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Autore: BreathE    28/05/2021    3 recensioni
Valanyar è stata portata nella Terra di Mezzo da Gandalf per aiutarlo con il futuro della Compagnia dell’Anello e distruggere Sauron, ma aver letto un libro e vivere una vera avventura sono due cose completamente diverse.
Riuscirà a portare a termine il compito che le è stato affidato, oppure cadrà mutando per sempre il destino dei nostri eroi preferiti?
Tra cambiamenti di copione improvvisati e il mondo degli uomini che la crede un ragazzo, Valanyar cercherà di proteggere a tutti i costi la sua nuova famiglia mentre lotterà per il suo posto nel nuovo mondo.
*
Ragazza dei giorni nostri finisce nell’universo del Signore degli Anelli. Niente di più scontato.
PARING: Legolas/ Nuovo Personaggio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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▌ Capitolo 18  ▌
 
 











 
 
 
« […] In un’altra vita, sarò la tua ragazza
Manterremo le nostre promesse e saremo noi due contro il mondo.
In un’altra vita, farò in modo che tu possa restare
Così non dovrò dire che sei stato tu, ad andartene [...]»
 
_ The One That Got Away _ Katy Perry
 
 
 






 
 
Non partecipai alla liberazione dei morti.
Osservai da lontano Aragorn che rispettava il suo giuramento, nonostante il giudizio contrario di alcuni presenti.
Non me ne stupii, anche se non avessi già saputo che si sarebbe comportato a quel modo lo conoscevo troppo bene per non sapere, che ogni giuramento con lui veniva rispettato. Era un uomo d’onore.
Dopodiché, gli dissi di recarsi presso la casa della guarigione, o meglio a palazzo, nell’ala riservata a Boromir dove i curatori erano stati messi al riparo, lì avrebbe potuto aiutarli con la sua conoscenza e avrebbe potuto creare degli ospedali da campo più vicini ai tanti feriti di Gondor, senza dover affaticare i soldati a percorrere tutte quella strada.
Io restai assieme ai cavalieri di Éomer e agli uomini di Imrahil, per dedicarci all’unico compito oramai restatoci:
« Un ferito! »
« Anche qua, due soldati hanno perso coscienza! »
« Presto portate un carro abbiamo dieci cadaveri! »
« Questo non ce l’ha fatta »
« Neanche lui »
« Questi tre neppure »
« Altri cinque cavalieri di Rohan morti » dissi togliendo le dita al collo dell’ultimo soldato. I loro corpi erano ancora caldi, quindi li avevamo mancati per  poco, ma non avevo neppure più la forza di arrabbiarmi.
Nessuno di noi ne aveva più, oramai il conteggio delle perdite, andava avanti da ore.
« Gwend, sei a pezzi dovresti andare a riposarti » mi invitò gentilmente Éomer alla mia sinistra. Anche lui aveva appena chiuso gli occhi ad un fante di Minas Tirith, lo aveva trovato che respirava ancora, ma essendo costretti a dare la priorità ai feriti meno gravi non ce l’aveva fatta.
Il futuro Re di Rohan non aveva potuto fare nient’altro per quel giovane, se non, non lasciarlo morire da solo.
« Non credere che non sappia quanto sia stanco te ragazzino. Sono cinque giorni di marcia da Edoras a qui. Riposerò, quando anche gli altri potranno farlo » mi limitai a commentare portandomi di fianco a lui e osservando assieme le pianure che pullulavano di cadaveri.
« Erkenbrand, è rimasto indietro vero? » domandai con voce spenta mentre camminavamo lungo la distesa di corpi, aiutandoci a vicenda per spostare da una parte i nostri caduti.
« Sì, inizialmente voleva venire ma, sembra che tu gli abbia consigliato di seguire gli ordini del Re » rispose accennandomi un sorriso incerto. Non aveva ancora saputo di Éowyn quindi per lui adesso il dolore più grande riguardava suo zio e considerando le perdite subite da Rohan mi sembrava un peso sufficiente.
Speravo che non mi avrebbe portato rancore, una volta scoperte le condizioni di sua sorella. Sapevo che Éowyn era forte, e non era in pericolo di vita in modo imminente. Ma era tutto ciò che era rimasto ad Éomer.
« Mi chiedo se sia riuscito ad impedire la fuga di Saruman » soppesai voltandomi verso Isengard anche se da dove eravamo, non potevamo scorgerne neppure l’alta torre.
« Forse gli hobbit gli daranno un filo da torcere migliore di quel che pensi » commentò lui dandomi una lieve pacca sulla spalla in modo consolatorio.
« Gli hobbit? Hai conosciuto Merry e Pipino, non sono creature nate per la guerra »
« Merry è diventato uno scudiero di Rohan nell’ultima battaglia. A dispetto di ogni mio miglior giudizio » commentò lui stupendomi che lo sapesse. In breve mi raccontò che Théoden stesso aveva garantito per l’hobbit, e che uno dei cavalieri si era offerto per portarlo in battaglia con sé.
« E’ vero, perché tu dubitavi della portata del loro braccio » aggiunsi ricordando che nella storia, Éomer aveva avuto molte battute infelici per i mezzuomini. E le donne, ma la situazione era migliorata molto da allora.
« Un grave sbaglio » confermò facendomi l’occhiolino.
« Non sai ancora quanto grande » confermai imitando il suo mezzo sorriso, prima di tornare alla nostra ingrata missione.
 

