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Autore: musa07    18/06/2021    3 recensioni
[BokuAka]
"E alla fine quel giorno era arrivato.
Il giorno del diploma di Bokuto.
E lui non aveva fatto niente.
Al solito si era tenuto tutto dentro, l’aveva ben cacciato in fondo nei meandri della sua parte conscia, perché di cacciare fuori da sé quel sentimento proprio non se ne parlava. E per uno razionale come lui non si poteva neanche dire che fosse stato qualcosa che l’aveva colto di sorpresa, che si fosse svegliato una mattina e si fosse scoperto irrimediabilmente innamorato di Koutarou.
No, nulla di tutto ciò. Perché Keiji i segnali li aveva ben colti, dal primo all’ultimo. Nonostante la giovane età e nonostante fosse completamente digiuno di questioni amorose, quelle sensazioni che provava quando l’altro gli ronzava attorno e non, potevano essere catalogate solo sotto la parola amore.
Aveva cercato di sopprimerli sul nascere? Assolutamente no! Sapeva che sarebbe stato inutile e doloroso. Doloroso come quel maledetto giorno che alla fine era arrivato. E dal giorno dopo non avrebbe più trovato Koutarou ad attenderlo all’inizio della sua via [...] non avrebbe più alzato per lui [...]"
Puro Fluff. Ovviamente
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io o sparisco per settimane intere
o pianto le tende nel fandom infestandolo con la mia presenza molesta.
In teoria, prima del compleanno di Shoyo lunedì,
dovrei starmene tranquilla.
Ma in teoria…

Sì, il titolo... rido
perché il mio professore di latino
ci diceva sempre
"chi vive sperando, muore di fame"
ed io scelgo la speranza come titolo per una mia fic.
Questo vi fa capire il mio grado di inettitudine
nello scegliere titoli decenti.


 

Scegli la speranza

 

E alla fine quel giorno era arrivato.
Il giorno del diploma di Bokuto.
E lui non aveva fatto niente.
Al solito si era tenuto tutto dentro, l’aveva ben cacciato in fondo nei meandri della sua parte conscia, perché di cacciare fuori da sé quel sentimento proprio non se ne parlava. E per uno razionale come lui non si poteva neanche dire che fosse stato qualcosa che l’aveva colto di sorpresa, che si fosse svegliato una mattina e si fosse scoperto irrimediabilmente innamorato di Koutarou.
No, nulla di tutto ciò. Perché Keiji i segnali li aveva ben colti, dal primo all’ultimo. Nonostante la giovane età e nonostante fosse completamente digiuno di questioni amorose, quelle sensazioni che provava quando l’altro gli ronzava attorno e non, potevano essere catalogate solo sotto la parola amore.
Aveva cercato di sopprimerli sul nascere? Assolutamente no! Sapeva che sarebbe stato inutile e doloroso. Doloroso come quel maledetto giorno che alla fine era arrivato. E dal giorno dopo non avrebbe più trovato Koutarou ad attenderlo all’inizio della sua via, energico e prorompete già di prima mattina. Non l’avrebbe più trovato a sbracciarsi fuori dalla sua aula per attirare la sua attenzione non appena la campanella che segnalava l'inizio della pausa pranzo aveva finito di risuonare i suoi ritocchi. Non l’avrebbe più aspettato all’ingresso dello spogliatoio della palestra.
Non avrebbe più alzato per lui…
Come avrebbe fatto senza il suo sole?
Keiji non era poi così altruista - come parevano pensare tutti di lui - in quel determinato caso e se avesse potuto, egoisticamente, gli avrebbe detto “resta”.
Ovviamente una cosa del genere non la poteva dire a Bokuto molto semplicemente per due piccolissimi particolari. Primo perché comunque non avrebbe mai potuto mettersi in mezzo a quello che era il trampolino di lancio per la – più che meritata – ascesa della sua carriera pallavolistica. Secondo perché mancava il passaggio prima, aka non gli aveva mai detto di provare qualcosa per lui. Un po' per paura di rovinare tutto (il loro rapporto - comunque simbiotico - l’equilibrio della squadra e Keiji voleva che l’ultimo torneo che Koutarou affrontava con la Fukurodani gli restasse nella memoria come uno dei ricordi più belli ed intensi della sua vita), un po' per il puro terrore di sentirsi rifiutato e, in quel rifiuto, di mettere terribilmente in difficoltà Bokuto.
Però quel maledetto giorno era arrivato e lui avrebbe voluto che ieri durasse per sempre.

