Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
Segui la storia  |       
Autore: AlsoSprachVelociraptor    16/06/2021    0 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
.
Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
.
Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
.
Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La sala colazione del B&B Colori del Tramonto era molto carina, anche se non enorme.

Non c’era la macchina del caffé, in quanto i proprietari in persona offrivano personalmente il caffè alle poche persone che abitavano quell’hotel, e preparavano qualsiasi cosa gli ospiti volessero.

Jotaro aveva voluto provare un classico caffè espresso all’italiana, Yukako aveva optato per un cappuccino e Koichi non si era fatto sfuggire la possibilità di provare un cappuccino con un velo di cioccolata a coprirlo, mentre Okuyasu non aveva preso niente. 

Strano.

“Secondo me, potrebbe piacerti molto il cioccocino!” esultò Koichi all’amico, per risvegliarlo un po’, ma Okuyasu pareva perso nei suoi pensieri. Di solito era sempre così allegro e gioviale la mattina! Ma quel giorno, sembrava spento. Chiuso. Come se Okuyasu non fosse davvero lì, e quello fosse solo il suo guscio. 

C’era solo un gruppetto di turisti olandesi, biondissimi e sorridenti, pochi tavoli più in là rispetto a loro.

“Josuke e Shizuka non si sono ancora fatti vedere.” borbottò Jotaro, facendo un’attenzione e serietà quasi ridicola nello spalmare tutta la marmellata sulla fetta biscottata che teneva tra le mani. Aveva una benda sull’occhio e non il solito vetrino. Probabilmente pensava che fosse più comodo combattere senza una palla di vetro finta dentro l’orbita. “Staranno dormendo.”

Passi pesanti giù per le scale smentirono l’ipotesi di Jotaro, perchè davanti a loro si presentò un furioso Josuke, dal viso rosso dalla rabbia- o dalla paura?- e una brochure strappata tra le mani. Era vestito ancora come il giorno prima, la maglia sgualcita e gli scarponcini slacciati, i capelli in disordine che schizzavano verso l’alto.

Senza Shizuka nei dintorni.

Nessuno fece in tempo a chiedere, perchè lui sbatté sul tavolo il bigliettino. “Non c’è!! Lei- Shizu- Lei..!!”

Josuke non riusciva a trovare le parole, solo un nodo nella gola e la rabbia nella testa.

Yukako prese il bigliettino, e benché fosse scritto in un inglese decisamente pieno di slang e madrelingua strettissimo, capì che Shizuka si era recata alla villa della Banda, sfuggendo agli ordini del padre.

“Ieri verso le due di notte, dopo che tu te ne sei andato a letto dopo aver bevuto al bar tutta sera.” lo ammonì Okuyasu. 

Okuyasu!?

Il silenzio calò sulla sala. I turisti olandesi finirono in fretta e furia i loro succhi di frutta, impacchettarono il resto della loro colazione e se la svignarono dall’uscita posteriore dell’albergo.

Cosa intendi dire?” ringhiò Josuke, non dissimile da un cane con la rabbia. Mancava solo la schiuma alle fauci, i denti già digrignati e pronto a morderlo. Okuyasu però non demorse, determinazione e qualcosa di strano nello sguardo. 

“Che forse non ha fatto così male! Ha vent’anni! E non puoi controllare le persone come se fossero oggetti! Le persone che ti sono vicino non sono di tua proprietà.”

Non era ben chiaro se intendesse parlare di Shizuka o di sé stesso, ma fatto stava che questo aveva fermato le ire di Josuke. O, probabilmente, quelle fiamme si erano solo coperte sotto i carboni ardenti, e le braci erano pronte a riprendere a fumare e bruciare in qualsiasi momento, più forti di prima.

Jotaro si alzò in piedi, dopo essere stato fissato per diversi minuti dai coniugi Hirose. Fa’ qualcosa! gli stavano intimando, silenziosamente.

“Josuke, va’ a prepararti, alle nove dobbiamo essere al museo archeologico di La Bassa, e sono ben oltre le otto e mezza.”

Jotaro aveva tentato di mantenere un tono gentile con Josuke e con la sua situazione, ma era risultato, come al solito, rude e scortese.

Jotaro poteva capire la sua situazione, di avere una figlia ribelle che potenzialmente avrebbe potuto mettersi in seri guai. Ma se Jotaro era sempre stato un padre completamente assente e indaffarato, Josuke era stato sempre un’ombra opprimente sulle spalle di Shizuka. Non a coprirla fisicamente, ma emotivamente pesante, scostante ma quasi asfissiante.

