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Autore: BreathE    19/06/2021    3 recensioni
Valanyar è stata portata nella Terra di Mezzo da Gandalf per aiutarlo con il futuro della Compagnia dell’Anello e distruggere Sauron, ma aver letto un libro e vivere una vera avventura sono due cose completamente diverse.
Riuscirà a portare a termine il compito che le è stato affidato, oppure cadrà mutando per sempre il destino dei nostri eroi preferiti?
Tra cambiamenti di copione improvvisati e il mondo degli uomini che la crede un ragazzo, Valanyar cercherà di proteggere a tutti i costi la sua nuova famiglia mentre lotterà per il suo posto nel nuovo mondo.
*
Ragazza dei giorni nostri finisce nell’universo del Signore degli Anelli. Niente di più scontato.
PARING: Legolas/ Nuovo Personaggio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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▌ Capitolo 19  ▌
 
 
 
 





 
 


 
« Pensandoci bene, apparteniamo anche noi alla medesima storia, che continua attraverso i secoli!
Non hanno dunque una fine i grandi
racconti? »

 
« No, non terminano mai i racconti .
Sono i personaggi che vengono e se ne vanno, quando è terminata la loro parte.
La nostra finirà più tardi … o fra breve »
 
__ J.R.R. Tolkien
 
 
 










 
Qualunque sentimento compresi di provare per Legolas, si ritrovò costretto ad attendere un giorno migliore, poiché l’indomani fui svegliata con la notizia che Denethor, sovrintendente di Gondor, si era lanciato dalle alte mura della torre più alta della città bianca, durante il cambio della guardia. La guaritrice che per ultima l’aveva visto la sera prima, lo aveva definito perfino “tranquillo” non come avrebbe ricordato il suo signore ma un’ombra che vi andava molto vicina. Per un attimo, aveva pensato che fosse tornato quello di un tempo, di quando ancora non aveva perso la sua amata moglie.
A darmi la notizia, fu il Imrahil.
« Mi dispiace per la tua perdita, aveva sposato tua sorella. Era uno di famiglia per te » dissi mentre mi chiudevo i bottoni della blusa verde con cui avevo lasciato Gran Burrone, oramai mesi addietro.
Avevo creduto che fosse stata buttata, ma assieme al corpetto donatomi da Arwen, Faramir lo aveva tenuto di conto e fatto lavare e nonostante le pessime condizioni, la servitù era riuscita a rappezzarla in qualche modo. Non era più elegante, anzi oramai sembrava quasi uno straccio, ma era stata una meravigliosa sorpresa. Sarebbe stato bello affrontare quell’ultima guerra, con qualcosa che apparteneva a casa.
« Faramir non ha preso bene la notizia » mormorò l’uomo limitandosi ad un semplice cenno alle mie parole di cordoglio.
« Una parte di lui, probabilmente sperava ancora di essere riconosciuto degno dal proprio padre » dissi abbassando lo sguardo sulle mie mani per non dover far leggere ad Imrahil i miei timori.
Avevo portato via anche quello al giovane Capitano di Gondor non era vero? Perlomeno nella storia originale Denethor comprendeva quanto valore avesse Faramir, anche se mi era sempre apparsa come una scusa creata dalla sua stessa follia. Invece a questo giro, avevo costretto entrambi i figli ad osservare la follia del proprio padre consumarlo.
« Temi che ti porterà rancore per non aver usato quella gemma? » domandò il Principe di Dol Amroth indicando il mio petto con un cenno del capo.
Aiantcuil brillava sul mio petto, con la luce di una vera stella, sembrava piacerle, non dover essere costretto a nascondersi sotto i miei vestiti. Oramai quasi tutti quelli che viaggiano con me sapevano della sua esistenza, quindi era inutile nasconderlo.
« Tuo nipote? Sai che è una persona molto migliore di noi, Faramir incolperà se stesso, il palantir e perfino il destino stesso, ma non mi accuserebbe ma, neppure se fossi stata la causa della sua stessa morte » dissi un sorriso affettuoso. Il sovrano di fianco a me, mi imitò, piegando le labbra all’insù e con gli occhi colmi di amore verso quel familiare che nonostante ne avesse passate fin troppe, riusciva a portare in sé le migliori qualità degli antichi Re.
« Ma perché eri venuto a chiamarmi? Dubito che il tuo primo pensiero alla notizia della morte di Denethor fosse stato darmi la notizia di persona » dissi chiedendomi se forse, Imrahil si era aspettato che io mostrassi qualche segno di rimorso.
Ma in realtà, mi ero aspettata che ci sarebbe potuta essere un’evoluzione simile e ancora una volta, mi ritrovai a notare quanto questa guerra mi avesse cambiata. Forse alla me di decenni prima, non si sarebbe permessa di farsi semplicemente scivolare via la morte di Denethor, ed invece alla Valanyar di ora non aveva neppure guastato il buongiorno.
« Boromir ha chiesto di te » rispose il Principe, mentre io alzavo lo sguardo nel suo. I suoi occhi erano oscurati, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa di spiacevole.
Decisi però di non soffermarmi troppo su di essi, avevo fatto dei sogni inquieti e probabilmente, mi stavo ancora facendo condizionare dagli incubi che mi avevano inseguito durante la notte.
« Allora andrò subito da lui » dissi appuntando sulla camicia la spilla a forma di foglia che mi era stata donata a Lothlòrien. Il mantello oramai era ingestibile,ma non volevo separarmi anche da quella, come non avrei mai voluto separarmi dal mio migliore amico.
 
A Boromir era stata nuovamente concessa della privacy. Non si trovava nella sua stanza, poiché la sua parte del palazzo era ancora in parte infermeria, ma doveva essersi appropriato di una delle stanze per gli ospiti.
Bussai  svogliatamente sulla porta, affacciandomi prima con la testa, quando mi invitò ad entrare.
« Gwend ti stavo aspettando, entra e chiudi la porta alle tue spalle » ordinò senza degnarmi di non più di uno sguardo prima di tornare a fissare un punto impreciso oltre la finestra, che dava nel corridoio opposto a quello da cui ero arrivata.
Varcai la soglia, sbirciando velocemente l’ambiente circostante, senza stupirmi troppo nel trovarlo incredibilmente sobrio.
Boromir era seduto sul letto, con la schiena poggiata alla parete e le gambe stese lungo il materasso, quel che restava del suo braccio, gli ricadeva di fianco, come un vestito di pessima fattura che non vorresti dover indossare mai.
« Come stai? » domandai mentre lui riportava brevemente lo sguardo su di me, per poi abbassarlo sul suo moncherino, ed infine tornare a guardare fuori dalla finestra.
« La guaritrice ha detto che il ramingo ha estirpato tutto il veleno lasciatomi dal nazgûl, la ferita sta lentamente guarendo ». Il “ramingo” non Aragorn, non “tuo fratello” e sicuramente non “il futuro Re di Gondor”. Annuii non sapendo cos’altro dire.
“Che fortuna?” non lo sembrava affatto, Boromir era il Capitano della nazione, ma aveva perso il suo braccio dominante. Sperai veramente e con tutto il cuore, di non averlo condannato ad un fato molto peggiore della morte, a causa della mia iniziale ingenuità.
Distrattamente, mi chiesi se la Valanyar di oggi, sapendo quale sarebbe stato il prezzo da pagare, avrebbe continuato a percorrere la stessa strada, che avevo intrapreso più di cinquant’anni fa.
« Posso farti una domanda? » dissi mentre l’uomo nel letto inarcava un sopracciglio, come se fosse improvvisamente colpito dalla mia ritrovata gentilezza. Dettaglio che immediatamente mi irritò.
« Come se tu non facessi tutto e sempre di testa tua. Da quando in qua mi chiedi perfino il permesso? » ribatté lui parlandomi con lo stesso tono strascicato, con la quale mi si era sempre rivolto.
Fui tentata di mandarlo al diavolo ed andarmene, e forse la Gwend di quando lo aveva conosciuto, più giovane ed orgogliosa lo avrebbe fatto. Ma questa Valanyar invece? Che aveva compreso così da vicino quanto la vita fosse breve,sapeva che ogni occasione non colta, era un’occasione persa.
« Prima della battaglia, hai detto a Faramir di aver sempre saputo che ero una donna » dissi poggiando il palmo delle mani sulle elsa delle spade, in un gesto abitudinario. « Conoscendoti, mi stupisce che non tu non mi abbia cacciata. E invece non solo mi hai permesso di restare, ma mi hai perfino coperto- »
« La guerra non è posto per le donne » mi interruppe Boromir con lo stesso tono con cui avevo sentito ripetere quella frase in passato a centinaia di uomini e comandanti prima di lui. Di recente, avevo udito le stesse parole provenire dalle bocche di due cari amici, come Éomer e Théoden.
« E’ una frase che spesso è stata tramandata di soldato in soldato, fin dai tempi bui. Ma ho sempre creduto che allora, avesse posseduto un significato diverso, non credo intendesse che le donne erano troppo deboli per affrontare la guerra, tutt’altro. Credo che si riferisse al fatto erano gli uomini, ad essere deboli…
Ho visto fare cose a uomini che tornati a casa venivano definiti “rispettabili” o dei veri “gentiluomini” … Ma nel campo di battaglia, usando la guerra come un mantello si macchiavano di colpe che mi facevano prudere le mani  » confessò abbassando lo sguardo sull’inca mano rimastagli, adesso chiusa in un pugno minaccioso.
Sbarrai gli occhi, profondamente sorpresa da quella rivelazione. Potevo quasi tastare con mano, quanto il solo ripensare a quegli eventi passati, portasse un’ombra di malcelato disgusto sul viso di Boromir. Odiava il se stesso del passato che non aveva potuto cambiare le cose, odiava il suo stesso padre per aver permesso che una simile “usanza” fosse stata tramandata senza batter ciglio di uomo in uomo...
« Ricordo, che quando mi unii alle tue truppe tu eri diventato da poco Capitano e  che gli uomini si lamentavano perché non concedevi a nessuno di “abbandonarsi ai propri istinti”. E’ di questo che stiamo parlando non è vero? »
« Saccheggiare, stuprare, uccidere bambini in nome di una vendetta personale ed insensata. Non era questa la Gondor in cui credevo. Mi era stato detto che non avrei mai potuto farci niente, che quella era la natura umana » sbuffò irrigidendo così tanto la mascella, che temetti si sarebbe rotto un dente.
«  Ed io che per tutti questi anni ti ho creduto solo un bastardo arrogante, e invece adesso salta fuori che in passato hai solo cercato di proteggermi »
« Proteggerti? Ma fammi il piacere. Quello che stavo proteggendo era il numero di soldati tra le mie file, solo i Valar sanno quanti ne sarebbero caduti se avessero osato toccarti … Avresti decimato così tanto che le mie file, che avresti costretto Gondor a perdere la guerra » sbuffò lui senza nessuna pietà.
Mi morsi le labbra per trattenere un sorriso traditore, che probabilmente lo avrebbe solamente irritato di più, prima di chiedergli per quale motivo mi avesse chiamato.
E così passò la quasi totalità della mattinata, spiegando per filo e per segno le mosse che avrebbe intrapreso Aragorn, mentre gli permettevo anche di sbirciare nel futuro, raccontandogli che una parte degli uomini si sarebbero tirati indietro ma che alla fine, ne saremmo usciti vittoriosi.
 « Gwend » pronunciò lui dopo qualche secondo di silenzio nel momento in cui io, l’avevo presa per una forma di congedo e stavo per andarmene.
 Fu il suo tono gravoso a fermarmi sul posto, con ancora una mano sulla maniglia.
« Ho bisogno che tu mi prometta che farai in modo che Faramir torni, anche a costo della tua vita » sentenziò alzando il suo sguardo nel mio, e per un attimo, mi parve quasi che fosse a pochi passi da me, tanto i suoi occhi mi perforavano dentro.
« A costo della mia vita? Boromir questi sono ordini che uno non darebbe neppure ai suoi soldati » ribattei con ironia lanciandogli un sorriso da oltre la spalla, comprendendo finalmente il vero motivo di quella visita.
« Lo so, ma io non lo sto chiedendo ad un soldato qualunque. Lo sto chiedendo a te, e dopo tutti questi anni, potrò anche trovarti un’insopportabile so-tutto-io, ma su una cosa mi troverai sempre d’accordo con gli altri, mantieni sempre le tue promesse »
« Farò sì che Faramir torni da te Boromir, è una promessa » sancii ricambiando a lungo il suo sguardo prima di aggiungere « Quindi nel frattempo cerca di non lanciarti da nessuna torre solo perché ne senti la mancanza » soffiai mentre lui mi urlava una sequela di oscenità contro ed io chiudevo la porta alle mie spalle appena in tempo, mentre la brocca d’acqua che fino a pochi secondi prima si era trovata sul comodino accanto al letto, finiva a frantumarsi contro il legno della porta.
 