Soprattutto quel “ieri” in particolare, quando avevano fatto la strada del ritorno assieme, al solito, e perfino Koutarou era stato incredibilmente silenzioso. Tanto da preoccuparlo non poco. Gli aveva lanciato occhiate di sottecchi preoccupate, senza farsi vedere, ad ogni sospiro sommesso dell’altro con tanto di sguardo verso l’alto perso nel nulla.
Una situazione decisamente inusuale, che non si era mai verificata in quei due anni, ma non gli dispiaceva. A lui il silenzio non pesava mai. Mentre Bokuto sembrava averne il puro terrore.
Ecco che quindi il pomeriggio precedente si erano trovati stretti-stretti sotto al suo ombrello, solo il ticchettio ipnotico delle gocce sulla tela dell’ombrello, i loro passi al sincrono, il calore del braccio di Koutarou accanto al suo, indubbiamente intirizziti dal freddo, perché la primavera pareva aver ceduto nuovamente il passo all’inverno quel giorno e questa cosa li aveva colti impreparati all’uscita dagli allenamenti.
Cose che, viste dal di fuori, potevano sembrare nulla ma che per lui erano state preziose e se le era ben impresse nella memoria.
E Keiji avrebbe voluto che la strada per casa sua durasse all’infinito. Per non parlare di quando Bokuto aveva girato il volto verso di lui e aveva esclamato “’kaashi ma stai tremando!” “No!” si era affrettato a mentire lui (malamente, per altro) e non aveva neanche finito di pronunciare quell’unica parola che ecco si era trovato la giacca della tuta del suo capitano posata sulle spalle. Aveva provato a protestare, ammonendolo che così si sarebbe beccato di sicuro un accidente ma la risposta dell’altro era stata la sua solita risata impetuosa e allora lui si era stretto quella giacca così preziosa addosso, inspirandone piano il profumo.

Ed ora eccolo lì, con la felpa dell’altro lavata, asciugata e ben piegata e ben riposta nella borsa, pronta per esser restituita al legittimo proprietario. Che non l’avrebbe indossata più…
Stava attraversando il giardino del Liceo cercando di non badare alle orde festanti dei ragazzi dell’ultimo anno, alle lacrime di quelli del primo e del secondo anno mentre si faceva le foto tutti insieme, ragazze che trovavano il coraggio di dichiararsi finalmente anelando a quel benedetto bottone.*
Lui non sopportava i saluti, gli arrivederci, gli addii. Lo destabilizzavano parecchio emotivamente, perché si chiudeva, nella maggior parte dei casi, un ciclo che era stato comunque bello, che aveva visto il consolidamento di amicizie, di rapporti che si erano fatti saldi magari proprio grazie a momenti di difficoltà e all’averli superati insieme. Keiji si considerava un anafettivo ma quando, in qualche modo, si affezionava, soffriva il doppio perché si chiedeva se sarebbe stato in grado di voler bene a qualcun altro, a fidarsi, ad aprirsi.
Voleva semplicemente che quella tortura finisse il prima possibile. Voleva far finta che tutto, domani, sarebbe stato identico, che quel suo universo ora perfetto e vivo – ed era stato Koutarou a renderlo tale – non scoppiasse come una bolla di sapone.
Certo, i ragazzi del terzo anno – Bokuto in primis – aveva giurato in ogni modo e maniera che non li avrebbero abbandonati, che sarebbero andati a trovarli, a vedere le loro partite. Peccato però che Koutarou sarebbe stato ad un bel po' di km di distanza…
Sospirò greve, Keiji, nel momento in cui aveva fermato la sua cacciata verso una delle parti più isolate del Liceo. Una collinetta posta dietro ai campi di atletica. I suoi piedi lo avevano portato automaticamente lì, sotto a quell’enorme acero rosso. Ed ora si appoggiò al tronco sospirando gravemente. Voleva risvegliarsi direttamente domani. O tra cent’anni.
Immerso in questi edificanti pensieri sentì la voce di Koutarou che lo chiamava solo dopo un bel po’.
- Bokuto-san! - si ridestò da quel suo sognare ad occhi aperti che manco una delle sue compagne di classe, aspettandosi chissà cosa poi…
Senza rendersene conto il volto si distese in un dolce, quanto raro, sorriso a vedere come l’altro si stesse scapicollando per raggiungerlo sulla vetta il prima possibile, la giacca della divisa immancabilmente aperta, un lembo della camicia fuori dai pantaloni, il nodo della cravatta allentato.

