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Autore: Lamy_    15/06/2021    1 recensioni
Ariadne ha smesso di scappare dal suo passato. Ha deciso di sfidare l’autorità della madre e di opporsi a Mick King. Per farlo scende a compromessi con Alfie Solomons: Ariadne accetta di diventare il capo della gang di Camden Town.
A Birmingham Tommy continua a mandare avanti gli affari dei Peaky Blinders e a lavorare per il Parlamento.
Le strade di Ariadne e Tommy si incontrano di nuovo intorno ad un tavolo di affari. Stringono una alleanza che viene suggellata da baci di passione pura.
Ariadne pagherà cara la sua discesa agli inferi e scoprirà che le fiamme bruciano più intensamente quando sei un peccatore.
“Qui possiamo regnare sicuri, e a mio parere
regnare è una degna ambizione, anche se all'inferno:
Meglio regnare all'inferno che servire in paradiso.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. ACCORDO SEGRETO
“Non dimenticare mai: camminiamo sull’inferno guardando i fiori.”
(Kobayashi Issa)
 
Il giorno dopo
Ariadne ad un certo punto si era addormentata mentre vegliava su Julian. Era corsa in ospedale due ore dopo l’aggressione. Aveva trovato Rose in corridoio che attendeva la fine dell’operazione. La ferita era profonda e vi era un principio di emorragia, ma per fortuna l’intervento era stato tempestivo. Jonah era rimasto tutto il tempo fuori dall’edificio per assicurarsi che non ci fosse nessuno appostato per tendere un altro agguato.
“Ariadne.” Sussurrò una voce.
Ariadne mugugnò aprendo piano gli occhi. Si era addormentata con la guancia premuta sulla mano di Julian, e ora la pelle in quel punto era leggermente arrossata. Le dita di Rose e stingevano delicatamente la spalla nel tentativo di svegliarla.
“Che c’è? E’ successo qualcosa?”
“Volevo avvisarti che sono tornata a casa a prendere un cambio di abiti per Julian. Va a riposarti, qui resto io.”
Ariadne guardò il fratello e gli scostò un ricciolo ribelle dalla fronte. Ai suoi occhi era ancora il tenero bambino che l’abbracciava quando aveva paura dei mostri nell’armadio. Ma doveva rendersi conto che Julian era cresciuto, adesso era un uomo e doveva imparare a camminare da solo.
“Rose, purtroppo casa tua non è più sicura per voi. Dovreste venire a stare da me.”
“Quindi è questo ciò che mi aspetta? Scappare e guardarsi sempre le spalle.” Disse Rose.
Ariadne conosceva bene quel dubbio, era stata la sua condanna da quando aveva quindici anni. Era sempre scappata, sempre pronta a nascondersi da sua madre e dal suo passato. E ora che aveva scelto di combattere si trovava in pericolo su qualsiasi fronte.
“Non ti chiedo di restare con Julian. Non deve essere un obbligo. Io voglio che tu sia libera di fare la tua scelta. Se decidi di restare con Julian, allora ti prego di venire a casa mia per stare al sicuro. Se decidi di andartene, potrai scegliere dove stare.”
“Ci sono delle incomprensioni fra me e Julian, ma io lo amo e vorrei restare con lui.”
Ariadne prese la mano di Rose e le regalò un sorriso incoraggiante. Era bello sapere che in casa ci sarebbe stata un’altra donna a tenerle compagnia.
“Ti affido casa mia, Rose. Sarai la padrona indiscussa. Siamo una famiglia adesso.”
“Grazie.” Mormorò Rose.
La porta si spalancò e Jonah comparve sulla soglia col suo consueto aspetto severo.
“Signorina Evans, posso parlarvi in privato?”
Ariadne annuì e uscì in corridoio, felice di avvicinarsi alla finestra e prendere una boccata d’aria fresca.
“Hai una brutta faccia, Jonah. Ci sono cattive notizie?”
“Mi rincresce darvi questa notizia mentre vostro fratello è in ospedale, ma è importante. I nostri uomini che tengono d’occhio il Garrison mi hanno riferito di un colloquio fra Lucius Russell e Tommy Shelby.”
