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Autore: Chocolate_senpai    14/06/2021    0 recensioni
A dieci anni di distanza dall'ultimo, famoso campionato, la ruota della storia gira di nuovo, di nuovo il perno di tutto è qualcosa che il Monaco stava tramando.
Volenti o meno, Kai, Takao, Rei, Max, e tutta l'allegra combriccola verrà buttata nel mezzo dell'azione, tra i commenti acidi di Yuriy, gli sguardi poco rassicuranti di Boris, i cavi dei computer di Ivan e la traballante diplomazia di Sergej.
Da un viaggio in Thailandia parte una catena di eventi; per inseguire un ricordo Boris darà innesco a un meccanismo che porterà i protagonisti a combattere un nemico conosciuto.
Sarà guerra e pianto, amicizia e altro ancora, tra una tazza di te, dei codici nascosti, una chiazza di sangue sulla camicia e il mistero di un nome: Bambina.
Starete al loro fianco fino alla fine?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 21

 


Che strano silenzio ovattava l’aria quella mattina.

Ivan aveva insistito per andare a controllare di persona l’edificio indicatogli da Ralph, ma Yuriy era stato perentorio: assolutamente no. Loro erano i più ricercati tra i ricercati, e se qualcuno li vedeva potevano dire ciaone a tutta l’operazione.

Poi Gustav portò una notizia interessante: uno dei ricconi in lista alla festa di NY possedeva gli appartamenti proprio davanti al sotterraneo che stavano tenendo d’occhio. O era un grande appassionato della storia della birra tedesca, oppure gli serviva una base per tenere d’occhio ... qualcosa. O magari stavano sbagliando tutto. Ma a quel punto valeva la pena tentare.

L’idea vincente, partorita dai neuroni del professor Kenny, fu quella di appostarsi in uno degli appartamenti con tutta la discrezione possibile. Neanche il tempo di dirlo che Ralph aveva già tirato fuori la carta di credito di famiglia.

Alle otto della mattina, imbronciato come un bambino senza frutta candita alla fiera del paese, Rick si era buttato sull’ampio letto matrimoniale di un appartamento che mai nella vita si sarebbe potuto permettere. Avevano scelto di nuovo lui come inviato.

- Nessuno potrà mai scambiarti per un tedesco, te lo assicuro –

- E quindi? Cosa vuoi insinuare?-

- Che quelli sono appartamenti che, di solito, vengono affittati da turisti. E tu sei il turista più credibile di tutti noi –

Aveva mandato al diavolo il tedesco.

Sdraiato sul letto da almeno un paio d’ore, con gli occhi puntati sulla finestra, pensò che in fondo tutto quel lusso non faceva per lui. Quella stanza gli dava la nausea. Al centro della parete orribilmente verniciata di verde, lo specchio gli rifletteva un’immagine di sé che trovò stranamente ... deludente. Senza staccare gli occhi dallo specchio, Rick passò i polpastrelli sulla linea delle gambe, risalendo fino a scontrarsi con una collinetta morbida all'altezza dei fianchi.

- Stai mettendo su un po’ di salvagente Rick, non sarebbe ora di limitare il McDonald?-

Michael lo aveva detto ridendo, quel maledetto. Ma a lui ora la cosa bruciava da morire.

Si diede uno schiaffo sulla guancia. Da quand’è che uno come lui si legava al dito quello che pensavano gli altri?

- это здесь 

Rick tese le orecchie. La stanza al primo piano era stato l’unico modo per sperare di carpire qualche parola dall’esterno; non ne capiva un accidente di russo, ma la cadenza per lui era inconfondibile: strascicata, gutturale ... incomprensibile. Si alzò finalmente dal letto; dalla finestra vide benissimo due individui fermi davanti all’ingresso della zona sotterranea della birreria, trasformata in un centro di attrazione turistica con dei terrificanti, enormi cartelli colorati.

Se l’arsenale era lì, lo avevano nascosto dove tutti potevano vederlo. Tutti quelli interessati alla storia della birra; quindi in pochi.

