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Autore: Lamy_    13/06/2021    2 recensioni
Ariadne ha smesso di scappare dal suo passato. Ha deciso di sfidare l’autorità della madre e di opporsi a Mick King. Per farlo scende a compromessi con Alfie Solomons: Ariadne accetta di diventare il capo della gang di Camden Town.
A Birmingham Tommy continua a mandare avanti gli affari dei Peaky Blinders e a lavorare per il Parlamento.
Le strade di Ariadne e Tommy si incontrano di nuovo intorno ad un tavolo di affari. Stringono una alleanza che viene suggellata da baci di passione pura.
Ariadne pagherà cara la sua discesa agli inferi e scoprirà che le fiamme bruciano più intensamente quando sei un peccatore.
“Qui possiamo regnare sicuri, e a mio parere
regnare è una degna ambizione, anche se all'inferno:
Meglio regnare all'inferno che servire in paradiso.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3. ACQUA E SANGUE

“Il sentiero per il paradiso inizia all’inferno.”
(Dante Alighieri)
 
Quella mattina Ariadne si era svegliata di cattivo umore. Era stanca e svogliata, ma più di tutto era triste. Tornare a Birmingham, gestire gli affari di Camden Town, stare attenta agli Scuttlers e ai Blue Lions, questa era ormai la sua vita. Avrebbe voluto dipingere, gettare su tela la sua frustrazione, ma non toccava un pennello da mesi. Non si sentiva ispirata, non aveva l’impulso per disegnare. Si sentiva vuota. Si guardò allo specchio e non si riconobbe. Non era Ariadne e non era Judith. Allora chi era quella ragazza che la guardava attraverso lo specchio? Una sconosciuta, ecco chi era.
“La colazione è pronta, signorina Evans.” Esordì Jonah oltre la porta.
Ariadne si infilò un cardigan azzurro e uscì in corridoio con un sorriso fasullo.
“Che si mangia di buono?”
“Mi sono permesso di preparavi una colazione leggera considerato il lungo viaggio che ci attende. Croissant e tè verde vanno bene?”
Lo stomaco di Ariadne brontolò quando avvertì l’odore dei croissant appena sfornati.
“Vanno benissimo. Hai cucinato tutto tu?”
Jonah spostò la sedia per farla accomodare come un vero gentiluomo, dopodiché le versò il tè e le tese un piattino con un croissant che ancora fumava.
“Certo, signorina. Il signor Solomons mi ha espressamente ordinato di prendermi cura della casa e dei pasti. A proposito, ho portato il vostro cappotto rosso in lavanderia.”
“Jonah, tu mi sorprendi! Sei il mio angelo custode.” Disse Ariadne.
L’uomo chinò la testa per mascherare il rossore, non era abituato ai complimenti.
“Voi siete troppo gentile, signorina Evans. Posso fare altro per voi? Magari preparare qualche spuntino per il viaggio?”
Ariadne sorrise mentre addentava il croissant, il sentore di miele era delicato ma comunque forte da deliziarle il palato.
“Nessuno spuntino. Ultimamente sto accumulando molto peso.”
In effetti, da circa tre mesi la sua fame era aumentata. Il cibo era uno sfogo, un modo per tenere a bada l’agitazione e rubare un minuto di felicità. A Margate aveva mangiato dolci a volontà, soprattutto perché Alfie le regalava cestini interi di cioccolatini e pasticcini. Proprio quella mattina aveva dovuto cambiarsi perché la gonna non si abbottonava più.
“Siete sempre bellissima, signorina Evans.” Mormorò Jonah.
“Grazie, Jonah.”
“E’ un piacere, signorina.”
Ariadne continuò a fare colazione in silenzio, fissando un punto imprecisato del muro. Bevve il tè meccanicamente, neanche ci stava facendo caso. Era troppo immersa nei pensieri.
“Jonah, secondo te come dovrei comportarmi con Enea?”
“Dipende tutto da cosa gli hanno promesso Mick King e vostra madre.”
Jonah stava passando un panno umido sul tavolo per eliminare le briciole, era meticoloso anche in quel frangente.
“Soldi, protezione, potere. Tutto ciò che Enea desidera è a sua portata con Mick e mia madre.”
“Troveremo qualcosa che Enea vuole e che solo noi possiamo dargli.”
