Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Assia7    10/06/2021    0 recensioni
Atena vide i suoi genitori morire ma li vendicò proteggendo la sua sorellona.
Protesse anche lei, credendo che fosse semplice adrenalina.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Kenny Ackerman, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Appena entrai, sentì il buon profumo di pane appena sfornato e delle lenticchie, presi un pezzo di pane e una porzione di lenticchie e mi andai a sedere, ormai non c’era posto.
“Mi posso sedere lì? Non c’è posto” dissi, indicando il posto libero.
Gli occhi ambra e gli occhi castani dei ragazzi si puntarono su di me e annuirono, così mi sedetti e iniziai a mangiare.
“Comunque, Atena Ackerman, piacere” dissi porgendogli la mano, che il biondo afferrò.
“Reiner Braun” si presentò.
Staccò la mano e la mano del moro afferrò la mia.
“Bertholdt Hoover” si presentò.
“Chissà, domani come andrà” mi ritrovai a dire.
“Ehi, Atena. Posso parlarti in privato, dopo la mensa?” mi chiese una ragazza dai lunghi capelli neri, con una sciarpa rossa al collo.
Assomigliava tanto a Mikasa, che si trattasse di lei?
Sarebbe davvero una bella coincidenza.
“Va bene” dissi, per poi infilarmi il cucchiaio pieno di lenticchie in bocca e iniziai a masticare.
“Senti qua, Atena. Tu vivevi nei territori interni, giusto?” mi chiese conferma il ragazzo che si era beccato una testata da Shadis.
“Sì, giusto” lo spronai a continuare.
“Allora, perché ti sei arruolata, potevi vivere al sicuro” mi disse e io ridacchiai.
“Ma non mi hai ascoltato, quando il Shadis me lo ha chiesto? Per entrare nel corpo di ricerca e fermare i giganti invasori” dissi cupa. “E tu sei quello che si vuole unire al corpo di gendarmeria, giusto?”
“Sì, giusto” mi rispose.
Ridacchiai, “Vuoi morire così? E i tuoi genitori, che potrebbero morire se i giganti decidessero di attaccare Trost, non ci hai pensato?” gli chiesi.
“E i tuoi genitori, non si preoccuperanno di sua figlia?” chiese divertito.
Sentì un vuoto nello stomaco e abbassai lo sguardo.
“I miei genitori sono morti per colpa di alcuni trafficanti di schiavi a Shiganshina, penso che non si preoccuperanno” dissi freddamente.
“Shiganshina? Se vieni da lì perché hai detto di venire dal Wall Sina” mi disse.
“Per questo devi sapere tutta la storia e non mi va di raccontartela, oggi, che divertimento ci sarebbe? Domani vi dirò il pezzetto dopo che i rapitori uccisero i miei genitori, se volete e così anche il giorno seguente e così via, andremo a puntate” dissi, cupa.
“Ma non è giusto!” disse un altro ragazzo.
Ficcanaso, erano tutti dei ficcanaso.
“Ma se volete posso dirvi una curiosità” dissi, l’attenzione di tutti i presenti si spostarono su di me. “Ho una sorella maggiore.”
Guardai la ragazza e gli sorrisi.
“Dicci qualcosa di più!” mi pregò una ragazzina bionda con gli occhi azzurri.
“Mmm… va bene. Vivevamo nelle colline al confine di Shiganshina, ora dovrete aspettare domani” dissi.
Calò il silenzio e finalmente finì la mia porzione di lenticchie e addentai la pagnotta di pane.
“Senti, Atena. Ma non è che ci puoi spifferare un pezzo della storia di domani? Non lo diremo a nessuno, promesso” mi disse Jean nell’orecchio, seguito da un ragazzo.
“No, ovviamente, è una sorpresa” dissi alzandomi, posai il piatto e le posate sporche nel lavandino e le lavai.
“Allora, non dovevi parlarmi?” chiesi alla ragazza con la sciarpa.
“Sì” disse solo.
Andammo fuori e ci fermammo di fronte al dormitorio femminile.
“Atena, sono Mikasa e di là c’è anche Eren” mi disse.
“Ma dove sei stata? E perché sei scappata?” mi chiese.
“Lo scoprirai in futuro con i piccoli pezzi di storia che racconterò agli altri.”
“Ma sono tua sorella!?” mi rimproverò.
“Ma questo lo so, eh” dissi offesa.
Cosa credeva che fossi scema? Mi volevo soltanto divertire.
“Ma le regole, sono regole” dissi, lasciandola lì ed entrando nel capannone.


Il giorno dopo iniziammo la teoria sul movimento tridimensionale.
Era una palla, ma ci serviva per capire i movimenti che dovevamo fare con i fianchi per restare in totale equilibrio.
Shadis, continuava a gridarci addosso per ogni cosa sbagliata.
Così passammo la mattinata, a studiare, prendere appunti e ad ascoltare.
Il pomeriggio lo passammo al pratico.
Presi tante di quelle craniate, ma riuscivo a stare in equilibrio per i primi dieci minuti, poi non sapevo come mi trovavo a faccia a terra.
“Ehi, cambiategli imbracatura è manomessa!” ordinò ai miei compagni che slacciarono l’imbracatura e io caddi.
Me ne montarono un’altra in cui ci stai in equilibrio costante.
“Ma allora come faceva a rimanere in equilibrio se la corda era manomessa?” chiese un compagno mentre l’altro alzava le spalle, che fosse per l’evento Ackerman? Probabilmente era così.
Rimasi lì tutto il pomeriggio, finché Shadis, decise che poteva bastare per oggi.
Alla cena mangiai il mio pasto e poi, ghignai.
“Allora, volete ancora sapere cosa mi era successo?” chiesi e Connie, per poco non si affogò dallo scuotere su e giù la testa.
“Sì, certo” disse Jean.
 “Bene, eravamo rimasti che i miei genitori era rimasti uccisi da quei bastardi, giusto?” chiesi.
“Sì, giusto” confermò Jean, sempre di molte parole.
“Ok, dopo sentì nel corpo dell’elettricità e un calore caldo e accogliente, lo chiamiamo ‘Evento Ackerman’ perché succede a tutti gli Ackerman prima o poi, comunque stava che dopo quella sensazione sapevo cosa fare, valutai la situazione, i rapitori erano tre, uno con il coltello che aveva ucciso mio padre, uno con l’ascia che aveva ucciso mia madre e il terzo un fucile.
Mi misi a correre per poi saltare e dare un calcio a quello con l’ascia, rompendogli tre costole, poi presi l’ascia e quando il terzo mi puntò il fucile addosso, come avevo calcolato, piantai l’ascia nel ginocchio del secondo, facendolo inginocchiare e lo usai come scudo umano finché non sentì che aveva finito i colpi, quindi feci cadere il corpo del secondo rapinatore e lo usai come trampolino per arrivare alla faccia del terzo che si beccò l’ascia in mezzo agli occhi, poi tornai dal primo ancora vivo ma prima presi il coltello del secondo e glielo appoggiai in gola, gli chiesi se ce ne fossero altri e quando mi confermò che non ce n’erano mi allontanai e gli lanciai il coltello nel petto. Poi arrivò Grisha Jaeger e suo figlio, Eren Jaeger, che ci portò a casa sua. Per oggi basta” dissi alzandomi e andandomene nel dormitorio femminile.
   
 
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