre alcune piante e si affacciò al prato dove erano i tre, si rivolse a  loro con stampato in viso il suo tipico sorriso inquietante. “Che tenera famigliola vedo!”
Vil e Leona fecero per alzarsi ed accoglierlo, ma lui si affrettò a fermarli. “Oh vi prego. Sono qui solo per fare una consegna al nostro piccolo ospite!”
“A me?” Chiese Rey, sgranando gli occhioni.
Il Preside gli fece segno di avvicinarsi, perciò lui dovette abbandonare il tenero abbraccio della mamma per accontentarlo. Era ancora ad una certa distanza quando da dietro il Preside balzò fuori una piccola figura.
“Rey!” Il bambino dalle sembianze di una iena, aveva un sorriso luminoso nonostante la mancanza di due dentini da latte (un canino sulla destra e un incisore laterale sulla sinistra), i suoi occhi scuri sembravano sfere di onice, il visetto tondo e i capelli neri dall’aspetto selvaggio che schizzavano ovunque come gli aculei impazziti di un riccio! Aveva un’aria decisamente simpatica!
Superato il primo momento di sorpresa, Rey si illuminò come una lampadina e gli corse incontro. “SOL!”
I due cuccioli si abbracciarono, il piccolo di nome Sol dovette alzarsi sulle punte per essere alla sua altezza e si vedeva che aveva quasi voglia di fare un saltello per finirgli in braccio!
“Cosa ci fai qui?”
“Sono venuto a prenderti! A casa ti stanno aspettando tutti!”
Preso dall’euforia del momento, Rey non si rese conto di ciò che gli aveva appena detto, invece Leona e Vil si scambiarono un’occhiata preoccupata e subito si alzarono per raggiungere il nuovo arrivato.
Non appena Sol scorse la figura di Vil, i suoi occhi diventarono a forma di cuore. Lasciò le mani di Rey e fece un passo verso di lui, per non dire che si librò come attirato da una forza magnetica!
“Zia Vil! Sei così beeeeeellaaaaaaaaa…!”
Leona sospirò contrariato. “Ok, non mi piace il suo sguardo e neanche il suo modo di parlare, però lo perdono perché ti ha chiamato ‘zia’.” Più che altro stava parlando a se stesso, comunque apprezziamo lo sforzo!
Rey affiancò il piccolo e fece le presentazioni. “Mamma, papà, lui è Sol. E’ il mio migliore amico! E…il figlio adottivo dello zio Ruggie!”
“Questa poi!” Esplose Leona, senza riuscire a trattenere una risata!
Almeno Vil fu gentile, gli sorrise e si chinò per essere più vicino alla sua altezza. “Piacere di conoscerti! Io…ho sentito che poco fa hai detto qualcosa riguardo a Rey…”
“Sì, dobbiamo andare a casa!” Disse Sol con semplicità.
A quel punto intervenne il Preside. “E’ giunto qui pochi minuti fa dallo Specchio, come è accaduto con Rey. Pare che lo abbiano mandato per avvisarci che la linea temporale è stata stabilizzata, l’esistenza di Rey è salva e i suoi genitori…ehm, sì insomma voi due nel futuro, rivorrebbero il loro prezioso tesoro.”
La prima reazione di Rey fu quella di scodinzolare felice, fino a quando…
“No! Non possiamo lasciarlo andare!” La voce di Vil uscì incrinata.
Leona confermò. “E’ qui da meno di una settimana! Che fretta c’è? Abbiamo scoperto solo stamane che è nostro figlio!”
“Lo so bene, Kingscholar. Ma non posso disobbedire.”
“Ha la strizza a causa di quelle foto eh?” Leona era un campione nell’arte dello sfottere!
Crowley arrossì sotto la maschera. “Uh ehm…ad ogni modo Rey deve lasciare questo tempo e questo college. Fine della discussione.”
Sol s’intromise senza abbandonare il sorriso. “Gli zii hanno lasciato un po’ di tempo a Rey per salutare tutti! Abbiamo un’ora prima che si riattivi lo Specchio!”