 
 

 
Quando alla fine mi fu concesso di dormire. Crollai.
Per un giorno e due notti non riaprii gli occhi. I miei sogni furono pullulati da incubi, i volti amici che avevamo perso durante l’assedio mi perseguitarono ma nonostante non volessi fare altro che svegliarmi, e lasciarmeli alle spalle, il mio corpo aveva tutt’altra idea.
E quando infine mi svegliai la mia prima destinazione, fu la casa della guarigione.
Sapevo che lì avrei probabilmente trovato anche Aragorn, impegnato ad aiutare Éowyn e Boromir poiché le mani di un Re erano le mani di un guaritore, ma io non mi stavo dirigendo lì per lui.
Avevo scoperto parlando con delle guardie della cittadella a colazione, che uno di loro sposato era sposato con una delle curatrici e che quest’ultima, aspettava un figlio.
Dopo tante ore a rivivere la morte di Halet, mi sentivo in dovere di andare a controllare che i suoi familiari stessero bene come primo ordine del giorno.
« Voi siete Gwend, vi conosco, cercate il Capitano Boromir? » mi domandò con un sorriso appena accennato. I suoi capelli erano lunghi fino alle spalle ma scuri come quelli del fratello e i suoi occhi avevano una sfumatura di ambra così intensa da farmi ricordare le chiome dorate degli alberi di Lothlòrien. Nonostante la stanchezza che gli segnava il viso, era facile riconoscerne la bellezza. Un uomo fatto e finito, non ancora acerbo a causa della giovane età.
« No sono venuto per voi,  siete il fratello di Halet non è vero? » domandai andando dritta al punto.
« Voi …  Conoscevate mio fratello? » domandò sgranando leggermente gli occhi, evidentemente sorpreso.
« É morto tra le mie braccia, volevo, volevo sapessi che è morto da eroe. Il suo ultimo pensiero è stato rivolto a te e alla tua famiglia »
« Vi ringrazio » mormorò abbassando lo sguardo verso il pavimento, per poi rialzarlo su una delle guaritrici alle sue spalle. La ragazza era qualche anno più giovane di lui e doveva essere circa al sesto mese di gravidanza.
« Sarei dovuto andare io quando i rinforzi sono stati richiamati in città io … Io dovevo andare, era il mio compito » confessò riportando gli occhi nei miei « Ma Halet me lo ha impedito, ha detto che avevo un figlio in arrivo e che mia moglie mi avrebbe pianto e che aveva bisogno di me ed io ... Ed io come un codardo l’ho lasciato andare.
I soldati dicono che voi siate un grande guerriero Gwend, e allora ditemi, cosa dice questo di me? Ho lasciato che mio fratello minore morisse per me, è davvero così che si protegge una famiglia? » i suoi occhi ora brillavano, e le sue palpebre erano così scure e incavate da rivelarmi che negli ultimi giorni non doveva aver dormito che poche ore. Forse proprio per aiutare più persone possibili, come se ciò avesse potuto rimediare alla scelta che era stato costretto a compiere.
« Qual è il vostro nome? »
« Hama mio signore » mormorò con lo sguardo basso e le mani giunte dinanzi a sé.
« Un soldato si riconosce dalla sua forza nel raccogliere la spada ed andare nel campo di battaglia. Alcuni direbbero che è quello il vero coraggio, essere ricordati nei miti e nelle leggende come un grande condottiero. Ma è per i nostri figli che combattiamo quelle guerre Hama, forse il tuo nome non verrà ricordato nella storia, ma verrà pronunciato da tuo figlio per chiamarti giorno dopo giorno.
Halet ha fatto sì che tu potessi sfruttare il tuo coraggio per qualcosa di altrettanto eroico, essere un buon padre e con i tempi che corrono, non è poca cosa » gli assicurai poggiandogli una mano sulla spalla e stringendo forte.
L’uomo alzò lo sguardo nel mio, con le lacrime che oramai scendevano copiose lungo le sue guancie rivelando tutto il dolore che si era portato dentro negli ultimi giorni. Mi abbracciò con impeto ed io non potei fare a meno di ricambiare mentre lo stringevo con tutte le mie forze sperando potesse ancorarsi a qualcosa di reale a questo mondo.
Mentre Hama piangeva, con il suo volto incassato nell’incavo della mia spalla, i miei occhi incontrarono quelli della fanciulla che doveva essere sua moglie.
« Grazie » mormorarono le sue labbra anche se non potevo udirla da quella distanza. Sorrisi amaramente, pensando che nonostante il mondo avesse perso un ragazzo valoroso, Halet aveva saputo il fatto suo nonostante la giovane età.
Per alcune cose valeva proprio la pena morire.
 


 
 

