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Autore: _leviackerwoman_    06/06/2021    2 recensioni
Storia di un amore perduto e di un altro mai andato via, di rimpianti ma anche di speranza, ambientata durante il periodo del lockdown, dove un demone si ritrova a dover fare i conti con i propri sentimenti e paure e un angelo che inconsapevolmente sarà la chiave di tutto e lo aiuterà a superare forse l'ostacolo più grosso della sua intera esistenza: sé stesso.
Tratto dal testo:
"Dove Crowley vedeva la rappresentazione di una vergogna antica quanto la Terra, Aziraphale vedeva le stelle nel firmamento in una notte di luna piena. Emanavano un insolito calore per essere appartenenti a un demone, ma Aziraphale sapeva che Crowley era molto più di questo. Il demone stesso lo aveva dimostrato permettendo all'angelo di rimanere e condividendo con lui quei pensieri che gli affollavano la mente."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nel corso degli ultimi secoli Crowley aveva affrontato –osservato da lontano, perlopiù– numerose pandemie che avevano afflitto il mondo; la più recente, però, sembrava essere la peggiore degli ultimi tempi, complice le condizioni disastrose in cui versava il pianeta. Le attività degli umani all'esterno si erano drasticamente ridotte a causa del lockdown, e così anche le malefatte del demone. Le rinomate strade della caotica Londra erano quasi interamente deserte, non vi erano giovani innamorati che passeggiavano tenendosi per mano, tantomeno bambini insieme ai loro genitori. Di quando in quando si vedevano degli scoiattoli attraversare freneticamente la strada, di corsa verso il primo albero che adocchiavano, ma quasi nessuna persona fatta eccezione per coloro che ancora potevano lavorare. Non si registravano ingorghi nemmeno nella M25 da settimane e fu questo un campanello d'allarme per il demone.

Quest'ultimo, preso dalla noia e della abitudini prettamente umane che iniziavano a far parte di lui, decise che avrebbe schiacciato un pisolino per quanto? Un mese? Due? Meglio tre, pensò. Fece minuziosamente i calcoli e infine sentenziò che si sarebbe risvegliato verso giugno, questi erano i piani. Qualcosa, comunque, lo avrebbe svegliato prima.


L'angelo non si poteva dire dello stesso parere di Crowley: il coronavirus aveva portato con sé così tanta sofferenza e desolazione, che si sentì in dovere di essere più presente che mai per quelle creature che popolavano la Terra. In molti si rivolgevano a Lei, pregavano e pregavano nella speranza di trovare conforto e sollievo e questo era sufficiente per Aziraphale; all'occorrenza usciva dalla sua libreria stando attento a rispettare il coprifuoco e le regole –come Crowley, aveva sviluppato un forte attaccamento allo stile di vita degli umani, quando avrebbe potuto semplicemente rendersi invisibile ai loro occhi– e si recava nei luoghi in cui 𝑠𝑎𝑝𝑒𝑣𝑎 esserci il disperato bisogno del suo aiuto. Solitamente portava tazze di cioccolata calda e viveri di vario genere ai senzatetto, ma si vide costretto a smettere pur essendo consapevole di non poter fare male alcuno a coloro che incontrava. Non si perse però d'animo e ritornò le volte successive con coperte perfettamente sanificate, alle volte delle mascherine e altre volte ancora con della semplice compagnia, cosa che mancava più di tutto il resto.


