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Autore: Talitha_    02/06/2021    3 recensioni
Da quando lei ed Adrien hanno scoperto le rispettive identità, Marinette ha sempre negato, con ostinazione, ogni possibilità di un futuro insieme. ⁣
Sarebbe sbagliato, pericoloso. ⁣
Tuttavia, dopo ancora quattro anni, i suoi sentimenti per lui e gli errori del passato continuano a tormentarla. ⁣
È davvero esclusa in partenza ogni possibilità di trovare un lieto fine?⁣

« Perché c’è di peggio che non conoscere mai l’amore: trovarlo in un tempo della propria vita che lo rende impossibile. »⁣
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II. Fleur 

 

 

1.

 

“Per quale motivo non possiamo stare insieme?”

La domanda di Adrien era chiara e semplice. La risposta a quella domanda… mmh, non tanto. 

Marinette inspirò. Si diede qualche secondo per osservare il volto bellissimo di Adrien, e con un ultimo movimento del pollice gli diede una carezza sulla guancia. Poi, con la mano sinistra ancora intrecciata a quella destra di Adrien, lo tirò leggermente e lo condusse di nuovo sul divano. 

“Mi prometti di non prendermi per pazza?”, sussurrò debolmente. 

“Che sei pazza di me lo hai appena fatto presente, Milady”, le fece notare Adrien con un sopracciglio alzato e un piccolo ghigno disegnato sulle labbra. 

Marinette alzò gli occhi al cielo con un sorriso. “Non è il momento di fare lo scemo, Chaton.”

Lui annuì, tenendo le labbra serrate per trattenere una risata. “Ai tuoi ordini, Buginette”.

“Quindi?”

“Quindi?”, le fece eco lui. 

“Non penserai che io sia pazza? O che mi stia inventando tutto di sana pianta?”

“Lo sai che mi fido ciecamente di te.”

Le parole di Adrien le andarono dritto al cuore, che le sobbalzò nel petto. Un brivido le corse lungo la schiena, e allora strinse le mani di Adrien tra le sue, come per farsi coraggio. 

Adrien abbassò lo sguardo sull’intreccio delle loro mani, e sentì un calore familiare avvolgerlo tutto. Poi tornò a guardarla, e rimase colpito dall’ennesima volta nel giro di quei pochi minuti dalla sua bellezza. Fu solo un istante, in cui rimase destabilizzato dal peso dei suoi brillanti occhi azzurri e le sue labbra rosate. Poi sbatté le palpebre e cercò di concentrarsi. Marinette stava per confidarsi con lui, e Adrien l’avrebbe ascoltata con tutta l’attenzione di cui era capace. Notò che era incredibilmente nervosa, con le ciglia tremanti e le mani sudaticce, per questo le mormorò: “Di cosa hai paura, Marinette?”

Lei lo guardò con ansia. “Che tu non mi creda.”

“Ma io ti crederò!”, esclamò con trasporto. “Perché mai non dovrei farlo?”

Marinette abbassò lo sguardo. “Perché tu non ricordi niente di quello che è accaduto.”

Adrien corrugò le sopracciglia. Non capiva di cosa stesse parlando. 

Poi, però, ricordò che già una volta era capitato loro di perdere la memoria a causa del potere di Ladybug, e questo Adrien non lo sarebbe mai venuto a sapere se non avesse visto la foto di lui e Ladybug che si baciavano. Forse anche per la volta di cui parlava Marinette era andata così, solo che non c’erano prove a testimoniarlo, e a quanto pare Marinette era l’unica a ricordarsene. Perché?

La domanda gli rimasa incastrata tra le labbra. Adrien moriva dalla curiosità e dal bisogno di sapere, ma vedeva anche quanta difficoltà stesse facendo Marinette ad aprirsi, e non voleva metterle pressione. 

“Qualsiasi cosa sia, Milady, prometto di crederti”, la rassicurò, stringendole la mano tremante. 

Marinette prese un profondo respiro, e gli raccontò di quella strana avventura, che sembrava più un sogno che realtà. O meglio, un incubo, che l’aveva tormentata per tanti e tanti anni. 