« Sai, un giorno di questi finirà per farti uccidere da un sicario » mi salutò Faramir nel corridoio. Era appoggiato sulla parete opposta, segno che mi stava aspettando già da qualche minuto, mentre le oscenità proferite da suo fratello nei miei confronti, continuavano a riecheggiare dall’altra parte della porta.
« Mi cercavi? » domandai fingendo totale innocenza. Il giovane soldato sorrise dinanzi alla mia espressione, invitandomi a camminare con lui.
« Ti ricordi quando ci siamo visti per la prima volta? » mormorò quasi sottovoce. Le sue gote erano di un adorabile sfumatura di rosso e i suoi occhi brillavano di una felicità, che sembrava quasi tangibile.
« Certo, mi chiedesti se ero un elfo » commentai con un lieve sorriso, trovando quasi un senso di pace nel vedere il ragazzo di fianco a me imbarazzarsi in nome di un ricordo di quasi vent’anni prima.
« Eri così bella per un ragazzo che non sapevo come altro capacitarmene. E poi venni a Gran Burrone, dove scoprii che eri una fanciulla » si fermò incrociando il mio sguardo, senza riuscire a celare il proprio disagio.
Faramir mi prese una mano tra le sue, iniziando a giocare distrattamente con le mie dita mentre cercava evidentemente il coraggio per continuare quell’imbarazzante confessione.
« E Gwend, quel giorno pensai che nessuna donna al mondo sarebbe mai stata in gradi di uguagliarti. Capii subito che non avrei mai potuto guardare nessuna come guardavo te... » confessò lui mentre io iniziavo a sentire il mio istinto primordiale, che mi gridava di fuggire nella direzione opposta, il più velocemente possibile.
« Faramir io- » cercai di intercedere iniziando a sentirmi mortificata. Probabilmente il mio imbarazzo era così facilmente visibile sul mio volto, da fare quasi pena al giovane soldato che quando posò lo sguardo sul mio viso, ridacchiò divertito.
« Non temere non ti sto per consegnare il mio cuore. Se c’è una cosa che questo viaggio mi ha insegnato è che non sei alla mia portata. Non sono degno di te, non sarei abbastanza per te. 
Ma quando vidi di cosa eri capace, ammetto che avrei voluto esserlo e per un po’ ci ho sperato. Ma oramai so che non siamo compatibili, però quel giorno a Moria, quando Gandalf cadde e Aragorn ti voltò le spalle e chiunque al tuo posto sarebbe crollato. Capii che possedevi una forza che invidiavo, che avrei voluto avere anche io e soprattutto, avrei voluto al mio fianco qualcuno che come te, combatteva per cosa era giusto ».
Chinai leggermente la testa di lato, percependo l’imbarazzo affievolirsi man mano che comprendevo che Faramir parlava di me, come un popolano parla del proprio Re.
Mi ammirava, lo affascinavo perfino, ma non mi avrebbe mai messo al suo stesso piano. Se un giorno avesse avuto l’occasione di sfiorarmi, l’avrebbe fatta scivolare via, perché non voleva rompere quella bolla di illusa perfezione che aveva affibbiato al suo regnante.
« E tu credi di averla conosciuta, questa persona? » compresi accennando un sorriso lupesco.
« Io … Gwend la Dama che mi avete fatto portare al sicuro quel giorno: Éowyn » mormorò con un sorriso fanciullesco « Ella assieme al nazgûl , deve aver trafitto anche il mio cuore. Non riesco a pensare a nient’altro che non sia il suo viso »
« Ok » ripetei osservando volto di Faramir, assumere un’espressione di così innocente estasi da farmi quasi invidiare il suo modo di amare « Sei disgustoso » dissi dandogli una lieve pacca sulla fronte per togliermi da davanti quell’espressione imbambolata.
« Se vuoi che Éowyn ricambi il tuo amore, dovrai impegnarti, non venire a sognare ad occhi aperti da me » dissi riprendendo la nostra marcia, poiché adesso la direzione verso la sala della guarigione iniziava ad avere un senso.
« Ci ho provato, ma è fredda nei miei confronti, come se il suo cuore fosse già stato rotto irrimediabilmente » mormorò abbassando lo sguardo con un’espressione triste.
« Sai ho parlato con il Mastro Nano » riprese poi in un tono completamente differente « Sembra che questo qualcuno, sia proprio tu Gwend»
Mi fermai nel mezzo al corridoio, di nuovo, voltandomi verso di lui imbarazzata, non faticando ad immaginare cosa gli avesse raccontato Gimli.
Lui e la sua fissazione contro i biondi, con due pinte di birra avrebbe venduto al migliore offerente qualunque dei  miei trascorsi a Rohan.
Sospirai passandomi una mano tra i capelli « Non era mia intenzione ferire od ingannare Éowyn » dissi voltandomi a guardare la porta che un centinaio di metri più in là, mi avrebbe condotta dalla Bianca Dama di Rohan.
« Forse invece era così che doveva andare. Forse tutti e due dovevamo avere il cuore spezzato da te. Così da poterci guarire a vicenda »
« Che idea stucchevole Faramir » ribattei senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.
« Allora mi aiuterai? » domandò il giovane Capitano di Gondor, mostrandomi un broncio così adorabile da farmi perdere qualunque speranza, di poter ignorare ulteriormente la situazione.
« Va bene. Cosa vuoi che faccia? » domandai dettando a quel modo, sotto gli ordini di Faramir, le mie ultime ore nella Città Bianca.
 


 
 


