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Autore: stellalfry    04/06/2021    2 recensioni
Quel giorno al Dipartimento Misteri, Harriet segue Sirius oltre il Velo, cadendo direttamente nell'estate del 1976.
Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, James/Lily, Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 6: Look to the past V



Il professor Marlowe era in piedi davanti alla cattedra mentre attendeva che gli studenti entrassero. Silenzioso, attento, con la bacchetta saldamente stretta nella mano destra, guardava ad uno ad uno gli studenti che prendevano posto, rispondendo ad eventuali saluti con un rigido cenno del capo.

Tutto nel nuovo professore era all'erta, come se fosse pronto ad un possibile attacco in ogni momento, e Severus non faticava a vedere in lui l’Auror che doveva per forza essere stato. Si chiedeva come mai fosse qui, ad Hogwarts, a insegnare Difesa contro le Arti Oscure a dei bambini quando era risaputo che ormai il Ministero tenesse ben stretti a sé tutti gli Auror, vista la necessità nella contingente guerra.

Era forse malato? Storpio? Non aveva nessuna ferita visibile o particolarmente invalidante, da quel che Severus riusciva a vedere. Eppure era qui.

Quell’anno la classe era particolarmente numerosa, dal momento che moltissimi studenti sentivano su di loro il bisogno di imparare qualcosa di Difesa, così da essere pronti a qualsiasi evenienza una volta fuori dalle mura sicure di Hogwarts. Per questo motivo le classi di livello MAGO, di norma composte da alunni misti provenienti da tutte le Case, erano state divise per necessità in due gruppi — e, sorpresa sorpresa, i Serpeverde erano capitati con la compagnia esclusiva dei Grifondoro. Sembrava che a qualcuno con un particolare sadismo divertisse molto vedere le due Case più antagonistiche tra loro scagliarsi l’una sull’altra.

L’astio e l’insofferenza che scorreva tra le Case era facilmente distinguibile anche dal modo in cui amavano disporsi. Mentre la classe si riempiva, infatti, diventava sempre più chiaro il disegno generale, con il lato verde e argento disposto sul lato sinistro della stanza, e quello rosso e oro sul destro, i contatti tra le due parti ridotti al minimo. C’era Avery seduto con Mulciber come al solito, Rosier con Selwyn, Lily con Macdonald, Potter con Pettigrew, Black con Lupin, Severus con Wilkes, che nessuno degli altri Serpeverde voleva al proprio fianco, e così via, terminando con al massimo uno o due ragazzi che, per questioni di tempo o spazio, rimanevano senza un compagno con il loro stesso colore di divisa.

Col tempo che scorreva e gli ultimi ritardatari che prendevano posto, Severus osservava attentamente la porta alla ricerca di una certa persona.

Harrison non si era fatta vedere a pranzo. Non che Severus l’avesse cercata in modo smanioso con lo sguardo tra i commensali di tutta la tavolata di Serpeverde, naturalmente. No, la sua unica accortezza era stata notare la strana presenza di Goyle seduta da sola, che cacciava più e più volte occhiate imbarazzanti al portone d’ingresso della Sala Grande. Si era semplicemente abituato a vedere la ragazza in compagnia di Harrison, ecco tutto. O, almeno, così si ripeteva più volte nella sua testa da quasi un’ora.

Dopotutto la ragazza non aveva fatto nulla per essere notata. Era una strega perlopiù mediocre, sconosciuta a tutti, senza meriti particolari se non quello di essere la migliore compagna di pozioni che Severus avesse mai avuto in sei anni all’infuori di Lily. Era stata gentile, attenta, disposta all’ascolto e a seguire le sue indicazioni, nonostante piccasse in lei una sfacciata curiosità che l’aveva costretto a spiegare il perché di ognuno dei suoi accorgimenti o cambiamenti. Cosa che lo aveva infastidito oltremodo, naturalmente…

Ma chi prendeva in giro. La compagnia della ragazza gli era piaciuta e gli erano piaciute le sue domande: quella di Lucy Harrison non era stata l’accettazione passiva di quegli stupidi che non avevano neanche letto le istruzioni e contavano interamente sulla sua fama di Severus come miglior pozioniere del suo anno, ma non era stata neanche cocciuta contrarietà di chi non voleva assolutamente ascoltar ragioni, spesso costringendo Severus a intervenire di nascosto senza che l’altro se ne accorgesse.

