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Autore: Jeremymarsh    18/06/2021    5 recensioni
[AU ambientata nel Sengoku Jidai]
Durante una semplice operazione di perlustrazione, Inuyasha, generale in una guerra tra demoni e umani che va ormai avanti da due anni, si spinge fino oltre il territorio nemico per raggiungere il villaggio in cui la sua promessa sposa viveva prima che il conflitto scoppiasse. Qui viene scoperto dalla sorella minore di lei che gli rivela intenzionalmente una cosa che non avrebbe dovuto.
Scioccato, Inuyasha decide di imbarcarsi in una nuova e pericolosa missione che potrebbe costargli la vita o peggio.
[Inukag con piccola parentesi Inukik]
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, Kaede, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Quattro: Sottoterra

 
"Le aveva sempre pensate, le colline, come il naturale teatro dell’amore e gli era invece toccato di farci l’ultima cosa immaginabile, la guerra."

 
 

“Sei forse impazzita?” esclamò Inuyasha non appena si riprese dallo shock. “Non posso fare la strada di ritorno da umano; gli offrirei il mio corpo su un piatto d’argento! Sono inutile in quella forma, la mia forza non eguaglia quegli energumeni. Inoltre questo sottopassaggio sembra abbastanza lungo.”
 
Kagome pose le mani davanti a sé, agitandole e cercando di bloccare quella sua tirata arrabbiata; non aveva ancora finito di elencare le sue ragioni e non avrebbe potuto farlo in quel modo. “Inuyasha, ascoltami… lo so che sei scioccato dal fatto che io abbia anche solo proposto una cosa del genere e credimi in altr-”
 
“Scioccato? Scioccato è un eufemismo, ragazzina! La solitudine ti ha dato al cervello evidentemente, posso capire che tu mi abbia aiutato – te ne sono grato e te ne sarò sempre, davvero –, ma poi mi vieni a dire che vuoi accompagnarmi in una ritirata suicida e anche rendermi umano come se nulla fosse!” sbottò lui furioso non dandole modo di continuare. Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro, il sangue che gli ribolliva. Con uno sforzo immane controllò la sua aura; sapeva benissimo cosa accadeva quando lasciava a piede libero qualsiasi tipo di sentimento, la situazione in cui si trovava ora non ne era altro che una conseguenza, dopo tutto.
 
Kagome lasciò che il mezzo demone sbollisse la rabbia per un po’ e poi quando lo ritenne sicuro ricominciò a parlare. “Inuyasha questi cunicoli sono sicuri, te l’ho detto; li ho già percorsi più di una volta da sola. Sono ben attrezzati e-”
 
Inuyasha si voltò di scatto verso di lei, l’espressione inorridita. “E per quale motivo li avresti dovuti attraversare? Che diamine volevi fare? Ma ci provi gusto a metterti nei guai?” la interruppe di nuovo.
 
Il mezzo demone non sapeva spiegarsi il perché di quella paura che all’improvviso gli aveva stretto il cuore in una morsa né perché il solo pensiero di lei che si trovava sola e indifesa in guerra gli faceva aumentare i battiti del cuore in modo febbrile.
 
“La vuoi smettere di interrompermi?” sbuffò lei. Le braccia incrociate e un broncio sulle labbra – Inuyasha dovette ammettere che era proprio carina da arrabbiata, anche se non era il momento per pensare certe cose. "Sto cercando di finire un discorso qui!" Ella sbuffò ancora una volta e poi riprese. "Come credi che mi arrivino le provviste? Di certo non da qualche parte nei dintorni, ti sei guardato intorno? Non c'è nulla, questo villaggio è sempre stato sperduto, ma durante la guerra è ancora di più una condanna. Miroku o la mia amica Sango solitamente arrivano da lontano attraverso questi passaggi; non avrebbero altro modo."
 
"Che diamine, Kagome, questo tuo piano infallibile fa acqua da tutte le parti. Ora mi vieni anche a dire che i cunicoli non sono poi così segreti?" sbraitò, la voce che aumentava sempre più di tono.
 