 
« Mia signora » la salutai avvicinandomi, mentre la osservavo voltarsi prima con timore e poi con un enorme sorriso ad incorniciarle il volto.
« Gwend! Speravo di potervi rivedere e parlare con voi prima che partiste » mormorò passando il suo sguardo sul mio corpo. I suoi occhi si soffermarono sui lineamenti del mio fisico, che assieme al busto di pelle, mettevano in evidenza la vita stretta e dei fianchi più formosi rispetto a quelli di un uomo. Mi resi conto che quella era la prima volta che poteva “vedermi” realmente, poiché il suo sguardo era sempre stato ingannato dall’illusione del mantello elfico.
Il suo sorriso si incrinò ma non sparì e quando i suoi occhi ritrovarono i miei erano adoranti come li avevo sempre ricordati.
« Mi dispiace, sono passata a trovarti solo quando il veleno ti aveva resa incosciente, ma mi sono accertata più volte con Aragorn sulle tue condizioni. Vedo che adesso, state meglio » dissi passando il mio sguardo sulla sua corporatura. Sembrava impossibile che fosse stata proprio quella fanciulla dall’apparenza tanto fragile, a sconfiggere uno dei più temibili servitori di Sauron.
« Sire Aragorn è stato provvidenziale mi ha salvato la vita, come voi ed il vostro compagno. »
« Intendete Faramir? » domandai mentre le gote di Éowyn si coloravano di un rosa delicato.
« Sì lui è stato molto gentile con me, è passato spesso a trovarmi, nonostante dovesse aver ben più importanti preoccupazioni … Probabilmente si è sentito in dovere di farlo, poiché mi avevi affidato a lui » sul finale la sua voce calò, diventando un mormorio appena distinguibile mentre sfuggiva la mio sguardo.
«Faramir è un buon amico, ma se è restato al tuo fianco è perché è stato colpito dal tuo ardore, non certo obbligato da un mio ordine » tentai di incoraggiarla mentre lei però, continuava a sfuggire ai miei occhi.
« Ardore? Ma certo, d’altronde per un Capitano di Gondor non devo apparire che come una selvaggia fanciulla del Nord »
« Non permettere ai tuoi dubbi di avvelenarti. Se hai delle domande su Faramir sarò lieta di risponderti, ma non permettere a te stessa di dubitare di una brava persona, a causa delle tue insicurezze » la ripresi con delicatezza mentre lei assumeva un’aria sconcertata e gli occhi gli si bagnarono dalla vergogna, mentre frettolosamente abbassò di nuovo lo sguardo, prima di sedersi sull’angolo di quello che doveva essere, il suo giaciglio.
« Vi chiedo perdono Gwend è che io sono così … confusa » mormorò poggiando una mano sul braccio fasciato, che teneva legato al collo per aiutare la ferita a rimarginarsi più velocemente.
« Conosco Faramir da quando non era che un adolescente, se i vostri dubbi sono causati da lui, credo di potervi aiutare » dissi sedendomi di fianco a lei, poggiando una mano sulla con delicatezza.
Éowyn osservò le nostre dita quasi intrecciate con un sorriso prima di prendere parola:
« Desideravo il tuo amore Gwend, eri per gli occhi di tutti grande e potente ed io ambivo alla fama, alla gloria volevo essere innalzata dalle cose meschine che strisciano sulla terra » mormorò senza permettere alla sua voce di incrinarsi ma continuando a tenere lo sguardo basso, sulle nostre mani « E come grande soldato tu eri ammirevole, poiché eri per tutti un signore tra gli uomini il più grande che oggi esista. Una leggenda il cui solo nome riusciva a riscaldare gli spiriti dei Rohirrim più coraggiosi, mio fratello e mio Zio compresi » aggiunse mentre io sperai che i miei capelli sciolti coprissero a sufficienza l’imbarazzo che sicuramente in quel momento stava sfociando lungo il mio collo e le mie orecchie.
« Quando ho scoperto che eri una donna ne sono rimasta ferita certo ma soprattutto ho provato un’enorme senso di vergogna. Perché dopo tutta quella ammirazione che vi avevo donato, dopo che vi avevo giudicato assieme agli altri irraggiungibile ed innalzato più in alo dei comuni uomini ho capito che eri come me. Una donna e ho capito che era questo che intendevi dirmi tanti anni addietro, potevo essere io a forgiare il mio destino, potevo essere io  a proteggere coloro che amavo, non avevo bisogno che nessun altro lo facesse per me. Ho creduto di poter fare la differenza »
« E l’hai fatta mia signora. E non per merito mio, la Dama Bianca di Rohan ha brillato come signora del suo popolo e come guerriera Rohirrim ha protetto il suo Re fino all’ultimo e quando questo non è stato abbastanza, lo ha vendicato. Qualunque dubbio attanagli il tuo cuore Éowyn, sappi che non devi provare più niente a nessuno. Sei riuscita in un’impresa impossibile anche per il più glorioso guerriero elfico: hai sconfitto il Re Stregone, il servo più potente di Sauron. » le assicurai stringendole la mano con delicatezza.  « Qualunque siano i vostri dubbi mia signora, posso rassicurarvi con una certezza:  Non esisterà mai gabbia  con ferri abbastanza spessi da potervi trattenere, né pareti abbastanza strette da potervi piegare »
Non avevo idea di cosa avrebbe voluto sentirsi dire Éowyn in quel momento, ma capii che qualcosa di giusto dovevo averlo detto, poiché per la prima volta dopo tanti anni, gli occhi della Bianca Dama di Rohan si illuminarono di felicità pura e semplice. Poiché per troppo tempo a  quella forte fanciulla, era stata negata.
« Siete ancora voi però, l’eroe della mia storia preferita » mormorò lei mentre una sola lacrima di felicità le rigava le pallide guance, facendola apparire ancora più delicata e preziosa.
« E conto di rimanerlo per sempre mia signora. Chiunque avrà la fortuna di poter chiedere la vostra mano, potrà accontentarsi del ruolo di comparsa » commentai strappandole una lieve risata che portò qualche soldato più in là a voltarsi verso di noi. Intravidi Faramir tra di essi e lo sguardo che si rispecchiò nei suoi occhi mi fece realizzare che per il giovane capitano di Gondor, erano finiti tempi per delle cotte fugaci, era giunto quello di dedicarsi al vero amore. Sorrisi anche io alla Bianca Dama, restando con lei a chiacchierare, fino a quando quella fastidiosa ombra di malinconia, non svanì completamente dal suo sguardo ed io non fui richiamata da Galahad per la partenza.
 
 
 

 
 


« Valanyar ? » mormorò la figura nell’angolo della cella, il solo doveva essere morto al di fuori di quella prigione, e con esso le stelle e la luna poiché il buio che avvolgeva quella stanza pareva quasi surreale.
Solo una fiaccola lungo il corridoio, quasi una ventina di metri più in là, mi aveva permesso di notare l’uomo contro la colonna.
« Conosco questo posto » mormorai facendo qualche passo in avanti « Mio signore Elrond siete voi? » dissi inginocchiandomi dinanzi l’elfo. La figura alzò lo sguardo nel mio, ma i suoi occhi non erano caldi e pieni di saggezza come li avevo imparati a conoscere. Né tantomeno mi osservavano con un lieve irritazione, che lo rendevano solo più paterno dinanzi l’eternamente giovane volto.
« Figlia mia, tu non dovresti essere qui » mormorò lui muovendosi come per alzare le braccia per sfiorarmi, ma dovette ripensarci poiché il suo sguardo fu attirato da qualcosa alla nostra destra, lo seguii con i miei occhi, ma vedevo solo il nero delle ombre.
« E’ solo un sogno » tentai di dire per scacciare la paura. Non mi piaceva quell’Elrond che sembrava così simile a colui che conoscevo, ma che no avevo mai visto. Cosa mai avrebbe potuto spaventare un elfo millenario che aveva visto così tanto e vissuto così a lungo?
« Chi ti ha portato qui? » domandò l’elfo voltandosi verso di me. I suoi occhi erano incavati e lo sguardo era probabilmente iniettato di sangue, come se non dormisse da settimane. Ma gli elfi non avevano bisogno di dormire, non come gli umani, quindi come era possibile che il suo corpo apparisse così stremato?
« Nessuno mi ha portata qui, niente di tutto questo è reale » dissi inclinando leggermente il viso. Allungai una mano, così da poter toccare delicatamente la sua.
La pelle sotto i miei polpastrelli mi apparve così incredibilmente fredda, da farmi quasi credere che fosse reale, ma la sensazione non durò che un attimo.
« Esatto, niente è reale Valanyar. Ricordalo, tornerà tutto come un tempo, è la cosa migliore da fare … »
« La cosa migliore per fare cosa? » ripetei confusa.
« Un salto temporale, nei sogni funziona sempre così, non ti ricordi? Sei stata tu stessa a dirmelo, molti anni fa »
« Un salto temporale? » ripetei sentendo come familiari quelle parole sulla lingua. E in quel momento ricordai, come succede a volte nei sogni, ti ricordi un fatto accaduto nella realtà anche molti anni prima. Ma il problema dei sogni è che poi, quando ci svegliamo, ce li dimentichiamo.
« Questo era un sogno » realizzai spalancando gli occhi ed incontrando nuovamente quello del mio padre adottivo, che mi sorrise così amorevolmente da ricordarmi il solito Elrond di Imladris.
« Mi mancherai »
« Cosa? Perché? Io non voglio andarmene, non voglio svegliarmi. Elrond che cosa significa?  E cosa ci fai tu qui? Non è così che va la storia »
« Devi andartene, dove lui non può trovarti »
« Lui chi? Sauron? E dove dovrei andare? Io sono già a casa non voglio andare da nessuna parte - »
« Devi svegliarti è l’unico modo »
« Dimmi cosa sta succedendo » mormorai in preda al panico mentre il buio incominciava ad ingoiarlo, e lui con me. I pensieri si fecero sempre più confusi, fino a quando non ricordai più, neppure cosa mi era appena tornato in mente.
« Svegliati! » mi tirai a sedere nel letto mentre affannavo disperatamente. Con il fiatone e il cuore che correva a mille, il sudore iniziava a seccar misi sulla pelle, riempiendomi di spiacevoli brividi di freddo.
Che cosa … Che cosa era stato?
Corrucciai le sopracciglia, qualcosa mi aveva spaventato da morire, una realizzazione? Avevo ricordato qualcosa, ma cosa?
Iniziai a contare i miei respiri, fino a quando il mio cuore non tornò al suo normale ritmo e il freddo non lasciò il posto al tepore delle coperte.
 