 

***

 

“Mi stai dicendo che mio padre mi ha akumizzato, che io sono diventato pazzo e ho distrutto il mondo e la luna, e che la te del passato mi ha salvato quando la Ladybug del presente era già… morta?”

Marinette si portò una mano al volto. “Non mi credi, non è vero?”

Adrien si sporse in avanti ed esclamò subito: “No! Certo che ti credo. È solo che… è tutto molto difficile da digerire, ecco.”

“Adrien”, gemette Marinette, gli occhi lucidi. 

Milady, ti prego, non piangere”, disse Adrien, prendendola per le spalle e tirandola a sé. 

“Mi dispiace”, continuò Marinette, come se non avesse sentito le parole di lui. “Avrei dovuto dirtelo prima, ho sbagliato. Non sai quanto mi dispiace. Però”, disse, ed un primo singhiozzo la scosse tutta. Adrien la sentì tremare sotto di sé, e il cuore gli si strinse in una morsa. La circondò con più forza. 

“Però”, riprese Marinette, dopo aver tirato su col naso, “ogni volta che ci provavo, le parole non mi venivano e… e ripensavo a quando ti ho visto così, pazzo e spezzato, il mondo caduto a pezzi, e quando…”, si bloccò, forse per trovare la forza di continuare “e quando mi hai chiamata per nome, e mi hai detto che… che nel futuro io e te stavamo insieme, io…”, la voce le mancò. 

Adrien le prese il volto tra le mani, allontanandola dal suo petto. “Va tutto bene, Marinette. Va tutto bene”, sussurrò dolcemente. 

Lei scosse la testa con fervore. “Non capisci. Non puoi capire. Tu c’eri, ma non puoi ricordare niente. Adrien”, gli disse, con voce improvvisamente seria. “Quando ho visto a cosa il nostro amore aveva portato, alla morte di tutti e alla fine del mondo, ho giurato che… che non avrei mai permesso che nulla del genere accadesse.” Lo guardò dritto negli occhi, con le iridi azzurre che si muovevano freneticamente a destra e a sinistra. “Ho promesso che tra me e te non ci sarebbe mai stato niente, perché era troppo pericoloso e avremmo causato solo dolore e sofferenza. E non solo a me e te, ma al mondo intero.”

Adrien rimase in silenzio a fissarla, mentre le parole di Marinette facevano breccia nel suo cuore. “Perché non me ne hai mai parlato?”, mormorò infine. 

Marinette strizzò gli occhi e abbassò la testa. “Ci ho provato. Dio solo sa quanto. Ma ogni volta che trovavo il momento per parlartene, le parole non mi venivano e…”, le lacrime le offuscarono la vista, e si portò agli occhi il dorso della mano per asciugarle. 

Milady”, la chiamò con dolcezza Adrien.
“Mi dispiace, Adrien. Mi dispiace così tanto. Tu avevi il diritto di sapere, e io… non so perché non ci sono mai riuscita.”

“Cos’è che rende oggi così diverso?”

Lei lo guardò con aria interrogativa. 

“Perché oggi sei riuscita a parlarmene?”, specificò lui. 

Marinette inspirò profondamente. “H-ho pensato che… oh, non lo so cosa ho pensato. È solo che mi guardavi con quegli occhi e… ho creduto che fosse il momento giusto.”
“Con quegli occhi incredibilmente belli, intendi?”

Lei rise tra le lacrime. “Sì, esatto.”

Adrien le portò una mano alla guancia. “E credi ancora sia così pericoloso rischiare di amarci?”

“Ma io ti amo già”, rispose lei subito, col tono di star dicendo una delle cose più scontate al mondo. 

Adrien scosse la testa, mentre la prendeva per le spalle. “Scusa”, disse con un sorriso “mi sono espresso male.” Si leccò le labbra e prese un respiro: “Credi ancora sia così pericoloso per noi due stare insieme?”

Lei lo guardò con occhioni azzurri grandi e smarriti. 