"Calmati ora! Vuoi richiamare i cacciatori con le tue urla?" sibilò lei in risposta. Inuyasha chiuse immediatamente la bocca, le orecchie si afflosciarono e lui si lasciò cadere nuovamente su quello che era stato il suo giaciglio per la notte. "Bene, ora che cominciamo a intenderci," riprese Kagome quando notò che non aveva intenzione di riprendere a urlare, "solo Sango e Miroku conoscono il passaggio e di loro ci si può fidare. Senza contare che saresti comunque umano e ti basterebbe dire che ti ho indicato io la via."
 
Mentre parlava Inuyasha cominciò a riflettere se fosse una buona idea avvisare Kagome della situazione in cui si trovava il monaco. Lei ne parlava come se lo conoscesse davvero alla fine – se gli aveva portato le scorte per due anni, voglio dire, era probabile – ma allo stesso tempo non voleva angosciarla e sicuramente non avrebbe reagito bene alla notizia. Kagome gli dava l'impressione di una donna molto emotiva oltre che determinata e, se la sua reazione di prima era un indizio, anche un po' violenta. Doveva rischiare proprio in quel momento delicato con cose più importanti a cui pensare? Alla fine decise per il no; forse glielo avrebbe detto prima di partire o semplicemente avrebbe liberato Miroku arrivato al castello sano e salvo e Kagome non avrebbe dovuto saperne nulla.
 
Come siamo positivi tutto d'un tratto, pensò tra sé e sé.
 
"Ma allora sei proprio fissata con questa tua idea di trasformarmi in umano! Credi che mi faccia piacere?"
 
"Ovvio che no, ma è questo il fulcro del piano e come tale necessario. Ti dicevo che questi sottopassaggi sono ben collaudati e vengono usati da decenni. Ci sono torce a quantità ed è segnalato il percorso sui muri. Non hai motivo di temere, ma stai sicuro che se li percorri da demone anche quel percorso a Nord-Ovest che circoscrive la foresta non riuscirà a nascondere la tua aura a quelli là in questo momento," gli disse sicura mantenendo uno sguardo fiero e deciso.
 
Inuyasha sospirò e poi si passò una mano in faccia. Perché diamine si trovava in questa situazione? Ah certo, Kikyo…
 
Dannata Kikyo, guarda dove mi hai condotto con le tue maledette menzogne, guarda dove hai condotto la tua stessa famiglia. E mentre tu te ne stai al sicuro nei tuo rifugi riservati ad altri disertori come te, loro devono pensare al modo migliore per salvarsi la pelle.
 
"E quanto durerebbe l'effetto?" chiese rassegnato. Non che avesse molta voglia di farsi purificare di proposito, ma sapeva che Kagome non aveva tanti torti. Uscire da quelle terre nella sua forma attuale al momento era pressoché impossibile se voleva evitare di essere notato.
 
"Non lo so," scrollò le spalle lei.
 
"Come sarebbe a dire non lo sai?"
 
"Credi che me ne vada in giro a purificare mezzo demoni per diletto? Che ne posso sapere! Posso solo fare supposizioni… questa notte sei stato colpito poco prima dell'alba e quando ti sei risvegliato il sole non era ancora molto alto. Oserei dire che avrai un tetto massimo di quattro ore." Lo guardò ancora negli occhi, quello sguardo deciso non la abbandonava e lui si sentì confortato da tutta quella determinazione che proveniva da una donna che non era che uno scricciolo rispetto a lui e che allo stesso tempo non sembrava provare minimamente paura. "Lo so che il percorso è lungo, ma non possiamo rischiare di impiegare più tempo," continuò. "In più vorrei tornare al tempio prima che faccia buio."
 
"Ehi, ehi, frena. Se io devo sottopormi a una cosa del genere tu non ti azzarderai a seguirmi. È troppo pericoloso e non ha senso," la bloccò lui ricambiando il suo sguardo. Poteva essere determinata lei, ma lui era altrettanto ostinato, non si sarebbe smosso.
 
Lei si imbronciò di nuovo, il labbro superiore sporgeva letteralmente e gli occhi di lui si spostarono inevitabilmente verso quel preciso punto, soffermandosi anche troppo; le guance di lei si fecero rosse a causa del suo sguardo penetrante.
 
"Inuyasha?" lo richiamò. Perché le fissava le labbra? Cosa aveva? Si portò istintivamente le dita alla bocca e lui capì di essere stato scoperto. Divenne rosso fino alla punta delle orecchie e poi scosse la testa per dimenticare pensieri impuri e figure imbarazzanti.
 