Ariadne non batté ciglio. Si era aspettata una mossa del genere da Tommy. Del resto il giorno prima era stato chiaro riguardo alla sua presa di posizione, perciò lei non ne fu stupita. Delusa, ecco come si sentiva.
“Jonah, organizza un incontro con Polly Gray, Michael Gray, Ada e Arthur Shelby a casa mia. E’ ora di fare la nostra mossa.”
 
Margaret puliva il bancone da svariati minuti. Lo faceva più che altro per distrarsi, per non fissare con sguardo torvo la porta del privé. Tommy aveva preso una bottiglia di whiskey e aveva invitato Lucius a entrare. Erano fin troppo amichevoli quando solo pochi mesi prima si facevano la guerra. Margaret pensò alla sua amica Ariadne all’oscuro di quanto stava accadendo. Era ingiusto il modo in cui Tommy stava tramando alle sue spalle.
Sobbalzò quando due braccia la circondarono da dietro e una bocca le baciò il collo.
“Chi è la ragazza più bella del mondo? E perché proprio tu?” esordì Finn.
“Finn, non adesso. Sto lavorando.”
“A dire il vero stai fissando la porta del privé come se volessi buttarla giù.”
Finn stappò una bottiglia di gin e ne versò un po’ nel proprio bicchiere per poi aggiungere una fettina di limone.
“Tommy sta parlando con Lucius. Capisci? Sta facendo affari con i nemici!” replicò Margaret.
“Che ti importa? Di solito resti fuori da queste stronzate.” Disse Finn.
“Mi importa di Ariadne. Non sono stupida, so che Tommy si sta alleando con gli Scuttlers e i Blue Lions.”
Finn aggrottò le sopracciglia, colto alla sprovvista da Margaret. Non gli era venuto in mente che Tommy proponesse una alleanza, anzi era convinto che avesse chiamato Lucius per minacciarlo.
“Davvero credi che Tommy possa fare una cosa del genere? Non scende mai a compromessi con chi ha tentato di ammazzarlo.”
La ragazza fece spallucce, però la sua espressione cupa a diceva lunga.
“Finn, sta succedendo qualcosa di brutto. Molto brutto.”
La loro conversazione fu troncata dal sonaglio che tintinnava segnalando l’ingresso di qualcuno nel pub. Era una donna vestita di verde pastello, con un faldone di carte fra le mani e il cappello in bilico sui capelli neri come la pece.
“Buongiorno. Posso esservi utile?” domandò Margaret.
“Sto cercando Ariadne. Mio fratello l’ha vista qui l’ultima volta. Il mio nome è Betty Preston.”
“E perché cercate Ariadne?” chiese Finn.
“Perché questioni di politica. Sapete dove abita o come posso contattarla?”
Margaret guardava Betty con sguardo trasognato, quel portamento fiero e quella voce decisa erano doti che lei non possedeva. Era fin troppo timida e riservata per mostrarsi tanto audace al mondo.
“Ci penso io ad avvisarla. Cosa devo dirle?”
Betty lasciò sul bancone un volantino e vi picchiettò l’indice sopra un indirizzo stampato sulla carta.
“La settimana prossima ci sarà un incontro delle Suffragette. Se volete, potete venire. E’ triste che voi passiate il vostro tempo in questo club di maschi.”
Margaret ridacchiò per la faccia sbigottita di Finn. Betty, dal canto suo, si guardava intorno inorridita.
“Sì, ci sarò. Grazie per l’invito. Ah, io sono Margaret!”
“Vi aspettiamo. Buona giornata, mia cara Margaret.”
Betty uscì dal Garrison a passo svelto, i tacchi picchiavano sul pavimento logoro accompagnando la sua uscita con fare teatrale.
“Tu non andrai a quell’incontro!” esclamò Finn.
“Da quando decidi tu cosa devo fare?”
Margaret si portò le mani ai fianchi come ogni volta che avevano una discussione.
“Donne che si incontrano di nascosto per parlare di politica? Non mi piace. E’ pericoloso.”
“Finn, quella donna aveva in mano dei volantini con le informazioni sull’incontro. Secondo te consegnerebbe volantini se la cosa fosse segreta?”
Finn arrossì fino alla punta delle orecchie. Alle volte sapeva essere davvero sciocco, come gli ripeteva sempre Ada.