Entrambe le entità ebbero a modo loro diverse cose da fare ed entrambe, nonostante non l'avrebbero mai ammesso, sentivano l'uno la mancanza dell'altro. Dopo l'Armageddon't sia Crowley sia Aziraphale si erano ritrovati senza fazioni, se non con la loro, ma dopo aver passato seimila anni a costringersi a non vedere l'altro in un modo diverso da quello che conoscevano, non era facile rendersi conto che finalmente erano liberi. Di fare cosa ancora non lo avevano realizzato. Malgrado ciò era loro abitudine trascorrere parte del loro tempo insieme, principalmente nella libreria dell'angelo dove il biondo si immergeva in tutti quei libri e il rosso lo osservava oppure gironzolava qua e là –ogni tanto lo si udiva imprecare contro qualcuno fuori dal negozio–. Anche queste abitudini vennero meno con l'arrivo del lockdown; Aziraphale non trovava corretto chiedergli di passare del tempo insieme anche in quelle circostanze e soprattutto lo agitava l'idea di quello che sarebbe potuto accadere se fossero rimasti da soli, dopo l'intera faccenda dell'Apocalisse mancata. C'erano ancora troppe questioni in sospeso. Da parte sua, Crowley non aveva ricevuto alcuna chiamata da parte dell'angelo e aveva interpretato quel silenzio come un chiaro bisogno di solitudine. Non era nella sua natura insistere (o meglio, lo era ma non in quel caso), per tale motivo pensò che il letargo anticipato fosse l'unica soluzione da adottare in quelle circostanze.


Trascorsero quasi due dei tre mesi che Crowley avrebbe passato a dormire ma un giorno, nel bel mezzo del suo riposo, qualcosa iniziò a fargli riprendere gradualmente conoscenza. Dapprima avvertì flebilmente dei rumori provenire dall'esterno, ma la sua mente era ancora intorpidita e oscillava tra il sonno e la dormiveglia; faticava ancora a distinguere la provenienza di ciascun rumore ma lentamente prese coscienza di starsi svegliando. I suoi occhi non collaborarono, era ormai sveglio ma non riusciva ad aprirli. Qualcosa invece gli solleticava le cosce coperte da un lenzuolo leggero, rigorosamente grigio fumo, qualcosa di leggero e delicato e che solo una volta aperto gli occhi riconobbe essere una delle sue piume. Si sorprese non poco nel rigirarsi e scoprire che le sue ali dispiegate occupavano la maggior parte del posto nel letto, eppure Crowley era certo di non averle richiamate, almeno non da sveglio; quel pensiero fu subito ricollegato a uno dei sogni che lo avevano accompagnato in quel periodo di catalessi, dentro al quale si rivide volare nel cielo, sfiorando le nuvole e sfidando gli uccelli ad avere delle ali più belle delle proprie.
Una stretta a quello che doveva essere il suo cuore umano si fece largo nel petto di Crowley, rendendosi conto di quanto sentisse la mancanza del vento che sferzava tra i capelli e dal senso di pace che provava quando poteva ancora volare. Certamente poteva ancora farlo, ma dopo la caduta si era ripromesso di non volare più, quelle ali erano motivo di vergogna per un essere che da quel momento in poi avrebbe soltanto potuto strisciare e nascondersi nell'oscurità, la pena per chiunque aveva scelto di tradire tanta luce e splendore. Per Crowley, perdere la libertà di volare fu come per un bambino perdere il proprio animale domestico: con gli anni avrebbe imparato a farne a meno, ma non l'avrebbe mai dimenticato; la sensazione di non averlo più accanto non sarebbe mai andata mia, tantomeno la malinconia. Come ci si rassegnava ad aver perso una delle cose che più davano gioia e spensieratezza? Come si poteva accettare di essere una creatura indegna, costretta a nascondersi nelle viscere della Terra, dopo aver avuto la libertà?


In quel periodo così difficile diventava sempre più raro avvertire l'amore al di sopra del dolore e della sofferenza, per tale motivo per Aziraphale fu una sorpresa avvertire subito quella sensazione tanto conosciuta ma nuova al tempo stesso. Era lo stesso tipo di amore che aveva sentito raramente nell'arco della sua esistenza, ma c'era anche della nostalgia e sofferenza, sentimenti che solo il vero amore, quello perduto, poteva fare nascere. L'angelo non sapeva da dove provenisse né perché potesse sentire quel calore in petto, sapeva soltanto che qualcosa lo spingeva verso una direzione a lui sconosciuta e, per una volta in barba alle regole, decise di seguirla. Non era indispensabile lasciare la libreria aperta in pieno lockdown, la popolazione avrebbe potuto farne a meno.