Si grattò la nuca nervosamente mentre lei riprendeva a parlare, le mani ora che si torcevano in grembo. "Accetterò di buon grado di rimanere qui, se per il resto farai come dico."
 

 
Kagome e Inuyasha si trovavano attualmente dietro al tempio e la ragazza lo stava conducendo verso l’entrata del sottopassaggio.
 
Dopo un saluto veloce alle altre due donne – Rin lo aveva abbracciato stretto, le sue mani da bambina lo avevano quasi soffocato, e gli aveva augurato buona fortuna, mentre la vecchia si era limitata ad annuire e dargli un piccolo buffo sulla spalla –, Kagome gli aveva preparato delle scorte per pura prevenzione e si erano avviati senza più indugiare. Il prima partiva, il prima sarebbe arrivato.
 
Mentre seguiva la giovane sacerdotessa tra sentieri sconosciuti spostò gli occhi verso quelle distese verdi che lo circondavano e si ritrovò ancora una volta a pensare a ciò che aveva vissuto in quella foresta, con tutte le implicazioni.
 
Kikyo, Kikyo, cosa mai mi hai fatto?
 
Ti ho amato tra questi alberi e ora ci faccio la guerra. Pensavo che certi luoghi sarebbero rimasti per sempre incontaminati, nonostante il sangue e il sudore, grazie al tuo ricordo, ma ora so che non sarà mai più così.

 
Morte, dolore e tradimento ora fanno da sfondo a questi alberi – cosa ha fatto di male la natura per meritarsi la tua immagine distorta? La guerra?
 
Niente sembra più andare per il verso giusto.

 
Portò lo sguardo nuovamente sull’esile figura di Kagome che gli dava le spalle e camminava imperterrita facendogli da guida.
 
Forse avrebbe dovuto trovare nuovi ricordi incontaminati che liberassero questa foresta dall’orrore di quella guerra.
 
Proprio in quel momento Kagome si voltò verso di lui, il sopracciglio alzato e un’espressione interrogativa sul volto. “Ehi… allora che stai facendo? Non abbiamo mica tempo da perdere. I cacciatori e il monaco potrebbero tornare da un momento all’altro. Sbrigati!” Rabbrividì per un nanosecondo al solo pensiero di Kiyoshi e il movimento non sfuggì a Inuyasha che assottigliò lo sguardo, ma decise poi di affrontare l’argomento una volta arrivati a destinazione.
 
Dopo cinque minuti finalmente giunsero a quello che Inuyasha in un primo momento avrebbe definito un punto morto. Un alto muro si stagliava davanti a loro pieno di rampicanti e crepato in alcuni punti. Rimase zitto mentre Kagome si chinava a terra e cominciava a spostare dell’edera e piano piano portava alla luce una piccola entrata, grande abbastanza per un uomo accucciato.
 
Il mezzo demone alzò un sopracciglio, non voleva mica dirgli che quello era il sottopassaggio? Avrebbe dovuto attraversare quei cunicoli a quattro zampe? Stava scherzando? Quell’entrata sembrava angusta solo a guardarla, come diamine si sarebbe mosso al suo interno.
 
Kagome lesse lo shock e lo scetticismo sul suo volto e subito parlò, “Rilassati, i cunicoli mica sono così. Solo l’entrata è minuscola; è fatta apposta per scoraggiare chiunque l’avesse notata nonostante il punto morto in cui si trova. Non sembra più di una tana di animali, vero? Abbi un po’ di fiducia e seguimi.” Si voltò verso di lui e gli fece segno di chinarsi come lei e poi cominciò a farsi strada in quello stretto passaggio. “Non respirare troppo, mi raccomando, ci vorranno alcuni minuti prima di sbucare dall’altra parte.”
 
Strisciarono in quel buco angusto e buio per quel che Inuyasha credette fosse un’eternità. Kagome non aveva problemi a muoversi con la sua corporatura esile, ma per lui che era il doppio… si era dovuto stringere pur di entrarci; dannazione ce l’avevano proprio messa tutta per farla sembrare la tana di un’animale eh? Non riusciva nemmeno a credere di essere riuscito a entrare.
 