“Comunque non mi piace che tu veda quella gente.”
“E a me non piace questo tuo atteggiamento.” Disse Margaret.
Anziché continuare quel dialogo inutile con Finn, si rintanò nello sgabuzzino e riordinò gli scaffali mentre ripensava all’invito di Betty.
 
Ariadne era tornata a casa per lavarsi e per cambiare abbigliamento in vista dell’incontro con gli Shelby. Aveva optato per un tailleur blu e si era acconciata i ricci ribelli in uno chignon. Aveva comprato i pasticcini, aveva preparato il tè e aveva tirato fuori un pregiato servizio di porcellane. Se quel teatrino serviva a convincere gli Shelby, lei sarebbe stata l’attrice migliore.
“Signorina, è tutto pronto.” Comunicò Jonah.
“Molto bene. Hai altre informazioni utili da darmi?”
Ariadne si accomodò in salotto su una delle poltrone rosse che Alfie le aveva regalato. Tutto l’arredamento era un suo regalo, dai mobili alle tende, dai canovacci in cucina alle nature morte appese alle pareti.
“Posso darvi un consiglio, se mi è concesso.”
“Dimmi pure.” Lo invitò Artemis.
“A quanto pare, Tommy ha avuto qualche screzio con i reali Russi. C’era di mezzo la Principessa Tatiana Petrovna, la quale ha lasciato la Russia dopo la rivoluzione.”
“E questo come può essermi d’aiuto?”
Jonah la guardò dritto negli occhi facendola quasi sussultare. La sua serietà alle volte spaventava Ariadne.
“E’ uno degli errori di Tommy Shelby. Il suo ritorno potrebbe farlo vacillare.”
“Noi siamo in contatto con questa Principessa?” domandò Ariadne.
“Noi siamo in contatto con chiunque, basta un ordine da parte vostra.” Rispose Jonah.
Ariadne avrebbe voluto ridere perché era assurdo che Tommy fosse riuscito a immischiarsi addirittura con la nobiltà russa. Eppure, lei lo sapeva bene, Tatiana doveva essere rimasta affascinata dai suoi occhi azzurri e da quel suo atteggiamento carismatico. La gelosia la punse come uno spillo, ma la ricacciò indietro per restare lucida.
“E’ interessante. Terrò a mente il consiglio.”
In quel momento suonò il campanello. Jonah si diresse alla porta per accogliere gli ospiti. Polly fu la prima ad entrare disseminando il suo profumo lungo tutto il corridoio.
“Buon pomeriggio. La signorina Evans vi attende in salotto.” Disse Jonah.
Ariadne si lisciò le pieghe della giacca e si stampò in faccio un sorriso fasullo.   
“Benvenuti.” Salutò cortesemente.
Ada si avvicinò a lei e la scrutò per qualche secondo, poi allungò la mano con un sorriso.
“Ariadne, che piacere rivederti.”
“Il piacere è tutto mio.”
“C’è qualcosa da bere?” volle sapere Arthur.
“Ci penso io. Venite con me.” Disse Jonah.
Arthur e Jonah sparirono in cantina per arraffare chissà quale pregiata bottiglia, un ulteriore dono di Alfie. Polly si sedette sul divano e con le dita accarezzò la seta che rivestiva i cuscini.
“Signora Gray, sono lieta di rivedervi.” Disse Ariadne.
“E io sono lieta che tu non abbia sposato mio figlio.”
Michael lanciò un’occhiata di rimprovero alla madre, che si limitò a scrollare le spalle con noncuranza.
“Ariadne, perdona mia madre. A volte sa essere sgarbata.”
“Tua madre ha ragione. E’ un bene per tutti che io non ti abbia sposato.”
“La ragazza è perspicace.” Mormorò Polly.
Intanto Ada aveva fatto un breve giro del salotto per ammirare le statue di angeli che decoravano il camino. C’era anche un vaso di rose che stavano perdendo i petali.
“Questa casa sembra un camposanto.”
Ariadne raccolse i petali marci e li gettò nel camino sporco di cenere. Non c’era la servitù e Jonah era troppo impegnato per occuparsi anche delle faccende di casa.
“L’arredamento di interni non è un mio hobby.”