“Un’ora…” Vil era così affranto che la voce gli morì in gola. Un’ora…una misera ora… Forse i loro stessi del futuro avevano delle buone ragioni per richiederlo così presto, forse l’incantesimo per viaggiare nel tempo aveva delle restrizioni, forse…forse rivolevano il figlio perché ne sentivano la mancanza. Sì, ora che aveva provato sulla propria pelle l’esperienza di madre poteva capirlo, però…era dura da accettare. “Ho capito… Torniamo al Pomefiore a preparare la tua valigia. Io e Leona avvisiamo gli altri di raggiungerci al salone degli specchi.”
Cater tremava come una foglia. Il tremolio si era fatto così violento che si ritrovò a scivolare giù sulle sue stesse gambe e a finire per terra. Che-diamine-significava-tutto-questo??? Genitori, futuro, specchio… Al diavolo tutto, l’unica cosa che gli era chiara è che Rey se ne stava andando.
*
 
Testa china, sguardo basso, passo lento e pesante, i tacchi che battevano sulla pavimentazione di pietra creavano un rumore che rimbombava per tutta la sala. A vederlo così sembrava un condannato che si recava al patibolo, più che una madre che accompagnava il figlio fino allo Specchio magico. Era pur vero che ad ogni passo si sentiva morire dentro. Sbirciando con lo sguardo scorse la figura di Leona, anche lui era parecchio teso, lo vedeva soprattutto dalla mascella rigida e dallo sguardo fisso. Fra loro due camminava Rey, ignaro delle emozioni che loro stavano provando, mentre a guidarli era Sol, il quale più che camminare stava saltellando allegro al pensiero di tornare a casa.
Si fermarono a pochi metri di distanza dallo Specchio che, grazie al cielo, non era ancora attivo. Sia Vil che Leona temevano il momento in cui questo si sarebbe attivato, obbligandoli a dire add-
“Non starai partendo senza salutarci, vero?”
Quella voce simpatica e gioviale, appartenente a Ruggie, giunse come una ventata di aria fresca che contribuì ad alleggerire l’atmosfera. Rey si volse di scatto, sfoggiando un ampio sorriso. “Non potrei mai andarmene senza salutare i miei amati zii!”
All’entrata della sala, oltre al nominato Ruggie, c’erano anche Epel e Jack, ognuno con addosso la divisa del proprio dormitorio.
All’improvviso un grido riempì la sala. “PAPA’!” In men che non si dica il piccolo Sol partì a razzo verso Ruggie, lasciandolo a bocca aperta per la sorpresa e…facendolo finire a terra balzandogli addosso per abbracciarlo!
Ruggie per lo meno riuscì ad attutire un poco la caduta bilanciando parte del peso su un braccio, ma comunque prendendo una bella botta sul didietro! Nonostante tutto ridacchiò divertito per quel colpo di scena, mentre il cucciolo strusciava il viso sul suo petto e agitava la codina in modo frenetico!
Epel si sporse su di loro, sgranando gli occhi azzurri e limpidi. “Ho sentito bene? Ha detto papà?”
“Shishishi! Rey mi aveva accennato qualcosa al riguardo! Pare che in futuro adotterò questo piccolino da un orfanotrofio!”
“Ma insomma Sol!!!” Protestò Rey, avvicinandosi con le sopracciglia agrottate.
“Sol?” Chiese Ruggie, ora in una posizione migliore che gli permetteva di vedere il viso del cucciolo che ancora si coccolava contro di lui.
“Sì! E’ il nome che mi hai dato tu! Dici sempre che sono il tuo raggio di sole!”
Jack ammiccò a Ruggie. “Poetico da parte tua!”
“Sol! Adesso smettila di dire cose che non dovresti dire!”
“Ops!” La lingua gli fece capolino dalle labbra. Adorabile! “Ah, si è attivato lo Specchio!” Con un balzo fu di nuovo in piedi. “Vado prima io e porto con me la tua valigia! Va bene?”
Rey fece giusto un cenno col capo ed ecco che Sol corse verso Leona (che aveva portato la valigia fin lì al salone). “Zio Leona, puoi darla a me adesso!”