E Koutarou si bloccò. Si sentì letteralmente mancare il fiato e non perché aveva corso ma perché quel sorriso sulle labbra dell’altro si era diramato anche a quegli occhi a dir poco sublimi che gli avevano tolto il sonno ormai. Con quale coraggio avrebbe potuto anche solo sperare che una meraviglia così potesse ricambiare i suoi sentimenti? Però glielo doveva. Doveva dirgli ciò che provava per lui. Certo, molto poco coraggioso da parte sua farlo quando il giorno dopo sarebbe stato a centinaia di chilometri da lì e quindi non dover far i conti con il rifiuto dell’altro, ma si sa: non voleva traumatizzarlo con quella sua confessione. O peggio, metterlo a disagio ed altri scenari apocalittici che la sua mente aveva ben pensato di proporgli in gran quantità, quindi aveva sempre taciuto. E d’altra parte aveva avuto l’epifania di ciò che provava per il suo alzatore solo poco tempo prima. E ovviamente grazie al suo bestie.
Ed ora eccolo lì, mentre si perdeva negli occhi dell’altro.

E Keiji, a sua volta, aveva preso la decisione di rivelargli ciò che provava per lui. Andasse come andasse, aveva infine valutato che un sentimento così bello non poteva restare inespresso.
Mosse un passo verso di lui, andandogli incontro.
- Bokuto-san, senti... -
- ‘kaashi aspetta! - gli posò una mano sul petto, per poi proseguire a parlare.
- Ecco, io non sono bravo come te a parlare… - e dicendo queste parole con un lieve sforzo si strappò il secondo bottone della divisa per poi poggiarlo sulla conca che aveva creato con le mani a coppa e porgerglielo.
Dire che Keiji sgranò gli occhi all’inverosimile, sarebbe stato usare un eufemismo.
- B-Bokuto-san c-che che… cosa significherebbe…? - con una voce che non gli pareva nemmeno la sua.
- Ah, beh… sai, c’è una tradizione su questo bottone... – iniziò a spiegare imbarazzatissimo e praticamente in apnea, iniziando a guardarsi in giro in totale caos ma venne interrotto dall’altro, quasi in modo brusco, cosa così inusale in Akaashi.
- La conosco benissimo questa tradizione! - con la voce che si era alzata di sicuro di una ottava – Ma perché lo stai dando a me? -
- A-ah… ecco… - ok, e adesso cosa doveva fare? Non era abbastanza chiaro come messaggio? Che cosa doveva fare ora? Baciarlo tipo? Hum, no… forse no… Per il momento almeno. Perché caspita se non aveva una voglia assurda di baciarlo. Era così bello in quel momento. Ok, lo era sempre ma in quel particolare momento, tutto confuso, con le guance infuocate, i meravigliosi occhi verdi sgranati era qualcosa che Koutarou era certo avrebbe portato nella memoria per sempre.
Stava ancora cercando di trovare quale fosse la cosa migliore da fare, da dire che quasi non realizzò subito le parole dell’altro.
- Anche tu mi piaci, Bokuto-san! - e aveva veramente urlato? Sì, indubbiamente sì.
- C-com-EH!? -
Oddio. Oddio. ODDIOOOO! Questa eventualità non l’aveva minimamente presa in considerazione! E adesso? La prima cosa che penso fu quella, molto intelligente, di iniziare a girare intorno urlando ma, per non si sa quale strana congiunzione cosmica, qualcosa lo fermò dal farlo.
E fu a quel punto che successe l’inevitabile.