Finalmente, dopo secoli, la ragazza si fermò e cominciò a spostare alcuni massi posizionati lì di proposito. Non riusciva a capire come potesse anche riconoscere qualcosa visto che per gli umani sarebbe stato impossibile anche solo vedere le proprie mani. Era evidente che lo avesse fatto molte altre volte e le dita si stavano muovendo seguendo la memoria di lei.
 
La vide infine alzare una botola, proprio come quella che si trovava nella sua capanna, e scese in quel secondo passaggio. Lui la seguì senza fiatare. Con suo sollievo notò immediatamente la libertà di movimento che questi nuovi spazi gli conferivano, gli occhi si abituarono subito a quell’altra oscurità e i suoi sensi più esperti scorsero un lungo corridoio che si allungava per chilometri.
 
Kagome raccolse due pietre abbastanza affilate che erano posizionate in un piccolo cestello affianco a una torcia spenta e subito accese un fuoco che le illuminò il volto e quel sorriso fiero che gli stava offrendo. Lei alzò la torcia e la puntò verso il corridoio. “Allora? Che te ne pare?” gli chiese facendogli l’occhiolino.
 
“Beh, devo dire che il bisnonno era intelligente,” ammise. Con tutta la fatica che avevano fatto per arrivare qui era facile intuire che qualsiasi altro umano avrebbe abbandonato subito l’idea di attraversare quella che sembrava la tana di un animale; senza conoscere in che modo funzionava il passaggio sarebbe stato impossibile raggiungere la via sotterranea.
 
“Non è stato solo lui,” sorrise lei mentre si avviava, mostrandogli simboli e oggetti che incontravano sui muri. Gli spiegò in che modo ogni cosa funzionava e come interpretare i vari simboli che non erano altri che strani segni cuneiformi e si leggevano più con le dita che con le mani. “Io e Rin abbiamo apportato parecchie modifiche da quando è iniziata la guerra, abbiamo fatto in modo che chiunque si arrischiasse a portarci le scorte e i mezzi di sopravvivenza potesse viaggiare il più facilmente e comodamente possibile. All’inizio sembrava difficile arrivarci, ma dopo un po’ ci si fa la mano.”
 
Lui le sorrise compiaciuto, “Ragazzine intelligenti.”
 
Kagome all’improvviso si fermò e poggiò la torcia in un’apposita entrata lì nel muro. Prese un profondo respiro – nonostante l’aria sottoterra fosse sempre poca e angusta – e alzò lo sguardo verso di lui. L’oro incontrò il cioccolato e per un paio di secondi nessuno disse nulla; Inuyasha capì che era arrivato il momento.
 
Annuì e non le diede modo di parlare quando fece per schiudere le labbra. “Va tutto bene. Sono pronto.”
 
Lei ricambiò il cenno della testa. “Poco più avanti troverai delle ramificazioni. Per riconoscere quella a Nord-Ovest leggi i segni sui muri come ti ho spiegato.” Disegnò con le dita sui muri i simboli che avrebbe dovuto riconoscere, ancora una volta. “Una volta imboccato quel tunnel dovrebbe essere abbastanza facile raggiungere l’esterno perché è un’unica via, non ci sono altre diramazioni; puoi stare sicuro. Se ti si spegne la fiaccola ce ne sono tante altre disseminate, ne avrai bisogno visto che non potrai più usufruire della tua magnifica vista demoniaca.”
 
Lui annuì ancora ma non disse niente.
 
“Va bene allora… Procedo.” Gli mise la mano all’altezza del cuore e chiuse gli occhi. Era piccola ma calda. Inuyasha strinse gli occhi pronto al dolore che lo avrebbe colpito da lì a poco. Essere purificato per un mezzo demone non significava la morte, ma ciò non toglieva che era pur sempre un processo doloroso che per nulla somigliava alla trasformazione che per lui avveniva nella notte di luna nuova. Non era naturale, cancellava con la forza la parte demonica e come tale non era piacevole.
 
Inuyasha spalancò gli occhi, un pensiero si fece strada nella sua mente: e se fosse svenuto come la notte precedente? Il loro piano sarebbe andato a farsi fottere. Ma in quel momento una luce chiara si sprigionò dalle punta delle dita di lei e lo colpì in pieno petto dopo che Kagome ebbe mormorato un fioco “Mi spiace”.
 