 
Scossi la testa, consapevole che non avrei potuto semplicemente tornare a dormire, così mi alzai, scoprendo che doveva essere ancora notte inoltrata. Gandalf era di guardia sul limitare Este dell’accampamento, così decisi di andare da lui.
Non impiegai più di una decina di minuti a raggiungerlo, salutando con un cenno della testa, i pochi uomini che incontrai lungo il mio cammino.
« Mithrandir » lo salutai avvicinandomi con passo felpato, ma senza ovviamente riuscire a coglierlo alla sprovvista  « Se lo desideri, puoi andare a riposare, il sonno sembra non voler ancora venire da me questa sera,  e sarebbe sciocchi restare svegli in due » commentai portandomi al suo fianco ed osservando l’orizzonte assieme.
« Cosa turba il tuo riposo mia giovane amica? Hai l’aspetto di qualcuno che ha appena visto un fantasma » commentò lo stregone voltandosi verso di me con uno sguardo turbato, come se avesse visto anche lui Elrond in quella cella.
« Continuo a fare questo incubo da giorni. All’inizio non riuscivo a ricordarlo ma ormai, inizia ad essere difficile allontanarlo » confessai incrociando le braccia al petto per ricercare un po’ del mio calore corporeo.
Gandalf rimase in silenzio a guardarmi, invitandomi a riunire i miei pensieri, prima di esporglieli.
« Vedo Re Elrond, pallido, deperito … Una pallida ombra del Re di Imladris. Lui può vedermi e mi dice che non è sicuro che io resti con lui, che dovrei svegliarmi come se sapesse che è solo un sogno? Ma allo stesso tempo, non lo so Gandalf, è come se parlasse della realtà stessa? Sono così confusa … L’unico pensiero che mi rincuora è sapere che sicuramente è solo un incubo. Sogno Elrond da prima della battaglia, ma non è possibile, poiché Aragorn lo ha incontrato e stava bene. Era diretto verso Lòrien, per concludere le cure di Haldir e svegliarlo … » conclusi quasi addolcendo la mia voce alla fine. Non potevo fare a meno, di ritrovare un po’ di felicità e calore all’idea che il mio migliore amico era salvo. Se fossi sopravvissuta a quell’ultima battaglia, avrei potuto rivederlo.
« Gandalf io, come sono arrivata a Gran Burrone? Ricordo Brea, ricordo dell’incontro con te e Bilbo. Mi ero probabilmente no? Ma prima di allora … i ricordi sono così confusi che non hanno alcun senso … » domandai infine dopo qualche minuto di silenzio da parte dello stregone.
« Tu mi stai chiedendo di dirti, da dove vieni » mormorò lui spostando lo sguardo ancora più lontano dell’orizzonte, dove i miei occhi non potevano seguirlo.
« Esatto, perché negli ultimi anni, ho sempre tralasciato il pensiero, non ho mai avuto desiderio di tornare, e sapevo che mi avevi richiamato qui assieme a Re Elrond perché avevo una missione da compiere ma … Dal giorno delle visioni nella Sfera di Anor io non ne sono più sicura, mi chiedo se forse non ci sia di più.
Gandalf cosa significano tutti questi dubbi? Sto forse impazzando come Denethor? » domandai poggiando istintivamente una mano al petto dove sapevo avrei trovato Aiantcuil. Forse, se avessi bevuto dalla goccia di Mithril tutto avrebbe ritrovato un senso.
A distogliere completamente la mia attenzione e a distruggere anche il mio malumore, fu la risata sommessa che sfuggì dalle labbra dello Stregone di fianco a me.
«Impazzire, come Denethor… Tu… che sciocchezza » bofonchiò coperto dai colpi di tosse causata dalla mesta risata, mentre io mi voltavo a guardarlo, senza neppure riuscire ad irritarmi come avrei voluto.
« Gandalf sono seria » dissi stringendo le labbra in una linea sottile. Il vecchio si voltò verso di me, con un’espressione che gli avevo visto in volto mille volte, durante i pomeriggi a prendere il tea a casa Baggins.
« Amica mia, dubiti forse delle mie azioni? Credi che questo vecchio, oramai non sia più affidabile nelle sue decisioni? » domandò lui confondendomi ulteriormente.
« Cosa? No certo che no, mi fido di te più di chiunque altro Gandalf, lo sai » risposi immediatamente avvicinandomi al Bianco Stregone. Certo il nostro rapporto era cambiato rispetto a quando lui era stato “Il grigio” avevo temuto che anche il suo rispetto nei miei confronti fosse diminuito, temevo spesso di averlo deluso irrimediabilmente. Ma per me niente era cambiato davvero, era sempre Gandalf. LA mia guida, il mio pilastro in quella Terra, come da sempre, era anche stato Elrond.
« Allora perché dubiti delle mie scelte? Non ricordi forse, che sono stato io a sceglierti amica mia? »
« Sì certo ma … Non ti penti forse, adesso, della tua decisione? » mormorai abbassando lo sguardo, vergognandomi persino, come una figlia che sapeva di avere la disapprovazione del proprio genitore.
« Io? Nemmeno per sogno, sei cresciuta ben oltre ogni mia aspettativa. A volte non approvo le tue scelte, e quindi? Valanyar, mia cara » iniziò poggiando una mano sulla mia testa, come si fa con un cucciolo di cane « Ti ho scelta perché volevi vivere un avventura, perché avevi la stoffa per farcela e guarda dove ci ha portato! Non dubitare di te mia cara, perché io non lo faccio neppure per un istante. Sono fiero di te, il fatto che a volte i nostri pensieri siano contranti, sono una consolazione per me. Non era di un burattino che aveva bisogno la Terra di Mezzo, ma di un eroe » disse lui scompigliandomi i capelli con affetto.
Arrossii ulteriormente, alzando lo sguardo per guardarlo attraverso la coltre di capellic eh mi aveva fatto ricadere sul viso, imbarazzata da quella sua ammissione di palese affetto « Io non sono un eroe » mormorai mordendomi il labbro inferiore.
Gandalf sorrise, come faceva un tempo, quando era ancora il Grigio Pellegrino « Sono certo che il giovane Frodo, dirà queste stesse parole, quando verrà etichettato come tale » commentò con disinvoltura, prima di alzarsi a fatica, come se le sue giunture fossero rimaste ferme troppo a lungo.
« Adesso se vuoi scusarmi, credo che andrò a dormire. Sarebbe da sciocchi restare svegli in due, tu goditi il silenzio della notte e che esso, possa portarti consiglio » aggiunse in uno strano saluto, allontanandosi con passo incerto, come se avesse bisogno veramente del suo bastone per muoversi.
Sorrisi a quella vista, pensando a quanto in fin dei conti, tutta la compagnia era cambiata, senza in realtà, cambiare affatto.
 
 
 
Passai forse ore,ad osservare il cielo cercando in loro delle risposte, poiché quella sera le stelle sembravano brillare con più intensità.
« Quale pensiero rattrista il tuo sguardo amica mia? » domandò una voce che oramai avevo imparato a riconoscere fin troppo bene.
« Pensavo alle mie origini » mi voltai verso Legolas che aveva preso posto nel tronco, seduto accanto a me  « mi chiedo se alla fine di questo viaggio, ci si aspetti che io torni a casa. »
« Cosa intendi dire? »
« Sai da dove vengo? » domandai voltandomi verso di lui con un sorriso mesto.
I capelli di Legolas erano stranamente sciolti, nessuna treccia li tratteneva e il vento li faceva volteggiare liberi intorno al suo viso, dandogli un’area eterea.
L’elfo corrucciò leggermente le sopracciglia, in un’espressione confusa mentre i suoi occhi incontravano i miei, mi chiesi distrattamente come dovevo apparirgli, se anche io gli apparivo irraggiungibile come lui sembrava a me.
« So che sei stata richiamata da un antico incantesimo. Valacen è il tuo nome, colei che parla in nome degli Dei … Ma da molto sei solo Valanyar di Imladris facente parte della Reale famiglia di Elrond e sorella di Aragorn figlio di Arathon ed erede al trono di Gondor » rispose mimando la risposta che diedi a Ombromanto settimane prima, mentre viaggiavo in solitario assieme a Legolas.
Sorrisi nuovamente, sentendomi riscaldare quasi come con un abbraccio a quelle parole.
« Temi forse di fallire? Come mi raccontasti tempo fa? Temi di svanire portando con te i ricordi che abbiamo assieme? » mormorò mentre attorno a  noi, la notte si fece più buia. Era più facile, ora che sapevo dei sentimenti di Legolas, comprendere fino in fondo perché la sua angoscia si manifestasse anche nella natura attorno a lui.
« No, tutt’altro » dissi poggiandogli una mano sul braccio, cercando di rincuorarlo con quel semplice contatto. Funzionò, il vento che ci sferzava il viso tornò ad essere caldo e gli alberi attorno a noi, ripresero a muovere pacatamente le loro chiome. « Semplicemente, mi sono affezionata a questa terra e alle sue persone, e forse non ricordo bene cosa mi attende a “casa” ma... vorrei che questa fosse casa mia. La verità Legolas, è che ho paura di finire questo viaggio, perché temo che alla fine, mi venga chiesto di andarmene. Ed io non voglio » confessai quasi con vergogna mentre spostavo il mio sguardo sull’orizzonte buio.
Mi sentivo una sciocca a confidarmi a quel modo con Legolas. Era un elfo vissuto migliaia di anni, ed anche io avevo una certa età, eppure non potevo fare a meno di sentirmi turbata.
« Stai iniziando a far crescere lo stesso timore nel mio cuore Valanyar, non voglio separarmi da te » mormorò l’elfo mentre io sentivo la sua voce farsi più flebile, quasi trovasse quei pensieri inopportuni. Sentii il petto scaldar misi dall’imbarazzo e dal piacere che mi dava nel sentire Legolas esprimere quei sentimenti verso di me. Forse era confuso sul nostro rapporto come lo era io, ma non potevo negare quanto fosse piacevole sentirgli dire che non voleva separarsi da me.
Sorrisi nuovamente, certa del rossore sulle mie guance, ma finsi un brivido, sperando che così l’elfo lo conducesse al freddo della notte.
« Ma il viaggio dovrà comunque concludersi prima o poi, abbiamo una missione » dissi incrociando meglio al petto le braccia.
« E se invece non accadesse? Se questo timore che ora ti confonde, non fosse nient’altro che una menzogna. Cosa farai? » domandò Legolas.
Mi voltai nuovamente a guardarlo poiché probabilmente lui non sapeva quanto a spaventarmi maggiormente, fosse proprio la sua esistenza. Sarei riuscita a sopravvivere al dolore di perdere la mia famiglia per sempre? Forse.
Non rivedere quella meravigliosa terra, mi avrebbe creato una nostalgia insopportabile ma lui … Lui era al centro dei miei desideri più di ogni altra cosa, avrei potuto sopportare un cuore spezzato per non rivedere più Faramir e gli altri, altri meravigliosi paesaggi avrebbero potuto colmare il mio vuoto per quelli persi ma lui… dove avrei mai potuto ritrovare una creatura simile a Legolas ?
E non perché il nostro rapporto si era evoluto in modo così strano, o perché lui fosse meraviglioso ed etereo, più di qualunque altro elfo che io avessi mai conosciuto.
Ma bensì, perché ogni suo sguardo mi scaldava il cuore, e ogni suo tocco faceva aggrovigliare il mio stomaco come una bambina alle prima armi. Se si soffermava troppo a lungo tra i miei pensieri, avrebbe potuto farmi passare un’intera notte insonne, senza che poi  io potessi risentigliene.
« Non mi permetto di indugiare a lungo su questo pensiero, o finirebbe con l’avvelenarmi » risposi infine con la voce che mi si spezzava, poiché senza rendermene conto, le lacrime si erano raccolte nei miei occhi,  ora rotolavano libere sulle mie guance.
« Valanyar »mormorò Legolas allungando due dita, e raccogliendo l’ultima goccia che scappò dalle mie palpebre.
« E poi ti ho fatto una promessa ricordi? » mormorai certa che il mio viso stesse andando a fuoco mentre le sue dita permanevano sulla pelle del mio viso, carezzandomi delicatamente come se fossi fatta di cristallo e nono osasse trattenersi a lungo.
« Certo che sì, ti ho legata ad essa, come potrei dimenticarmene? » rispose lui con voce calda, che però mi provocò un brivido lunga tutta la spina dorsale.
Restammo a lungo così, scambiandoci sguardi confusi e sorrisi sinceri, grati per la reciproca compagnia, fino a quando l’alba non sorse e i miei timori erano scomparsi, allontanati senza che me fossi resa conto, dalla semplice presenza di Legolas.
 