“Intend0”, aggiunse Adrien “adesso che Papillon non rappresenta più una minaccia, e che non c’è il rischio che io venga akumizzato. Adesso che mia madre è sana e salva, e che lo shock di sapere che era per lei che mio padre aveva terrorizzato tutta Parigi per anni e anni e già passato.”

Marinette disse semplicemente: “Non lo so”. 

Quelle tre paroline le fuoriuscivano dalle labbra deboli e incerte, ma ad Adrien suonarono così piene di speranza da cancellare tutto il resto. 

Eppure… non era ancora il momento. Marinette tremava dai singhiozzi, e i suoi occhi erano talmente smarriti che pensò ci fosse ancora bisogno di tempo prima di decidere cosa fare. 

Adrien si chinò su di lei, ancora con le mani sulle sue spalle, e stavolta fu lui a stamparle un bacio sulla guancia. “Non devi rispondermi adesso”, le sussurrò contro il volto. 

Marinette lo guardò con gratitudine. “Grazie”, disse, e poi circondò le sue spalle con le braccia. “Grazie”, ripetè contro i suoi capelli biondi, aspirando il profumo della colonia di Adrien. Lui ricambiò l’abbraccio, stringendola delicatamente tra le braccia. 

Voleva rimanere così, accanto a lei, per sempre, ma non passarono che pochi minuti prima che Marinette si staccò e si ricompose. Adrien le porse un fazzoletto (ne teneva un pacchetto dentro la tasca dei jeans, in quei giorni si sentiva fin troppo emotivo), e lei si soffiò il naso e asciugò le guance dalle lacrime. 

“Credo sia davvero il momento di andare”, disse allora Marinette. 

Adrien voleva che restasse, ma sapeva che Marinette aveva bisogno di un po' di tempo per pensare. “Certo, io…”, si alzò in piedi “ti accompagno alla porta. O anche a casa, se vuoi”. 

Marinette sorrise. “Alla porta va bene”. Raccolse la borsa dal divano e lo seguì fuori dalla stanza. Si tennero la mano fino al cancello di casa Agreste. 

 

 

2. 

Parigi, 26 maggio 2022

 

Lei e Adrien non si sentivano da due giorni. Eppure, il loro non era uno di quei silenzi che seguono un litigio, doloroso e insopportabile, in cui entrambi rimuginavano con rimorso alle brutte parole con cui si erano lasciati. 

No, no. Questo era un silenzio piacevole, di quelli che seguono una dolce pioggia estiva. A Marinette sembrava quasi di sentirlo, l’odore fresco e pungente della pioggia. 

Sebbene avesse sempre pensato che, nell’eventualità in cui quel momento fosse arrivato, si sarebbe sentita tesa come una corda di violino ed estremamente nervosa, adesso era tutto il contrario. 

Era stranamente calma, come se il suo cuore avesse già trovato una risposta a tutte le sue domande. 

Erano passati due giorni dal pomeriggio in cui Émilie aveva invitato Marinette - con la palese intenzione di far passare a lei ed Adrien un po' di tempo insieme - e l’unico segnale che aveva ricevuto da Adrien era stato un messaggio, arrivatole pochi minuti dopo essere ritornata a casa. 

 

Ci sarò sempurre per te, Milady

 

Marinette aveva sorriso, come un’adolescente innamorata. Ecco, innamorata lo era ancora, adolescente non molto. Ma non importava. 

Quei due giorni li aveva passati a ripercorrere col pensiero tutta la loro storia. Dal momento in cui si erano incontrati, con Adrien a scuola - intento a togliere la gomma dalla sua sedia - e con Chat Noir attorcigliata al filo del suo yo-yo. 

Aveva ripensato a tutti gli istanti belli e brutti che avevano condiviso, e a come la loro storia d’amore fosse progredita nel corso del tempo. Poi c’era stato quel periodo buio che solitamente preferiva non ricordare, e che adesso le sembrava come un’eco di un incubo lontano. E infine quei dieci mesi passati fianco a fianco, affiatati come tanti anni prima, alla ricerca di un modo per aiutare Émilie. 

Erano stati due giorni molto strani, quelli, e Marinette li aveva vissuti come in apnea. Poi, era stata risvegliata dallo squillo del cellulare, e dalla voce allegra di Émilie. “Pronto, Marinette?”