Praticamente immobile fino a quel momento, Leona si ritrovò impacciato nei movimenti e nella parola. “Ehm, umh…sì ecco.” Gli porse il manico e quasi gli venne da sorridere nel constatare che la valigia era grande quasi quanto quel cucciolo! Per fortuna che aveva le rotelle…
“Allora io vado!” Sol sollevò la mano libera e si prodigò in saluti. “Ciao zio Leona! Ciao zia Vil! Ciao zio Jack! Ciao zio Epel!” E per ultimo, il più importante. “Ciao papà! Salutami la mamma!”
Lasciando perdere Leona e Vil che non erano dell’umore, gli altri della combriccola lo salutarono allegramente e agitando la mano a loro volta.
“E chi è la mamma?” Chiese Epel a Ruggie, ormai curiosissimo. Peccato che il nome non arrivò, e anzi, il sorriso di Ruggie si fece un po’ tirato nell’ammettere: “Non ne ho la minima idea!”
Sol prese la rincorsa e attraversò lo Specchio senza guardarsi indietro.
Qualche istante di silenzio e poi Rey scoppiò a ridere. “Ah ah ah! E’ un piccolo uragano, vero?”
Ruggie fece spallucce, sorridendo. “Con un cucciolo così, di certo non mi annoierò!”
Rey lo aiutò a rialzarsi da terra (sì esatto, si trovava ancora lì!) e gli diede una leccatina sulla guancia in segno di saluto. “Zio Ruggie… Ho cercato di non rivelarti troppo riguardo al tuo futuro, però vorrei tanto dirti un’ultima cosa come regalo di add-uh uh di arrivederci!” Attese che Ruggie gli facesse segno di procedere e allora continuò. “Una volta mi hai raccontato che tra te e il tuo innamorato è stato amore a prima vista. Cioè…no aspetta… Era…mmh…era qualcosa tipo… La prima volta che hai visto i suoi occhi hai capito che era la persona che volevi accanto per sempre.”
Ruggie dovette stringere le labbra per non scoppiare a piangere. Tutto ciò che gli era stato detto in quei giorni gli aveva donato un’immensa felicità. Deglutì il nodo alla gola e rispose a bassa voce. “Farò tesoro di queste parole! Grazie, Rey!” Si chinò leggermente e a sua volta gli leccò la guancia con affetto.
Dopo di lui fu la volta di Epel, il quale prese le mani di Rey fra le proprie e le strinse con calore. “Non ho ancora avuto occasione di dirtelo… Ho telefonato a Neige dopo la nostra chiacchierata di questa mattina e… Finalmente gli ho chiesto di uscire con me!”
Gli occhi di Rey si illuminarono. “Waaaah che forza, zio! Sono così contento!”
“Vorrei che tu potessi restare ancora una settimana, così da poterti raccontare come sarà il nostro appuntamento ma…qualcosa mi dice che tu sai già tutto!”
“Eh eh! Infatti!” Rispose lui, facendo l’occhiolino, quindi gli stampò un bacio sulla guancia e aggiunse. “Quando avrò compiuto sedici anni, prometti di farmi guidare la tua moto?”
“Se la tua mamma promette di non uccidermi, per me va bene!”
Una risatina complice e le loro mani si sciolsero.
Senza che nessuno gli dicesse niente, Jack pensò bene di inginocchiarsi per fare i saluti! O meglio, di inchinarsi su un ginocchio quasi si trovasse al cospetto di un re!
“Zio Jack…io…” Non sapeva bene cosa dire, quindi fu lui a toglierlo d’impaccio. “Ho avuto pochi minuti per elaborare le spiegazioni frettolose di Ruggie sul fatto che venivi dal futuro ecc ecc!  Non importa, grossomodo ho capito! Mi era venuto un sospetto vedendo quanto assomigli a Vil! Ad ogni modo… Mi prenderò cura della tua mamma meglio che potrò! E terminati gli studi mi prenderò cura anche di te, hai la mia parola!” E la promessa di un lupo era la più sincera che si potesse avere.
“Grazie!” Rey gli gettò le braccia al collo e anche a lui diede una leccatina sulla guancia.
Fece per voltarsi e andare dai propri genitori ma…
“REY ASPETTA!”