Certo, non era perspicace o intelligente come Lily, che sembrava quasi in grado di leggergli nella mente, tanto riusciva a rimanere al passo con lui e con le sue idee; ma Harrison rimaneva nonostante tutto una compagna discreta, considerando le alternative.

E sembrava che qualcosa, in seguito all’ultimo scambio che avevano avuto, si fosse rotto nella ragazza. Severus non era così egocentrico da pensare che fosse lui il motivo di tutta quella successiva rigidità, ma non poteva dire che l’atteggiamento della ragazza non l’avesse incuriosito e, in minima parte, anche ferito.

E c’era anche un’altra persona eccessivamente curiosa a proposito di Harrison.

Wilkes, seduto accanto a Severus, guardava anche lui la porta di ingresso in attesa, sebbene non si preoccupasse di farlo in modo altrettanto accorto come Severus, risultando anzi del tutto ovvio.

Proprio in quel momento, mentre il professore si accingeva ad aprire bocca, entrò di straforo Harrison. La ridicola ragazza sembrava avesse fatto una corsa, con i capelli in condizioni peggiori del solito e il maglione mezzo cascante sulla spalla destra. Raddrizzò sia quello che la tracolla, mentre si scusava col professore con un frettoloso cenno del capo, e si mise a sedere accanto ad Emmeline Vance, una ragazza di Grifondoro buona amica di Lily che sembrava del tutto inorridita all’idea di avere una sporca Serpeverde come sua compagna di banco.

Il professore lanciò un’occhiata acuta in direzione di Harrison, ma non proferì parola. Invece, con solo un movimento della bacchetta, chiuse la porta dell’aula, facendo sobbalzare un po’ tutti quegli studenti che si erano distratti tra le chiacchiere.

Avanzò lentamente tra i banchi, fermandosi in un punto piuttosto casuale, poi si girò con uno svolazzo di vesti e lanciò un incantesimo.

Pettigrew saltò dalla sedia con un urlo, trattenendosi il sedere.

“Una fattura Pungente”, spiegò laconico il professore di fronte agli sguardi allucinati dei suoi studenti. Poi, con calma, si permise di approfondire. “Una fattura Pungente senza parole.”

I volti degli studenti erano cerei, le bocche tirate in linee mute. Severus sedeva rigido sulla sua sedia cercando di respirare meno rumorosamente possibile, proprio come gli avevano insegnato sedici lunghi anni passati insieme a un padre imprevedibile e abusivo.

“Mi sembra ovvio”, continuò ancora il professor Marlowe con voce lenta e uniforme, “che oggi studieremo gli Incantesimi non verbali. Il primo volontario si faccia avanti, prego.”

Gli studenti si guardarono tra loro con facce attonite, dopodiché Mary Macdonald sollevò timidamente la mano. 

Il professore guardò dall’altra parte.

“Ehm ehm…”, tentò di nuovo la ragazza e questa volta il professore si voltò.

“Sì, signorina—?”

“Macdonald, professore. Mi chiedevo… non ci spiegherà prima la teoria a riguardo? Non abbiamo mai trattato di incantesimi non verbali fino ad oggi.”

Un silenzio acuto si aggrappò alle mura dell’aula, stridendo forte nelle orecchie di chi attendeva con soggezione una risposta. Solo dopo quella che a Severus sembrò un’eternità, il silenzio ritrasse in un sol colpo le unghie che lo tenevano ancora aggrappato alle labbra del professor Marlowe, e lo fece pronunciando una sola parola.