Ariadne annuì con incertezza, ogni offerta valeva zero quando c’era di mezzo un osso duro come sua madre. Se Enea voleva regnare, Marianne Evans gli avrebbe regalato un impero intero.
 
Tommy aveva preferito guidare anziché prendere il treno. Arthur gli aveva riferito che i Blue Lions pattugliavano la stazione, dunque era meglio spostarsi in maniera alternativa. Erano partiti alle sette del mattino per evitare il traffico che ore più tardi avrebbe intasato le strade.
“Enea Changretta sarà da solo?” domandò Charlotte.
La ragazza guardava fuori dal finestrino con fare spensierato, sembrava stesse partecipando ad un amichevole picnic.
“Non so. Forse Mick King ed Eric Evans gli avranno assegnato una scorta.” Rispose Tommy.
“Non è stupido presenziare ad un evento pubblico? In questo modo Enea si espone troppo.”
“E’ una dimostrazione di potere.” Spiegò Tommy.
Charlotte arricciò il naso e incrociò le braccia al petto, aveva messo quel broncio che lui trovava divertente.
“E’ ridicolo! Esporsi così tanto non ne vale la pena. Voi conoscete questo Enea?”
Tommy aprì il finestrino per buttare fuori un tiro di sigaretta, il fumo sfrecciò via insieme al vento.
“No. Quando mi sono scontrato con suo padre Luca, lui si trovava a Vienna per studio.”
“Indagherò meglio su di lui.” disse Charlotte.
“Come? Insomma, tu sai un sacco di cose per essere una semplice assistente.”
Charlotte sfoggiò un sorriso malizioso e gli fece l’occhiolino, dopodiché fece una breve risata.
“Signor Shelby, ciò che non sapete non vi può fare male. Pensate a guidare, al resto penso io.”
 
Ariadne detestava viaggiare in auto per più di un’ora, le veniva sempre la nausea. La preoccupazione, inoltre, accresceva quel senso di forte disagio. Rischiava molto ad esporsi in quel modo, a presentarsi da Enea Changretta, ma non aveva altre opzioni. Doveva agire prima che sua madre vincesse quella partita a scacchi che per loro durava ormai da otto anni.
“Siamo arrivati.” Annunciò Jonah.
Parcheggiò l’auto nei pressi di una chiesetta per non dare troppo nell’occhio. Aprì la portiera e prese la mano della ragazza per aiutarla a scendere. L’odore di mare pizzicò le narici di Ariadne, che sorrise d’istinto. Le piaceva la spiaggia, anche se la preferiva di inverno quando poteva sedersi a riva e disegnare ogni sfumatura di grigio e blu.
“Pensi che Tommy verrà?”
Jonah si sistemò il cappello e si diede una scrollata alle maniche della giacca, persino il suo abbigliamento appariva impeccabile.
“Se il signor Shelby ha fatto buon uso delle mie informazioni, allora sarà così furbo da venire.”
Un gruppo di bambini sfrecciò davanti a loro con gli aquiloni che svolazzavano in cielo. Le loro madri ridevano e chiacchieravano animatamente. Ariadne sorrise, quanto avrebbe voluto trascorrere una giornata senza pensieri. Le sarebbe piaciuto sdraiarsi al parco con Lisa e Carl a disquisire di pittura, a giudicare quale fosse l’opera più stravagante di Dalì, a decretare il miglior salotto letterario di Londra. Le mancava di Judith, o meglio le mancava la vita spensierata e onesta di Judith. Quella parte di lei era morta nel momento in cui aveva rimesso piede a Birmingham, dubitava che sarebbe mai risorta dalle ceneri.
“Dove si tiene la fiera?”
“Lungo il mare. E’ già iniziata, dovremmo avviarci.” Disse Jonah.
Ariadne lo prese a braccetto e insieme si incamminarono verso la spiaggia. Dopo pochi metri era già visibile la calca che affollava le strade. Tutto era un tripudio di voci, risate e musica. Una serie di bancarelle vendevano oggetti fatti a mano, collane di conchiglie, ventagli variopinti e vasetti di sabbia colorata. Lo sguardo di Ariadne si posò su un fermaglio ornato da piccole conchiglie bianche e perle argentate.