L'angelo, senza che sé stesso o le poche persone se ne accorgessero (complice l'invisibilità), con lo scorrere del tempo si lasciò alle spalle il centro di Londra, poi la città stessa e la modernità, immergendosi nella ruralità caratterista del Paese. Non seppe quantificare il tempo trascorso ma continuò a farsi guidare da quella forza persino più grande di lui fino a quando essa non si affievolì, lasciandolo davanti a una distesa di verde e azzurro.
Ammirare le meraviglie della natura create da Lei, faceva nascere in Aziraphale una gioia e uno stupore sempre nuovo, capace di togliergli il fiato. Metaforicamente, perlomeno. Il candore delle nuvole incontrava il blu ceruleo dell'Oceano Atlantico Settentrionale fondendosi con l'orizzonte, là dove ogni giorno vi trovava riposo il Sole. Ad interrompere quella danza di colori celestiali ci pensava soltanto la terraferma: ciò che si ritrovò davanti fu la Penwith Heritage Coast, una millenaria costa frastagliata, testimone della nascita e caduta di regni, di nuove vite e nuovi eventi, che si ergeva possente sull'oceano, ricoperta dal verde dei muschi e dell'erba e dal marrone mandorla. Qualche decina di metri più in giù gli scogli neri come la pece facevano da riparo alle creature che popolavano la zona.

L'angelo finì poco più lontano, più precisamente sulle scalinate di Aire Point, uno dei punti di riferimento storici del Regno Unito; da lì la creatura del cielo poté ammirare meglio il paesaggio e gli antichi siti, mete ambite dei numerosi visitatori. Tra questi, furono le rovine di Botallack ad attirare l'attenzione di Aziraphale e non solo per l'inusuale bellezza delle torri ormai decadute: un paio di metri sopra c'era 𝑙𝑢𝑖.

Nell'ammirare il demone in volo, la sensazione non lo aveva abbandonato, era sempre lì –tutto, in quel posto, sembrava essere fatto di amore, un po' della serenità ritrovata ma anche di malinconia e pentimento, e ad Aziraphale parve piuttosto inconsueto– semplicemente si spostava da un punto all'altro del cielo insieme a colui che ne era inconsapevolmente il creatore.


All'inizio fu arduo per Crowley lasciare andare quel macigno che portava con sé dalla notte dei tempi: mettere da parte la vergogna di ciò che aveva fatto e la paura di subire delle conseguenze non fu affatto un gioco da ragazzi, ma il bisogno impellente di fare quello che più desiderava era davvero troppo forte per essere ignorato. Una volta aveva sprecato l'occasione di dare voce ai suoi sentimenti, non avrebbe perso un'altra possibilità di sentirsi quanto più vicino alla felicità. Quanto al posto, si affidò al mappamondo che aveva sulla scrivania e una volta trovato decise di non perdere altro tempo e fiondarvisi.
Le scogliere di Penwith parvero essere il ritratto perfetto di Crowley nella sua forma naturale: lontane dalla civiltà, ospitavano solo i resti caduti in rovina di una torre, la cui magnificenza un tempo era stata fonte dell'ammirazione più pura. Il demone giunse lì in un attimo, affondò i piedi nudi nella sabbia candida e alzò il viso verso quelle rovine e le scogliere, scrutando con attenzione e un po' di timore –questo non lo avrebbe mai ammesso– il cielo, che quel pomeriggio era di un azzurro limpido quanto l'oceano. Sostituì addirittura il suo classico look mondano con una lunga veste nera in lino, legata in vita da un nastro del medesimo tessuto e colore; i capelli, aiutati anche dall'essersi estraniato dal mondo per un paio di mesi, ora erano ondulati e cresciuti fino a ricadergli sulle spalle, parte di essi erano tirati indietro in una coda.

Prima di fare un minimo passo Crowley si guardò intorno un paio di volte, per assicurarsi che nessun umano fosse da quelle parti, poi strinse i pugni come a darsi coraggio e infine, dietro di sé dispiegò le ali, concedendosi persino di osservarle come non faceva da migliaia di anni. Fin dalla caduta sapeva di avere qualcosa di diverso da tutti gli altri demoni e anche loro lo sapevano, per tale ragione era fondamentale nascondere quelle ali che ricordavano sia a lui sia agli altri chi fosse stato in precedenza. Intriso nelle piume nero avorio, vi era solo un minuscolo residuo di quella purezza passata, tradotto in piccoli punti luce sparsi qua e là, talvolta argentati e talvolta dorati, e visibili solo se si era estremamente vicini ad esse. Nessuno, fino a quel pomeriggio, si era avvicinato tanto da notare quel dettaglio.