“No.”

Il professore girò il capo verso i suoi alunni, il viso serio e scuro. Severus non aveva mai visto tanta gravità nel volto di una persona, tanto meno in uno apparentemente così giovane, visto e considerato che il professor Marlowe non poteva avere più di quarant’anni.

“Non perderò il mio tempo qui facendovi leggere delle sciocchezze sui vostri libri, quello potete benissimo farlo da soli nelle vostre ore di studio indipendenti. Io sono qui per aiutarvi ad affrontare una guerra incombente, non per far svolazzare pigramente le vostre bacchette su degli stupidi libri.” Guardò seriamente in direzione di tutti e Severus non poté fare a meno di distogliere lo sguardo non appena i suoi occhi chiari accennarono a spostarsi su di lui. Si pentì immediatamente, convinto che il professore avrebbe usato subito questa debolezza a suo vantaggio, ma invece il professor Marlowe passò avanti come se non l’avesse neanche visto. “Ora, signorina Macdonald, si faccia avanti.”

-

Quando la lezione giunse al termine, solo Wilkes era riuscito a lanciare un buon Protego senza parole, gli altri studenti si erano limitati a subire i colpi o al massimo a produrre un incantesimo scudo parziale e piuttosto debole, come nel caso di Severus.

Benché il professor Marlowe non sembrasse un ubriacone né un uomo dedito alla violenza senza senso, Severus si ritrovò comunque a tirare un sospiro di sollievo una volta fuori dalla sua classe. Per due intere ore gli era sembrato di esser tornato quel ragazzino spaventato che si nascondeva nel ripostiglio, cosa che aveva risvegliato in lui brutti ricordi e che l’aveva lasciato particolarmente svuotato. Stava per andare in Biblioteca per portarsi avanti con gli studi, quando la voce di Wilkes lo fermò.

“Severus”, disse, allungando il collo nella sua direzione, come un miope senza occhiali che si accertava di averci visto giusto. “Stai andando in Biblioteca?”

“Sì”, rispose Severus, lanciandogli uno sguardo superficiale. Non si chiese come sapesse già della sua destinazione, dopo anni passati con Graham Wilkes era abituato alle sue stranezze. 

L’altro ragazzo annuì lentamente e rimase in silenzio per qualche secondo. Severus stava per quasi per sbottare seccato cosa diavolo volesse, ma proprio in quel momento Wilkes girò il capo e chiamò la persona che era stata nei suoi pensieri fin da quella mattina.

“Harrison.”

Lucy Harrison, che proprio in quel momento stava uscendo da classe, si bloccò sui suoi passi, sorprendendo e quasi facendo cadere la persona che camminava dietro di lei. La ragazza si girò per scusarsi, ma il Grifondoro che aveva fatto inciampare ringhiò qualche parolaccia ben poco creativa e riprese il suo cammino scacciandola via con una dura spallata. Harrison sembrò spaesata per qualche secondo, poi si voltò verso Wilkes e avanzò di qualche passo, quasi timida. Giocava nervosamente con la cinghia della tracolla, i grandi occhi castani dalla vaga piega all’ingiù che saettavano nervosamente da Wilkes a Severus stesso, indice non tanto di paura ma di irrequietezza. Andava di fretta?

“Hey, ragazzi.” Fu tutto ciò che disse, alzando distrattamente una mano. Lei, a differenza di Severus, non aveva avuto nemmeno la decenza di applicare qualche fascino sui suoi vestiti viste le condizioni in cui versavano, tutti incredibilmente spiegazzati e più grandi di lei di diverse taglie. Davano quasi l’impressione che stesse per sprofondarci dentro.

“Stai andando in Biblioteca?”, chiese enigmaticamente Wilkes, guardandola in viso con i suoi occhi chiari, vacui.