“Signorina, temo di aver dimenticato una cosa in auto. Voi proseguite.” Disse Jonah.
“Va bene. Non metterci troppo.”
Quando Ariadne si fu allontanata, Jonah si avvicinò alla bancarella e indicò il fermaglio.
“Quanto costa?”
“Venti sterline. I colori si abbinano ai capelli rossi della vostra signora.” Disse il venditore.
Jonah avrebbe voluto specificare che quella non era sua moglie, ma preferì tacere e non dare troppe informazioni. Dal portafogli estrasse le venti sterline e le allungò all’uomo.
“Potete incartarlo?”
Il venditore arraffò i soldi e poi si mise a ricoprire con cura il fermaglio con una carta blu notte a cui legò anche un fiocco azzurro.
“Ecco a voi. Vostra moglie sarà davvero felice!”
Jonah si infilò il regalo in tasca e abbassò la tesa del cappello come saluto, poi si immischiò nella folla per raggiungere la ragazza. Ariadne stava osservando il carretto dei gelati con gli occhi lucidi.
“Signorina, gradite un gelato?”
“Magari più tardi. Ora pensiamo alle cose importanti. Hai preso ciò che ti serviva?”
Jonah estrasse dalla tasca interna della giacca un pacchettino blu, le sue guance erano appena arrossite.
“Questo è per voi, signorina Evans. Un piccolo regalo per allietare la vostra giornata.”
Ariadne scartò subito la carta e sorrise quando riconobbe il fermaglio di conchiglie e perline.
“E’ splendido. Grazie mille, Jonah.”
L’uomo le sfiorò appena la spalla con la mano, non era consono abbracciare una donna che non era sua parente né sua moglie.
“Sono lieto che vi piaccia. Volete indossarlo?”
“Assolutamente sì.”
 
Tommy odiava il mare. Detestava la sabbia che si infilava nelle scarpe e nei vestiti, detestava l’odore di salsedine, e detestava tutta quella gente che rideva a voce alta mentre si rincorreva a riva.
“Ho scordato la crema solare. Che peccato per la mia pelle!” esclamò Charlotte.
Aveva inforcato gli occhi da sole e si era avvolta un foulard beige attorno al collo. Somigliava alla protagonista di un film estivo.
“Sai dove si trova Enea? Non abbiamo tutto il giorno per cazzeggiare.” Disse Tommy.
“Non possiedo una palla magica, signor Shelby.” Replicò lei, stizzita.
Tommy inarcò il sopracciglio e sbuffò, non era dell’umore adatto per una risata.
“Credevo che tu avessi le risposte a tutte le domande.”
“Sono la vostra assistente, non la vostra veggente. Suppongo che Enea sia alla festa come tutte le persone normali.”
“Era forse una frecciatina?” domandò Tommy.
Charlotte gli rivolse un sorriso divertito e fece spallucce.
“Il mondo non ruota attorno a voi, signor Shelby. Esiste prima il sole, poi forse esistete voi.”
Tommy non disse niente, si limitò ad accendersi l’ennesima sigaretta con espressione annoiata. Poi la vide. Avrebbe riconosciuto quei ricci rossi fra mille. Stava camminando al fianco di Jonah Solomons, parlottavano a bassa voce fra loro. Un moto di gelosia gli vibrò nelle ossa quando vide che stavano a braccetto. Ariadne era più bella di quanto ricordasse.
“Siamo qui per Changretta o per la vostra signorina?” lo incalzò Charlotte.
“Non è la mia signorina.”
La verità era ancora più amara perché Tommy nel profondo desiderava davvero che Ariadne fosse la sua signorina, che fosse soltanto sua. Invece la vita reale era bel lungi dalla fantasia, era la dimensione infernale in cui lui era sposato e Ariadne lo aveva abbandonato.
“Enea Changretta è in spiaggia. Eccolo!” disse Charlotte.
Tommy fece scivolare lo sguardo da Ariadne alla spiaggia lentamente. Enea stava facendo ridere i suoi amici con chissà quale storia. Alle sue spalle c’era una donna che gli teneva la mano.
“Enea è sposato?”
“Non che io sappia. Vado a informarmi.” Disse Charlotte.