L'angelo caduto fece un passo avanti per darsi lo slancio e l'attimo dopo vide la spiaggia farsi sempre più lontana. Per i primi minuti cercò di bilanciare il proprio peso e al tempo stesso di trovare il giusto ritmo nel battito d'ali, a fatica smise di barcollare e quando finalmente trovò l'equilibrio riuscì a liberarsi pian piano del timore che lo aveva accompagnato fino a quel momento.
Nonostante fossero passati seimila anni, Crowley non aveva mai dimenticato che cosa si provasse librandosi nel cielo sempre più in alto, ma non appena sentì nuovamente il vento scompigliargli i capelli e insinuarsi tra le piume, non poté fare a meno di sorridere e spingersi ancora più in alto, volteggiando una volta ripresa la capacità. Non si curò di poter attirare l'attenzione di eventuali turisti immersi nella natura, poco dopo infatti si allontanò dalla costa così da sventare eventuali pericoli e lì continuò la danza con il vento, volteggiando e fondendosi con l'aria che meccanicamente respirava, anche se non se sentiva il bisogno; poi di nuovo tornò verso Penwith e arrivò a sfiorare la superficie dell'acqua con le dita, ormai rapito da tutte quelle sensazioni –che Satana potesse dannarlo. Di nuovo– paradisiache.

Tutto questo accadde sotto gli occhi di un angelo che nel contempo percorse le scalinate fino a giungere anch'egli sulla spiaggia, senza perdere neanche per un secondo ciò che il demone faceva. Era stato lui a condurlo fin lì? Così non sembrò, Crowley non si accorse nemmeno della presenza di Aziraphale finché quest'ultimo non fece un passo falso e si spinse troppo oltre, entrando nel campo visivo del rosso. Inutile dire come poco si aspettasse, Crowley, di veder comparire il suo nemico-solo-apparentemente nello stesso punto in cui poco prima si era fermato; quella distrazione gli costò la perdita dell'equilibrio –del resto aveva ripreso a volare solo da poco, avrebbe dovuto andarci piano– e la successiva caduta in pieno oceano, accompagnata da una sonora sequela di imprecazioni e insulti vari.
Riemerse dall'acqua non poco scocciato ma anche stupito e, se Aziraphale avesse osservato meglio, anche imbarazzato; quella seccatura non ci voleva, Crowley si ritrovò le ali sì asciutte, ma la veste era bella che andata e soprattutto troppo attaccata alla propria pelle.
Ci volle un attimo per miracolare via l'acqua e fu di nuovo splendente, lasciando la scomodità dell'acqua e salendo nuovamente in cielo ma solo per andare a posarsi accanto all'angelo. Ci fu un momento di silenzio: Crowley prese a emettere quei suoi versi e balbettii come ogni volta che ne combinava una delle sue e non sapeva come giustificarsi; Aziraphale invece era troppo occupato a guardare le ali del demone (e poco prima anche la veste fradicia) per riuscire a formulare una frase che avesse senso. Quando mise insieme qualche parola di senso compiuto se ne pentì subito per la stupidità.

«Crowley? Che cosa stai facendo? Credevo dormissi.»
«Oh niente, ho deciso di diventare un gabbiano e darmi alla pesca sostenibile. Cosa credi che stia facendo?»

Il più alto si accorse di aver usato un sarcasmo forse troppo tagliente dallo sguardo che gli rivolse Aziraphale, difatti cercò di ammorbidire il tono riprendendo a parlare.

«Beh... Il mio piano era quello di dormire fino al mese prossimo e poi, non so come, mi sono ritrovato qui per colpa di...𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑒.»