Di corsa e col fiato corto, Cater fece irruzione nel salone, spiazzando tutti quanti.
“Cater…”
Aveva gli occhi lucidi, sembrava fosse sul punto di piangere. “Non potevo far finta di niente. Nella mia vita ho fatto una marea di casini e anche con te ho sbagliato, però…” Strinse un pugno. “Ok, vi ho spiati mentre eravate alla serra. Lo ammetto. All’inizio non credevo a quanto ho sentito… Comunque, volevo dirti che non avrei mai fatto ciò che ho fatto se avessi saputo che tu eri figlio di…”
“Cater…” Rey bruciò la distanza fra loro. I suoi occhioni lo guardarono come se volesse penetrargli l’anima. “Io ti amo. Non mi importa quanti anni abbiamo di differenza. Non voglio nessun altro. Lo so che ci vorrà ancora tanto tempo prima di poter stare insieme ma… Mi aspetterai?”
Il cuore di Cater batteva come un tamburo. Stava accadendo tutto talmente in fretta che quasi si sentiva mancare. O forse no… E se invece, per la prima volta nella sua vita, le cose fossero finalmente diventate chiare? Accennò un sorriso e rispose con sicurezza. “Sì. Ti aspetterò.”
Rey si gettò su di lui e unì le labbra alle sue in un bacio appassionato, al quale Cater non mancò di rispondere con la stessa intensità, dimentico di ciò che lo circondava. O almeno per quei pochi secondi, prima che un ringhio gli ricordasse dov’era e chi c’era! Aprì gli occhi e si accorse dello sguardo minaccioso di Leona che traspariva la voglia che aveva di sbranarlo. Anche quello gelido di Vil gli stava lanciando un chiaro messaggio di morte!
“Ugh!” Subito si fece indietro, interrompendo il bacio bruscamente. “Eh…Rey…ci…ci sono i tuoi genitori…!”
Il cucciolo abbassò le orecchiette e si morse un labbro con fare impacciato. “Scusa!” Il suo sguardo mutò nell’accorgersi di un dettaglio. “Ti sei ferito alla faccia?”
A Cater mancò un battito. “AH! Ehm…no, tranquillo! E’ tutto a posto! Diciamo che i pugni del tuo papà avevano voglia di giocare con le mie guance! Ah ah!”
Rey spalancò la bocca indignato e subito si voltò per rimproverare il genitore. “Papà!!!”
Leona, finto tonto, si grattò il capo distrattamente. “Hai sentito… Stavamo giocando…”
Rey lasciò un sospiro, scosse il capo e tornò a rivolgersi a Cater. “Perdonalo… Quando diventerò grande ci sposeremo e queste cose non accadranno più, promesso!”
“Ah ah! Ci conto! Cresci in fretta e diventa ancora più bello per me, ok?” La buttava sullo scherzo, ma in realtà aveva fin troppa voglia di piangere.
“Ce la metterò tutta!” Pian piano le sue mani scivolarono via dal corpo di Cater, i loro sguardi rimasero incollati ancora alcuni istanti. Inevitabilmente, Rey lo lasciò per andare dai genitori.
“Uff e così è giunto il momento eh?” Esordì Leona, cercando di darsi un tono, ma subito lasciò perdere e sollevò Rey da terra per stringerlo forte a sé. Sentendo come il suo figlioletto ricambiava, gli vennero le lacrime agli occhi. “Non so se nel futuro te l’ho già detto… Sappi che non cambierei niente di te. Sei perfetto così, sia come cucciolo che come figlio. Sono fiero di te!”
“Io invece avrei dovuto scrivere una lista delle cose che vorrei cambiare di te!” Scherzò Rey, strappandogli una risata. Si guardarono negli occhi. “In questi giorni mi hai mostrato tutti i tuoi difetti, è vero, ma so che presto cambierai e sarai un papà fantastico!”
Leona fece un cenno affermativo. “Mi impegnerò!” Gli diede una mordicchiata all’orecchio, con fare giocoso, e lo rimise a terra.