Tutto il corpo di Inuyasha tremò, strinse i denti e sibilò per il dolore, sicuro che di lì a poco avrebbe perso i sensi. Gli occhi e i capelli si scurirono, le candide orecchie scesero ai lati del viso, artigli e zanne si ritrassero e Inuyasha aveva ancora le palpebre calate e i pugni chiusi. L’oscurità non lo catturò – se non si considerava l’oscurità dei suoi sensi ora umani – e aperti gli occhi si guardò le mani incredulo e poi Kagome di fronte a lui preoccupata.
 
“Ma come…” cercò di dire lui ma sentiva la bocca impastata e la lingua attorcigliata.
 
“Come cosa? Ti ho fatto tanto male?” chiese lei di rimando. “Scusami, scusami, ho cercato di risparmiarti quanto più dolore possibile ma alla fine è pur sempre una purificazione.”
 
Lui scosse la testa e continuò a guardarla. Ora doveva far affidamento al bagliore della fiamma per osservare i suoi grandi occhi marroni. “No, non intendevo quello, sapevo già sarebbe stato doloroso. Dico solo… perché non ho perso i sensi? Questa notte l’impatto è stato molto più forte quando la freccia mi ha colpito.”
 
Le spalle di lei si rilassarono non appena ebbe parlato e un tenue sorriso le adornò le labbra. “Beh, per prima cosa io non ti ho trapassato con nessuna freccia, no? È già qualcosa.” Lui poté solo annuire. “Inoltre io non nutro alcun sentimento negativo nei tuoi confronti, il mio gesto non era fatto per ferirti quindi ovviamente l’impatto non è stato così duro. Se avessi avuto anche solo il minimo dubbio che la purificazione ti avesse messo nuovamente k.o. non avrei nemmeno mai suggerito un’ipotesi del genere,” gli spiegò.
 
“È fantastico, Kagome. Per un momento ho temuto che tutti questi piani non sarebbero serviti a nulla.” Ricambiò il suo sorriso.
 
“Bene allora, non c’è più nulla da perdere. Io devo tornare quanto prima al tempio e tu hai i minuti contati da questo momento in poi. Buona fortuna e sta attento,” gli disse prima di chinarsi verso di lui, alzarsi sulle punte dei piedi e poi baciarlo teneramente sulla guancia. Lo guardò un’ultima volta, agitò la mano e tornò da dove era venuta dopo aver acceso una seconda torcia.
 
Inuyasha rimase lì immobile mentre la osservava scomparire, una mano stringeva la torcia che gli aveva affidato e l’altra risalì piano verso la guancia che conservava ancora tutto il calore che quel suo improvviso gesto gli aveva trasmesso. Com’era possibile che un bacio così innocente lo lasciasse paralizzato quasi quanto quei baci ricchi di passione che una volta aveva scambiato con Kikyo?
 
La luce della torcia di Kagome sparì dalla sua vista e capì che era il momento di muoversi; la giovane sacerdotessa aveva ragione, non aveva più un minuto da perdere. Avrebbe pensato a quel calore che pian piano stava prendendo piede nel suo cuore assieme al dolore dato dal tradimento di Kikyo non appena le cose si sarebbero messe un po’ meglio per lui. Ora doveva solo pensare a mettersi in salvo.
 
Si voltò verso la direzione opposta, alzò la fiaccola e cominciò a muovere le gambe il più velocemente possibile; per fortuna anche da umano la sua prestazione fisica non era del tutto scarsa.
 

 
Kagome, veste sporca e respiro affannato, posò una mano sul cuore che le batteva forte e prese dei grossi respiri non appena ebbe lasciato il piccolo sentiero che ospitava il passaggio segreto. Non capiva proprio che le stava accadendo: perché lo aveva baciato? Che diamine le era preso? Avrà pensato fosse una stupida.
 
Si sistemò i capelli e la veste alla bell’è meglio e si avviò velocemente verso la sua capanna; non era il momento di cincischiare. Con orrore notò che Kiyoshi era già di ritorno e questa volta non solo con la sacerdotessa e il secondo monaco, ma anche tutti gli altri cacciatori che non sembravano per nulla ben disposti. Stavano interrogando Kaede e uno degli uomini guardava Rin nel modo in cui un uomo non avrebbe mai dovuto guardare una bambina di otto anni; Kagome sentì il freddo impossessarsi di lei.
 