“Err… sì. Come—?”

“Anche io e Severus stiamo andando in Biblioteca, vieni con noi?”

“Oh.” La ragazza guardò di sottecchi Severus, come se l’idea fosse stata sua. Sembrava ben poco entusiasta dalla cosa e Severus si risentì. Pensò al sorriso che lei gli aveva rivolto quella mattina a pozioni, poi subito sostituito da una smorfia e un silenzio scomodo. La consapevolezza di non essere mai abbastanza e di risultare sempre sgradito a chiunque — anche ad una ragazza che a malapena conosceva e che, a conti fatti, l’aveva visto solo per il meglio di sé, cioè durante pozioni — lo rendeva triste e lo riempiva di rancore. Così le lanciò un’occhiata ancor più risentita della sua e lei distolse lo sguardo, concentrandosi invece su Wilkes. Fece spallucce con una smorfia. “Va bene…”

“Molto bene.” Annuì Wilkes, apparentemente soddisfatto del risultato che aveva avuto, e offrì ad Harrison il braccio, nei suoi sacrosanti modi da purosangue.

La ragazza guardò stranita il gesto e, ancor più stranamente, sollevò lo sguardo su Severus, come se volesse chiedere a lui delle spiegazioni. Durò giusto un istante, quanto bastava perchè Severus lo notasse in effetti, e poi distolse di nuovo lo sguardo. Prese in modo goffo il braccio offertole da Wilkes e insieme si incamminarono in biblioteca, con Severus che li seguiva poco dietro.

In quell’ultima estate, Severus era cresciuto di diversi centimetri, quasi rivaleggiando Mulciber, che tuttavia lo superava di gran lunga in larghezza e potenza. Questa improvvisa crescita gli aveva causato non pochi problemi, in particolare trovava ben difficile abituarsi alle sue nuove gambe, molto più lunghe di quanto fossero mai state.

Aveva dovuto darsi un gran da fare con tutti i fascini che conosceva per rimediare ai suoi vestiti che ormai erano troppo piccoli per lui, come testimoniavano le caviglie che facevano capolino da sotto la veste e quelle maniche che lasciavano scoperta fin troppa pelle oltre quella dei polsi. Purtroppo anche i fascini avevano i loro limiti e Severus non poteva sperare di cavarsela ancora a lungo con le sue vecchie vesti del terzo anno. I suo calzoni, quelli che avevano dovuto subire molti più fascini di tutti gli altri suoi capi d’abbigliamento, erano decisamente quelli che soffrivano di più questa condizione. Severus li sentiva pungere e pizzicare come un vecchio maglione di lana lavato a sproposito in una soluzione orticante. C’era così tanta magia in quei pantaloni che Severus li percepiva tendersi al limite, fragili e sottili, pronti a spezzarsi in un istante se avesse aggiunto un altro fascino nel tentativo di allungare ancor di più la trama del tessuto. 

Ma il lato peggiore di tutta quella situazione era che quelle gambe improvvisamente così lunghe gli davano un’andatura sbilenca, a dir poco goffa, ed era una vergogna per il ragazzo fiero che Severus era sempre stato. 

Anche in quel momento, Severus non poteva fare a meno di ritrovarsi a disagio nel camminare con Harrison. A volte lei girava il capo verso di lui, giusto per lanciargli un’occhiata veloce, e ogni volta che lo faceva Severus sentiva le sue gambe diventare improvvisamente molli. Magro, goffo e imbarazzante, Severus sentiva che non avrebbe mai potuto raggiungere un punto più basso di questo.

Merlino, quanto odiava l’adolescenza.

“Allora, Harrison, cosa devi studiare in Biblioteca?”, domandò improvvisamente Wilkes, tirando fuori Severus dalle sue elucubrazioni. 

“Err…”, la ragazza corrucciò la fronte. “Incantesimi? Cioè, voglio dire, Incantesimi. Devo studiare Incantesimi.”