 
La mattinata nelle stanze della guarigione fu prolungata di malo modo dall’arrivo di Pipino che mi richiamò da un’altra parte dell’ala, dove evidentemente avevano bisogno di me.
Seguii il giovane hobbit, scoprendo con mio enorme disappunto che il vecchio Sovrintendente aveva dato di matto e che ora era stato isolato in una stanza.
Impiegammo meno di un minuto a raggiungere gli altri, che in un piccolo semicerchio, si affacciavano all’interno della stanza, imitai il giovane hobbit, andandogli dietro ed avvicinandomi a Gandalf e Faramir, mentre Denethor dinanzi a me sedeva in un angolo, con le braccia avvolte attorno alla sfera di Anor come se ne dipendesse la sua stessa vita.
« Sei qui dunque, anche tu, vuoi portarmela via non è vero? Vai a dire che sono pazzo! Ma non lo sono! Io lo sapevo! Lo sapevo! Ed ho perso tutto … Tutto! Oh Boromir, il mio adorato figlio Boromir. Perduto. Perduto… » mi urlò contro non appena i suoi occhi incrociarono i miei. Ma none ro certa che riconoscesse veramente chi fossi, poiché i suoi occhi erano iniettati di sangue e sibilava verso chiunque facesse un passo in più nella sua direzione.
Come sempre, Denethor era sordo a qualunque altra voce, specialmente a quella di Faramir che inutilmente, cercava di fargli ritrovare la ragione.
« Valanyar? » mi richiamò Gandalf con gentilezza. Alzai lo sguardo sul vecchio stregone che mi guardava con il suo sorriso così caratteristico, che lo faceva assomigliare ad un anziano affettuoso e ad un vecchio amico al tempo stesso.
« Tu puoi salvarlo » aggiunse indicando con un cenno del viso Denethor.
Spostai lo sguardo sul sovrintendente.
Per una volta, forse in tutta la sua esistenza, adesso l’uomo mi faceva davvero pena.
Dopo la battaglia si era già aggirato per il palazzo in stato confusionale, con il palantir tra le mani, urlando suppliche senza senso e spaventando i suoi stessi sudditi. Era stato infine portato dalle guardie nell’infermeria per prendere un calmante o simile ma invece,  lì aveva ricevuto il colpo di grazia.
Vedere Boromir sanguinante e cadaverico, steso su una branda e senza un braccio per lui era stato troppo. La sua mente non aveva retto al peso di tutti quei terribili presagi e probabilmente credendo il suo stesso figlio preferito perduto per sempre, una parte di lui era morta veramente.
« Aiantcuil » aggiunse Gandalf probabilmente credendo,che non fossi riuscita a seguire la sua linea di pensiero « Può curare le ferite più mortali e tra queste, anche quelle della mente » mi spiegò poggiandomi una mano sulla spalla con fare fraterno mentre adesso avevo sempre più occhi addosso, carichi di aspettativa.
Toccai con la mano sinistra la gemma, sovrappensiero. Nonostante le fiaccole alle pareti ci consentissero una luce quasi fioca, la lacrima brillava come se fosse stata esposta al sole.
Abbassai lo sguardo sul gioiello, osservandolo ma senza davvero vederlo prima di prendere parola , la lacrima di Mithril fremette, come in assenso ai miei pensieri.
« Non userò Aiantcuil su Denethor, troppi che meritavano di vivere sono caduti. Usarla su di lui? Sarebbe uno schiaffo in faccia alle loro gesta » risposi decisa alzando gli occhi sullo Stregone.
Lo sguardo di Gandalf vacillò, come se avessi reagito in un modo che non aveva previsto, e probabilmente era così.
Avevo sempre cercato di fare la scelta giusta, migliore, e spesso questo significava una scelta sulla stessa linea di pensieri dello stregone, ma evidentemente oggi non era così.
« Valanyar » mi chiamò Aragorn facendo qualche passo verso di me « Gondor ha perso molto, potresti ridare speranza al suo popolo. Denethor non è stato un cattivo sovrintendente  » intervenne il futuro Re.
Il silenzio calava pesante, gli occhi di tutti parevano ora giocare un match di ping-pong  tra me ed Aragorn mentre io scoprivo di non essere arrabbiata, come ero certa sarei stata giorni addietro, dinanzi una proposta simile.
« Ma neppure il migliore. Ha fatto le sue scelte, e le sue scelte lo hanno portato a questo » dissi indicandolo con un cenno del mento « Non merita la mia pietà, né la tua »
« Da quanto, hai deciso che potevi assumerti il ruolo di giudice, giuria e carnefice Valanyar? » domandò Gandalf di fianco a me, rivolgendomi uno sguardo deluso « Non permettere alla rabbia di guidare le tue gesta, sei migliore di così » aggiunse nuovamente con un sorriso affabile che non ricambiai.
Sapevo che stavo venendo giudicata, e sapevo che qualunque fosse la prova che Mithrandir mi stava affidando, non l’avrei superata se non avessi accettato di aiutare Denethor.
Lo stregone davanti a me, non era Gandalf il grigio, l’amico di una vita che mi seguiva nelle gite a casa Baggins perché la mia vicinanza era “interessante”. No, quello dinanzi a me era Gandalf il bianco, lo stregone saggio che si aspettava che io seguissi i consigli che mi venivano dati.
« Aiantcuil è stato affidato a me, e mia è dunque la decisione. La mia risposta, è no » ribattei decisa, sostenendo il suo sguardo senza neppure batter ciglio mentre aspettavo che la realizzazione prendesse forma nei suoi occhi. Quando mi ritenni soddisfatta mi voltai ed uscii dalla stanza, la discussione per quanto mi riguardava si era conclusa lì, se non erano d’accordo potevano provare a togliermi Aiantcuil nel sonno.
Non era affar mio, come desideravano perdere un arto.
 