 
 
 
 


 
Riprendemmo il cammino, solo per poi fermarci in un nuovo accampamento di fortuna, due giorni più tardi, poiché una riunione d’emergenza fu richiesta dal nuovo, anche se non ufficiale, Re di Rohan.
« Il morale degli uomini Aragorn è basso, dovremmo fare qualcosa i dubbi sono pericolosi, come una mela marcia in un paniere » commentò Éomer affacciandosi dalla tenda e richiudendola dietro di sé quando ebbe finito di osservare gli uomini, che allestivano l’accampamento di fortuna.
« A forza di starti vicino, adesso anche questo biondino parla per indovinelli » sbuffò Gimli dandomi una gomitata nelle costole per attirare la mia attenzione.
« Ma la sua è una giusta osservazione Mastro Nano, Éomer teme che gli uomini che non hanno più fiducia in se stessi, possano contagiarne altri. E un esercito pieno di soldati dubbiosi è un pessimo esercito per iniziare una guerra » gli spiegai scambiandomi uno sguardo complice, con il giovane Rohirrim.
« E non poteva dirlo così? Invece di tirare in ballo le mele? » borbottò il nano strappandomi un mezzo sorriso.
Quando infine anche Legolas e Faramir giunsero, eravamo quasi tutti all’appello, tranne il Principe Imrahil che era rimasto con i suoi uomini, per presidiare i confini mentre gli altri soldati montavano le proprie tende.
I problemi che furono scorti tra le file dell’esercito ricco di alleati, ma non di braccia, furono molti; mentre le soluzioni furono ben poche.
Ognuno dei presenti aveva dubbi differenti e nonostante l’ottimismo di Aragorn, gli animi non si abbonirono.
« Gandalf avremo bisogno di aiuto contro le bestie alate dei nazgûl » commentai voltandomi verso il Bianco stregone ben intenta a portare la discussione verso un problema, per la quale potevo proporre anche una soluzione.
Mithrandir si voltò verso di me, aspirando lentamente dalla sua lunga pipa, per poi espirarne il fumo, come un gatto che si stava sollazzando al sole e sapeva di avere tutto il tempo del mondo.
« Stai pensando a Radagast non è vero? Riponi molta fiducia nel Bruno stregone » mormorò il vecchio, accennandomi un breve sorriso e concedendomi uno sguardo più lungo della sua frase, come se stesse cercando di leggermi dentro.
« Il Bruno Stregone? » ripeté Legolas di fianco a Gimli, si voltò a guardarmi oltre la testa del nano.
« Mio padre non ha una buona opinione di lui, si dice che il suo metro di morale sulla vita degli abitanti della terra di mezzo sia un po’ rotto » tentò l’elfo inclinando leggermente il viso, come un cucciolo confuso dinanzi a quella parola così fuori luogo, quando ci si riferiva ad un grande stregone.
« Di che diamine sta parlando orecchie a punta? » borbottò nuovamente il nano affianco a me. Non capivo perché Gimli si ostinasse a bisbigliare come se parlasse solo con me, dato che il tono della sua voce era talmente forte da permettere  tutti i presenti di udirlo alla perfezione.
« Radagast è uno Stregone dei boschi, se dovrà scegliere se salvare la vita a te o ad un coniglio. Beh sceglierà il coniglio » risposi semplicemente mentre il nano strabuzzava gli occhi, strozzandosi con il fumo della sua stessa pipa.
« Un coniglio?! » esclamò oltraggiato.
« Non prenderla sul personale Gimli, ognuno ha una preferenza diversa sull’importanza degli esseri viventi. Stregoni come Radagast sono molto importanti per l’equilibrio del mondo » dissi mentre gli davo delle leggere pacche sulla schiena, per aiutarlo a riprendere in fretta il regolare ritmo del suo respiro.
«Sì ma, un coniglio? » ripeté nuovamente il guerriero, scuotendo poi la testa e iniziando a borbottare tra sé e sé su come gli Stregoni fossero tutti pazzi, a modo loro.
« E tu credi che sarebbe disposto a venire in nostro aiuto? » mi domandò Éomer attirando la mia attenzione.
« Lui? Assolutamente no, ha ben altro a cui pensare, ma magari potrebbe aiutarci a chiedere aiuto alle Aquile » proposi mentre Gimli mi guardava di sottecchi.
« Altri animali parlanti, bah. Mio padre però diceva che le aquile sono molto intelligenti, hanno già aiutato il nostro popolo una volta … ma sono molto orgogliose » concluse lisciandosi la barba con una mano. Perlomeno, sembrava essersi momentaneamente dimenticato, della faccenda del coniglio.
« Come tutte le creature della Terra di Mezzo » commentò Gandalf ottenendo il mio totale sostegno, mentre mi scambiavo uno sguardo divertito con lo stregone.
« Non so molte cose, Éomer cavaliere di Rohan, ma una cosa credo di averla imparata, se Valanyar ha un suggerimento, per quanto follo, seguirlo, è sempre la scelta migliore. » concluse mentre il giovane biondo annuiva, concordando con lui, sotto i vari aspetti. Soprattutto in quello, in cui le mie idee venivano definite delle vere e proprie “follie”.
 