I due turisti malriusciti, macchina fotografica alla mano e zainetto in spalla, erano ancora meno tedeschi di lui. Rick scattò una foto.

- Guarda guarda ... quel nanetto di un professore ci ha preso –

 

 

- Sei sicuro? In russo?-

- Yeah

- Ma tu ... – Emily saettò gli occhi su di lui – Che ne sai di russo? –

Rick rispose con una smorfia.

- Ne so quel che basta per capire che quei due lo parlavano. Si sono infilati lì, e li ho visti uscire quaranta minuti dopo, più o meno. Nell’orario in cui quel buco è chiuso ai turisti. Se non è sospetto questo ... –

- Quindi c’è davvero movimento lì sotto –

Rei non era convinto. Passò le dita tra i capelli per l’ennesima volta, come se pettinarli fosse il suo nuovo antistress. E di stress non ne aveva mai avuto in vita sua.

- è troppo provvidenziale che proprio oggi, quando Rick era lì per controllare ... –

- Forse quei due girano qui da un po’, e oggi era un giorno di ronda come un altro –

- Mh –

La testa del cinese ciondolò di lato.

- Beh ... meglio così. Di tempo ne abbiamo poco, no?-

La porta del salone si spalancò. Sergej entrò brandendo due casse di legno al seguito di Ivan, scaricandole con quanta più grazia possibile sul pulitissimo, elegante tappeto.

- E ... queste cosa ... –

Ivan tirò fuori da chissà dove un piede di porco, scardinando le nuove arrivate. Quando ne tirò fuori una pistola qualcuno rischiò lo svenimento.

Olivier indicò l’arma preoccupato.

- Mon Dieu, non vorrete mica ... –

- Entreremo lì dentro stanotte – Ivan smontò e rimontò l’arnese infernale, controllando anche le altre contenute nella casse – Andiamo in bocca a Vorkov, e lui non si farà problemi a regalarti un proiettile in fronte –

Passò un’arma al francese, che se ne tenne distante come fossero le mutande di un appestato.

Ivan sospirò.

- Volete partecipare, no? Beh, queste sono obbligatorie –

- Ivan ... - Emily aveva una domanda da fare. Sapeva che era una domanda stupida, ma la fece lo stesso – Dove ... da dove arrivano queste? –

Lui non rispose nemmeno.

Yuriy si materializzò in sala, sfoderando il primo sguardo soddisfatto della giornata.

- Sono arrivate? Bene-

- Posso sottolineare che non sono d’accordo con niente di tutto questo?-

- Puoi Ser, ma non mi interessa –

Sergej non si era arreso all’idea del capitano. Che senso aveva dare delle armi in mano a  gente che non ne aveva un’idea?

- Non sarebbe meglio trovare un’altra soluzione? –

- No, E se noi siamo lì sotto, chi difende a loro? –

- Ma difendere da cosa? –

Yuriy lo fulminò con gli occhi, zittendolo definitivamente.

- Ci scommetto la testa che Vorkov sa dove siamo. Se li trova mentre noi siamo lì sotto, non gli basterà correre per salvare la pelle –

Ivan riprese il suo filo del discorso.

- Kai sa già sparare. Qui ci sono altre quattro pistole, datele a chi vi pare basta che non vi sparate addosso da soli. Io comunque starò qui, e con quello – Indicò il pc di Emily – Controlleremo che tutto vada bene. Con questi affari – Tirò fuori dall’altra cassa un paio di auricolari – Ci terremo in contatto –

- Quindi ... – Rei prese la pistola, abbandonata sul tavolo davanti a un riluttante Olivier – Chi andrà a controllare il sotterraneo? –

- Yuriy, Boris e Sergej –

- E nessun altro – Sottolineò Ser, giusto per essere sicuro che non si accodasse nessun volontario.