Tommy non ebbe modo di chiederle come avrebbe fatto perché la sua assistente era già svanita fra la gente. Doveva ammettere che Charlotte era un valido aiuto, una spia perfetta travestita da incanto. Era bella e spigliata, uomini e donne cedevano al suo fascino senza remore.
 
Ariadne se ne stava seduta in un angolino ad osservare. Alfie le aveva chiesto se lei fosse il mare o il deserto, e ora si poneva lo stesso quesito mentre le onde baciavano la sabbia sotto il calore del sole. Non si sentiva né forte come il mare né selvaggia come il deserto. Si sentiva vuota come una conchiglia a cui viene strappata la perla e resta sola. Dalla sua posizione vedeva Enea Changretta che gesticolava per raccontare ai suoi amici una barzelletta. Era un giovane uomo, al massimo aveva venticinque anni, sbarbato e con la testa calva. Il naso aquilino era simile a quello del padre, stando alle informazioni di Jonah.
“Signorina, volete un pezzo di cocco?” domandò un ragazzino scalzo.
Ariadne notò che trainava un piccolo carretto in cui conservava al fresco fettine di cocco appena tagliato.
“Sì, grazie. Dammi tre fettine.”
Il ragazzino preparò la porzione in una vaschetta bianca e la consegnò ad Ariadne, che nel frattempo si era alzata e si era spazzolata la sabbia dai pantaloni.
“Quanto ti devo?”
“Ha già pagato un signore. Buona giornata, bellezza!”
Ariadne rimase sgomenta mente guardava il carretto allontanarsi. Ebbe il timore di essere stata scoperta da Enea o da Mick. Oppure suo fratello Eric l’aveva seguita fin lì. Lasciò la spiaggia per tornare in strada, confondersi nella calca era l’unica soluzione. Jonah l’aveva lasciata da sola per indagare sulla donna che accompagnava Enea, perciò doveva difendersi con le sue forze. Mentre si guardava attorno, distrattamente andò a sbattere contro qualcuno e il cocco cadde a terra.
“Mi dispiace. Sono mortif- … Tommy!”
Ed eccolo Tommy Shelby con quei suoi occhi di ghiaccio che la fissavano con altezzosità. Era bello e distante, come una perfetta statua di marmo che non può essere toccata da mani umane.
“Scappi sempre, eh. E’ l’unica cosa che sai fare.”
Ariadne abbassò lo sguardo per la vergogna. Si sentiva sempre una sciocca in presenza di Tommy, era come se il coraggio lasciasse il posto all’insicurezza.
“Un uomo mi ha pagato il cocco. Stavo solo cercando una scappatoia.”
Tommy sospirò e si massaggiò il ponte del naso, il segno degli occhiali da vista era appena visibile.
“Sei davvero così spaventata?”
“Mick e mia madre mi stanno cercando, essere spaventata è lecito.” Rispose lei.
“Spostiamoci.”
Tommy le mise una mano sulla schiena e la spinse verso la fine della strada, dove le bancarelle si diradavano e la gente diminuiva. Si sedettero su una panchina al riparo sotto un albero.
“Sei qui per Enea?” domandò Ariadne.
“No, sono qui perché avevo voglia di vedere il mare! Che domanda del cazzo.”
La ragazza si alzò con uno scatto, le mani sui fianchi e la bocca contratta in una linea dura.
“Se vuoi parlare di affari per me va bene. Se vuoi insultarmi, allora me ne vado.”
“E’ questo che ti ha insegnato Alfie? Sei scarsa nelle minacce.”
“Sei proprio uno stronzo.” Mormorò Ariadne.
“Tu mi segui a ruota, signorina Evans.”
Era palese che entrambi avevano costruito un muro fra loro, era spesso e di cemento indistruttibile. Ognuno stava dalla propria parte facendo attenzione a non invadere il campo opposto.
“Non essere stupido, Tommy. Non lasciare che i sentimenti offuschino il tuo giudizio.”
Tommy proruppe in una risata crudele, era come sentire frammenti di vetro nella carne. Faceva male.
“Quali sentimenti? Io per te non provo niente. Abbiamo scopato, ci siamo divertiti un po’ e poi tutto è tornato alla normalità.”
Ariadne, che aveva imparato a controllare le proprie emozioni, rimase indifferente. Mentre nel suo cuore sentiva spilli che pungevano, sul suo volto non c’era traccia di emozione.