- Bokuto-san, stai sanguinando! -
- Chi? Cosa?! - spostò lo sguardo verso il basso e vide che il palmo della mano sanguinava di poco, doveva aver usato troppa enfasi nello strappare il bottone che si era spezzato da un lato, creando uno spigolo acuminato.
- Dobbiamo medicarla! - proferì Akaashi, prendendo dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto pulito, prendendogli la mano ed iniziando a controllare i danni.
- ‘kaashi non è niente. E poi stavamo facendo un discorso importante. Ed io… ahhh, aiuto! -
- Come “aiuto”? - si spaventò il setter sollevando lo sguardo verso di lui - Ti fa impressione il sangue? -
- Nono! Aiuto perché non so come continuare a dichiararmi ed io tipo mi ero preparato un sacco di discorsi, provandoli e riprovandoli davanti allo specchio, con diverse intonazioni di voc-ehy! Non ridere! -
Keiji ci aveva provato, davvero!, a non scoppiare a ridere ma era stato più forte di lui, a vederlo così esagitato.
- Scusami, scusami! -
E solo allora entrambi fecero caso ad una cosa. Portarono l’attenzione alle loro mani.
Keiji, infatti, gli stava gentilmente accarezzando il palmo della mano, sfiorandolo. E quest’ultimo si accorse nel giro di un battito di ciglia dello stesso identico particolare che aveva attirato l’attenzione dello schiacciatore.
Sentendo le guance andare irreparabilmente a fuoco fece per ritirare la mano ma Koutarou fu più veloce di lui. Gli prese la mano con quella libera e la riportò sulla sua, sollevando gli occhi verso i suoi, a scrutare la sua reazione, sentendo il battito del cuore rimbombargli nelle orecchie.
“Il palmo della sua mano... è bollente!” pensò Akaashi, sentendo un brivido attanagliarlo nel profondo nel momento in cui sollevò gli occhi a sua volta verso quelli dell’altro.
Lo vide mordicchiarsi il labbro inferiore, come faceva sempre quando era nervoso - ormai conosceva così tante cose di lui.
Sussultò nel momento in cui le dita dell’altro iniziarono ad accarezzargli gentilmente il dorso della mano.
- V-va bene? – gli chiese l’ormai ex-capitano, indicando con gli occhi le loro mani unite, in una muta richiesta se potesse continuare o meno a tenerle intrecciate in quella maniera e Keiji si limitò ad assentire timidamente con il capo.
- Sì… va bene… - confermò in un sussurro.
- ‘kaashi, io non ho nessuna intenzione di lasciare più andare queste mani. So che non sarà semplice, non saremo vicini, ma si tratterà solo di un anno poi tu, se vorrai raggiungermi… - abbassando per un attimo gli occhi a terra.
- Sì… - un mormorio, nuovamente, che fece sollevare nuovamente all’altro gli occhi.
- Sì? -
- Sì. - rispose ora con più fermezza.
Quasi come se non fosse stata sua, Keiji osservò la propria mano sollevarsi fino alla guancia di Koutarou.
Il quale Koutarou, a quel lieve contatto, socchiuse gli occhi come a godersi maggiormente quel tocco delicato fino a quando, da imprevedibile quale era, gli prese quella stessa mano per portarsela alle labbra e sfiorare le dita in un bacio leggero.