Ralph annuì – Come procederete? –

Yuriy indicò con un cenno una delle due casse – Lì dentro c’è tutto il necessario per far esplodere qualunque arsenale ci troveremo davanti –

Ivan si schiarì la voce – Sì, il minimo indispensabile. Con così poco preavviso ho recuperato poca roba –

- Cela faremo bastare. Andiamo, e quello che troviamo lo facciamo saltare. Fine della storia–

- E noi che possiamo fare?-

- Niente – Yuriy fu lapidario – State buoni e fermi, e se serve vi difendete. Tenete a freno Takao e aspettateci qui –

- Siete sicuri che ... –

- No. Non lo siamo –

Rei si sentì penetrato da quella risposta, rapida e sincera. Se una persona metodica, precisa come Yuriy non era certo di ciò che stava accadendo, allora la situazione era grave. Ma se comunque proseguiva per quella strada, significava anche che non c’erano alternative.

Il cinese non si scompose, lasciando da parte i suoi capelli almeno per quel momento.

- Va bene. Potete contare su di noi –

 

………………………………….

 

All’una di notte, nel buio e nel silenzio della via completamente deserta, tre ombre strisciarono lungo la parete. Si guardavano alle spalle senza farlo notare, incrociando gli occhi tra loro, camminando senza fare rumore.

Si fermarono davanti all’obiettivo. La porta chiusa non era un grosso problema, non per loro. In un paio di minuti, con un po’ di impegno e un calcio alle assi cigolanti, furono dentro.

Boris ispirò profondamente l'odore di chiuso; di turisti quel posto non ne vedeva da almeno un secolo.

- La birra non è la strategia migliore per far soldi ... –

- Tieni –

Sergej gli passò uno degli auricolari.

- E non lo perdere –

I tre avanzarono seguendo la luce di una torcia, inoltrandosi nei cunicoli ammuffiti. Di birra non ne era rimasta nemmeno l’ombra di quella che si produceva secoli prima; in compenso ogni angolo era tappezzato di finte botti e cartelli illustrativi.

- Abbiamo una meta?-

- Per ora no. Ivan, ci senti?-

Un ronzio nell’orecchio ruppe il silenzio.

- Vi sento e vi vedo. Non spostate la telecamera –

- Vedremo di accontentarti –

Il tunnel cominciò ad aprirsi dopo una decina di metri, allargandosi un po’. Yuriy scavalcò le transenne messe apposta per le file di turisti, saettando gli occhi sulle pareti in cerca di qualcosa. Si fermò quando l’ombra dei mattoncini sul muro gli fece intravedere una porta.

- Qua ci si divide. Voi andate avanti, io vedo cosa riesco a trovare –

I compagni si divisero con un cenno, lasciando indietro il capitano. Sergej si fece largo nel buio con la pila, facendo scivolare la luce sulle pareti. Andarono avanti per un po’, accompagnati solo dal ritmo dei loro passi.

- Non sembrano esserci altre porte ... –

- Magari abbiamo sbagliato –

- Impossibile, la strada era dritta –

- No, idiota, nel senso che forse questo è il posto sbagliato –

Ser assestò al collega una spallata, che Boris accusò con un grugnito.

- Mi sentite?-

I due si fecero attenti.

- Trovato qualcosa Yuriy?-

- Niente, vicolo cieco –

La voce di Ivan si intromise nel discorso.

- C’è qualcuno –

Boris e Sergej si fermarono sul posto. La pila si spense in un click, e il fiato venne trattenuto. Boris spostò la mano dietro la schiena, sfiorando con le dita il calcio della pistola.

- Dove? – Sussurrò, sperando che la voce arrivasse all’auricolare.

- La telecamera che avete lasciato all’entrata ... ci è passato qualcuno davanti –

Appena l’ultima sillaba uscì dall’auricolare qualcosa sussurrò ai due che erano in pericolo. Forse fu l’istinto, o uno strano odore di fumo; ma le gambe furono più veloci della testa, e un attimo dopo stavano già correndo per il tunnel lasciandosi alle spalle l’eco di un’esplosione.

Sergej allungò una mano sulle spalle senza fermare la corsa, assicurandosi che lo zaino con gli esplosivi fosse ancora al suo posto.