“Émilie! Ehm… ciao!”, Marinette era sorpresa. Non si aspettava di certo una chiamata da casa Agreste, tanto meno da Émilie. 

Sentì la risata candida di Émilie dall’altro capo del telefono. “Sono finalmente riuscita a comprare un cellulare, questi aggeggi sono diventati davvero formidabili. Mi sono fatta dare il tuo numero da Adrien, spero non sia un problema.”

“Certo che no!”, proruppe Marinette, che al sentire pronunciato il nome di Adrien aveva iniziato a tremare. 

“Bene, sono contenta!”, esclamò Émilie. “Ti ho chiamata per dirti questo, e anche per invitarti a prendere un tè questo pomeriggio. Prometto che questa volta non ti do buca”, aggiunse con una dolce risata. 

“U-un tè?”, farfugliò Marinette, che aveva preso a contorcersi una ciocca di capelli. 

“Sì, un tè tra sole donne. Adrien è partito stamattina per Londra e non tornerà prima di domani. Mi piacerebbe avere un po' di compagnia, ma se hai già altri impegni…”

“No!”, la interruppe Marinette. “Un tè tra donne va benissimo”, aggiunse, ponendo una grande enfasi su quelle due paroline che non implicavano la presenza di Adrien. “Ci vediamo alle cinque, allora?”

Émilie annuì. “Perfetto, alle cinque. A dopo, Marinette.”

“A dopo”, rispose lei. Poi sentì che Émilie aveva già riattaccato, ma Marinette tenne ancora per qualche secondo il telefono appicciato all’orecchio, come per elaborare bene quella chiamata. 

“Oggi alle cinque, tè fra donne. Adrien è a Londra, non torna prima di domani”, mormorò meccanicamente. 

“Puoi farcela, Marinette”, le sussurrò una dolce vocina. 

Marinette abbassò lo sguardo ad osservare il suo kwami. “Lo spero proprio, Tikki.”

 

3. 

 

Casa Agreste le pareva ogni volta sempre più imponente. Marinette si stupiva sempre, perché credeva di essere preparata all’immensità di quella villa, ma puntualmente doveva ricredersi. 

Forse le pareva così insormontabile perché quando vi si recava era sempre in ansia, e respirava a fatica e strofinava le mani sulle gambe nel tentativo di asciugarle dal sudore. Anche adesso, la stessa identica cosa. 

Non sapeva perché era così nervosa al pensiero di vedere Émilie. Non era certo la prima volta che andava a trovarla, ma adesso…

Sapere che per lei ed Adrien c’era una piccola, minuscola speranza, le faceva vedere l’incontro con Émilie come ad uno con… sua suocera. Ed era spaventata, perché non sapeva se sarebbe stata in grado di passare l’esame. 

Ma che vai a pensare, Marinette? Émilie è la persona più dolce del mondo. E ama sinceramente Adrien. 

Ecco, ma forse proprio perché amava tanto suo figlio, avrebbe impedito la loro relazione per paura che lei lo facesse soffrire ancora. E, pensò Marinette, non ne avrebbe avuto tutti i torti. 

Marinette scosse la testa e si costrinse a non pensarci. Passo dopo passo dopo passo, arrivò alla stanza in cui Émilie l’aspettava, la stessa in cui lei ed Adrien avevano parlato due giorni prima. 

La porta era aperta, ma Marinette si fermò lo stesso sulla soglia. Scorse Émilie seduta sul divano, così fiera ed elegante che non sembrava per nulla essersi risvegliata dopo quasi dieci anni di sonno. Sembrava assorta nei suoi pensieri, con lo sguardo rivolto alla finestra, e probabilmente non aveva ancora avvertito la presenza di Marinette. 

Per questo premette due colpi sulla porta, e subito Émilie si volse a guardarla. Il suo sguardo si illuminò, poi fece per alzarsi, facendo forza sui palmi delle mani. 

Marinette si allarmò e le corse subito incontro. “Émilie! Non devi, sei ancora troppo debole!”