Si guardò ancora una volta e sapeva che non poteva presentarsi a loro in questo modo, avrebbero capito che qualcosa non quadrava e lei doveva riprendere la sua maschera di giovane ragazzina timida e spaventata. Velocemente, si avviò verso il giardino situato dietro la capanna, si sporcò una guancia con del terriccio, strappò le prime erbacce che trovò sotto mano e ascoltò quello che stavano dicendo prima di raggiungerli.
 
“Allora, vecchia, dov’è l’altra ragazzina?” uno dei cacciatori chiese in modo molto rude e autoritativo. Kiyoshi si accigliò e lo zittì con una sola occhiataccia.
 
“Zitto!” ripeté a parole. “Non è questo il modo in cui rivolgersi a un servo degli Dei.” Si voltò verso Kaede e riprese quell’espressione finta e il sorriso diabolico. “Vogliate scusarmi ancora buona donna, si sa che i cacciatori non sono certo dei maestri delle buone maniere. Sarei venuto a parlare ancora una volta con vostra nipote. Potreste condurci da lei o chiamarla?”
  
Kaede guardava il corteo davanti alla sua porta con espressione accigliata e sguardo duro, il suo corpo cercava di coprire Rin dietro di lei ma con pochi risultati. Fece passare alcuni secondi prima di rispondere. Kagome e Inuyasha non erano partiti da poco e con un po’ di fortuna la ragazza era già di ritorno. Doveva solo temporeggiare un altro po’. Offrì a quel monaco sfrontato solo un cenno della testa – Kiyoshi ancora una volta non apprezzò l’atteggiamento che la vecchia aveva nei suoi confronti – e poi si rivolse alla bambina senza però distogliere lo sguardo dagli uomini di fronte a lei.
 
“Rin, vai a chiamare tua sorella.” Il resto delle sue istruzioni era implicito. “Dirigiti versi il nascondiglio e resta in attesa se non è ancora uscita.”
 
Una volta che la bambina fu andata via Kaede non offrì alcuna spiegazione agli uomini, sebbene potesse facilmente intuire quanto il monaco fosse infastidito.
 
“Ebbene?” Kiyoshi alzò un sopracciglio. “Come le abbiamo già detto questa mattina presto siamo un po’ di fretta. Crede che dovremo aspettare molto?”
 
“Mi spiace molto venerabile monaco, ma mia nipote ha molte cose di occuparsi durante la giornata quindi dovrete aspettare che la bambina trovi sua sorella.” Non offrì altro e ignorò i restanti tentativi dell’uomo di estorcerle notizie. Se aveva intenzione di intimidirla cascava male, Kaede era troppo anziana ed esperta per cadere nelle sue trappole o per lasciargli fare il suo gioco.
 
Nel frattempo Rin aveva trovato la sorella non appena svoltato l’angolo. Kagome aveva premuto l’indice contro le labbra facendogli segno di tacere e poi l’aveva attirata a sé, allontanandosi leggermente dalla capanna.
 
“Aspetteremo qualche minuto qui prima di avviarci,” Kagome le bisbigliò nell’orecchio. “Tu mi hai trovato mentre mi prendevo cura del giardino, in questo modo spiegheremo la ragione delle mie vesti sporche. È chiaro?” Rin annuì. “Non dovrai aprire bocca, sarò io a parlare. Non appena torniamo di là voglio che tu rientri in casa e non esca di lì; non voglio che quegli sporchi uomini posano ancora il loro sguardo su di te. Va bene?” La bambina annuì nuovamente. “Ottimo, allora. Sei stata brava, mia piccola Rin,” le disse prima di sfiorarle la fronte con le stesse labbra che poco prima avevano baciato la guancia del mezzo demone.
 
Aspettarono ancora qualche minuto prima di procedere e poi Kagome emerse da dietro la capanna con uno sguardo intimorito e gli occhi un po’ bassi, l’immagine di una contadina ingenua che si faceva impressionare dagli sguardi apprezzanti dei suoi vicini, ma la mano salda sulle spalle della sorella.
 
Gli occhi di Kiyoshi si illuminarono con malizia non appena la scorse, sebbene sulle labbra si dipinse un mezzo sorriso di scherno nonnotate le condizioni in cui si trovava, e Kagome chinò il capo per offrire un saluto, ma anche per cercare di nascondere un altro brivido causato dal modo in cui il monaco la guardava.
 