 
 
Uscii dal palazzo, ritrovandomi involontariamente a passeggiare fino al bianco albero dei Re.
Mi sedetti nella sua prossimità in una delle panchine, il bocciolo che giorni prima era ancora chiuso e quasi invisibile, oggi aveva tanti piccoli amici. Nessuno di loro era ancora però, pronto a schiudersi.
« Credi anche tu, che avrei dovuto aiutare il sovrintendente? » domandai senza neppure voltarmi.
Non ce ne era bisogno, sapevo perfettamente chi fosse poiché, non lo avevo sentito arrivare, ma mi era semplicemente apparso accanto come se i suoi passi non procurassero  rumore alcuno.
« Al contrario, non posso negare che ne sarei rimasto deluso » mi voltai verso Legolas, inclinando leggermente il viso all’insù per poter raggiungere il suo sguardo.
Era in piedi, di fianco alla panchina di marmo con le braccia conserte, e lo sguardo perso, come me poco prima, lungo la chioma spoglia dell’albero bianco.
Effettivamente, nessuno probabilmente poteva capire meglio di Legolas il mio desiderio di non usare con avventatezza il potere di guarigione che mi era stato donato da suo padre.
Sua madre, non ne aveva approfittato, decidendo così di svanire per sempre da questo mondo, lasciando la sua famiglia nel dolore della sua perdita.
Era stata disposta a tanto, perché aveva ritenuto che altri avessero potuto averne diritto più di lei. Usarlo sul sovrintendente a confronto, mi appariva così indegno da farmi rabbrividire.
« Allora, puoi sederti con me » lo apostrofai con un sorriso. Legolas si voltò, illuminando anche lui l’intera piazza, con un’espressione allegra e spensierata che non era facile vedergli in volto. Almeno non per me.
« Ne sarei onorato, ma Aragorn mi ha mandato a chiamarti. Non voleva discutere di Denethor, bensì di Mordor »
« Ah la guerra, per un attimo me ne ero dimenticata » risposi con finta leggerezza alzandomi in piedi.
« Davvero? » domandò l’elfo porgendomi il suo gomito come se fossi nuovamente una fanciulla di Imladris.
« No » risposi più sincera, ma molto meno amara mentre tornavamo senza fretta dentro il palazzo e poi, verso la sala dei Re.
 

 
 
 
 
 
« Frodo è passato oltre la mia vista, l’oscurità sta aumentando » mormorò Gandalf distogliendo lo sguardo dalla finestra, per voltarsi verso tutti noi, avvicinandosi e sfruttando il suo bastone, come un vero vecchio. Caricandoci sopra il proprio peso e sospirando ad ogni passo, come se l’ultima battaglia lo avesse decimato di ogni forza.
« Se Sauron avesse l’anello, lo sapremmo » gli fece presente Aragorn. Gli era stato offerto il trono per sedersi, ma aveva ovviamente rifiutato, optando invece per stare spalla a spalla con me, poggiato alla colonna dove avevamo la visuale dell’intera sala.
«E’ solo una questione di tempo. Ha subito una sconfitta sì … ma dietro le fila di Mordor il nostro nemico, si sta riorganizzando » spiegò lo stregone avvicinandosi alla panca sulla quale sedeva Boromir e accomodandosi ad un passo dal Capitano di Gondor.
Il fratello di Faramir non aveva una bella cera, era più bianco delle bende che gli avvolgevano il braccio monco e il dolore, avrebbe dovuto costringerlo a letto, ma ovviamente aveva voluto far parte della riunione. In fin dei conti, era l’autorità più alta di Gondor adesso che suo padre era, indisposto .
« Che rimanga lì! Che marcisca, perché interessarcene? » sbuffò Gimli con la lunga pipa ancora tra le labbra. Il nano si era accomodato sul trono del sovrintendente. Boromir inizialmente sembrava aver avuto da ridire, ma qualunque obbiezione avesse avuto in merito, se l’era tenuta per sé.
Faramir invece, aveva avuto per il nano solo uno sguardo divertito.
« Perché migliaia di orchi si trovano tra Frodo e il Monte Fato. L’ho mandato alla morte » commentò avvilito Gandalf, alzano i suoi occhi su di me. Era triste ed afflitto, come se riservasse lo stesso rammarico anche per la mia sorte, oltre che per quella dell’hobbit.
O forse dopo il nostro ultimo diverbio, stavo iniziando ad immaginarmi le cose.
« Frodo può farcela. Assieme a Sam, hanno bisogno di passare inosservati attraverso le pianure di Gorgoroth. Hanno bisogno di un diversivo che attiri dalla parte opposta lo sguardo del Grande Occhio e questo, possiamo darglielo noi » dissi accennando un sorriso fiducioso verso Gandalf, sperando ritrovasse la determinazione necessaria, per affrontare la prossima battaglia e che almeno un po’, mi perdonasse.
« Tu vuoi marciare sul nero cancello » intuì Boromir guardandomi di sottecchi, il suo sguardo era colmo di dolore ed odio. E me lo meritavo, sapeva come me, chi sarebbe stato richiamato alle armi e a marciare su Mordor:
Gli uomini di Gondor.
« Gwend, non possiamo farcela » commentò Éomer da qualche metro più in là, guardandomi preoccupato.
« Non combatteremo per la vittoria amico mio, non per noi stessi  almeno » gli feci presente cercando di rincuorarlo con il mio sguardo .
« Ma potremmo dare a Frodo una possibilità, se tenessimo l’Occhio di Sauron fisso su di noi » mi venne dietro Faramir, comprendendo il mio piano. Annuii mentre Aragorn aggiungeva :
« Renderlo cieco ad ogni altra cosa che si muove… »
« Un diversivo » confermò Legolas accennando finalmente un sorriso, da quando avevamo iniziato quella cupa discussione.
« Certezza di morte. Scarse possibilità di successo … Che cosa aspettiamo? » sbuffò Gimli strappandomi un sorriso involontario, imitata anche da Faramir ed Aragorn.
« Sauron sospetterà una trappola, non abboccherà all’amo » ci fece presente Gandalf mentre  l’ex ramingo al mio fianco faceva un passo avanti, proponendo allo stregone la sua idea.
« Oh io credo di sì, Valanyar ha detto che Sauron usava il palantir per manovrare ciò che poteva vedere Denethor. Potremmo usare quel canale di comunicazione a nostro vantaggio » si voltò verso di me « Hai detto che Sauron crede che Faramir abbia portato l’anello a Minas Tirith, avrà sicuramente saputo del mio arrivo, crederà che adesso, l’anello sia in mano mia » conclusa quasi trionfante.
« Non mi piace che tu utilizzi quell’affare, non dopo come ha ridotto quel vecchio » mormorò Gimli senza alcun umorismo, sistemandosi meglio nella sua seduta reale, evidentemente contrario all’idea di Aragorn.
« Gwend potrebbe farlo, ha già affrontato il palantir » disse Boromir indicandomi con il mento. Distolsi lo sguardo dal Capitano, sentendomi immediatamente a disagio poiché non desideravo affatto ripetere l’esperienza, e non mi piaceva lo sguardo che il Capitano di Gondor, continuava a rivolgermi di sottecchi.
« Ha ragione Aragorn, deve farlo lui. Sarebbe molto più efficace » disse Gandalf prendendo parola e distogliendo l’attenzione di tutti da me, facendomi tirare un sospiro di sollievo, mentre ringraziavo mentalmente l’anziano mago.
« E dunque, una nuova guerra sia » mormorò amaramente Boromir sottovoce, trovando lo stesso sconforto in ognuno di noi poiché sarebbe toccato ai presenti, informare gli uomini del passo successivo.
Un nuova battaglia, significavano nuove perdite non importava per quale causa lo stessimo facendo. Non era mai una bella notizia.
 