 
« - e quindi alla fine Aragorn ha deciso che faremo una breve sosta per portare tutti coloro che non sono sicuri dell’impresa al cento per cento, a presidiare quella Fortezza » conclusi riassumendo anche gli ultimi attimi della riunione a Imarahil.
« Mi sembra un buon piano » concordò lui osservando però come me, il numero esiguo di soldati a nostra disposizione « Tu credi nella riuscita di questa impresa non è vero Valanyar? » domandò lui con uno sguardo carico di rammarico. Forse anche lui, si pentiva della sua decisione di seguire Aragorn, così facendo aveva condannato i suoi uomini al suo stesso destino, poiché nessuno di loro si era tirato indietro, quando il futuro Re di Gondor glielo aveva chiesto.
« Ne usciremo vittoriosi » confermai concedendogli uno dei miei migliori sorrisi, e sperando così, di restituirgli un po’ di speranza.
« Comandante! …  Comandante!? … Capitano?! … Capitano! »
« Sai credo che quel soldato ce l’abbia con te » mi fece notare Imrahil, costringendomi a voltarmi verso sinistra da dove proveniva il richiamo.
« Oh Galahad » lo salutai stupita « Mi stavi chiamato? Non ti ho udito » dissi spostando lo sguardo velocemente verso il Principe e congedandomi da lui con un cenno d’assenso, per andare incontro all’uomo che era appartenuto all’avanzata di Hirluin.
« Abbiamo percorso quasi tutto l’accampamento assieme, se non avessi avuto modo di conoscere la verità, vi avrei creduto più sordo del vecchio Forlong » disse il giovane senza però risparmiarmi di un sorriso.
« Perdonami dovevo avere la testa da tutt’altra parte »
« Vi ho chiamata, comandante, e poi capitano. Forse preferivate un altro termine di carica? In fin dei conti siete la sorella del futuro Re » disse lui portandosi una mano sotto il mento e grattandosi distrattamente la barba che aveva iniziato a crescere, non potendosela più fare da giorni.
« Oh assolutamente no » dissi trovando ancora strano, che nessuno degli uomini avesse battuto ciglio nella rivelazione che fossi una donna. Gli uomini di Forlong era comprensibile, il vecchio panzone era stato una tale caricatura da vivo, che chiunque altro appariva fin troppo nella norma. Ma anche gli uomini di Pinnath Gelin non avevano avuto nessuna rimostranza, forse qualche chiacchiera di sottofondo ma nessuno mi aveva guardato in modo diverso. Considerando quanto avevo imparato essere Gondor maschilista, mi pareva impossibile.
« Quindi comandante va bene ? » tentò Galahad nuovamente abbassandosi leggermente all’altezza del mio viso, per richiamare la mia attenzione, che si era nuovamente spostata altrove.
« In realtà preferirei solo Gwend ? » tentai passandomi una mano tra i capelli imbarazzata « Non ho alcun diritto di appropriarmi di un titolo simile, non ho mai combattuto in vere guerre se non nell’ultimo anno o una decade fa, ma ero sotto il comando di Boromir, quindi mi sentirei inappropriata a rispondere ad un tale ruolo di comando »
« Quindi, solo Gwend? » tentò di nuovo di precisare lui mentre io annuivo, accennandogli un sorriso.
« Posso farti anche una domanda Galahad? » dissi camminando insieme a lui, per tornare nella part sud-est dell’accampamento, dove sostavano i miei uomini.
« Certamente »
« Come è possibile che abbiate preso così bene la notizia che sono una donna? Senza offesa, ma da Rohan sono stata letteralmente esiliata appena il fatto è stato scoperto, e ho vissuto a Gondor abbastanza a lungo da sapere, che non siete una nazione così avanzata come vorreste fare credere » dissi probabilmente con più acidità di quanto quel singolo soldato meritasse. Galahad era un giovane di bell’aspetto, doveva essere sulla trentina e i capelli erano castano scuro, la mascella squadrata mi ricordava quella del suo ex comandante: Hirluin. Anche se la bellezza di quest’ultimo era stata di gran lunga superiore, soprattutto a causa dei loro occhi. Lo sguardo di Galahad ricordava molto quello di un cucciolo di labrador, con gli occhi tondi e le iridi scure, pareva un personaggio che non avresti mai associato con un combattente, ma semmai con un “pezzo di pane”.
« Il nostro Signore ce lo disse quasi subito, uscito dal consiglio, giunse da noi proclamando che si era innamorato e che per nostra fortuna, il nostro futuro regnante era perfino una donna! E per questo avrebbe avuto un erede » il soldato sorrise, abbassando lo sguardo sui suoi piedi, come perso nel ricordo « Il nostro Signore, è sempre stato un grande uomo, un po’ eccentrico forse ma non potevamo chiedere di meglio. Suo padre aveva avuto tutt’altro modo di insegnare,e come i regnanti precedenti aveva usato la mano di ferro su tutta la sua popolazione. Non era un cattivo sovrano sia chiaro, solo era uno come tanti altri.
Ma quando arrivò Hirluin, fu come l’arrivo della primavera dopo un rigido inverno. A differenza dei suoi padri lui fu un vero Signore. Abbassò le tasse, istituì giorni di riposo ed emise un nuovo decreto, uno che cambiò la nostra vita in meglio. Lo definì “Un diritto alla vita”, vietò che nel suo dominio chiunque morisse di fame, ognuno doveva aiutarsi a vicenda e se non potevamo farlo tra di noi, saremmo dovuti andare a chiedere asilo a lui e la cosa che ci stupì davvero, fu che Hirluin fu sempre pronto ad intervenire, a sporcarsi le mani nei campi con noi, a combattere in prima linea se venivamo attaccati, ad ospitare bambini rimasti orfani nel proprio castello … »
« Non sapevo che sotto il suo carattere così eccentrico, nascondesse così tante qualità » mormorai quasi vergognandomene, poiché io per prima ero stata così pronta a giudicare quel giovane regnante che tutti etichettavano semplicemente come “il bello”.
« Forse è per questo che ci è stato portato via. Anche i Valar volevano  graziarsi della sua bellezza » mormorò Galahad, permettendomi finalmente di comprendere  le vere origini di quel sopranome.
« Ma per rispondere alla tua domanda, chi credi che sia rimasto a proteggere Pinnath Gelin? Perché così tanti di noi hanno potuto rispondere alla chiamata di Gondor, nonostante le perdite che tutti stiamo subendo? Non posso parlare per gli uomini di Lossarnach, ma per quanto ci riguarda, è da quando Hirluin a preso le redini del nostro paese che nessuno si permette più di guardare dall’alto in basso una donna. ¹» sorrisi insieme a lui, rimpiangendo di non aver mai visitato il suo paese in tempo di pace. Sarebbe stata sicuramente un’esperienza molto più costruttiva.
« E comunque, chiunque ti abbia vista combattere, non oserebbe mettere in dubbio il tuo valore. Sempre che non desideri rimetterci la pelle » aggiunse ridacchiando.
Continuammo a parlare del più e del meno, sorprendendomi di quanto fosse facile interagire con quegli sconosciuti, che avrebbero per sempre avuto uno spazio tutto loro nei miei affetti.
Giungemmo dinanzi alla lieve brace che avrebbe dovuto riscaldare quella sezione di accampamento, che tutti gli uomini erano già stati radunati. Sorrisi ad ognuno dei presenti, felice di rivedere nei loro occhi, uno sguardo altrettanto amichevole.
Non volevo permettere che nessuno di loro soffrisse più del necessario, nessuno di loro doveva più morire in nome di Gondor o di una giusta causa, non se io avessi potuto impedirlo. E così, iniziò una nuova riunione, tutta nostra.
 
 
 
 
 
 

 « Ho ascoltato la tua discussioni con gli uomini di Hirluin e Forlong, se posso dire la mia, il tuo piano fa acqua da tutte le parti » mi si avvicinò Legolas prendendomi completamente alla sprovvista, ma riuscii ad impedirmi saltare letteralmente sul posto dallo spavento. Maledetti passi felpati da elfo.
« Legolas non si origliano le conversazioni altrui » ribattei prima di strozzarmi con la mia stessa saliva, ricordando ciò che io avevo fatto giorni addietro, ascoltando allo stesso modo la confessione dell’elfo di Bosco Atro.
Tossii leggermente, cercando di scacciare il mio imbarazzo, assieme alla mia prematura dipartita.
« Non è questo il punto. Hai degli uomini, sfruttali, che senso ha tenerli nelle retrovie per proteggerti da lontano? » ribatté lui ignorando completamente la mia affermazione e spostandosi dinanzi a me, così da impedirmi il cammino.
« Sai bene quanto me che non è il numero a fare la differenza contro un nazgûl il suo alito nero riuscirebbe a riempire il terrore di tutti gli uomini che mi affiancherebbero »
« E tu forse sei immune a quella paura? Eri totalmente a pezzi quando ci siamo rivisti nei Campi Pelennor, non puoi permetterti di affrontarlo da sola, ti schiaccerebbe! » disse senza curarsi di coloro che avrebbero potuto udire la nostra conversazione. Non era da lui mostrarsi agitato a quel modo, eppure stava succedendo di nuovo, per la seconda volta in pochi giorni.
« Non hai fiducia in me Legolas? Credi che non possa farcela? » lo accusai sapendo, che il mio era un colpo basso. Lo avrei costretto a mettere in dubbio le mie abilità come combattente e sapevo che l’elfo, non avrebbe mai fatto niente di simile, poiché riconosceva appieno la mia bravura con le lame. Stavo sfruttando quella debolezza, per impedirgli di esprimere appieno le sue preoccupazioni.
« Non è questo, ma sei sempre stata troppo avventata.  Dovresti riflettere di più su ciò che i tuoi passi stanno per fare » ribatté lui stringendo i denti. Avrebbe voluto aggiungere altro ne ero certa, ma si stava trattenendo perché sapeva che altrimenti lo avrei cacciato nuovamente in malo modo, come era successo a Minas Tirith. Iniziava a conoscermi Legolas, meglio di quanto potevo veramente apprezzare, mi spaventava sapermi così esposta con lui.
« Non sono avventata, agisco d’istinto e fino ad ora, non mi ha mai fallito » ribattei spostando lo sguardo oltre la sua spalla per non essere costretta ad incrociare i suoi occhi. Sapevo che altrimenti, vi avrebbe scorto tutta la paura che in realtà mi attanagliava il cuore, all’idea di affrontare nuovamente Khamûl.
« Fino ad oggi , ma prima o poi la tua scelleratezza ti costringerà a correre in aiuta di qualcuno che non puoi salvare e sarà la tua condanna » soffiò l’elfo irrigidendo la mascella. Sapevo che quelle parole, facevano male anche a lui, non solo a me, ma era comunque un boccone amaro da mandare giù, quello che la mia vita, sarebbe dovuta valere più di coloro che mi avevano dato la loro completa fiducia.
« Potrei morire anche se me ne restassi in un cantuccio nascosta. Possiamo tutti morire Legolas. Lo sai meglio di me … Che differenza vuoi che faccia? » domandai ferita alzando finalmente lo sguardo nel suo. Ma quello che trovai mi stupì, poiché non vi era alcuna rabbia, solo un immenso dolore.
« Fa differenza … la fa per me. Io, non posso permettere che tu muoia »  mormorò quasi in un sussurro l’elfo, con gli occhi che gli brillavano come se fossero invasi da delle lacrime nascoste « Non posso permetterlo » sussurrò nuovamente « Ne morirei anche io Valanyar » concluse incorniciando il mio viso tra le sue mani mentre mi inchiodava sul posto con i suoi occhi e il mio battito cardiaco si impennava in una folle corsa sotto il suo tocco.
« Io- » balbettai guardandolo e dimenticando per un attimo che eravamo ancora nel bel mezzo dell’accampamento «Legolas tu … io-» tentai nuovamente in modo sconclusionato mentre le labbra dell’elfo si pegarono in un sorriso così dolce, che sentii le gambe tremare sotto quel peso.
« Io sono innamorato di te mia signora, mi sono innamorato di te, come si fa per addormentarsi, prima lentamente, e poi, profondamente e perdutamente. » confessò come se non esistessimo nient’altro che noi in quel momento.
Avrei voluto fingere stupore, ma lo avevo sospettato, come potevo non averlo fatto? La discussione tra lui e Aragorn aveva lasciato ben poco spazio al fraintendimento ma forse, non mi ero mai aspettata che quell’elfo, sempre così stoico ed orgoglioso, si confessasse proprio con me, una mortale così mediocre ed avventata.
« Ma Legolas noi non possiamo, Sauron -» balbettai a caso « La guerra- » tentai cercando un filo conduttore tra i miei pensieri, ma riuscivo solo a sentire il mio cuore stringersi in una piacevole morsa dinanzi alla sua dichiarazione.
« Noi mia signora? » ribatté invece lui cogliendomi di nuovo di sorpresa ed addolcendo ulteriormente il suo sorriso « Vi è dunque un noi? » aggiunse avvicinando il suo viso al mio mentre continuava a tenere le mani sulle mie guancie, impedendomi così di fuggire dal suo sguardo indagatore.
Annuii. Sentendo le guance andarmi a fuoco, e il cuore battermi così forte nella cassa toracica da rimbombarmi nelle orecchie. Passai la lingua sulle labbra secche, cercando di inumidirle per sciogliere un po’ della mia tensione, ma sentendomi solo avvampare ulteriormente, quando lo sguardo di Legolas,si spostò sulla mia bocca.
« Allora per adesso, questa consapevolezza mi basterà. » mormorò allontanandosi di un passo e facendo scivolare le sue mani dalle mie guancie alle mie braccia, fino a prendere le mie mani nelle sue. « Non vedo l’ora che questa tua avventura si concluda Valanyar di Imladris, così che potremmo iniziarne una solo nostra »
« E’ una promessa? » sussurrai rendendomi quasi ridicola, ma senza poter fare  ameno di cercare di stemperare la situazione, o ero certa che sarei potuta morire proprio ora, proprio lì ed in quel momento, sotto lo sguardo così amorevole di Legolas.
« E’ una promessa » confermò lui stringendomi un’ultima volta le mani, prima di lasciarmi andare.
 