La giovane sacerdotessa sperava che l’incontro si protrasse il meno possibile perché non sapeva quanto i suoi nervi potessero resistere sotto gli sguardi lascivi di quei rozzi cacciatori e quello da predatore del monaco.
 

 
Nel frattempo, Inuyasha continuava a percorrere gli stretti corridoi sotterranei velocemente, quasi come se avesse i cacciatori e gli spiritualisti di nuovo alle calcagna. Non era abituato a fare granché durante le notte di luna nuova, rimaneva sveglio e sovrappensiero mentre si nascondeva come un codardo, come tutti i mezzo demoni d’altronde. Le uniche volte in cui era uscito allo scoperto erano state durante l’incontro con Miroku e quando aveva conosciuto Kikyo, ma scosse velocemente la testa per cancellare il ricordo di quella notte buia. Ora i ricordi di lei non sprigionavano più calore, non gli davano più sollievo, non lo spronavano più a combattere; ora c’era solo rabbia mista a dolore.
 
Come avrebbe superato il resto della guerra? Come avrebbe continuato a combattere se non aveva più un sorriso caldo a cui aggrapparsi? Era stato solo dal giorno in cui la mamma era stata uccisa e lui non lo aveva mai saputo.
 
Pensa a superare questa giornata e poi penseremo al resto della guerra, gli disse un voce interiore e lui concordò. Doveva superare questi angusti tunnel e poi le guardie di confine incolume, solo allora avrebbe potuto ricominciare a preoccuparsi per il tradimento di Kikyo. Ogni minuto che passava l’amore si trasformava in odio cieco e collera.
 
Si ritrovò contento delle scorte che Kagome gli aveva preparato prima di lasciare il tempio e bevve un lungo sorso d’acqua. Non era abituato a correre in quella forma e quindi non era abituato nemmeno ai polmoni che richiedevano aria e pausa dopo un po’; le tante goccioline di sudore gli imperlavano la fronte e inzuppavano la veste di hinezumi. Non sapeva quanto tempo era passato da che si erano separati né quanto tempo gli restava per raggiungere l’uscita, sapeva, però, che il ritorno delle sue forze demoniache non era imminente perché continuava a sentirsi sempre più debole man mano che correva come il forsennato in quella dannata forma umana.
 
Fu costretto a fermarsi a un certo punto, si chinò in avanti, una mano appoggiata al muro sulla sinistra e l’altra sul ginocchio destro, la torcia appoggiata in una rientranza. Si rendeva conto quanto quei cunicoli fossero davvero una manna dal cielo e quanto le due ragazze erano state provvidenti. Lui però, nonostante fossero molto più larghi di quella specie di tana che avevano attraversato all’inizio, continuava a sentirsi intrappolato lì sotto, lui che era abituato a volare tra le chiome degli alberi in libertà e al vento che gli scompigliava i lunghi capelli.
 
Doveva uscire il prima possibile, non voleva restare troppo sottoterra; l’aria continuava a scarseggiare e si rendeva conto che il modo in cui stava respirando e correndo non lo aiutava in quello. Dopo un altro sorso d’acqua riprese la corsa, questa volta più controllata, sperando di essere quasi alla fine.
 

 
Inuyasha non seppe dire con certezza quanto tempo fosse passato nel momento in cui finalmente scorse una luce che non era data dalla fiammella che ancora teneva in mano. Proprio come Kagome gli aveva detto, l’uscita del tunnel era bloccata e nascosta come quella dell’entrata: non avrebbe dovuto attraversare una piccola tana, però, doveva solo riconoscere la botola e risalirla. Gli aveva spiegato che nel punto in cui il tunnel finiva non c’era alcun modo di nascondere l’entrata così bene come avevano fatto dietro al tempio, ma siccome era un punto deserto e abbastanza morto nessuno si sarebbe fermato e in ogni caso sarebbe comunque servita un’attenta investigazione per trovarla.
 
La luce era solo un punto… un foro fatto nella botola per segnalare ai viaggiatori sottoterra che erano finalmente arrivati a destinazione prima ancora che raggiunsero la fine del corridoio.
 