 

« Ho un compito per te amica mia » mi si avvicinò Gandalf mentre Aragorn prendeva congedo da tutti noi, andando a “conversare” in privato con Sauron accompagnato da Gimli e Faramir, che probabilmente lo avrebbero aiutato a recuperare la Sfera di Amor dalle mani di Denethor.
« Come sempre » commentai accennando un mezzo sorriso mentre le mie dita accarezzavano delicatamente il gioiello che tenevo in mano. Era il ciondolo di Arwen, quello che la Stella del Vespro aveva donato anni prima ad Aragorn.
Non avevo dovuto insistere a lungo perché il futuro Re me lo lasciasse, ultimamente non chiedeva più motivazioni in merito alle mie azioni, si limitava ad assecondarmi con un sorriso, ricordandomi sempre di più il bambino che avevo conosciuto settant’anni prima a Gran Burrone.
« Ho saputo del tuo scontro con uno dei nazgûl e Boromir mi ha detto che persino il Re stregone ti ha parlato come se quest’ultimo ti conoscesse »
Annuii, lanciando un’occhiata distratta a  Boromir, che ci stava evidentemente ascoltando. Ero stupita che fosse rimasto cosciente a sufficienza da comprendere il nostro scambio di battute.
« Lo spettro lo ha chiamato Khamûl, so che è il secondo nazgûl più potente. É quello che ora prenderà il comodando delle fila di Mordor dato che il Re Stregone è stato sconfitto da Éowyn » commentai spostando lo sguardo su Éomer, che si era immediatamente irrigidito, sentendo il nome della sorella ferita.
« Quel nazgûl, mi ha chiamato Julwanavun » aggiunsi scrollando le spalle, non avendo idea di cosa significasse. Avevo solo intuito che era una parola della lingua nera di Mordor.
« Si riferiva a Gwend, come se lei fosse stata un’alternativa, l’ha definita “una scelta migliore” » aggiunse Boromir mentre Legolas si avvicinava a noi, con un’espressione evidentemente preoccupata.
« Migliore rispetto a chi? E cosa vuole da Valanyar? » domandò immediatamente l’elfo, poggiando incosciente una mano, sull’elsa della spada, come se dovesse mettersi a combattere da un momento all’altro.
« Questo non possiamo saperlo con certezza » rispose Gandalf con un mezzo sorriso che significava, che aveva qualcosa di molto di più di una semplice ipotesi, ma non l’avrebbe condivisa con nessuno dei presenti fino a quando non ne avesse avuto l’assoluta certezza.
« Vorrei che tu, ti occupassi di trattenere il nazgûl in caso dovesse scendere in battaglia » aggiunse poi Gandalf, facendo esplodere una mini-sommossa  tra gli uomini presenti, mentre io tacevo, cercando di digerire la notizia.
« Mithrandir non può chiederle questo! Sarebbe una follia! » intervenne Legolas facendosi ancora più avanti di qualche passo.
« Almeno ci permetta di aiutarla! Posso combattere assieme a Gwend » aggiunse Éomer.
« Ed io con loro! » si unì immediatamente Pipino mentre lo stregone scuoteva il capo.
« Ognuno di voi, avrà il proprio compito, questo, non può riguardarvi » si limitò a commentare Gandalf mentre io deglutivo a forza, sperando che la paura non trapelasse dai miei occhi come la sentivo scorrere nelle mie vene.
Incrociai nuovamente lo sguardo di Boromir, i cui occhi ora erano così in lutto, che sembrava gli fosse morto qualcuno davanti agli occhi. Come se la mia vita fosse stata precariamente appesa ad un filo fino a quel momento, e il bianco stregone avesse appena deciso di tagliarlo di netto.
« Allora amica mia, puoi farlo? » domandò di nuovo con un tono di voce caldo, come quella di un nonno amorevole. Come se non mi stesse praticamente condannando a morte certa.
« Ma certo Gandalf » gli assicurai stringendo i denti, e imprimendomi in viso una maschera impassibile, mentre annuivo con un finto sorriso ad incorniciarmi il volto.
 