Passato il momento di euforia nella mente di Crowley fece ritorno quel malessere misto a vergogna, che gli fece automaticamente ritrarre le ali, sotto protesta di Aziraphale. L'angelo era stato l'unico ad essergli rimasto accanto volente o nolente (l'Apocalisse li aveva costretti fino a un certo punto), se anche avesse avuto un misero interesse nei propri confronti, mostrargli quelle ali gli avrebbe potuto ricordare cosa sarebbe successo ai traditori. Aziraphale non riuscì a capire cosa fosse successo da quelle sole parole e gli sorrise ugualmente; il pensiero però tornava sempre su quelle maestose ali che il demone aveva accuratamente nascosto e si agitò impercettibilmente, cosa che succedeva quando il suo istinto curioso prendeva il sopravvento ma non riusciva a dare voce alle sue domande. A Crowley non sfuggì quel suo sussulto, tantomeno il modo in cui aveva guardato le ali prima che sparissero, e roteando gli occhi al cielo  con tanto di sbuffo seccato fece di nuovo la prima mossa.
«Sentiamo, angelo. Che cosa vuoi sapere?»
«Vedi, mi chiedevo se avessi rovinato un momento privato, eppure ero in libreria per fatti miei quando ho avvertito questa sensazione che mi ha portato fin qui da te, ma appena sono arrivato sembrava volessi nasconderti da me. Per quale motivo?»

Aziraphale avrebbe voluto essere diretto e sicuro mentre gli poneva quella domanda, invece riuscì soltanto a farfugliare, ma il demone colse le sue parole e per diversi istanti rimase in silenzio in cerca della cosa giusta da dire. Dannato angelo. Aveva scordato che quelle creature angeliche avessero la capacità di avvertire l'amore, ma allora perché era successo solo in quell'occasione e non quando... No. Basta andare oltre con i pensieri. Crowley odiava quell'angelo. Più precisamente detestava quello che l'angelo gli faceva provare. Detestava enormemente quella situazione: un demone non poteva provare sentimenti, ancora meno per un angelo impiccione ed eccessivamente amante del sushi. Il modo in cui l'angelo impiccione lo guardava, però, fece scordare a Crowley tutti gli insulti e le imprecazioni e con un sospiro si decise a parlare, voltandosi però verso l'oceano.

«Sai che cosa si prova quando raggiungi la felicità e questa ti viene strappata via dalle mani? Probabilmente no, tu sei un angelo, non puoi conoscere la sofferenza. Ero felice, quando ero lassù, o almeno è questo quello che ricordo. Poter volare era una delle poche cose che amavo, quando il seme del dubbio si era già insinuato in me, ma dopo la caduta queste ali rappresentavano quello che io non potevo più fare! Sono una vergogna per me! Questo nero ormai mi rappresenta in tutto, è probabile che io stesso sia fatto di nero –spero che i fanatici del politically correct non mi stiano ascoltando–. Tutto quello che amavo, o quasi, mi è stato strappato via e ora sono costretto a guardare ogni giorno il risultato dei miei errori, un'orrenda massa nera che mi ricorderà sempre che non potrò mai più tornare dov'ero una volta. Non voglio che sia proprio tu a vedere questo orrore, perché così sapresti cosa succede a chi si ribella e non voglio che questo accada, stupido angelo. In ogni caso non correresti alcun rischio, lo so, ma ti prego –che io sia dannato se lo ripeterò di nuovo– non voglio che tu le veda. Conosco le ali di un angelo, nulla arriva ad essere più puro di così, sfortunatamente conosco anche quelle di un demone e so quanto possano apparirvi ripugnanti. Non voglio che tu possa in qualche modo considerarmi più ripugnante di quanto io non sia già di mio, ecco perché volevo nascondermi. È quello che un demone fa.»

Non un solo istante si voltò durante il soliloquio, forse il timore di vedere un'espressione di disgusto sul viso dell'angelo sarebbe stato troppo da sopportare, ma se Crowley si fosse voltato avrebbe visto un Aziraphale sorridere intenerito e tristemente al contempo.