- Ma non dovevamo essere noi a distruggere sto cavolo di posto?!- Gridò Boris, fiondandosi con l’amico verso il primo angolo di parete che gli concedesse un blando nascondiglio. Voleva sporgersi dal rifugio improvvisato, ma appena mise il naso in corridoio qualcosa gli sfrecciò a un millimetro dalla faccia.

- Merda ...!-

- è armato?-

- Sembra di sì -

Forse, chiunque fosse sulle loro tracce, avrebbe voluto spaventarli. Non ci riuscì. Boris sfoderò il suo ghigno migliore; fece scrocchiare il collo, godendosi l’adrenalina pompata in corpo.

- Tu vai avanti e fai esplodere tutto quello che trovi – Digrignò i denti, le sopracciglia si arcuarono cattive e, finalmente, rilasciò il freno sulla rabbia repressa – Io mi occupo del nuovo arrivato –

 

Era un solo uomo, e questo stupì Boris. Curioso che uno stronzo come Vorkov non cercasse di avvantaggiarsi numericamente su di loro. Con un unico movimento si trovò la pistola in mano; dal fondo del corridoio una strana luce gettava su di lui l’ombra del nemico, e dall’odore fu sicuro che da qualche parte si stava scatenando un incendio.

- Mi hanno detto che devo ucciderti –

La sua voce lo stupì. Aveva qualcosa di strano, di ... falso. Bassa e viscida, sembrava arrivare alle sue orecchie dopo aver strisciato sulle pareti. Non sentiva più colpi di pistola, e i passi si erano fermati non appena Sergej si era allontanato.

Strano

- Vorrei sapere ... – Un suono metallico ruppe le parole – Cosa hai fatto per farlo arrabbiare–

Boris ghignò.

- Non sono affari tuoi – Rispose, ancora nascosto. Avrebbe voluto vedere quel bastardo in faccia, ma non si fidava ancora a uscire allo scoperto.

- Visto che non vuoi rispondere, lascia che ti tappi la bocca per sempre –

Per la prima volta dopo anni, qualcuno riuscì a prenderlo alla sprovvista. Boris era sicuro che, un secondo prima, quell’uomo fosse ben più distante; in un attimo si era avvicinato tanto da riuscire a sussurrargli all’orecchio. Si allontanò con uno scatto, mettendo quanto più spazio possibile tra lui e l’altro. Gli puntò contro la pistola, ma esitò a sparare dopo aver guardato bene chi si trovava davanti.

Il nemico stava davanti a lui ricurvo da un lato, come se il braccio destro fosse più pesante del sinistro. Le fiamme dell’incendio avanzavano verso il corridoio, disegnando su quel braccio un bagliore metallico e rossiccio; una luce più forte delle altre scoprì sulla pelle una larga cicatrice rossastra incastrarsi tra il gomito e quello che sembrava un pezzo di ferro incastrato nell’avambraccio.

- Cosa ... cazzo ... –

- è ora di dirsi – Lui alzò l’arma piano, puntando quella specie di braccio cannone sul russo – ... Addio-

Un fiume di fiamme si liberò al suo comando, avanzando verso Boris senza che nulla lo fermasse.

No

Sarebbe stato stupido finire così, dopo che si era spinto fino a quel punto. Riuscì a gettarsi di lato all’ultimo, mentre le fiamme lo presero solo di striscio. Sentì la stoffa della felpa bruciare e attaccarsi alla pelle, ma strinse i denti.

- Non ti nascondere, non serve –

Una seconda fiammata sfiorò il muro, sbriciolando i mattoni che lo riparavano.

Poi, di nuovo, quell’uomo gli fu addosso ad una velocità incredibile.

- Fammi vedere come prendi fuoco –

Boris non prese tempo per stupirsi. Gli assestò un colpo in faccia con il calcio della pistola, centrandolo in pieno in un occhio. Poi sparò. Un colpo preciso, dritto al cuore. Era bravo a sparare, aveva sempre avuto una buona mira.

Ma questa volta non bastò.