Émilie scosse la testa con un sorriso. “Non preoccuparti, tesoro. Mi sento molto meglio oggi. Già ieri ho provato a camminare, e non mi sono mai sentita così bene da… ecco, dieci anni a questa parte.”

Marinette la aiutò ad alzarsi, sostenendola con le braccia. “Sei sicura? Adrien lo sa?”  

Émilie ridacchiò, afferrando la stampella appoggiata al bracciolo del divano. “Sì, lo sa. Anche se pensa che dovrei riposarmi di più. Ma non riesco più a stare seduta. Ti va di andare a prendere il tè in giardino?”

Marinette la osservò reggersi con forza alla stampella, e sorridere fiera dei propri progressi. “I- io… sì, certo”, rispose confusa. “Hai già parlato con il dottore?”

Émilie annuì. “Non preoccuparti, Marinette. Sarà solo per poco. E poi, se mai dovesse accadere qualcosa, Monsier Delacroix sarà nei paraggi.”

Marinette annuì con poca convinzione. Tuttavia, vedere Émilie così contenta di uscire fuori e camminare un po’ le fece mettere da parte le sue preoccupazioni. “D’accordo, andiamo”, concesse con un sorriso. 

 

***

 

Marinette non aveva mai avuto la possibilità di esplorare i dintorni di Villa Agreste. Rimase affascinata dalle siepi ben curate, le mura decorate, e dall’intera atmosfera di calma e serenità che vi regnava. Émilie aveva fatto sistemare un tavolino di legno vicino ad una piccola piazzetta, che coincideva con una rientranza delle mura di casa. Il tavolo era stato apparecchiato con cura, sotto le direttive di Émilie. Un servizio da tè di porcellana giapponese riluceva sotto il sole del tardo pomeriggio, e Marinette riuscì anche a scorgere su un’alzatina di cristallo una sfilza di dolci e mignon. 

“Mi sono permessa di ordinarli dalla pasticceria di tuo padre. Da quando ho assaggiato i tuoi macarons mi sono innamorata della vostra cucina.”

Marinette arrossì. Balbettò un incerto ‘grazie’ e aiutò Émilie a sedersi. Poi, si sistemò di fronte a lei dall’alto capo del piccolo tavolino. 

Servì il tè ad entrambe, mentre Émilie la scrutava attentamente sotto le sue ciglia bionde. 

“Volevo ringiraziarti, Marinette. Per tutto l’aiuto che hai prestato ad Adrien e me”, proruppe all’improvviso. 

Marinette la guardò sorpresa, ancora più rossa di prima. Scosse la mani in avanti: “Oh, non c’è bisogno di ringraziarmi, io… ehm, l’ho fatto con amore, no! piacere, sì, piacere.”

Émilie sorrise, e Marinette si sorprese nel constatare quanto la sola presenza di Émilie facesse sembrare il mondo un posto più bello in cui vivere. 

Émilie si sporse un poco verso di lei, e le prese dolcemente una mano, che Marinette teneva poggiata sull’orlo del tavolo. “Adrien è stato fortunato ad incontrarti. Grazie per averlo aiutato quando io non ci sono stata per lui.”
Marinette rimase a bocca aperta. Letteralmente. 

Non sapeva cosa dire. 

Émilie rise amabilmente. “Voglio che tu sappia che sarai sempre la benvenuta in questa famiglia. Ho capito che…” iniziò, osservandola dritto negli occhi “le cose tra di voi non sono mai state semplici, ma non per questo impossibili?”

Marinette si schiarì la gola e trovò il coraggio per chiedere: “In che senso?”

Émilie strinse affettuosamente la mano di Marinette. “Stendhal diceva: ‘L'amore è un fiore delizioso, ma bisogna avere il coraggio di andare a coglierlo sui bordi di un precipizio spaventoso’.”

Marinette la guardò assorta, con le labbra leggermente schiuse. 