“Il tuo hobby è dare la caccia a tua madre.” Disse Polly.
“Siamo qui per questo?” si intromise Michael.
Ariadne sapeva che quella era la sua occasione. Doveva dimostrare a se stessa, ad Alfie e a Tommy che era impetuosa come il mare. Prese un bel respiro e si schiarì la voce.
“Siete qui per fare un accordo. Dal momento che Tommy ha scelto di escludermi, io ho pensato di contrattare direttamente con voi.”
“A Tommy non piacerà.” Disse Arthur.
Lui e Jonah erano tornati con una bottiglia di grappa prodotta dagli stabilimenti di Alfie a Camden Town.
“Ma piace molto a me.” Disse Polly.
Ariadne tornò a sedersi sulla poltrona con le gambe accavallate e le unghie che accarezzavano i braccioli imbottiti. Una scintilla ardeva nei suoi occhi color ambra.
“La faccenda è semplice: Tommy sta facendo un patto con gli Scuttlers e i Blue Lions dopo che Lucius ha pugnalato mio fratello ieri sera. Vogliono me. Vogliono che io mi consegni e che sposi Mick.”
“Ovviamente tu non sei disposta a consegnarti.” Osservò Ada.
“Neanche morta. Anche il mio cadavere si rifiuterebbe.”
“Tommy ti aveva dato un’opportunità, sei stata tu a rifiutarla.” Disse Michael.
Ariadne non lo degnò di uno sguardo, non pensava che lui si fosse offeso per il mancato matrimonio.
“Volevi sposarmi davvero, Michael? Io non credo proprio.”
“Ariadne ti ha fatto un favore a non sposarti. Dovresti ringraziarla.” Disse Polly.
Michael guardò sua madre con la fronte corrugata, odiava essere sgridato come un gatto domestico che rovescia un vaso.
“Mi interessa sapere altro. Se Ariadne non ha sposato me, allora come fa ad essere tornata?”
Ora tutta l’attenzione era piombata su Ariadne. Jonah sbatté piano le palpebre per darle il permesso di svelare le sue carte.
“Ho prelevato gli affari di Alfie Solomons. Sono a capo della gang di Camden Town.”
“Cazzo.” Commentò Arthur.
“Le voci che circolano a Londra sono vere.” Disse Ada.
Ariadne scambiò uno sguardo perplesso con Jonah, che sollevò le mani facendo spallucce.
“Quali voci?”
“Dicono che una donna abbia riacceso la torre di Camden Town.”
“E’ vero. Tre giorni fa a Camden Town sono ripartiti i lavori della distilleria. Domani mattina partirà il primo carico verso Manchester.”
“E’ un brutto momento per distillare l’alcol.” Fece notare Michael.
Ariadne arricciò le labbra in una sorta di sorriso. Sapeva che quanto stava per dire avrebbe sconvolto i suoi ospiti. Da qualche anno le leggi del Proibizionismo erano diventate più ferree, veniva punito chiunque avesse in casa anche mezzo bicchiere di alcol. Ecco perché erano spuntate distillerie illegali in tutto il Regno Unito, formando così una fitta rete di traffici illeciti. Gli affari di Alfie si erano interrotti con la sua presunta morte ma con Ariadne stavano tornando alla ribalta.
“Non quando nascondi l’alcol dentro delle statuette di cera.”
“Le statuette non pesano più del normale alla dogana?” domandò Arthur, confuso.
“Non quando corrompi le guardie della dogana! Il martedì e il giovedì due agenti sono sempre di turno, è bastato dare loro una tariffa mensile per convincerli a lavorare per me.”
“Ci hai voluto qui pavoneggiarti?” fece Michael, stizzito.
“Ci vuole qui per corrompere anche noi.” Spiegò Polly.
Ariadne si alzò per versare il tè a tutti, sentiva i loro occhi puntati addosso come punte di un arco.
“Polly ha ragione. Siete qui perché Tommy mi ha tagliata fuori e io ho bisogno del vostro sostegno. Grazie a voi potrei eliminare Mick King e mia madre. Ormai gli Scuttlers e i Blue Lions sono diventati un problema per tutti.”
“Quale sarebbe la tua offerta?” indagò Ada, incuriosita.