“Va bene. Adesso parliamo di affari o vuoi continuare questo teatrino?”
Tommy la guardò per qualche secondo, gli occhi ridotti a fessure, la mascella rigida.
“Non mi interessa. Io non voglio fare nessun affare con te.”
“Stai commettendo un errore.” Disse Ariadne.
“Ho commesso un errore quando mi sono fidato di te.”
Ariadne si morse la guancia ma non cambiò espressione, doveva mantenere la maschera di freddezza che le aveva insegnato Alfie.
“Possiamo dimenticare quanto è successo fra di noi e andare avanti?”
“Io non dimentico chi mi ha tradito.” Replicò Tommy.
“Mi dispiace. E’ questo che vuoi sentirti dire? Beh, scusami se me ne sono andata. Scusa se ti ho fatto credere di averti abbandonato. Ma non ti chiederò scusa per aver scelto me stessa.”
Tommy la fulminò con gli occhi, era come se una voragine gli avesse scavato un buco nel petto.
“Sai cosa, Ariadne? Tu sei una fottuta bugiarda e una manipolatrice. E io non voglio avere niente a che fare con te.”
Ariadne strinse i pugni per sopportare il peso di quelle parole. Sì, era una bugiarda che per anni aveva vissuto sotto falsa identità, ma non aveva mai manipolato nessuno.
“Mick e mia madre ti verranno a prendere e per te sarà la fine, Tommy. Io cerco solo di aiutarti.”
Tommy si avvicinò a lei, a quella distanza i suoi occhi sembravano una tempesta di azzurro e grigio. Ariadne trattenne il respiro quando lui si chinò per parlare all’orecchio.
“Io non ho bisogno di te, signorina Evans.”
Mentre Tommy tornava alla fiera, Ariadne rimase immobile per una manciata di secondi con la mente che assorbiva la durezza nella voce di lui. Era rimasta più sola che mai.
 
Ariadne alla fine aveva ceduto e ora sedeva su uno scoglio a mangiare zucchero filato. I dolci erano da sempre una grande consolazione, erano lì quando lei aveva bisogno di conforto.
“Siete voi la donna del mistero.”
Alle sue spalle c’era una giovane donna dai perfetti boccoli castani ornati da una fascia di fiori bianchi. Indossava un abito verde oliva che si abbinava ai suoi splendidi occhi.
“Ci conosciamo?”
“Sono Charlotte Foster, l’assistente di Tommy. Mi occupo della sua campagna politica.”
Ariadne avvertì una dolorosa fitta tra le costole. Era una pungente gelosia che la tormentava. Soltanto quattro mesi prima era lei ad occuparsi delle elezioni.
“Capisco. Buon per voi.”
Charlotte sorrise e si mise le mani sui fianchi, era sicura di sé e non aveva paura a dimostrarlo.
“Tommy è un uomo straordinario, non trovate? Bello da fare invidia a qualsiasi altro uomo.”
“E’ una bellezza discreta.” Disse Ariadne.
Che grossa bugia. Tommy era davvero bello da togliere il fiato con quei contrasti di chiaro-scuro, quegli zigomi alti e taglienti, quella pelle simile al candore di una tela. Era un’opera d’arte che Ariadne avrebbe voluto ammirare per ore.
“Quindi siete scappata da lui perché era brutto?” domandò Charlotte.
Ariadne mordicchiò l’ultimo pezzo di zucchero filato e si rigirò lo stecchino vuoto fra le mani.
“Cosa volete da me? Non credo che abbiamo una confidenza tale da parlare così.”
“Voglio sapere la verità. Per entrare nelle grazie di Tommy Shelby bisogna toccare i punti caldi. So che voi siete addirittura entrata nel suo letto!”
Charlotte era determinata, era possibile leggerlo nel suo sguardo furbo. Era bella, molto bella, e questo era il tallone d’Achille di tutti gli uomini.
“Io e Tommy non abbiamo legami, quindi siete libera di infilarvi nel suo letto.” Disse Ariadne.
Charlotte rise, sembrava che trovasse divertente tutto ciò che la circondava.
“Magari Tommy mi ha già invitata fra le sue lenzuola.”
Ariadne era sull’orlo del baratro. Stava per esplodere. Era così piena di risentimento che quella ragazza stava solo alimentando.