- Keiji… - sussurrò appena. E il diretto interessato sobbalzò nel sentirsi chiamare col suo nome. Ma ebbe poco tempo per pensare a questa cosa perché l’altro avvicinò il viso al suo, sollevandogli il volto dopo averlo preso tra le mani, tanto che ora le punta dei loro nasi si sfioravano, mentre continuavano a fissarsi negli occhi.
L’alzatore esaudì il desiderio di affondare una mano tra i capelli di Koutarou, facendo avvicinare ulteriormente le sue labbra a quelle dell’altro e gli lanciò un’ultima occhiata significativa prima di chiudere gli occhi in un muto e chiaro segnale che Bokuto non poté equivocare ed azzerò la distanza tra di loro appoggiando le labbra sulle sue, leggere, quasi un soffio.
Akaashi si trovò a pensare che mai avrebbe immaginato che le labbra di un ragazzo potessero essere così morbide e, contemporaneamente, i loro corpi si mossero inconsciamente per stringersi in un abbraccio
Socchiusero gli occhi nello stesso identico istante, emettendo un piccolo sospiro all’unisono.
Bokuto studiò la reazione dell’altro, come a chiedergli il permesso di poter continuare e Keiji, dopo averlo fissato un attimo con una delle sue solite espressioni enigmatiche, chiuse nuovamente gli occhi in una sorta di tacito consenso.
Lentamente, le dita del neo-diplomato scivolarono lungo il volto dell’altro per slittare furtivamente verso i capelli neri, accarezzandoli dolcemente mentre riprendeva a sfiorargli lieve le labbra con le proprie.
Keiji, dal canto suo, sentì il suo respiro mescolarsi a quello dell’altro e le sue mani scivolare di nuovo su di lui. Stavolta dai suoi capelli alla sua schiena, per abbracciarlo. Per farsi accogliere nella sua stretta così forte e sicura ma anche così meravigliosamente accogliente.
Rimasero ancora un lungo istante abbracciati, stretti fino a quando la voce di Keiji non si levò.
- Ti chiedo solo una cosa. - staccandosi di poco da quell’abbraccio, quel tanto che gli permetteva di poterlo guardare negli occhi
- Tutto quello che vuoi, ‘kaashi! - ebbro di felicità.
- Non lasciarmi indietro. - fu pressoché un sussurro. Una disperata richiesta di non esser in nessun modo abbandonato.
Quanta tenerezza gli fece! Vederlo così esposto, così vero, gli inondò il cuore di ulteriore felicità.
- Non toglierò mai lo sguardo da te, Akaashi. - fu la promessa.

E così sarebbe stato.

 

FINE

 

Rido perché ogni volta che mi accingo per scrivere, puntualmente dico “eh, ma è una flash tanto dai…” Seh…
Io non so come facessi una volta a scrivere drabble. Mah! I misteri misteriosi…

Ovviamente anche per scrivere questa OS mi son lasciata ispirare da una canzone. E più precisamente questa: https://www.youtube.com/watch?v=UQkxNbgohPg tratta dalla OST dell’anime di Pandora Hearts. Oh, Elliot T_T

Sì, la minilong BokuAka, I know *si cilicia *

 

 

* ciò a cui faccio riferimento è la tradizione secondo la quale il giorno del diploma
g
li studenti giapponesi dichiarano il loro amore a un’altra persona
donandole il secondo bottone della loro uniforme, che è quello più vicino al cuore.

L’uniforme scolastica della Fukorodani ne ha solamente due di bottoni
(sì, sono andata a zoomare per benino le immy)
quindi ho tenuto buona la tradizione del secondo bottone.

 

   
 
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