«Non posso sapere che cosa tu abbia provato, Crowley, ma sbagli quando dici che non mi sia mai stata strappata la felicità dalle mani. È successo quando mi hai proposto di lasciare la terra per andare su Alpha Centauri, è successo quando ti ho detto che correvi troppo ed è successo anche quando credevo di averti perso. Tecnicamente in quel caso ero io a non avere un corpo, ma non è questo il punto. Consentimi di vederle un solo istante e ti farò capire che cosa vedo.»

La voce dell'angelo risultava così convincente che anche se riluttante, il demone si volse verso di lui e in un attimo comparve nuovamente l'oggetto di tanta pena e vergogna.
Quelle ali non facevano paura ad Aziraphale, tutt'altro. Scrutando ogni più piccola piuma gli sembrava quasi di poter trovare in esse tutta la sicurezza che solo la notte sapeva portare, custode di mille segreti e avventure.
Dove Crowley vedeva il simbolo di una vergogna antica quanto la Terra, Aziraphale vedeva le stelle nel firmamento in una notte di luna piena. Emanavano un insolito calore per essere appartenenti a un demone, ma Aziraphale sapeva che Crowley era molto più di questo. Il demone stesso lo aveva dimostrato permettendo all'angelo di rimanere e condividendo con lui quei pensieri che gli affollavano la mente. Quel pomeriggio scoprì un lato di Crowley che, sebbene sapesse che fosse lì, lo sorprese e gliene fu grato.
Non si dissero nulla, ma mentre Aziraphale posava lo sguardo ovunque fosse possibile, Crowley non vide una singola traccia di disgusto nei suoi occhi, e questo lo lasciò perplesso ma senza parole. Non che ne servissero, le lievi carezze di Aziraphale sulle sue piume e soprattutto il sorriso flebile ma colmo di ammirazione e amore che gli mostrò Aziraphale, bastò a colmare il vuoto e a far capire al demone che cosa pensasse di ciò che aveva davanti.
Osservare le ali del compagno ebbe lo stesso effetto che un dipinto di Van Gogh poteva avere su un amante dell'arte più pura; lasciarsi avvolgere da esse fu come sentire un mondo fatto unicamente di pace assoluta. O almeno fu così che Aziraphale si sentì, mettendo per la prima volta da parte la paura di una punizione da parte dei suoi superiori e ammettendo a sé stesso che forse non doveva essere così brutto avere a che fare con un demone, se poteva far nascere certi tipi di sentimenti.
Rimasero stretti per dei minuti o forse delle ore, con il rosso che stringeva il biondo con le proprie ali (cercando di non fargli capire quanto stesse apprezzando quel momento) e quest'ultimo che, non sapendo dove mettere le mani, trovò un appoggio sulla schiena del demone.
Nel momento in cui entrambi sciolsero quell'abbraccio, Aziraphale colse al volo l'occasione e carezzò con i polpastrelli l'alula dell'ala destra, mascherando il sorriso compiaciuto e soddisfatto con un leggero imbarazzo dovuto al fatto che "non lo avesse fatto di proposito".

Nel punto in cui Aziraphale aveva carezzato le piume di Crowley, comparve una goccia argentata, ben più grande e visibile delle altre, ma nessuna delle due entità se ne accorse per un tempo indefinito. Non vi era solo la vergogna, vi era un amore ben più antico e puro capace di cancellare l'oscurità e il disprezzo che Crowley provava per sé stesso, e Aziraphale sarebbe stato più che lieto di eliminarne ogni traccia. Poteva anche non avere una fazione di angeli, ma aveva una nuova missione. E anche una fazione fatta di un solo demone che in quel momento si concesse di mostrarsi debole davanti all'amato.




Salve! Premetto che questa è la mia prima fanfiction in questo fandom e non sono ancora del tutto convinta del risultato, ma ormai ci siamo quindi non mi tirerò più indietro! Non so esattamente cos'altro aggiungere ma spero di aver reso un po' di giustizia a questi due, in ogni caso se qualcuno volesse farmi sapere cosa ne pensa di questa OS sarei lieta di ascoltarlo, per il resto grazie per aver letto fin qui. Un abbraccio xx
   
 
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