“...Shizuka è forte, so che se la sta cavando bene.”

Nella voce di Jotaro, un filo di senso di colpa. Di aver odiato Shizuka per la morte di Joseph, e di quanto ingiusto fosse stato dalla parte sua.

Joseph era il nonno di Jotaro, sì, ma anche di Shizuka. Non doveva odiarla. Doveva sostenerla, perché, in fondo, tutto ciò che era rimasto del vecchiaccio era in lei.

Josuke seguì il consiglio di Jotaro. Girò i tacchi e risalì le scale, i suoi piedi che battevano pesanti sui gradini in marmo.

Okuyasu sembrava stravolto da quell’incontro, e Yukako rivide quel ragazzino triste che, diciassette anni prima, aveva scoperto che Josuke se n’era andato da Morioh senza salutare nessuno e che non sapeva se sarebbe mai più tornato. 

Sembrava di no, vedendo quel Josuke.

“Oku, va tutto bene? Vuoi parlare?” gli chiese Koichi. Okuyasu sembrò quasi sul punto di dire di sì, ma negò alla fine, stringendosi un panno sulla mano destra. Yukako, coi suoi modi sempre poco gentili, strappò il panno dalla mano, indicandogli il palmo stagliuzzato e sanguinolento. 

“Non è normale, sanguina da un giorno intero. Ha sanguinato anche tutta notte?”

“Credo…” borbottò lui, senza energie. 

“Hai chiesto a…”

“Sì, l’ha già curato due volte. Ma non funziona. Ieri notte al bar mi ha detto di non rompere perchè continuano a riaprirsi e che non vuole più provare a guarirle.” la interruppe Okuyasu, con un’espressione dura sul viso- un’espressione che Koichi conosceva, ma che non apparteneva a Okuyasu. Come un flash, qualcosa che Koichi credeva di aver dimenticato, quel viso- pieno di sofferenza e rancore e stanchezza- gli ricordò quello del fratello maggiore di Okuyasu, morto diciannove anni prima e di cui non ricordava nemmeno più il nome. 

Sperò che Okuyasu non volesse intraprendere la strada del fratello. Era questo quello che l’aveva tenuto in vita, che l’aveva fatto diventare una delle persone più amate a Morioh.

Ma a La Bassa, le cose sembravano funzionare in un modo completamente diverso.

.

.

Josuke, più che vestirsi, si tirò i vestiti addosso. Strappò anche la maglietta nell’indossarla, fortunatamente il suo stand poteva riparare ciò che lui rompeva nella rabbia. Era fortunato ad avere quello stand- o forse ce l’aveva proprio per il fatto che il suo carattere fosse tremendamente distruttivo, e, in contrapposizione, il suo stand potesse rimettere a posto gli oggetti.

Sfortunatamente, Crazy Diamond non poteva rimettere a posto i rapporti che Josuke riusciva, sempre e comunque, a spezzare.

Controllò il cellulare un’ultima volta, forse a vedere se Shizuka si era decisa a rispondere alle sue chiamate, ma ancora nessuna risposta da parte sua.

Invece, sorprendentemente, aveva ricevuto un messaggio. Era da parte di Bert, il babysitter di Shizuka a Liverpool.

Ho notizie su Shizuka. Suppongo lei non ti abbia detto niente. Chiamami quando puoi. Niente di grave. diceva il messaggio. Era rincuorante, ma anche spaventoso.

“Ciao Jos.” lo salutò il ragazzo di Liverpool, col suo solito accento fin troppo marcato nel pronunciare il nome sfigurato di Josuke. 

“Hai notizie su Shizu?” lo incalzò invece Josuke, senza nemmeno salutarlo, o fargli finire di parlare. Non gli importava di lui. Voleva solo sapere di sua figlia.

Sentì il ragazzo sospirare dall’altro capo della cornetta, e poi riprese a parlare, con il suo solito tono accelerato, di chi tentava di mantenere la calma e non ci riusciva molto. 

“Questa mattina presto mi ha chiamato Shizuka. Lei sta bene, mi ha raccontato che è in Italia per una… un’avventura, così l’ha chiamata lei. E che è scappata da te, perchè non gliela stavi permettendo.”