“Oh giusto.” Subito annuì Wilkes con fare condiscendente, guardando dritto davanti a sé. “Devi lavorare su quel progetto del professor Flitwick, non è così?”

“Err, sì.”

“Mh mh”, mormorò Wilkes, pensoso. Severus, nonostante non potesse vederlo bene in viso, immaginava che stesse sorridendo. Perchè, Graham Wilkes? Cosa vuoi? “Sei in gruppo con Evans, se non sbaglio.”

Al nome di Lily, una gamba di Severus andò in fallo quasi inciampando sull’altra, ma riacquistò in un attimo l’equilibrio. Il suo salvataggio improvvisato, tuttavia, non era passato inosservato ed Harrison si era girata nella sua direzione con uno sguardo confuso.

“Tutto bene, Piton?”

Severus assottigliò lo sguardo, rabbioso, anche se quella rabbia era rivolta più a se stesso che a lei. Goffo, stupido Severus! E che andassero al diavolo anche le sue gambe! Stava per risponderle bruscamente che stava bene e che doveva farsi gli affaracci suoi, quando una voce profonda e fin troppo entusiasta si levò alle sue spalle.

“Oh! Avete visto ragazzi? Mocciosus si è calpestato i piedi da solo!”

Severus richiuse di botto la bocca mentre un coro di risate si levava alla battuta di Potter e subito la sua mente si svuotò, come aveva imparato a fare quell’estate. Anche i volti di Harrison e Wilkes scomparvero di conseguenza, diventando quasi macchie confuse nello sfondo, volti come mille altri privi di qualsivoglia tipo di importanza. Il focus di Severus, in quel momento, era concentrato su ben altre cose, prima su tutte la fuga. Dalle sue spalle Potter stava già masticando una nuova battutina, ma Severus era deciso ad ignorarlo e superò senza indugio Wilkes e Harrison, che invece si erano bloccati in mezzo al corridoio. Doveva raggiungere la Biblioteca, ripeteva a se stesso, mentre cercava di mettere quanta più distanza possibile tra sé e i Malandrini. Doveva solo entrare in Biblioteca e lì sarebbe stato al sicuro, Madama Pince non avrebbe mai permesso a quei rozzi cani di entrare sapendo che tutto ciò che volevano fare era combinare casini.

Ma prima che potesse anche solo svoltare l’angolo, Black urlò un incantesimo. 

In un attimo Severus tirò fuori la sua bacchetta e si girò per parare il Densagueo di Black, ma l’incantesimo era già a buona strada per la sua faccia. Non aveva tempo per un Protego, tutto ciò che poteva fare era solo provare a schivare e—. 

“Protego!”

Velocissimo come era stato lanciato, uno scudo blu si alzò tra Severus e la fattura offensiva che gli avrebbe allungato i denti a dismisura. Black sembrava sorpreso da quella svolta, ma non quanto Severus, che osservava con occhi spalancati Harrison, la ragazza ridicola che, a quanto pareva, aveva appena salvato Severus dall’ennesima umiliazione. Come aveva fatto a tirare fuori la sua bacchetta così velocemente? E l’incantesimo, Merlino… era stata veloce.

Harrison lanciò uno sguardo disperato a Black, uno sguardo che Severus non riuscì a comprendere a pieno, poi voltò sui tacchi e marciò in direzione di Severus, tirando per il braccio Wilkes. Una volta che fu accanto a Severus, prese anche lui per il braccio e li tirò entrambi in Biblioteca, per poi scusarsi con una vocina flebile e scomparire oltre delle librerie polverose.

Wilkes ridacchiò. 

Severus si riprese dalla trance e si voltò furioso verso l’altro ragazzo. “Che c’è?”, sibilò, mantenendo un tono di voce basso ma allo stesso tempo feroce. Non voleva che Madama Pince lo cacciasse via, ma aveva bisogno di trasmettere lo stesso la sua rabbia. Non capiva ancora bene cosa fosse successo in quel corridoio, ma una parte di lui urlava di aver subito un’umiliazione mai sperimentata prima.