Non appena lo sguardo di Rey si posò su di lui, Vil si rese conto di aver tenuto le mani strette in grembo per tutto il tempo, sperando di interromperne il tremolio. Per uno come lui che faceva parte del mondo dello spettacolo fin da bambino, non doveva essere difficile mascherare le emozioni. Pff, non ci credeva nemmeno lui. Lottare contro emozioni così forti gli era impossibile. Prese respiro. Per lo meno le sue mani obbedirono e smisero di tremare, concedendogli così di poter accarezzare il viso di suo figlio un’ultima volta.
Accennò un sorriso. “Sei…la cosa più bella che potesse capitarmi!” Prese di nuovo respiro. “In pochi giorni mi hai donato emozioni che non avevo mai provato. Sento che, conoscendoti, qualcosa in me è cambiato in meglio e… Io ti…ti…”
Rey finì la frase per lui, dolcemente. “Anche io ti voglio bene, mamma!”
In quel momento lo Specchio emanò una luce più potente.
Leona fece un cenno a Vil. “Deve attraversare, non c’è più tempo.”
“Mh. Solo…solo un istante…” Il coraggio lo abbandonò completamente. Si gettò in ginocchio e strinse il piccolo in un abbraccio disperato. La sua voce si ridusse ad un sussurro spezzato. “Dammi solo un istante, ti prego!” Aveva bisogno di stringere ancora un po’ quel corpo sottile, di sfiorare ancora quei capelli biondi e morbidissimi, di imprimere nella mente quell’odore di cucciolo che assomigliava al profumo di biscotti appena sfornati e bocciolo di rosa.
Rey cercò di tranquillizzarlo, sussurrandogli all’orecchio. “Ci rivedremo presto!”
“Lo so… Lo so…” La voce sempre più roca, simile ad un rantolo. In qualche modo si fece forza e, lentamente, allentò la stretta di quell’abbraccio. Alla fine, l’unico contatto fra loro furono le loro mani intrecciate.
Rey sorrise. “Sono felice di essere stato mandato in questo tempo!”
Vil evitò di rispondere, tanto dalla gola non gli sarebbe uscito nulla.
“Vil…” Leona lo chiamò ancora una volta, pronto ad intervenire per separarli. Ma non fu necessario.
Dallo specchio arrivò un richiamo echeggiato, una voce ben conosciuta proveniente da un altro tempo. “Rey…
Lo sguardo di Rey abbandonò quello di Vil, volse il capo di scatto. “Mamma!” E allora accadde…
Vil sentì la sua mano scivolare via, in fretta…troppo in fretta… Vide la sua schiena, la sua coda sottile, le sue gambe snelle e lunghe…mentre correva via… Un istante dopo scomparve e lo Specchio magico divenne una lastra nera. La mano di Vil ancora sospesa nel vuoto, come implorante di toccare ancora la manina che stringeva fino a poco fa…
“Hic…” Le sue spalle sobbalzarono. “Hic hic…”
Prontamente Leona lo afferrò e lo fece rialzare da terra. Il suo viso era contratto per il pianto, calde lacrime fluivano rapidamente dai suoi occhi di ametista.
“Il mio…hiiic…il mio bambino… Rivoglio il mio bambino…”
Leona lo avvolse in un abbraccio, almeno lui doveva mostrarsi forte altrimenti si sarebbero spezzati entrambi. Gli premette le labbra contro il collo, stampandovi un bacio, poi parlò. “Lui…è il nostro cucciolo! Hai sentito… Lo rivedremo presto…”
“E se…cough…e se non riuscissi a fare quella pozione… Se non…”
“Non dire così…” Leona strinse le labbra, doveva resistere alla voglia di piangere. “Non dirlo, ti prego… Tu ce la farai… Ce la farai!”
Gli sguardi lucidi di Ruggie ed Epel stavano osservando la scena. Se per loro era difficile, non osavano immaginare cosa stessero provando Vil e Leona… Jack, la figura più saggia, richiamò la loro attenzione poggiando le mani sulle loro spalle. Bastò uno sguardo prima con uno e poi con l’altro e insieme uscirono dal salone per lasciare intimità alla coppia.
Cater se n’era già andato.
  
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