“La gang di Camden Town ha perso molti uomini, non siamo in grado di sfidare Mick e mia madre. Ho bisogno che voi mi cediate alcuni uomini dei Peaky Blinders rigorosamente armati e pronti a tutto.”
“Quanti uomini vi servono?” chiese Michael.
“Almeno una ventina.” Rispose Jonah.
Arthur fischiò per enfatizzare la mole di quella richiesta. Buttò giù la grappa che riempiva il bicchiere in un sorso unico.
“Tommy se ne accorgerà se mancheranno venti uomini. E’ impossibile nascondergli una roba del genere. Quel bastardo capisce sempre tutto.”
“Non deve essere un segreto. Voi avete creato i Peaky Blinders, è anche la vostra banda, quindi potete scegliere anche voi come gestire gli uomini. Del resto, e ci tengo a sottolinearlo, vi darò qualcosa in cambio.”
“E cosa potresti mai darci?” la canzonò Polly.
“Il tre per cento delle nostre entrate. Gli affari stanno andando bene, entro la prossima settimana sarò già in grado di pagarvi.”
Michael sbuffò, la sua espressione era di puro sconcerto. Era bravo a fare i conti e quella proposta non sfuggiva al suo controllo matematico.
“Ci sono centinaia di distillerie in tutta l’Inghilterra che smerciano alcol illegale. Hai troppi rivali e questo a lungo andare farà diminuire i tuoi affari. Entro un anno la tua distilleria fallirà.”
Ariadne non si scompose affatto. Lei e Alfie erano giunti alla stessa conclusione durante le nottate trascorse a fare bilanci e a discutere di percentuali.
“Non ho detto che vi darò il tre per cento a vita. Il nostro accordo terminerà dopo che avrò distrutto Mick e mia madre. Non mi serve un anno, ma solo un paio di mesi.”
“E se non riuscissi? E se fra due mesi fossi tu quella morta?” insistette Michael.
“Allora potreste prendervi questa casa e la distilleria di Camden Town.”
“Sei disposta a tutto pur di liberarti.” Disse Polly.
Ariadne nello sguardo di Polly trovò comprensione, del resto erano due donne che lottavano da anni per la sopravvivenza.
“Io non tornerò da mia madre e non sposerò Mick. Io voglio essere libera. E se il prezzo della libertà è la morte, sono ben disposta ad accettarla.”
Un tetro silenzio si abbatté su di loro. Le parole di Ariadne erano forti, e anche il suo spirito sembrava altrettanto forte. Fu questo il motivo per cui Polly sorrise e batté le mani.
“Io ci sto!”
“Sarà una bella lezione per Tommy. Anche io ci sto!” convenne Ada.
“Signor Shelby, voi cosa dite?” chiese Jonah.
Arthur arrossì un poco, non era abituato a prendere quel tipo di decisioni. Era Tommy la mente della famiglia, era lui che tirava i fili come un abile burattinaio. Però era bello per una volta avere la possibilità di dare un parere.
“Facciamolo, cazzo! Ci sto! Fanculo Tommy!”
Michael era l’unico a restare titubante. Di sottecchi guardava Polly come ad avere il suo permesso. La madre fece un leggero cenno del capo e lui emise un sospiro.
“Va bene. Sono dalla vostra parte.”
Ariadne quasi saltellò dalla gioia. Strinse la mano di tutti con un enorme sorriso sulle labbra.
“Grazie mille!”
“Venti uomini dei nostri non ti basteranno.” Disse Michael.
“Lo so. Ed è per questo che ho intenzione di fare la stessa proposta a Byron Davis.”
Byron Davis era uno degli uomini più ricchi di Birmingham. Possedeva quindici locali notturni, un ristorante e un caffè in centro. Sebbene il suo nome non comparisse mai nei verbali della polizia, molte delle azioni illegali in città erano ricollegabili a lui.
“Come pensi di fare? Quello stronzo non si fa avvicinare da nessuno.” Disse Arthur.
“I suoi locali notturni hanno bisogno di alcolici. Io produco alcol. Byron ha bisogno dei miei alcolici.”
“Byron compra l’alcol da una distilleria irlandese.” Disse Polly.
“La cosiddetta distilleria è esplosa ieri notte.” Annunciò Jonah.