Émilie riprese: “Anche tra me e Gabriel le cose non sono mai state semplici, soprattutto all’inizio. Venivamo da famiglie di estrazione sociale completamente opposte, e non è stato per nulla facile rischiare di perdere l’amore della mia famiglia per seguire quello di un altro uomo. Ma non me ne sono mai pentita. Ovviamente la vostra situazione è completamente diversa e… comprendo i rischi che state correndo. Però”, aggiunse, e la sua voce dolce suonava come il canto di una sirena “la vita è troppo breve per rinunciare a qualcosa di talmente meraviglioso come l’amore per paura di farsi male.”

“Ma io… non voglio che sia Adrien, a farsi male. Non voglio farlo soffrire.”
“Più di quanto non stia soffrendo già?”, mormorò Émilie. Marinette sentì gli occhi pizzicarle. Se fosse stata un’altra persona - una qualsiasi altra persona - a parlarle in quel modo, di sicuro si sarebbe sentita offesa. 

Ma con Émilie era impossibile. Le sembrava un po' la voce della sua coscienza, un dolce angelo venuto ad aiutarla nella sua decisione. Le sue parole bruciavano, facevano male, ma la stavano aiutando a vedere la sua situazione da un punto di vista differente. 

Quando la prima lacrima rigò la guancia di Marinette, Émilie si sporse subito verso di lei. “Mi dispiace, Marinette. Non dovevo parlarti in questo modo. Io… voglio solo che tu e Adrien siate felici. Niente di più.”

Marinette scosse la testa, asciugandosi il viso col dorso della mano. “Non devi scusarti, Émilie. È… hai detto semplicemente la verità. È solo che… forse sono davvero troppo codarda per prendere questa decisione.”

“Non sei affatto codarda, Marinette. È normale avere paura, soprattutto quando c’è in gioco la felicità della persona che si ama.”
Marinette si limitò ad annuire, perché non si fidava più della sua voce, e voleva evitare di scoppiare a piangere di fronte alla madre di Adrien. 

Gli occhi verdi di Émilie brillavano con talmente tanta intensità da farle ricordare quelli di Adrien. Dentro, Marinette vi trovò riflesso anche un sentore di senso di colpa. Senza sapere cosa fare, né tantomeno cosa dire, entrambe presero tra le mani la propria tazza di porcellana e sorseggiarono in silenzio il tè caldo. 

Émilie fu subito capace di cambiare discorso, e chiese a Marinette di parlarle della sua passione per la moda e di insegnarle a preparare quei deliziosi macarons. La compagnia di Émilie era talmente piacevole che Marinette riuscì quasi a dimenticarsi dell’inizio imbarazzante della loro conversazione, e si sorprese nel constatare che parlare con Émilie era semplice tanto quanto con confidarsi con la propria madre. 

Trascorsero così una buona mezz’ora, in cui il sole aveva iniziato la sua discesa dietro il profilo del muro che circondava la villa, e una deliziosa brezza estiva le accarezzò i capelli. 

“Davvero credevi fosse stato lui a mettere quella gomma sulla tua sedia?”, rise di cuore Émilie. 

Marinette fece una smorfia divertita. “Sì, più ci ripenso adesso e più mi sembra assurdo. In realtà stava solo cercando di toglierla. E io che lo credevo complice di Chloé.”

Le risate di entrambe si persero nell’aria, interrotte solo dal rumore di passi sul selciato. Émilie si volse verso sinistra, ancora scossa da tutto quel ridere. 

“Vi si sente ridere fin dalla strada”, esclamò divertito Adrien. 

Marinette trasalì a quella voce. Émilie non le aveva forse detto che Adrien non sarebbe tornato prima del giorno successivo? Si girò lentamente verso di lui, e il cuore si fermò quando i loro sguardi si incrociarono. 

Adrien stava camminando verso di loro, bellissimo e luminoso, come il dio Elios in piedi sul suo carro volante. Stava guardando sua madre, poi lei, e quegli occhi fiammanti la fecero avvampare tutta. 

Émilie, visibilmente sorpresa, fece per alzarsi premendo le mani sui braccioli della sua sedia. “Adrien! Non dovevi tornare domani?”