“Scusate il disturbo.” Disse una voce.
Un ragazzo avanzò verso di loro con le spalle strette nella giacca usurata, aveva i piedi scalzi e i polpacci sporchi di sabbia umida.
“Non compriamo niente.” Disse Charlotte.
“Sono qui perché c’è un signore che vuole parlare con la ragazza dai capelli rossi.”
Charlotte guardò Ariadne, che fece spallucce perché non aveva idea di cosa stesse succedendo.
“Quale signore?”
“Enea Changretta.”
 
Ariadne e Charlotte furono scortate dal ragazzo in una tavola calda lungo il mare. Era una struttura di legno bianco che si reggeva su quattro pali, al di sotto scorreva un ruscello che deviava dalla spiaggia. Il locale all’interno ospitava famiglie e coppiette, i bambini giocavano per terra oppure fissavano il grande acquario in mezzo alla sala.
“Signorina Evans!”
Jonah era appostato all’ingresso della tavola calda, le dita serrate intorno alla falda del cappello. Era preoccupato e teso, la sua postura era innaturale.
“Jonah, che succede?”
“Changretta vuole parlare con voi e con il signor Shelby. Io sono costretto a rimanere fuori.”
“Anche lei.” disse il ragazzo indicando Charlotte.
Charlotte allora si accomodò ad uno dei tavolini all’aperto e si accese una sigaretta.
“Io resterò qui in compagnia del monaco.”
Jonah sollevò le sopracciglia ma non disse nulla, anzi si mise seduto a indossò il cappello.
“Vi aspetto qui fuori, signorina Evans.”
Ariadne annuì ed entrò nel locale, ritrovandosi ad essere accolta dall’odore di caffè e crema. Vide Tommy di schiena, stava fumando e stava in silenzio. Davanti a lui c’era Enea che sorseggiava un cappuccino. Si alzò in piedi quando la vide avvicinarsi.
“Ariadne, prego, unisciti a noi. Spero che il cocco sia stato di tuo gradimento.”
Tommy le riservò un’occhiata svogliata, pareva infastidito anche solo dalla sua presenza. Ariadne badò bene a sedersi lontana da lui in modo che neanche le loro ginocchia si sfiorassero.
“Sono onorato di fare la vostra conoscenza. In giro si parla tanto di voi.” Esordì Enea.
“Vai dritto al sodo.” disse Tommy.
“Non siamo qui per una conversazione amichevole.” aggiunse Ariadne.
Enea bevve l’ultimo sorso di cappuccino con un angolo della bocca piegato all’insù.
“Siete qui perché ho un messaggio da parte di Mick King e Marianne Evans.”
Ariadne si agitò sulla sedia, il solo nome di sua madre bastava a farle venire i brividi. I peli sulle braccia le si erano rizzati come quando si avverte la sensazione di pericolo.
“Sarebbe?”
“Mick e Marianne chiedono la vostra resa. Vogliono che Ariadne torni a casa per sposare Mick.”
“No. Assolutamente no.” Protestò Ariadne.
“E io cosa ci guadagno?” chiese Tommy.
Ariadne non si aspettava che Tommy fosse interessato a una qualche proposta da parte degli Scuttlers e dei Blue Lions. Si morse le labbra per non spalancare la bocca per la sorpresa. Enea, dal canto suo, fece scorrere l’indice sul bordo del tavolo mentre un ghigno si faceva spazio sul suo viso.
“Dipende. Tu cosa vuoi?”
“Voglio che Mick tenga fede al nostro accordo iniziale: voglio che convinca i membri del Parlamento a votare per me.”
“Sul serio, Tommy? Non mi aspettavo che ti abbassassi a tanto!” sbottò Ariadne.
“Sono affari, ragazzina. Vedi di imparare qualcosa.” ribatté Tommy senza guardarla.
“Non farlo. Per favore, Tom, non farlo.” Mormorò lei.
Tommy sentì un fremito lungo la schiena quando lei lo chiamò Tom, era il modo in cui lo pronunciava che ancora gli creava scombussolamento.
“Mick lo diceva che sei brava a supplicare.” Disse Enea ridendo.
Tommy fece una piccola risata e Ariadne sentì un doloroso nodo in gola che la soffocava.
“Tom…”
“Quindi? Mick è disposto o no?” ripeté Tommy.