“Nulla, Severus”, rispose in un soffio Wilkes, lanciandogli uno sguardo acuto, il suo sorrisetto ancora parzialmente accennato sulle labbra. Schioccò la lingua e voltò di nuovo il capo nella direzione in cui Lucy Harrison era scomparsa. “Avremo un anno interessante, lo sai, vero?”

“Wilkes…”, sussurrò furioso Severus, afferrando il purosangue per il colletto. Quello gli rispose con uno sguardo vuoto.

“Dovresti lasciarmi prima che Madama Pince ci veda, Severus. Non sarebbe molto comprensiva nei tuo confronti vedendo che stai minacciando un altro studente.”

“Non sperare di cavartela così!” disse Severus in un altro sussurro rabbioso, ma lo lasciò comunque andare. Le sue mani fremevano dalla voglia di risolvere la questione nel modo babbano, ma sapeva che la sua arma migliore erano sempre state le parole. “Cosa stai facendo? Qual è il tuo piano?”

“Nulla di cui tu debba preoccuparti, Severus.”

“E invece penso proprio di sì, visto il modo in cui stai cercando di tirarmi in questa situazione!” Dire che Severus stava contenendo appena la sua rabbia era un eufemismo, visto il modo in cui sentiva tutto il suo viso accaldato, se per la collera o l’umiliazione non era dato saperlo. E che umiliazione, poi? Severus non sapeva neanche questo, ma era forse quello il motivo per cui si sentiva così travolto. “Se vuoi il tuo giocattolino Nato Babbano, Wilkes, fai pure ma non coinvolgermi. Ne ho abbastanza di questa roba ed essere usato in qualche subdolo gioco di potere è l’ultima cosa che voglio. Siamo chiari?”

“Oh, Severus”, sussurrò a quel punto Wilkes, distogliendo finalmente lo sguardo dalla corsia in cui era sparita la ragazza e voltandosi a guardare Severus. “Questo gioco riguarda più me che te e sei uno sciocco a non averlo già capito.”

“Cosa—”

Ma in quel momento, il naso arcigno di Madama Pince comparve da dietro alcuni scaffali e sussurrò loro un velenoso “Sssh!”. Severus distolse velocemente lo sguardo dalla donna e lanciò un’ultima feroce occhiataccia a Wilkes, prima di rassettare la sua tracolla e allontanarsi con  rapide falcate nell’angolo più isolato della Biblioteca.

Aveva da fare i suoi compiti e, Merlino lo salvi, non aveva bisogno di altri pensieri in più a quelli che già aveva! Ma con i suoi ancora deboli e basilari scudi di Occlumanzia caduti, la sua testa rese evidente che non voleva rendergli affatto semplice il compito e, mentre si metteva a sedere al tavolo più lontano dall’ingresso della Biblioteca e tirava fuori dalla cartella i suoi libri di testo, non potè fare a meno di pensare a cosa lo aspettasse adesso. 

Wilkes stava chiaramente giocando con Harrison, anche se Severus non aveva ancora ben capito cosa c’entrasse lui in tutto questo. Mentre Harrison... doveva stare attento intorno alla ragazza, adesso che lei aveva apertamente qualcosa con cui ricattarlo. Nessuno avrebbe mai fatto qualcosa del genere senza voler ottenere nulla in cambio.

Essere la pietra sul fondo del mare è una grazia, il silenzio un sacrificio.







Nda: Ciao! Volevo solo avvisare che questo mese non pubblicherò molto perchè devo studiare per la sessione estiva :( 
In ogni caso spero che la storia vi stia piacendo e se volete farmi sapere qualcosa o darmi qualche consiglio siete benvenuti!
Amore,
Stella

 
   
 
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