 
 
 
 
 
Quando giungemmo finalmente in vista del nero cancello, gli umori di tutti iniziarono ad incupirsi.
Aragorn viaggiava in testa, al centro della prima fila, alla sua sinistra vi era Legolas che portava anche Gimli e accanto all’elfo Gandalf con Pipino, io viaggiavo alla sua destra sopra Bucefalo, accanto a me vi era Faramir e poi Éomer.
Il cavallo sotto di me sbuffò ed io gli concessi una pacca amichevole sul collo, sperando di rincuorarlo, sarebbe stata, si sperava, la nostra ultima battaglia assieme.
« Dove sono? » mormorò l’unico hobbit presente poiché Merry era stato costretto a restare a Minas Tirith, sotto le cure della guaritrice di Gondor.
« Che il Signore della Terra Nera venga avanti! Che giustizia sia fatta su di lui! » urlò quindi Aragorn. La sua voce risuonò nell’arido terreno dinanzi al nero cancello, come portata dal vento.
Per qualche minuto, non accadde nulla, poi si udirono dei colpi di frusta ed infine, la porta dell’inferno si aprì, ma non si spalancò, bensì un messaggero uscì da quella terra maledetta.
« No fidatevi delle sue parole, saranno solo menzogne per farvi cedere alla paura. Fidatemi di me, non delle sue prove » dissi mentre Aragorn mi invitava andare con lui e la piccolo comitiva di condottieri, verso La Bocca di Sauron.
« Il mio padrone, Sauron il Grande, vi porge il benvenuto. Vi è qualcuno in questa folla con l’autorità di trattare con me? » salutò la creatura non appena fummo a portata d’orecchio.
Le sue apparenze erano disgustose, una strana corona di metallo,che ricordava la torre dell’occhio in miniatura e poi nel suo volto nient’altro, se non per un’enorme bocca dai denti acuminati come piccole spade.
« Noi non veniamo per trattare con Sauron, infedele e maledetto. Dì questo al tuo padrone: le armate di Mordor devono disperdersi. Egli deve lasciare queste terre e non farvi ritorno » rispose Gandalf mentre Ombromanto si agitava sotto di lui, scalciando nervosamente.
“ Non mi piace per niente” lo udii dire “ Puzza di morte, e di qualcosa di peggiore “ mormorò il bianco cavallo tra i miei pensieri, mentre io continuavo distrattamente ad accarezzare il collo di Bucefalo certa che si sentisse nervoso, almeno quanto il cavallo sulla quale procedeva Mithrandir.
« Ah! Vecchio Barbagrigia. Ho un pegno che mi è stato ordinato di mostrarvi. » disse l’essere dall’enorme bocca, prima di tirare fuori la maglia di Mithril che tutti noi, riconoscemmo come quella di Frodo.
Non attesi oltre, mentre Pipino si apriva in un’espressione di dolore, seguito da Gimli.
« Il Mezzuomo era caro a voi, vedo. Sappiate che ha sofferto grandemente per mano di chi l’ha ospitato. Chi avrebbe detto che un essere così piccolo potesse sopportare tanto dolore? -» iniziò dunque la Bocca di Sauron, cercando di fare appello all’amore che i miei compagni provavano verso Frodo, per condurli alla disperazione.
« Taci vile creatura, poiché io conosco la verità. Ve lo siete fatto sfuggire, da sotto il naso … Dimmi quante frustate hai ricevuto dal tuo padrone per essere stato tanto stupido? » sibilai facendomi avanti, mentre Bucefalo ubbidiva al mio comando come se potesse percepire la sicurezza nelle mie parole, e volesse rendermi fiera di lui, guardando la morte dritta in faccia.
« Tu sai che non puoi ingannarmi con le tue bugie io conosco la storia del mondo » dissi drizzando un po’ di più la schiena e sperando di riuscire ad infondere un po’ di coraggio nel cuore dei miei amici.
Gli ultimi uomini delle Terre libere erano rimasti con noi, e ci avevano accompagnato fino alle porte della Morte, non potevamo permettere che ci vedessero vacillare ora.
« Julwanavun² » mormorò la bocca di Sauron prendendomi alla sprovvista. Era lo stesso nome, con cui mi aveva chiamato il nazgûl durante l’assedio della città Bianca. « Mi è stato molto parlato di te, ti farà piacere sapere che i tuoi peggiori incubi sono solo una realtà … Tu vorresti forse salvarli? Sei solo una sciocca, e per la tua stoltezza, tutti coloro che ami ne pagheranno le conseguenze. O sì, il mio padrone ha dei piani per te, prevedranno il più lento e doloroso tormento. Soffrirai e supplicherai, fino a quando non sarai tu stessa a toglierti la vita, infrangendo tutte le tue promesse » sibilò. E nonostante non avesse gli occhi, o almeno io non potessi scorgerli, mi sentii trafiggere dalla verità delle parole, come se sapessi perfettamente di cosa quella creatura stava parlando e di cosa sarebbe successo, se non fossi arresa lì, in quell’istante.
Il panico dovette affiorare nel mio sguardo poiché poco più in là, di fianco a me, Aragorn di mosse, spostandosi sull’altro lato della creatura serva a Sauron.
« E chi è costui? L’erede di Isildur? Per fare un Re non basta una lama elfica spezzata-» non gli fu permesso di concludere la frase, poiché il futuro Re , gli recise la testa dal collo con un unico fluido movimento, incrociando poi i miei occhi, con tutta la determinazione che aveva sempre posseduto, fin da bambino.
« Io non ci credo! » urlò guardandomi mentre Gimli bofonchiava qualcosa sulla fine delle trattative « E non lo farai neppure tu Valanyar. Frodo è vivo hai detto, e dunque, combatteremo » concluse prima di voltare il suo cavallo, ordinando a tutti noi di seguirlo, obbligandoci a rientrare tra le nostre file, mentre io cercavo di calmare il battito del mio cuore.
 
« Figli di Gondor, di Rohan, fratelli miei…  » iniziò Aragorn galoppando dinanzi a tutto l’esercito che dinanzi l’esercito che Mordor stava riversando nella terra antecedente, doveva apparire come un pugno di uomini « Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore. Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli Uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza. Ma non è questo il giorno! Ci sarà l'ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l'Era degli Uomini arriverà al crollo. Ma non è questo il giorno! Quest'oggi combattiamo! Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra vi invito a resistere, Uomini dell'Ovest! » concluse prima di partire alla carica, e come l’onda dello Tsunami, il silenzio avvolse il tempo, per uno, due, tre secondi ed infine … Un unico grido di battaglia emerse delle gole di tutti noi e ci tuffammo verso il nemico, pronti a seguire il nostro Re, fino alla morte.
La battaglia ci mise alle strette molto più in fretta di quanto avessi previsto, ma come nei miei migliori ricordi. Gli uomini tennero duro, ci spalleggiammo l’un l’altro, proteggendoci ognun i fianchi scoperti degli altri e dimostrando quanto un vero Re, fosse capace di unire tutti i regni degli uomini e non, sotto un'unica bandiera. Per la salvezza della Terra di Mezzo stessa.
E poi scesero in campo i nazgûl e tutto ciò per cui stavamo combattendo sembrò infrangersi contro un muro di pure terrore.
Il nuovo primo condottiero di Sauron, scese nella mischia mancando epr un soffio Éomer e presa dalla rabbia cieca corsi ad affrontarlo, poiché avrei permesso ai Valar di farmi tanti torti, ma non avrei mai permesso a Rohan di perdere un altro Re.
Éowyn non meritava di perdere suo fratello, io non meritavo di perdere un amico e gli uomini liberi non si meritavano di perdere un compagno tanto eroico.
«Combatti con me! Hai detto che sono io il tuo bersaglio no? Eccomi dunque! » urlai mentre Bucefalo si impennava dinanzi la bestia alata, soffiando contro la creatura come se i suoi zoccoli potessero qualcosa contro i denti affilati dell’avversario.
« Non potrai scappare da me Julwanavun non esiste mondo dove tu possa rifugiarti » sibilò il nazgul come se stesse per farsi una risata.
« Non ho idea di cosa tu stia parlando, io non sto fuggendo » ringhiai tra i denti stringendo un po’ più forte l’impugnatura delle mie lame.
« Ma lo farai, e quando succederà io ti inseguirò e ti troverò »
« Hai finito di chiacchierare o pensi di uccidermi prendendomi per sfinimento?! » urlai seccata invitandolo come una perfetta idiota a farsi avanti ed affrontarmi.
Il nazgûl sogghignò, accettando la mia sfida e scivolando giù dalla sella della bestia, mentre io facevo altrettanto da quella di Bucefalo. Il cavallo nitrì, evidentemente in disaccordo, ma io non volevo rischiare in alcun modo, che il mio amico finisse tra i denti della cavalcatura dello spettro.
 