“E’ disposto.” Confermò Enea.
Ariadne capì che Tommy la stava tagliando fuori completamente. Se prima aveva smosso mari e monti per lei, adesso la stava lasciando in balìa dei leoni che volevano azzannarla.
“Se ti unisci a Mick e a mia madre, per me sarai come morto.”
Tommy portò gli occhi su di lei, ora erano blu poiché intrisi di rabbia.
“Non me ne frega un cazzo. Io penso soltanto a me stesso. La cosa migliore per i Peaky Blinders è allearsi con il più forte, e in questo caso Mick e tua madre sono la forza maggiore. Sei soltanto una ragazzina, Ariadne, e non puoi cambiare il gioco a tuo piacimento.”
Ariadne in sottofondo udì le onde del mare, era un suono fragoroso e intenso. Ripensò al quesito di Alfie: lei era mare o era deserto? Si diede una risposta quando fece scivolare gli occhi fra Enea e Tommy.
“Signori, dite pure a Mick e mia madre che mi ci pulisco il culo con la loro pietà. Io sono Ariadne Evans, e adesso si gioca a modo mio.”
Quando percorse la sala per uscire, lo fece con un sorriso trionfante e passo fiero. Lei non era arida come sabbia. Lei era tempestosa come il mare e tutti sarebbero stati sommersi dalla sua marea.
 
Sulla strada del ritorno era il silenzio a regnare in auto. Jonah guidava e Ariadne scribacchiava sul suo diario. Dopo l’incontro con Enea non aveva più parlato, si era infilata in macchina e aveva sbattuto lo sportello in faccia a Charlotte.
“Jonah, hai qualcosa da dire? Continui a fissarmi attraverso lo specchietto.”
“Perdonatemi, signorina. Volevo sapere se state bene, vi vedo turbata.”
Ariadne richiuse il diario con un sospiro stanco, era stata una giornata faticosa e due ore di viaggio erano ancora più pesanti.
“Tommy intende unirsi a Mick e a mia madre.”
“Questo non farà piacere al signor Solomons.” L’avvisò Jonah.
“Ed è per questo che ho in mente qualcosa che neanche Tommy Shelby può fermare.”
Ariadne aveva ufficialmente abbandonato i panni della ragazza ingenua ed inesperta, ora indossava gli abiti di una donna pronta a difendersi con le unghie e con i denti.
“Mi fa piacere. Posso esservi d’aiuto in qualche modo?”
“Sì. Hai scoperto chi era la donna in compagnia di Enea?”
Jonah superò un cartello stradale e prese una scorciatoia, a suo parere guidare lungo le strade principali poteva costituire un pericolo.
“E’ Solange Durand, una cantante lirica francese che si esibisce a teatro. Il mese scorso lei ed Enea si sono fidanzati pubblicamente a Parigi.”
“Scopri se Solange è qui per esibirsi. Voglio tenerla sotto controllo.” Disse Ariadne.
“Come volete, signorina. Cosa facciamo con Tommy?”
“Con lui non facciamo proprio niente. E’ arrivato il momento di dimostrare a Tommy Shelby che non è il centro del mondo come crede.”
Jonah le sorrise tramite lo specchietto e lei ricambiò con un cenno del mento.
 
“Raccontami un altro aneddoto!” lo incitò Rose ridendo.
Lei e Julian avevano deciso di cenare in un ristornate elegante e di tornare a casa a piedi. Era una serata romanica, come l’aveva definita lui. Usciti dal ristorante, Julian l’aveva presa a braccetto e aveva iniziato a raccontarle aneddoti e curiosità su Re Sole.
“Fu Re Sole ha introdurre la moda dei tacchi in epoca Barocca alla reggia di Versailles. Luigi XIV non aveva una statura eccelsa e cercava di rimediava usando scarpe alte.”
“O magari gli piacevano i tacchi e basta.” Ipotizzò Rose.
Lei aveva frequentato la scuola fino alla quinta elementare, dopodiché sua madre l’aveva fatta assumere prima in un forno e poi in un filatoio. Era una ragazza intelligente, sebbene non avesse grandi titoli di studio, e questa era una delle tante ragioni per cui Julian l’amava. Rose proveniva da una famiglia povera che non le aveva mai offerto grandi prospettive di vita, però lei si era rimboccata le maniche e aveva faticato per ottenere un briciolo di indipendenza e felicità. Rose non si sentiva inferiore a nessuno, la sua personalità colmava qualsiasi lacuna.