Adrien accorse vicino a lei. “Maman, non c’è bisogno che ti alzi”, disse, e la aiutò a sistemarsi sulla sedia. Poi la salutò con un bacio sulla guancia. “Sono tornato prima perché sono riuscito a sbrigare tutto in tempo nel primo pomeriggio. Non sei contenta di vedermi?”, sorrise, poi si girò, alla ricerca di una sedia per unirsi a loro. Marinette balzò in piedi. “T-tieni, Adrien. Pensi, voglio dire, prendi, prendi questa. Stavo comunque per andarmene.” E detto questo, prese la borsa appesa allo schienale della sedia.
Adrien la osservò incepparsi con le parole, come spesso faceva tanti anni prima. Era davvero adorabile, con le guance rosse e le labbra scarlatte, e i capelli sciolti che le incorniciavano disordinatamente il viso. 

Émilie aprì la bocca per protestare, ma in modo del tutto inaspettato Adrien la sovrastò e disse con gentilezza: “D’accordo, ti accompagno alla porta”.

Émilie e Marinette lo guardarono sbigottite. La prima perché non capiva il motivo per cui Adrien non avesse approfittato dell’occasione per trattenerla, e la seconda perché non credeva di essere riuscita a cavarsela tanto facilmente. 

“A-ah sì?”, chiese sbigottita. Adrien rise. “Certo, Milady”, esclamò, prendendola per mano. “Maman, ti dispiace?”

Émilie scosse la testa con fervore. “Certo che no, tesoro. Vai pure, ti aspetto qui.”
Adrien annuì e si girò verso un’inebetita Marinette. “Andiamo?”, le chiese, con un tono che la mandò più in subbuglio di quanto già non fosse. 

Rimase qualche secondo a fissarlo, poi fece di sì con la testa. Lui mosse qualche passo, e quando il loro braccio unito si tese, lei si costrinse a muovere le gambe e a seguirlo. Dopo aver preso a camminare, Marinette si voltò verso Émilie, perché si era resa conto di non averla salutata, e le fece un cenno con la mano libera. 

Émilie esclamò: “A presto, Marinette! È stato un piacere chiacchierare con te!”, e poi scomparve dietro una siepe. 

 

***

 

Adrien e Marinette proseguirono in silenzio fino all’enorme cancello di Villa Agreste. Si fermarono all’ingresso, e Adrien le si mise davanti. 

Marinette teneva lo sguardo basso, perché sapeva che se lo avesse guardato negli occhi le gambe le avrebbero ceduto e allora Adrien avrebbe dovuto trasportarla in braccio, come faceva con sua madre. Non che fosse una cattiva prospettiva, questa. Assolutamente. 

“Eccoci qui”, mormorò Adrien. Era talmente vicino che Marinette era in grado di sentire il suo profumo e il rimbalzo del suo respiro.

“E-eccoci qui”, riuscì a farfugliare, con il capo chino a terra. Lo sguardo fisso sulle loro mani ancora intrecciate. 

Adrien abbassò leggermente la testa e piegò le ginocchia, come per scrutarle il viso. Marinette allora non potè continuare ad ignorarlo, e, facendosi coraggio, si preparò a scontrarsi con il verde dei suoi occhi. L’impatto fu peggio del previsto, tant’è che sentì subito le gambe farsi deboli e la testa girare. 

Adrien la afferrò prontamente per il braccio. “Tutto bene?”, le chiese preoccupato. 

Lei boccheggiò. “Sì, sì, certo. Tutto bellissimo. Benissimo. Alla grande. Mi hai colto solo di sorpresa, tutto qui.”

Adrien annuì, allentando la presa sul braccio di Marinette. “Vuoi che ti riaccompagni con la macchina?”, propose con gentilezza. 

Marinette agitò le mani. “Oh, no. Non ce n’è bisogno. È così vicino, d-davvero, che…”
“Vuoi che ti riaccompagni a piedi?”, disse allora lui, che probabilmente non si fidava a lasciarla andare, ancora scossa com’era. 