Ariadne sorrise e spalancò le braccia come un direttore di pista che apre uno spettacolo.
“Vedete? Io ho tutto sotto controllo.”
 
Ariadne richiuse la porta dopo aver salutato gli Shelby e si sbirciò attraverso la tendina della finestra per essere sicura che fosse lontani.
“Davvero abbiamo fatto esplodere una distilleria? Non ho dato io l’ordine!”
La sua voce era così stridula che fece sorridere Jonah. Le toccò delicatamente il gomito per confortarla.
“Signorina Evans, non abbiamo fatto nulla. Ho mentito per dare ai nostri nuovi soci l’impressione giusta. Ma resta che dobbiamo occuparci della distilleria irlandese. Se la distruggiamo, è certo che Byron Davis avrà bisogno dei nostri servizi.”
Ariadne si portò una mano sul cuore che batteva all’impazzata e trasse un sospiro di sollievo. Non voleva una fabbrica intera sulla coscienza. Anche se ormai la sua morale aveva intrapreso una ripida discesa verso l’inferno.
“Come possiamo agire senza uccidere delle persone?”
“Possiamo far saltare in aria la distilleria dopo che tutti gli addetti saranno andati via.”
Ariadne adesso sentiva un peso opprimente sulle spalle. Si accasciò sul divano e si versò nella tazza del tè un goccio di grappa. Fece una smorfia per il sapore troppo acre.
“No. Un’esplosione causerebbe clamore e qualche ficcanaso potrebbe risalire a noi.”
“Siete portata per gli affari.” Disse Jonah.
“Questo non mi consola, Jonah. Ci sarà pure un modo tranquillo di sistemare quella dannata distilleria irlandese!”
Jonah si affacciò alla finestra e vide una moto che si parcheggiava davanti agli scalini.
“Ci penseremo più tardi. Adesso avete visite, signorina.”
Come per evocazione, il campanello suonò un paio di volte. Ariadne si trascinò fino alla porta con la stanchezza che le era caduta addosso come un masso.
“Buonasera. Disturbo?”
Bonnie Gold era lì, sorridente, con una giacca di pelle da motociclista e un casco sotto il braccio. Ariadne lo squadrò da capo a piedi, era come se si aspettasse una trappola.
“Che ci fai qui? E come fai a sapere dove abito?”
“Ti ho cercata al Garrison e Margaret mi ha dato questo indirizzo. Sono qui per salutarti. Non sapevo che fossi tornata. Anzi, non pensavo che lo avresti fatto.”
“Mi hai salutata, ora puoi andartene. Ciao!”
Ariadne tentò di chiudere la porta ma Bonnie si infilò bloccandola col piede.
“Ariadne, lasciami parlare. Sono tuo amico.”
“Che sta succedendo?”
Jonah era apparso come un angelo protettore. I muscoli del volto erano rigidi e serrava le mani a pugno. Guardava Bonnie come se volesse incenerirlo.
“Va tutto bene, Jonah. Bonnie è un amico ed è passato per un saluto.” Disse Ariadne.
“Un amico non irrompe in casa.” Ribatté Jonah.
Bonnie fece un passo indietro mollando la presa sulla porta. Drizzò la schiena e deglutì a fatica.
“Perdona il mio gesto brusco. Non volevo spaventarti, Ariadne.”
“Jonah, va tutto bene. Dammi cinque minuti, tra poco ti raggiungo.”
Jonah annuì e marciò dritto in cucina come un soldato a cui viene dato un comando. Ariadne uscì fuori e socchiuse la porta in modo da parlare con Bonnie da sola.
“Quel tipo è il tuo maggiordomo?”
“E’ la mia guardia del corpo. Bonnie, che vuoi? Ho molta fretta.”
Il ragazzo la superava in altezza nonostante lei fosse in cima agli scalini. I suoi capelli castani erano impomatati e pettinati alla perfezione. Lo zigomo sinistro era gonfio, il risultato di un incontro di pugilato.
“Volevo soltanto rivederti. Siamo stati bene quando eri ospite a casa mia, ricordi?”
“Tu e tuo padre siete stati gentili. Sono stata bene con voi.”
Bonnie si grattò la nuca in evidente imbarazzo. Ariadne sentiva le gambe tremare dalla voglia di riunirsi a Jonah per elaborare una strategia.