Josuke strinse il cellulare tra le dita, e avrebbe voluto gridare, ma la voce del ragazzo continuò.

“Shizuka sta più che bene, è felice come mai. Da quando ve ne siete andati da qua, non l’ho mai sentita così piena di vita e speranze! In questi giorni si allenerà con loro e non avrà molto tempo per chiamarmi, ma mi ha rassicurato che sta bene ed è al sicuro. Non so perchè siate lì o cosa state facendo, non mi sono mai immischiato nelle vostre faccende sovrannaturali, ma so qualcosa. Ti prego, Jos. Ascoltami.”

“Ti sto ascoltando.” gli rispose secco. Sentì un sospiro pesantissimo. “Ascoltami per davvero. Non come fai tu di solito, e come evidentemente hai fatto con Shizuka.”

Sulle prime, Josuke si sentì ferito da quella frase. Avrebbe voluto spegnere il cellulare e andarsene. Cosa cazzo voleva insegnargli, questo ragazzino bastardo senza padre?

Poi ricordò di essere a sua volta un bastardo senza padre, e allora realizzò che avrebbe dovuto davvero iniziare ad ascoltare sul serio.

“Sì, ti ascolto.” ripeté Josuke, evidentemente con un’altro modo di porsi, perchè Bert ricominciò finalmente a parlare.

“Ti ho chiamato perchè pensavo non fosse giusto che tu, il padre di Shizuka, rimanessi all’oscuro di come se la sta cavando. Shizuka è arrabbiata, forse ferita, non lo so… ma non è qualcosa che non si può più riparare! Vi prego, parlatevi. Ascoltatevi. Capitevi. Non rovinate la vostra famiglia solo perchè siete troppo testoni per accettarvi.”

Josuke non sapeva di preciso perchè Bert avesse tagliato i ponti con entrambi i genitori- o meglio, perchè i suoi genitori decisero di farsi una loro nuova famiglia in cui lui non era incluso. Ma sapeva che lui parlava per esperienza, e che non voleva che si ripetesse quello che aveva già visto accadergli in prima persona.

“Io… ti ringrazio, Bertie. Non so come avrei fatto senza di te.” e questa volta Josuke era sincero. Sentì il sorriso di Bert anche senza vederlo- il suo sorriso infantile su quel viso lungo, magro e pallido. 

Dopo quella chiamata, Josuke si sentiva sollevato e triste allo stesso tempo. Shizuka stava bene, si era integrata bene nel suo nuovo gruppo e sapeva che quelle erano persone che l’avrebbero tenuta al sicuro dai vampiri meglio di quanto lui stesso avrebbe mai potuto fare, ma allo stesso tempo, Shizuka aveva preferito la Banda a suo padre. Aveva chiamato Bert il babysitter invece di informare Josuke. 

Ultimamente, tutti sembravano preferire gli altri a lui. Koichi pendeva dalle labbra di Jotaro, Jotaro era dalla parte di Shizuka in questa decisione, Okuyasu… Okuyasu non aveva occhi che per quella donna labassese dai capelli viola. Minerva Matuzia.

Josuke odiava Minerva. 

Cos’aveva lei che Josuke non aveva? Perchè lei era ascoltata e amata e seguita, ma Josuke no?

Josuke si sentiva ferito. Tremendamente ferito.

Prese le scale invece che l’ascensore, pensando che un cornetto e cappuccino l’avrebbero tirato su di morale. Quando arrivò alla fine della rampa, però, un paio di occhi color miele lo gelarono sul posto.

“In ritardo?” gli chiese Minerva Matuzia, il casco nero e oro della sua moto sotto il braccio e uno sguardo di giocosa sfida. Lui la ignorò, ma anche solo il fatto che lei avesse osato rivolgergli la parola in quel modo l’aveva mandato in bestia, e probabilmente lei se n’era accorta. Fece per avviarsi verso il tavolo in cui servivano il caffè, ma la mano di Jotaro sulla sua spalla lo fermò. “Josuke, non c’è più tempo per fare colazione. Dobbiamo andare al Museo prima che aprano al pubblico.”

Josuke avrebbe davvero voluto gridare e fare a pezzi tutti in quel momento, ma invece si scrollò di dosso la mano di Jotaro e fece il broncio, seguendo gli altri che si dirigevano all’auto parcheggiata sul retro dell’hotel.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo / Vai alla pagina dell'autore: AlsoSprachVelociraptor