Marinette si sforzò di mostrarsi il più padrona possibile delle sue facoltà fisiche. Anche se con lui davanti che la guardava intenerito e servizievole non era proprio semplice. “Non preoccuparti, Adrien. Sto benissimo. E poi, non vorrei che lasciassi sola tua madre, lei ha più bisogno di te, e… ehm”, si bloccò, perché non sapeva cosa dire, e osservò Adrien guardarla come se si aspettasse che continuasse. 

“Allora, ehm… mi avvio”, e partì come un razzo verso l’uscita. 

“Aspetta!” Adrien la prese per un braccio. 

Marinette si voltò lentamente. 

“Volevo ringraziarti. Per essere venuta a fare compagnia a mia madre.”

Perché mai tutti la stavano ringraziando, quel giorno?

“N-non c’è di che. È stato bello chiacchierare un po’.”

Il volto di Adrien risplendeva come il sole. “Marinette?”, mormorò. 

“Sì?”

“Ti andrebbe di venire a cena da noi, domani sera? Nathalie ha portato a termine gli ultimi affari che aveva da sbrigare in Tibet e tornerà domattina. Ci farebbe piacere averti con noi.”
Marinette lo fissò, con le labbra schiuse, senza sapere cosa rispondere. 

“Ovviamente non devi se non vuoi”, aggiunse subito Adrien. “È solo ch…”
“Va bene, ci sarò”, lo interruppe lei, entrambi sorpresi della sua audacia. 

Adrien si prese qualche secondo per realizzare che lei avesse effettivamente accettato. “Davvero?” Sorrise di gioia. 

Marinette annuì con convinzione. La mano di Adrien, ancora posata sul suo braccio, le scivolò delicatamente addosso fino ad incrociarsi nuovamente con la sua. Una scossa elettrica la immobilizzò sul posto. 

“A domani, allora”, le disse lui, in faccia un’espressione da stoccafisso. 

Marinette si riscosse e si sistemò bene sulle gambe. “A do-doma-mani”, balbettò, e in quel momento si sentì la ragazza più goffa ed impacciata dell’intero pianeta. 

Ma ad Adrien sembrava non importare, anzi, continuava a guardarla con occhi meravigliati. 

Marinette trovò il coraggio di scostarsi via, e sgusciò fuori dal cancello di casa Agreste. 

Il cuore le batteva talmente forte da risuonarle nelle orecchie. 

Tum-tum tum-tum tum-tum. 

 

***

 

“Adrien, non avresti potuto portare a casa ragazza migliore”, dichiarò tutta contenta Émilie quando vide Adrien riemergere da lontano.  

Adrien, ancora tutto scombussolato dall’incontro con Marinette - e dal fatto che lei avesse accettato il suo invito, sì, lo aveva proprio accettato! - andò a sedersi di fronte a lei al tavolino, sulla sedia che Marinette aveva occupato fino ad un momento prima. 

“N-non l’ho mica portata a casa. Non stiamo insieme”, ribatté tutto rosso. 

Émilie sorrise. “Non ancora, tesoro.”

Maman, sei terribile”.

Lei ridacchiò. 

“Ha accettato di venire domani sera”, disse lui tutto d’un fiato. 

Il viso di Émilie si illuminò. “Davvero?”

Adrien fece di sì con la testa. Émilie sbatté contenta le mani. 

Lui si schiarì la gola. “Tifi così tanto per noi due?”

“Sono la vostra fan numero uno”.

Adrien sentiva caldo. Tanto tanto caldo. 

“Adrien, sei tutto rosso. Che ti prende?”

Adrien distolse lo sguardo, il suo interesse improvvisamente catturato dalla fantasia a fiori della tovaglia. “È… è strano parlare di… di lei, con te.”
Émilie si allungò per prendergli una mano. “Sei adorabile”, dichiarò. E prima che lui potesse ribattere, riprese: “Sta iniziando a rinfrescare, ti dispiace accompagnarmi dentro?”

Si aiutò con la stampella ad alzarsi, e al braccio di suo figlio rientrò in casa.  

 

 [continue…]

 

 

 

Convenevoli finali:

Salveeeee!! Non mi aspettavo di aggiornare così presto, ma oggi è una giornata di festa e volevo farvi un regalo!!

 

A presto, 

Talitha_ <33

   
 
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