“Pensavo che magari… se ti fa piacere, potremmo… uscire insieme.” Balbettò lui.
“E’ una specie di appuntamento?”
Bonnie arrossì così tanto da sembrare un carbone ardente sul fuoco vivo.
“Sì! No! No! Io… insomma… sì, sì. Un appuntamento.”
Ariadne voleva ridere per la timidezza del ragazzo che sul ring diventava furia nera. Si lasciò sfuggire un sorriso sornione.
“Dove pensi di portarmi?”
La speranza si accese negli occhi scuri di Bonnie, che ora sorrideva da ebete.
“Domenica sera Tommy darà un ballo per la sua campagna elettorale. Io sono stato invitato. Potremmo andarci insieme.”
Ariadne inarcò il sopracciglio vagliando quella succulenta notizia: un ballo, Tommy Shelby e la campagna elettorale. Un mix perfetto per lei che aveva grandi progetti.
“Accetto l’invito.”
 
Julian si mise seduto con un rantolo. Sperava che i punti non si fossero sganciati e lo avessero fatto sanguinare. Per sua fortuna la benda era ancora pulita. Gli avevano appena consegnato la cena, e l’odore della carne bollita era disgustoso quasi quanto il pane stantio serviti sul vassoio.
“Che schifo.” Mormorò fra sé.
Affondò la forchetta in una poltiglia fredda che doveva essere purè di patate ma che sembrava colla cucinata. La porta della camera si spalancò e Rose entrò con una pirofila fumante.
“Non toccare quella robaccia! Ti ho portato lo stufato che ti piace tanto.”
Julian mise da parte il vassoio e sistemò la pirofila sul tavolino del letto, dopodiché annusò l’odore di carne rosolata e gemette di gioia.
“Il tuo stufato mi piace quasi quanto il sesso.”
“Impossibile.” Obiettò Rose.
Si era tolta il cappotto e ora sedeva sul materasso, era visibilmente stanca ma era comunque raggiante.
“Infatti, tu mi piaci più di tutto.” disse Julian.
“Già.”
Un’ombra oscurò il viso di Rose, era come se il gelo le avesse dato uno scossone. Si andò a sedere sulla poltroncina accanto al letto per mettere le distanze fra loro.
“Rose…”
“Mangia, su. Non vorrai che si raffreddi.”
Julian d’improvviso non aveva più fame, lo stomaco gli si era chiuso. Abbandonò la forchetta e si girò sul fianco buono per guardare la sua fidanzata.
“Rose, dobbiamo parlare di Lucius. Io voglio che il nostro rapporto sia sincero.”
“Sei andato a letto con lui mentre noi ci stavamo conoscendo. Non c’è altro da dire.”
Rose aveva iniziato a torturare fra le dita l’orlo della gonna, lo faceva sempre quando era nervosa.
“Quella sera ero ubriaco e quando sono tornato a casa avevo voglia di fare sesso. Lucius era là, anche lui ubriaco marcio, e siamo finiti a letto. E’ durato tutto venti minuti.”
“La durata diminuisce la pena?” lo rimbeccò Rose.
“Voglio dire che sono stato uno stronzo, che ho sbagliato e che dopo mi sono sentito malissimo. Rose, io sono un disastro ambulante.”
“Con ciò vuoi dire che farai sempre errori del genere?”
Julian a quel punto si mise in piedi con uno scatto, poco importava la fitta di dolore che gli pungolava l’addome. Prese le mani di Rose e accarezzò le nocche con i pollici.
“Sono innamorato di te. Sono innamorato per la prima volta in vita mia. Io voglio essere tuo marito. Devi credermi.”
Gli occhi piccoli di Rose erano velati di lacrime, il labbro inferiore stava tremolando.
“Giurami che non mi tradirai mai. Giurami che ti avrò tutto per me.”
Julian le asciugò una lacrima con il dorso della mano e le diede un bacio a stampo.
“Te lo giuro, mia adorata Rosamund.”
Rose scoppiò a ridere e gli tirò un leggero pugno sul petto.
“Non chiamarmi così mai più, scemo.”
Julian si morse il labbro ma sorrise lo stesso, era impossibile resistere quando Rose arrossiva.