Le iridi verdi si ridussero a due fessure con le pupille, mentre davanti a loro quell’uomo, con il petto macchiato di sangue, gli puntava di nuovo contro il braccio meccanico. Boris trattenne il fiato; senza chiudere gli occhi tornò con la mano alla pistola, sapendo che non avrebbe fatto in tempo. Sentì il muro dietro la sua schiena.

Sono in trappola

Ma il fuoco non arrivò.

Davanti a lui un lampo d’argento fermò le fiamme, ricacciandole indietro; Falborg si erse tra lui e il suo nemico, con un verso acuto che fece tremare le pareti. Con due battiti d’ali smosse l’aria, vibrando fendenti che tagliavano come lame.

E si gettò sul nemico.

 

Yuriy aveva sentito dei rumori poco rassicuranti, l’odore di fumo, i sibili dei proiettili rimbalzare lungo il corridoio ... accelerò il passo, maledicendo il momento in cui si erano divisi. Non che quei due non sapessero difendersi, ma alla fine era proprio come aveva detto Daichi: l’unione fa la forza. E un branco caccia meglio di un lupo da solo.

Non ci aveva messo molto a raggiungere gli altri, ma c’era qualcosa di strano. Sulle pareti ballava sempre più prepotente il bagliore delle fiamme, e fu sicuro di aver sentito il verso di un animale in lontananza. Quando fu abbastanza vicino, si coprì gli occhi con il braccio per non restare accecato dalla luce.

Davanti a lui un enorme falco d’argento stava proteggendo Boris da un uomo con un braccio cannone.

Cosa cazzo sto guardando?

Fu quasi come una visione, durò solo un istante: il falco calò sul nemico a becco spalancato, allungando gli artigli. Fu un'esplosione di luce, poi di nuovo tutto si spense, lasciando solo fiamme. Il nemico era a terra, e il falco era sparito.

Yuriy sentì distintamente il suo cuore accellerare i battiti. Si guardò intorno ancora spaesato, tornando lucido solo alla visione del compagno di squadra.

- Boris! Hei! –

Era attaccato alla parete, con la pistola stretta in pugno e gli occhi persi nel vuoto. Yuriy lo prese per le spalle, strattonandolo con poca grazia.

- Boris!-

- Era ... Falborg – Sussurrò, più a se stesso che al capitano.

Poi inquadrò Yuriy nel suo campo visivo; si liberò dalla sua presa e lo afferrò per le braccia, giusto per essere sicuro che lui fosse reale e non fosse caduto in un trip da droga pesante.

- Lo hai visto? Hai visto cosa ha fatto?!-

- Ok, stai calmo! Non è il momento per impazzire! –

- Quello ... aveva un cannone nel fottuto braccio! Ma che cazzo di problemi hanno tutti quanti?!-

- Ce ne occupiamo dopo! Dov’è Sergej?-

Il frastuono di un boato rimbombò da lontano, arrivando fino a loro portato dalle fiamme. Una serie di esplosioni lo seguirono, e Boris sentì la parete a cui era appoggiato tremare distintamente. Nessuno fece in tempo a farsi delle domande: dal corridoio una figura avanzò a passo spedito verso di loro, urlando cose che i due non riuscirono a sentire.

Yuriy si mise in allarme non appena capì che quello che correva verso di loro era Sergej.

Gesticolando e urlando cose che suonavano come correte!, il ragazzo li raggiunse, li afferrò per le braccia e se li trascinò letteralmente dietro.

- Che diavolo hai fatto?!-

- Ho messo ... – Sergej sputacchiò un po’ di saliva mischiata al fumo, cercando di non badare alla mano bruciacchiata che aveva sacrificato nella fretta – Gli esplosivi! –

- Hai ... trovato l’arsenale?-

- Sì ... cioè ... –

Un tonfo un po’ troppo forte li avvertì che qualcuna delle colonne che reggevano tutta la baracca forse si era un pelo incrinata.