 

 
 
«Posso parlarti? » domandò Legolas.
« Certo » confermai con un sorriso, mentre lo invitavo ad accompagnarmi nella mia passeggiata. Certo non vi erano paesaggi naturali come in un regno degli elfi, ma Minas Tirith era senza dubbio stupenda e potendo girare tra la gente, era facile trovare un modo per distrarsi ed essere d’aiuto al popolo di Gondor.
Mi faceva sentire utile.
« Il nazgûl, è un nemico troppo potente, neppure i migliori soldati elfici sono mai riusciti a sconfiggerlo tu … Non puoi farcela » commentò dopo qualche secondo di silenzio.
Mi voltai verso di lui, continuando a camminare con disinvoltura al suo fianco.
Leggere Legolas, era diventato così semplice nelle ultime settimane: la mascella irrigidita, le dita delle mani che si muovevano in veloci piccoli scatti, come se cercassero di resistere alla tentazione di chiudersi a pugno, e soprattutto, il suo sguardo era distante, come se non volesse incrociare il mio di proposito.
Era preoccupato, era evidente.
« So di non avere alcuna possibilità di sconfiggerlo. Come lo sa Gandalf. » tentai di rassicurarlo addolcendo il mio tono « Mithrandir vuole solo far sì che lo trattenga, sfruttando a nostro vantaggio l’interesse che ha mostrato per me durante l’assedio » aggiunsi cercando di non mutare in alcun modo il tono della mia voce.
Volevo rassicurarlo e non fargli capire quanto in realtà, anche io fossi terrorizzata all’idea di affrontare il nazgûl. Durante l’assedio ero sopravvissuta ad entrambi gli scontri per puro miracolo.
« Gli spettri non sono creature che si possono semplicemente “sfidare” senza conseguenza Valanyar. Le persone che sopravvivono a simili incontri si contano sulle dita di una mano. E nessuno ne esce mai indenne! Guarda come è finita con Boromir! »sbottò Legolas agitato. Si fermò sul bordo della strada, ad un passo delle mura basse e si voltò verso di me.
«Legolas cosa vuoi che ti dica? E’ una guerra, siamo tutti in pericolo e tutti potemmo morire da un giorno all’altro » risposi con un scrollata di spalle, che sembrò solo farlo arrabbiare di più.
« Ma perché proprio te! Perché hai accettato? Perché gli permetti di trattarti come un'immortale quando sei la più fragile di tutti noi? Ti sei forse dimenticata che l'ultima delle sue spedizioni ti ha quasi uccisa?! » mi urlò quasi in viso.
Per chiunque altro, forse sarebbe apparso semplicemente un po’ alterato, il suo tono di voce non era certo così alto e la sua posa non era minacciosa ma io potevo vederlo con estrema facilità poiché avevo imparato molti anni prima a leggere gli elfi.
Legolas era furioso, avrebbe potuto ridurre Minas Tirith al suolo con la sola forza datagli dalla sua stessa rabbia.
« Perché io devo tutto a Mithrandir, ed è qui che risiede la mia fedeltà vorrei che tu lo accettassi » ribattei in tono neutro, rifiutandomi di lasciarmi intimidire dal principe di Mirkwood.
« Cosa farai quando uno di questi giorni ti chiederà di saltare nelle stesse fauci del Monte Fato?! » soffiò nuovamente lui facendo vari passi verso di me, sostandomi ad un palmo dal naso e sfruttando la differenza di altezza tra di noi, per troneggiare su di me.
« Gli chiederò da quanto in alto » risposi senza batter ciglio e concedendogli solo un’ultima e fredda occhiata prima di voltarmi e andarmene.
 
 

 
 
 