“Rosamund. La mia Rosamund.”
 
Erano le dieci di sera quando Michael si ritrovò davanti casa di Tommy. Era lì per una questione urgente, dunque bussò senza troppi indugi. Ad accoglierlo fu Lizzie in camicia da notte e vestaglia color malva.
“E’ morto qualcuno?”
“No. Sono qui per vedere Tommy. E’ in casa?”
“Sì, è nello studio come sempre. Entra.”
Michael fu assalito dall’odore di verdure all’aceto e pane caldo. Non si sedeva per una cena decente da settimane. Tra gli affari a Birmingham e quelli in America erano rari i momenti di relax.
“E’ morto qualcuno?”
Tommy era uscito dallo studio non appena aveva udito Lizzie aprire la porta. Difatti, nella mano destra aveva la pistola e il pollice sfiorava la sicura. Ripose l’arma nel retro dei pantaloni quando riconobbe il cugino.
“Lizzie me lo ha già chiesto e la risposta è no. Sono venuto a parlarti di una questione delicata.”
“Delicata in che senso?”
“Si tratta di Ariadne.” Disse Michael a bassa voce.
Lizzie, però, aveva sentito e aveva incrociato le braccia al petto. Le sue sopracciglia scure e sottili si incurvarono in una smorfia di fastidio.
“Sta piagnucolando perché Tommy non la degna di attenzioni?”
“Peggio. Si è messa a proporre affari.” Rispose Michael.
Tommy digrignò i denti come un animale che si preparava all’attacco. Una sensazione viscida gli sgusciò fra le ossa, la lingua di un serpente che si avviluppa intorno alla preda.
“Che cazzo significa?”
Michael vide Lizzie sbuffare, irritata dal solo nome di Ariadne. Tommy, invece, sembrava che potesse andare in autocombustione per la rabbia.
“Oggi Ariadne ha convocato a casa sua Arthur, Ada, me e mia madre. Ci ha chiesto venti uomini dei Peaky Blinders in cambio di soldi.”
“Quanti soldi?”
“Il tre per cento dei guadagni che ricava dalla distilleria di Camden Town. E non è tutto.”
Gli occhi di Tommy erano blu scuro, la sua faccia era una maschera di odio.
“Che altro?”
“Ariadne punta a Byron Davis, lo vuole come alleato. Ha fatto esplodere la distilleria irlandese con cui Byron lavora da anni. Arthur, Ada e Polly hanno accettato. Anche io ho accettato per finta, ecco perché sono qui a dirtelo.”
“Perché hai finto?” volle sapere Lizzie.
“Perché Ariadne è pericolosa. Se continua a guadagnare terreno, entro fine anno potrebbe conquistare mezza città.”
“E chi controllerà l’altra metà di Birmingham?”
Tommy si era rabbuiato, la sua mente che si dimenava fra i pensieri. Aveva lui la risposta a quella domanda.
“Mick King. Questi bastardi stanno tagliando fuori i Peaky Blinders.”
“Tu hai accettato l’offerta di Lucius?” domandò Michael.
“No. Non potevo accettare quell’offerta del cazzo. Ma se adesso Ariadne si prende i nostri uomini, se addirittura la mia famiglia si schiera con lei, allora sono fottuto. Sono debole, Mick e Marianne potrebbe approfittarsene.”
Lizzie studiò il volto di Tommy, la mascella serrata, lo sguardo perso, e quasi non riconobbe l’uomo che da molti era considerato il re della città.
“Povero Tommy, ti sei fatto fregare da quella ragazzina. Ti ha fottuto il cervello e tu glielo hai lasciato fare senza opporti. Mi fai pena.”
“Ariadne si è presa gioco di tutti, anche di me.” Disse Michael.
Tommy, al contrario loro, sapeva la verità. Sapeva che Ariadne gli aveva annebbiato la ragione, lo aveva stregato, e lui non aveva opposto alcuna resistenza. Perché se lei era stata la sirena che con una melodia l’aveva attirato, a finire affogato in mare era stato lui.
 
Salve a tutti! ^_^
Ariadne è la nuova regina in città. Tommy dovrebbe guardarsi bene le spalle!
Tutti tradiscono tutti ormai.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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