- No ... Ma ho trovato la stanza! Ho fatto saltare tutto!-

- Questo lo vedo!-

Urlavano tra di loro per far valere le voci nel caos che le bombe e il fuoco avevano creato. Sergej stava già pensando a come scusarsi con Ralph, o come evitare di avere una delle sue mannaie sul collo. Avevano fatto davvero un bel casino.

- Ci siamo! Fuori!-

Neanche a dirlo, i tre si buttarono letteralmente sulla porta, sfondata a spallate di prepotenza. Il freddo li investì, insieme ai sassi della stradina lastricata. Boris si voltò indietro solo ora che fu sicuro di non avere più il fuoco attaccato alle natiche. Fissò la porta sfondata, inspirando l’odore della notte di Norimberga a pieni polmoni.

- Ce l’abbiamo ... fatta? –

 

.............

 

La notizia del crollo di una delle gallerie sotto Norimberga fece il giro dei telegiornali. Da due giorni gli storici e gli organizzatori di gite turistiche gridavano allo scandalo, chiedendo giustizia per lo scempio che la città aveva subito. Tutti gli altri se ne infischiavano in allegria, ignari che sotto i loro piedi esistessero vecchi birrifici. Ma il terremoto, quello lo avevano sentito tutti.

- Ahia! Accidenti ... –

- Fermo! Fammi guardare –

Hilary aveva ceduto, di nuovo, al suo istinto da crocerossina. Con la pazienza di una mamma davanti all’ennesimo ginocchio sbucciato, erano due giorni che medicava la mano ustionata di un brontolante Sergej.

- Non c’è bisogno ... –

- Invece sì. E quando tornerai a casa dovrai fartela subito vedere da un medico! –

- Ma quanto è brava la nostra Hil! – Takao le assestò una pacca sulla schiena, con un sorriso da un orecchio all’altro.

Era servita tutta la diplomazia disponibile per spegnere i bollenti spiriti di Ralph, non contento del devasto che i russi avevano fatto ai bassifondi di Norimberga. Tra un grugnito e una velata minaccia di morte, li aveva perdonati.

- Già – Kai si materializzò accanto alla ragazza chinandosi su di lei – è proprio brava la nostra Hil –

A quel sussurro lei rabbrividì. Sergej fece finta di niente, anche se Gianni aveva già urlato ai quattro venti, giorni prima, della situazione imbarazzante in cui i due erano stati scoperti. Ora Ming Ming ammiccava alla giapponesina ogni volta che la incrociava, e Mao si lasciava andare in risatine molto ambigue. Emily era stata troppo occupata, insieme a Ivan e Kenny, a strapparsi metaforicamente gli occhi per la rabbia.

- Come sarebbe a dire che non sentivate niente?-

- Te l’ho detto! Da quando quel tizio col cannone mi ha attaccato ... fine delle trasmissioni-

- E Yuriy? Sergej?-

- Io ... – Ser si grattò il mento pensieroso – Ammetto che non ci ho fatto caso –

- Io avevo altro a cui pensare, mi sono completamente dimenticato del microfono –

Dopo averci messo l’anima per recuperare nel minor tempo possibile microfoni e telecamere, per mettere in pratica quell’assurdo piano ... le telecamere erano andate perse quasi subito, bruciate, e i microfoni ... boh. Ivan avrebbe preso tutti a schiaffi se non fosse stata per la diplomazia di Kenny, che non voleva rischiare la vita di nuovo davanti ai taglienti occhi del capitano dei russi.

- Quand’è il volo? –

- Stasera –

- Valigia? Fatta? –

- Mh –

- Boris?-

- Eh?-

Yuriy gli lanciò in faccia un asciugamano.

- Se non vuoi vestirti, almeno copriti le parti basse –

Boris lanciò un’occhiata al suo inesistente outfit, rendendosi conto in quel momento di essere uscito dalla doccia nudo, ovviamente, e non aver pensato al cambio. Olivier entrò in quel momento in salotto, fermandosi di sasso davanti allo spettacolo.

- Sacre – Recitò teatralmente, bloccando la porta e Gianni che stava cercando di entrare. L’italiano non ci badò nemmeno alle parti basse in bella mostra; ormai era abituato al peggio.