Aiutare la gente di Minas Tirith fu per me un ottimo passatempo, mi permise di ignorare tutti i miei problemi, futuri ed attuali che fossero e mi resi utile.
Quando il sole tramontò oltre le mura, mi ritrovai ad ammirarlo da dove, vari giorni prima avevo guidato la guarnigione di Osgiliath durante l’assedio.
« Voi siete Gwend non è vero mio signore? » domandò una voce alle mie spalle che mi costrinse a voltarmi abbandonando la vista dei Campi Pellennor .
« Chi chiede di me? » dissi quando incrociai lo sguardo del soldato che mi aveva rivolto parola.
Era a pochi passi da me, e alle sue spalle vi erano almeno una sessantina di uomini, alcuni sembravano appena usciti dall’infermeria dubitavo però, che avessero ottenuto il permesso di una guaritrice.
Mi chiesi distrattamente se forse non avrei dovuto allarmarmi, tutti i soldati erano armati e mi stavano accerchiando, come una pozza d’acqua scura lungo le mura della fortezza. Ma nessuno di loro aveva uno sguardo ostile: vi era tanta stanchezza sì, e tristezza , e rassegnazione, ma nessuna rabbia.
Perlomeno non ne miei confronti.
« Sono Galahad¹ mio signore, vengo dalle Colline Verdi, dove il mio signore ci guidava con giustizia. Questi sono alcuni dei suoi uomini, quelli che ancora possono combattere. E loro invece- » disse indicando gli uomini che gli restavano  più sulla sinistra con armi e vestiti differenti ed un chiaro stemma sui pochi scudi presenti.
« Voi siete gli uomini di Forlong » mormorai riconoscendo il simbolo del Lossarnach.
Uno dei più anziani annuì senza però proferire ulteriore parola, così tornai a guardare il giovane che aveva preso parola inizialmente.
« Cosa posso fare per voi? » domandai stupidamente.
Come se davvero avessi potuto aiutarli in qualche modo, ero riuscita a mala pena a non morirci io nell’assedio di Minas Tirith. Mentre i loro signori, uomini giusti e coraggiosi, erano periti sotto i miei occhi senza che io potessi aiutarli.
« Il Re mio signore, o meglio il futuro Re, vostro fratello credo. Ha detto che intende partire per attaccare il nero cancello con le nostre ultime forze non è vero? » domandò abbassando per un attimo lo sguardo sulle mani che stringevano con forza la cintura di cuoio che gli teneva il fodero della spada.
« Non dovete sentirvi obbligati ad andare, siete assolti da ogni dovere. Gondor vi deve la sua lealtà e sarete ricompensati per ciò che avete fatto.
Il richiamo alle armi del Re, non era diretto a voi, potete restare e rimettervi in forze » mi affrettai a dire rendendomi conto che Aragorn si doveva essere attirato non poco odio per la sua dichiarazione.
I comandanti potevano capire la sua posizione, ma le persone comuni, le donne, i bambini e gli stessi soldati ? Come potevano comprendere quel nuovo Re che arrivava dal nulla e gli chiedeva di andare incontro a morte certa?
Di nuovo.
 « No mio signore noi vogliamo venire, vogliamo combattere » intervenne il giovane. Il suo sguardo era ancora intimorito ma adesso era deciso, come se avesse afferrato qualcosa di importante e non era più intenzionato a lasciarsela scappare.
« Allora cosa? » domandai incerta, cercano una risposta negli occhi di quegli uomini, guardandoli uno per uno, alla ricerca di una risposta.
« Vorremmo che foste voi a guidarci in battaglia. Voi eravate assieme ai nostri signori nei loro ultimi istanti, voi avete combattuto assieme a loro e- »
« E non ho potuto salvarli » lo interruppi stringendo così forte i pugni lungo i fianchi, da far penetrare le unghie nei palmi delle mani « Ero sempre lì, ad un passo da loro e non … non ho potuto … No, non sono stato in grado -»
« Non era compito vostro la sicurezza del Signore del Lossarnach, non insulti a quel modo il nostro signore. Forlong era un grande guerriero. Non aveva certo bisogno che qualcuno gli facesse da balia, ha fatto ciò che ci si aspettava da lui, ha combattuto fino all’ultimo, per un amico. Vi chiedo, Gwend, di rispettarlo questo » si intromise l’anziano che poco prima non mi aveva riferito parola limitandosi ad annuire. Gli uomini al suo fianco e  alla sinistra di Galahad annuirono con lui, guardandomi con determinazione.
« Avete perso i  vostri uomini nell’assedio, e sappiamo che Mithrandir vi ha affidato un compito importante. Portateci con voi, guidate le nostre spade e assieme, vendichiamo i nostri compagni caduti » aggiunse il vecchio facendo un passo avanti nello stesso istante in cui lo faceva anche Galahad.
Entrambi tirarono fuori le proprie spade e le presero con entrambe le mani, allungando le due lame verso di me, come se volessero cedermele.
Li scrutai nuovamente tutti, guardandoli uno per uno, ma neppure il soldato più malridotto abbassò il suo sguardo e così, annuii.
« Sarà per me un onore » accettai posando una mano su ognuna delle due spade che mi erano state offerte, senza davvero prenderle ma solo sfiorandone con i polpastrelli la lama.
 
 
 
 
 

Avevo deciso di andare a cercare Legolas.
O meglio, ero alla ricerca di Aragorn che avrebbe avuto degli ottimi consigli da darmi, prima di indirizzarmi verso l’elfo.
Invece, mi ritrovai a fare quasi un salto all’indietro, prima di svoltare l’angolo, riconoscendo fin troppo bene la voce che parlò pochi metri più in là:
« E’ davvero così difficile credere che io possa tenere a lei?- » domandò Legolas mentre io mi spostavo ancora di più dentro l’insenatura del muro, nascondendomi meglio tra le ombre della sera.
« -A volte credo che vederla morire, potrebbe uccidere anche me » aggiunse flebilmente mentre io portavo una mano davanti alle labbra per impedire allo stupore di lasciare la mia bocca.
« Oh mello-nim » mormorò Aragorn con un sospiro.
Potevo quasi vederlo, mentre poggiava una mano sulla spalla dell’elfo « Nessuno si aspetta che un tramonto ricambi la nostra ammirazione » disse l’uomo come perso in un emozione che in qualche modo era anche sua.
« Cosa intendi dire? » domandò Legolas come un sussurro.
« Quando Arwen mi ha rivelato di ricambiare il mio amore io ho provato molte sensazioni.
Una tra queste, era la negazione. Non riuscivo a credere che un essere tanto meraviglioso potesse concedere più di un oncia della sua attenzione ad un mortale come me, figurarsi amarmi. Mi ci è  voluto del tempo per accettarlo davvero, nonostante la totale felicità che le parole di lei mi portavano … Ancora oggi , io sono un tale sciocco. Prima di partire, ho cercato nuovamente di allontanarla da me, suggerendogli di vivere la sua vita immortale » disse il futuro Re, lasciando che le ultime parole quasi si perdessero nel vento.
« Come hai potuto? Dopo che lei era pronta a rinunciare alla sua luce per te? » domandò sconcertato Legolas.
Aragorn, probabilmente in quel momento, aveva piegato le labbra all’insù un tenero sorriso. Faceva sempre così, quando si soffermava a pensare alla sua amata.
« Volevo proteggerla » mormorò « Come tu ora vuoi proteggere Valanyar. Ma ognuno ha i suoi doveri verso questo mondo e chi li affronta a testa alta come Val andrebbe eguagliato, non ostacolato.
Non credere che non abbia paura di morire, ne ha tanta »
« Ed io l’ho aggredita credendo che il suo comportamento fosse da impavida …» comprese l’elfo con voce bassa e dura.
Mi morsi il labbro inferiore, serrando anche gli occhi nel mio nascondiglio, cercando di non far trapelare la mia presenza ma sapevo, che l’unico motivo per cui non ero stata scoperta, era perché Legolas doveva essere profondamente turbato.
La conversazione si spostò su una nota più neutrale, fino a quando i due non si congedarono decidendo che la notte avrebbe portato consiglio ad entrambi.
L’indomani sarebbe stata una lunga giornata.
 