“Molti uomini vanno in crisi per la loro bassa statura.” Disse Julian.
“Tu sei alto un metro e ottantatré, non hai voce in capitolo!” lo ammonì Rose con un sorriso.
Julian Evans, il sogno di qualunque ragazza. Con quei perfetti ricci castani e gli occhi verde foglia, quella mascella definita, quei suoi gesti ricchi di raffinatezza e malizia. Era così bello che la sua passione per l’alcol gli veniva perdonata ogni volta.
“Piccioncini!”
Il lampione illuminò il volto di Lucius. Nei suoi occhi baluginava una gioia meschina.
“Che vuoi?” tuonò la voce di Julian.
Rose si aggrappò al suo braccio premendo la guancia contro il suo bicipite. Lucius le faceva paura, soprattutto ora che Marianne lo usava come cane da caccia.
“Passavo di qui e ho visto voi fidanzatini. Volevo farvi le mie congratulazioni.” Disse Lucius.
Julian era rigido come granito, ogni singolo nervo era teso come la corda di un violino. Strinse la mano di Rose per tenerla incollata a sé.
“Ti manda mia madre? Vuoi uccidermi?”
Sfortunatamente si trovavano in una strada isolata, le finestre delle abitazioni erano buie a indicare che gli inquilini erano andati a dormire. Julian e Rose erano soli, alla mercé di Lucius.
“Sono qui per dare un messaggio a tua sorella. Marianne ordina ad Ariadne di tornare a casa e di sposare Mick, altrimenti ci saranno gravi conseguenze. Ariadne ha due giorni per decidere.”
“Ariadne non cederà mai.” Disse Julian.
Lucius tirò fuori qualcosa dalla tasca dei pantaloni, lanciò in aria l’oggetto e lo riprese al volo. Rose adesso tremava, una spiacevole sensazione le stava pizzicando lo stomaco.
“Julian, andiamocene.”
“Sì, Julian, vattene. Scappa come il topo di fogna che sei!” lo derise Lucius.
Julian, anziché seguire la ragione e andare via, fece un passo avanti con l’espressione dura.
“Hai consegnato il messaggio, adesso sparisci. Non mettermi alla prova, Lucius.”
“Ooh, che paura! La femminuccia ha sfoderato gli artigli! La tua fidanzata lo sa che ti piace supplicare fra le lacrime? Lo sa che hai preso più cazzi tu di un intero bordello?”
Rose sapeva la verità. Sapeva che a Julian piacevano sia le donne sia gli uomini, e questo per lei non aveva mai rappresentato un problema. Julian per anni si era odiato, aveva tentato di soffocare quella parte di sé, ma alla fine aveva capito che accettarsi era l’unica soluzione.
“Rose sa tutto di me. Tra di noi non ci sono segreti.”
Un lampo di rabbia scosse Lucius, che ora aveva smesso di ridere e si era accigliato.
“Quindi Rose sa anche che ti sei fatto scopare da me a Natale mentre eravamo ubriachi?”
Rose sussultò, quella era una storia che non conosceva. Lei e Julian a Natale già si frequentavano da un mese, addirittura lui per l’occasione le aveva regalato una sciarpa di lana con rose blu ricamate. Allentò la presa sul braccio di Julian fino a portare le mani intorno alla borsetta.
“Lascia stare Rose. E’ con me che devi prendertela.” Disse Julian.
Lucius a quel punto rise, le dita che giocavano con l’oggetto che prima aveva lanciato. L’attimo dopo una lama si conficcò nel fianco di Julian.
“Jules!” gridò Rose.
Julian cadde a terra sulle ginocchia, il coltello piantato nella carne faceva sgorgare una copiosa quantità di sangue. Lucius si chinò su di lui e gli accarezzò i ricci con la mano insanguinata.
“Dì a quella stronza di tua sorella che il tempo scorre.”
 
Salve a tutti! ^_^
Ariadne ormai ha intrapreso la sua strada ed è disposta a tutto pur di vendicarsi.
Povero Julian, questa volta gli è andata male!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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