Eseguì alla perfezione le istruzioni che Kagome gli aveva dato e il più velocemente possibile aprì la botola e liberò l’uscita. Come un uomo assetato nel deserto, inspirò l’aria fresca che proveniva da fuori prima ancora di risalire. Si coprì i deboli occhi accettati improvvisamente dalla luce del sole e poi uscì. La prima parte era conclusa e lui si trovava fuori dalla foresta, a un passo dal confine a nord delle terre di suo padre.
 
Non poteva dire quanto fosse passato, ma non sentiva ancora le forze tornargli. Cosa avrebbe fatto ora? Nessun cacciatore lo avrebbe scoperto, ma avrebbe dovuto affrontare le guardie al confine in quella forma umana. Sapeva che nessun demone avrebbe accolto bene un umano che si presentava davanti a loro, erano in guerra dopo tutto.
 
Non aveva scelta, non poteva sostare così all’aperto senza nemmeno essere armato; Tessaiga non si trasformava da umano e non aveva nemmeno più artigli. Doveva solo sperare che la veste e la spada al fianco potessero essergli utile per farsi riconoscere.
 
Percorse quello che poco che gli rimaneva per raggiungere il confine ancora più velocemente – l’aria fresca e la luce lo rendevano più veloce, forse? – e senza nemmeno tentare di nascondersi si presentò davanti ai cancelli. Con suo sommo dispiacere riconobbe una delle guardie come Michi, un demone toro che non aveva mai sopportato la presenza di Inuyasha a corte, né il potere che aveva in quanto secondo figlio del generale. Fece una smorfia e si preparò al peggio. Confidò nel fatto che nessuno di essi volesse perdere la pelle, d’altronde se uno di loro osava ucciderlo anche da umano, suo padre non avrebbe esitato a giustiziarli lui stesso.
 
Vide le quattro guardie mettersi all’attenti nel momento in cui sbucò nella radura che ospitava l’accesso alle terre e li vede sguainare le spade. Più veloce di quanto avrebbe immaginato, il mezzo demone afferrò Tessaiga e se la portò davanti al volto per riconoscimento – avrebbe potuto ancora utilizzare la barriera del fodero almeno, nel peggiore dei casi – e gridò: “Fermi! Sono Inuyasha, figlio dell’Inu-no-Taisho.”
 
Il demone cane che era partito subito all’attacco si fermò improvvisamente a quelle parole. Non aveva mai visto il mezzo demone in quella forma, perché mai odorava di umano?
 
Katsuo sapeva che il secondo figlio del generale era scomparso ieri mattina e non c’era da escludere il fatto che la sua condizione attuale fosse il risultato di qualsiasi cosa gli fosse successa nel mentre. Non dubitò le parole del principe, riconoscendo sia la zanna che teneva in mano e le vesti che indossava, senza contare l’odore familiare che ancora lo contraddistingueva nonostante la forma umana. Alzò il braccio e fece segno agli altri di fermare l’attacco, ma voltandosi leggermente verso di loro ne trovò solo due. Sgranò gli occhi e si girò nuovamente verso Inuyasha.
  
Michi aveva completamente ignorato le parole del mezzo demone ora umano e prendendolo da dietro lo scaraventò a terra prima ancora che quello potesse reagire; Inuyasha non aveva avuto scampo, il toro muovendosi in modo scaltro aveva evitato ogni tipo di suono che sarebbe potuto giungere alle sue orecchie umane. Il demone gli schiacciò il petto con uno stivale mentre gli puntava la spada alla gola, Tessaiga gli volò via dalle mani e Inuyasha si ritrovò ancora una volta a un passo dalla morte.
 
Le cose si erano mosse molto più velocemente di quel che aveva creduto possibile: Michi sarebbe stato capace di ucciderlo pur sapendo che la morte lo aspettava di sicuro se avesse osato? Lo sguardo compiaciuto e diabolico di lui fu una risposta adeguata.
 
“Bene, bene, cosa abbiamo qui? Gli umani non sono accolti molto bene nelle nostre terre ultimamente, non lo sapevi?” disse Michi ghignando.

 


N/A: C'è solo un altro ostacolo da superare mentre Kagome dovrà inscenare ancora una piccola farsa per salvaguardarsi dai cacciatori e i monaci. Ce la faranno i due? 

Il prossimo capitolo sarà caricato ancora una volta tra circa una settimana. Come al solito, lasciate un commento se vi va. 

A presto! 
   
 
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