 

« Sai non dovresti origliare le conversazioni degli altri Valanyar, è maleducato, me lo hai insegnato tu stessa » mi riprese la voce di Aragorn facendomi quasi morire di infarto, lì e in quell’istante.
« Sì ma ti ho anche insegnato a come farlo senza farti scoprire » risposi non appena ritrovai la capacità di sfruttare le mie corde vocali.
« Cosa,cosa intendeva prima Legolas? » domandai sfuggendo al suo sguardo, ma intuendo che l’elfo doveva aver intrapreso la direzione opposta  « Quando ha detto che teneva a me? »
« Hai davvero bisogno che ti spieghi una cosa simile? Valanyar hai più di cento anni non credevo di doverti spiegare una cosa simile »
Gli detti una gomitata nelle costole per buona misura « Non intendevo in quel senso cretino » lo insultai cercando di andare in escandescenza e sperando che le ombre coprissero il mio imbarazzo.
« E’ solo che, non riesco ad immaginarlo. Legolas fino a qualche mese fa mi odiava, poi abbiamo trovato dei compromessi certo ci siamo chiariti ma, da qui ad essere più che amici? Non osavo immaginarlo » mormorai quasi in un sussurro.
« Credo che abbia passato così tanto tempo ad osservarti per tenerti d’occhio che non ha potuto fare a meno di notare soprattutto le tue doti migliori.
Onestamente Valanyar non mi sorprenderebbe se si fosse innamorato di te »
« Ora innamorato mi sembra una parola grossa » bofonchiai arrossendo fino alla punta delle orecchie.
«Tu credi? Io ho capito di amare Arwen nello stesso istante in cui l’ho vista. Al tempo ti ricorderai, avevo diciassette anni e sarebbe potuto apparire pretenzioso da parte mia, come se fosse stata solo la sua bellezza ad affascinarmi. Ma allora, già sapevo che lo splendore del suo viso, non era niente paragonato a quello della sua anima » disse voltandosi a guardare oltre le mura, le montagne e i boschi che in quel momento, dividevano i due amanti.
« Forse secondo te “amore” è una parola usata a sproposito, ma non importa quanto sia piccolo il bocciolo di una pianta, alla fine il fiore si schiuderà comunque, quindi che male c’è a chiamarlo fin da subito con il suo nome? »
Corrucciai le sopracciglia, non desiderando niente di più che fuggire lontano da quell’ Aragorn poetico, che faceva similitudini tra me e Legolas, paragonando i nostri sentimenti a dei fiori. Ma in fin dei conti era cresciuto anche lui sotto gli insegnamenti di Elrond.
L’elfo, sarebbe stato incredibilmente felice di scoprire che in almeno uno dei suoi due figli umani, i suoi insegnamenti avevano attecchito.
« La vera domanda comunque resta, cosa provi tu » disse tornando a guardarmi e carezzandomi delicatamente i capelli, come se fosse diventato lui, il maggiore tra noi due.
« Io? » ripetei nuovamente cercando una risposta alla sua domanda:
 Cosa provavo per Legolas?
Fino a poche ore prima, lo avevo definito un compagno e un amico ma adesso? Era davvero cambiato qualcosa solo perché avevo origliato la loro conversazione o mi stavo solo lasciando condizionare dall’idea, che un elfo potesse essere innamorato di me?
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
 
 
Galahad¹ =  Se qualcuno di voi ha mai visto Kingsman allora sapete come immaginarvi questo soldato e da chi prende il nome. Per tutti gli altri, pensate semplicemente ad un giovane Colin Firt .
 
 
 
 
NdA: Eccomi!!!!
Lo so, lo so cent’anni per un capitolo così e così non ve o meritavate e oramai le mie scuse le buttate nel cesso. E c’avete ragione.
Comunque vi tocca sopportarmi perché oramai siamo quasi alla fine e quindi siete costretti!!!
Allora vi annuncio le date per i prossimi capitoli, mi sono organizzata tra lavoro, casini e imprevisti, e almeno se ve lo scrivo, così mi costringo anche a rispettare la tabella di marcia.
Il prossimo capitolo, farà un salto di 2 settimane, quindi lo posterò per l’Undici Giugno. Voglio tenermi larga perché il capitolo sarà anche quello tra le 20/25 pagine quindi meglio stare sicuri ecco.
(Se l’11 non lo vedete di sera, non tremate, magari ero a cena fuori e lo posto il 12 mattina)
Quello dopo ancora, invece sarà regolare il venerdì dopo ovvero il diciotto. Perché è un po’ più corto, ma soprattutto perché l’ho già scritto xD
 
PS : Sì ci sono un sacco di citazioni sparse non segnalate, ma non ricordo con precisione da dove. Appena ritrovo la nota dove le avevo appuntate, aggiorno ;)
   
 
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