 
« Gwend! Alla vostra destra! » urlò da dietro Faramir mentre io scartavo dunque nella direzione opposta lanciando un colpo con la spada alla cieca, senza però riuscire a colpire il mio avversario.
« Valanyar dietro di te! » udii Legolas vari metri più in là, ma mi fidai del suo giudizio mentre rotolavo in avanti, girandomi immediatamente con le spade incrociate, bloccando così il fendente del nazgûl.
Il mio fiato iniziava ad essere così pesante che temevo stesse venendo udito da vari metri di distanza.
Stranamente, nonostante i miei uomini ce la stessero mettendo tutta per sostenere la battaglia e il mio scontro privato, lo spettro non si rifaceva mai su di loro, restando sempre concentrato su di me.
« Sei forte Julwanavun ma non abbastanza, nessuna profezia è stata mai dettata a tuo nome. Perirai e sarà per mano mia, questa è l’unico futuro che potrai avere »
Le sue parole si iniettarono all’interno del mio spirito, come infinite schegge di vetro, la paura riaffiorò in superficie come se non avessi mai ritrovato il mio coraggio e il peso della sua spada sulle mie lame elfiche si fece sempre più pesante.
« Il mondo degli uomini finirà e tu, crollerai » disse alzando in alto la spada probabilmente pronto a scoccare il suo colpo finale, ma nello stesso momento in cui tentò di farlo, la sua stessa cavalcatura, gli fù lanciata addosso come una palla da bowling, rovinandogli addosso e seppellendolo sotto il suo peso, lasciandomi completamente illesa e stupefatta.
« Ma che diamine? » mormorai a mezza voce prima di alzare lo sguardo sulle decine di enormi ombre che ora ricoprivano il campo di battaglia dall’alto.
« Sempre hanno bisogno di aiuto gli umani. Mai che riescano a concludere da soli le loro guerre » udii l’aquila più vicina lamentarsi, prima di lanciarsi a tutta velocità contro un nazgûl e la sua bestia, combattendo con becco ed artigli come se la paura naturale dell’alito nero dei servi di Sauron, non potesse scalfirla.
« Le aquile! » urlarono gli uomini mente io osservando il cielo mi aprivo in un sorriso trionfante, c’eravamo quasi, avevamo quasi vinto, mancava così poco che avrei potuto sfiorarlo.
Mi voltai verso il Monte Fato nello stesso momento in cui Khamûl emerse dalla carcassa della sua bestia, ma non tentai di mettermi neppure in posizione difensiva, troppo presa dagli eventi all’orizzonte.
Alle sue spalle, il monte Fato prese ad eruttare e la nera torre che sosteneva l’occhio di fuoco, iniziò a sgretolarsi

 
 
 
 



Gandalf era appena salito su un’ aquila, i nemici correvano nella direzione opposta alla nostra  disperdendosi ovunque a vista d’occhio e  noialtri non potevamo fare altro che sorridere al cielo. Le nubi di Mordor si stavano disperdendo e nonostante l’eruzione del Monte Fato, nessuno di noi sembrava veramente preoccupato.
« E’ fatta » mormorai aprendo le braccia al cielo, mentre una lieve brezza mi scalfiva, portando via con sè tutti i dolori e le fatiche degli ultimi giorni.
« E’ finita » concordò al mio fianco Aragorn, salutandomi con un sorriso a trentadue denti, che ricambiai con la più assoluta sincerità.
« Gandalf troverà Frodo senza problemi? » domandò Legolas venendoci incontro da un centinaio di metri più in là.
Annuii, scambiandomi anche con lui un sorriso vittorioso « Avrà bisogno di cure, ne avranno bisogno sia lui che Sam. Ma sì… Andrà tutto bene» confermai facendo un passo verso l’elfo per andargli incontro, ricordando la promesse che ci eravamo scambiati e sentendomi quasi consumare dalla felicità.
E udendo quelle parole, il fato stesso la prese come una sfida, mentre un’enorme voragine si aprì ai miei piedi, facendomi cadere per vari metri prima che presa dal panico, riuscissi ad aggrapparmi ad una lieve sporgenza nel cratere appena apertosi.
Alzai lo sguardo verso il cielo, sentivo le urla di Aragorn e poco dopo, il ramingo apparve sull’orlo del baratro, sporgendosi con un braccio.
« Val grazie agli Dei, forza tirati su » mi incitò sporgendosi ancora di più mentre io abbassavo lo sguardo sotto di me. Lo feci per cercare un appiglio con i piedi ma invece, mi ritrovai in preda al pure terrore dinanzi alla vista dell’abisso senza fine.
« Non guardare in basso, guarda me, ehi andrà tutto bene. Forza cerca di raggiungere la mia mano » intervenne di nuovo la voce di Aragorn.
« Oddio »mormorai mentre sentivo la presa delle mie dita farsi sempre più debole, tentai un allungo, ma rischiai solo di perdere  la già precaria presa, mentre rialzavo gli occhi in quelli del ramingo.
« Dai Val puoi farcela prendi la mia mano »
 Il busto di Aragorn era quasi completamente oltre il burrone probabilmente in equilibrio precario mentre i capelli gli incorniciavano il viso, togliendola luce al suo sguardo mentre io tentavo di tirarmi su.
Fallii nuovamente non avendo abbastanza presa sulla roccia per issarmi, se solo fossi riuscita a trovare un altro appiglio forse...
Ma i miei piedi continuavano a dimenarsi cercando disperatamente qualunque tipo di sporgenza nella
parete innaturalmente liscia.
« Non osare lasciare la presa » sopraggiunse un altra voce che si sporse a sua volta il più possibile.
Legolas aveva un’espressione stoica in volto mentre stava probabilmente calcolando alla velocità della
luce quanto tempo mi rimaneva prima che le mie dita mi fallissero.
Provò a sporgersi ulteriormente ma rischiò solamente di capovolgersi finendo anche lui nel burrone, riprese l’equilibrio appena in tempo lasciandosi scappare un’imprecazione tra i denti.
« Legolas io posso sporgermi il più possibile mentre tu mi tieni dalle gambe d’accordo? Forza » propose il
futuro Re di Gondor mentre i miei mignoli perdevano la loro presa , e poi gli anulari...
«Aragorn » mormorai in preda al panico. L’uomo scosse la testa, cercando di richiamare le mie mani nelle sue, ma vi era almeno mezzo metro tra di loro ed io... stavo scivolando via.
« Sarai un grande Re, sono cosi fiera di te fratellino » mormorai mentre la mia mano sinistra perdeva la
presa, strattonandomi sempre più in basso.
« Valanyar! » gridarono disperatamente le due figure sopra di me.
« Legolas mi dispiace così tanto, avrei voluto ... avrei voluto poter mantenere quella promessa. Quella vita insieme, il provarci, sarebbe stato bello » confessai con le lacrime che già scorrevano lungo le mie guance.
« Ti ho detto di non osare! » urlò sporgendosi così tanto, che Aragorn fù costretto a tenerlo per la tunica, tirandolo verso di sé per impedire all’elfo di cadere con me.
«Ricordati di sorridere. Non diventare come tuo padre. Legolas io- » tentai prima che una voce facesse breccia tra i miei pensieri, tagliandomi il fiato in gola. Sembrava distante e lontana ma cosi familiare che attirò completamente la mia attenzione poiché apparteneva all’unica persona che avrebbe potuto  riportarmi alla lucidità.
« Devi andartene Valanyar è l’unico modo, devo proteggerti. Mi sei troppo cara figlia mia, torna a casa, lì sarai al sicuro » e sotto il peso di quelle parole , le ultime forze mi abbandonarono ed io, caddi nel vuoto.
Aragorn  e Legolas sopra di me gridarono il mio nome disperatamente ma alla fine il buio, mi inghiottì completamente.
 



 
 
 



 
« La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo³ »
 
 


 
 
 
 
 



 
« Svegliati! Dai tesoro svegliati! »
Aprii gli occhi di soprassalto, tirandomi a sedere con una velocità tale che la testa mi diede una fitta di dolore, confondendomi i sensi.
«Oh finalmente! Quanto avevi intenzione di dormire oggi è ragazzina ? Solo perché sei la festeggiata non vuol certo dire che puoi dormire fino a pranzo! Forza in piedi! »
Mi voltai verso la donna che mi stava parlando, era in piedi di fronte a me e mi guardava con un sorriso a trentadue denti. Il suo viso non mi risultò sconosciuto, le rughe attorno agli occhi gli concedevano uno sguardo più maturo ma anche infinitamente caldo. I suoi capelli castano scuro erano legati in una crocchia disordinata e dei ciuffi ribelli le ricadevano attorno al viso incorniciandoglielo, donandogli un’aria quasi giovanile.
« Mamma? » domandai con un filo di voce sconvolta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 









 
 
Pinnath Gelin¹ = una vera patria femminista? Ne dubito assai, ma dopo aver buttato tanto letame addosso ai regni della Terra di Mezzo, mi sembrava doveroso rendere almeno uno di questi posti un posto felice xD E avendo già modificato il personaggio di Hirluin a mio piacimento, ho pensato di fare la stessa cosa, anche con la sua patria.
Lasciatemi fare, mi ero affezionata al ragazzo T.T
 

Julwanavun²= per chiunque non se lo ricordasse, significa “Indesiderata” nella lingua Nera di Mordor.
 

La vita è un sogno dal quale ci si risveglia morendo³ = Citazione di Virginia Woolf
 
 





NdA parte 1 : Scusate. Scusate. E ancora scusate.
Lo so così non riesco nemmeno a  farvi godere la storia come si deve, e come meriterebbe, ma questa settimana è stata un inferno, ho trovato un altro lavoro e quindi mi sono dovuta mettere sotto e devo ancora abituarmi ai nuovi ritmi.
Mi dispiace davvero perché alla storia comunque ci tengo e sopratutti a voi che mi avete seguito con pazienza fino in fondo, non ve lo meritate un trattamento simile. Spero di riuscire a non dover più fare ritardi simili, anche se oramai, avrete smesso di credermi ^^’
 
Di positivo c’è che è quasi finita, quindi smetterò di stressarvi con le mie scuse.  Grazie soprattutto a siriusxme , Nemesis98 e Greenleaf che mi avete sostenuta e sopportata fino ad ora. Come avrei fatto senza di voi? Non avrei fatto, che se mi ritenete una schiappa così, sappiate che senza queste 3 io avrei mollato a metà strada di sicuro <3
Quindi grazie, grazie, grazie <3
 


NdA parte 2: Avete pianto? T.T Perché io ho pianto.
In realtà se non lo avete fatto è comprensibile, io sono solo triste perché è finita.
Beh non è finita - finita. Ma ci siamo capiti.
Nel prossimo capitolo, l’epilogo! Che pubblicherò venerdì prossimo senza posticipazioni folli di alcun tipo :) L’ho già scritto quindi a questo giro non dovrei fare la figura della bugiarda come al solito T.T
 
   
 
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