- Vier, non è che puoi spostarti? –

- Temo che potrei morire se aprissi gli occhi –

Intanto dal corridoio arrivava l’eco della telefonata di Mao al fratello iperprotettivo, che aveva già minacciato più volte Rei di cavargli gli occhi a mani nude se non avesse riportato la sorella integra al villaggio. Il cinese dalle iridi dorate poteva sentire la metaforica ascia di Lai pendergli sulla testa.

- Tornerai da loro?-

Rei sospirò, in un tacito assenso. Sapeva che Takao avrebbe voluto che restasse da lui ancora per un po’, ma il dovere chiamava!

- Tu e Max? Sarete al dojo?-

- Sì, ci facciamo compagnia ancora per qualche settimana, il tempo di digerire ... tutto –

- Che c’è? – Rick gli lanciò uno sguardo di sfida – Scappate così? Non dovevamo sfidarci?-

Gli occhi di Takao si illuminarono.

- Sei serio? Ci state per una sfida?? –

- E chi si è mai tirato indietro? –

- Grandioso!-

Takao saltò letteralmente addosso a Rei, afferrandolo per un braccio. Passò un radar sulla stanza, adocchiando le sue prede, poi afferrò Kai per la sciarpa e andò a spintonare Garland per la schiena.

- Cos ... Takao?-

- Idiot ... idiota! Così mi strozzi! –

Non che a Takao in quel momento importasse delle opinioni altrui.

Mentre il capitano dei giapponesi raccattava tutti per il maniero, strappando Ralph e Andrew ai loro scacchi, Emily, Ivan e Kenny ai loro computer e Michael e Ming all’angolo dei consigli sulle relazioni amorose, Yuriy si dileguò con discrezione. Non fu l’unico a scegliere la fuga come opzione.

- Hai fretta?-

Boris lo affiancò, coperto del solo asciugamano.

- Anche tu a quanto pare –

- Abbiamo davvero vinto?-

Si fermarono sulla porta della stanza, indecisi se chiudere il discorso prima di entrare, o fare una discussione da uomo a uomo davanti alle valigie aperte e ai vestiti buttati sul letto.

- Se l’arsenale era lì dentro ... sì, abbiamo vinto –

- Non ne sei sicuro, vero?-

- Avremmo dovuto aprire quella porta. Ma ... –

- Non avevamo tutti i codici –

Fu Boris a prendere l’iniziativa, superando il capitano, deciso a mettere addosso almeno un paio di mutande. Yury si gettò sul letto, mentre il collega scomparve tra i cassetti dell’armadio. Boris ne riemerse semi vestito; uno sbrilluccichio dal comodino attirò la sua attenzione, e allungò la mano sugli oggetti che riposavano l’uno accanto all’altro. Strinse Falborg tra le dita, lasciando che il piccolo anello d’oro di Rosemary catturasse tutta la luce su di sé.

- Vorrei vederlo implorare pietà in ginocchio per quello che ha fatto –

- è fatta Boris. In qualche modo l’abbiamo ... vendicata –

- Non è abbastanza –

- Non lo sarà mai. Ma a lei non importerebbe –

Yuriy chiuse gli occhi, e tanto gli bastò per materializzare nella sua testa il volto di una bambina con gli occhiali spessi e i capelli scompigliati, che tutta sorridente gli rimboccava le coperte in un giorno in cui si era ammalato al monastero. Tanto gli bastò per scacciare dal corpo l’astio e l’odio verso chi ancora non aveva pagato abbastanza per le sue azioni; quel ricordo gli procurò un brivido di serenità.

- Lei vorrebbe solo vederci felici –

L’anello brillò un’ultima volta sul comodino. L’incisione al suo interno sfavillò, nascosta agli occhi di tutti.

 

Non molto lontano, tra le macerie della galleria crollata pochi giorni prima, schiacciata dalle pietre riverse a terra, una grande piuma d’argento era pronta per essere trovata.


....................

  
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