Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: padvaniglia_EFP    20/06/2021    0 recensioni
[Crossover! HarryPotter, New Generation/Shadowhunters]
Per una ragazza che ha combattuto contro un pazzo anarchico, che ha sconfitto uno dei Demoni Superiori e che è tornata dall'Inferno, un semplice viaggio in treno era l'unica cosa che potesse ristabilire il contatto con la realtà. Ma anche la tratta ferroviaria Richmond - New York può nascondere mille insidie...
E quando Isabelle si trova coinvolta in un duro scontro tra strani uomini incappucciati e ragazzi dagli stupefacenti poteri, invischiata in un mistero più grande di lei, non può far altro che armarsi di coraggio e sguainare la sua spada, pronta a salvare, ancora una volta, il proprio mondo.
Tratto dalla storia:
"Isabelle non aveva ancora compreso perché quest'arte misteriosa e indecifrabile l'affascinasse tanto: forse la divertivano i giochi di luce sfavillante che gli stregoni realizzavano sapientemente durante gli incantesimi, l'atmosfera mistica e velatamente sensuale durante un rito. O probabilmente la rassicurava. C'era qualcosa di inaspettatamente confortevole, nella magia, una nota calda, e dolce, e incoraggiante - un soave torpore, una squisita sensazione di dormiveglia - che ancora non riusciva a definire, nonostante potesse diventare molto pericolosa, se nelle mani sbagliate.[...] Si poteva provare nostalgia per qualcosa che non si è mai vissuto?"
Genere: Azione, Comico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy, Draco/Hermione, Harry/Ginny, James Sirius/Dominique
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I - L'ANGELO E LA FENICE 

 

Un eroe è un normale essere umano che fa la migliore delle cose nella peggiore delle circostanze.
Joseph Campbell

«Ehi, bel tatuaggio!»

Isabelle alzò di scatto la testa corvina dal manuale che le aveva regalato Alec per il suo diciassettesimo compleanno, "101 modi per confinare a Edom un Demone Superiore". Il quinto vagone nel quale viaggiava era vuoto, ad eccezione dei tre ragazzi seduti di fronte a lei e, poco più avanti, di due uomini imbacuccati in smisurate mantelle scure, a dispetto dell'afosa estate americana. Il giovane che aveva parlato doveva avere all'incirca la sua stessa età: il volto era pallido, affilato e i capelli sottili quasi albini, in una maniera che le ricordava dolorosamente il folle fratello di Clary, Jonathan – sconfitto mesi prima. Eppure, le iridi cinerine come sbuffi di nebbia e la bocca sottile, delicata, delineavano un'espressione timida ed anche un po' fanciullesca, in contrasto con gli occhi febbricitanti di colui che aveva tanto anelato alla devastazione del mondo.

«Come scusa?» chiese con voce tagliente e cauta, non sapendo ancora con chi avesse a che fare.

«No no, non volevo offenderti, solo che amo dipingere e ne sono rimasto affascinato...» Isabelle seguì lo sguardo del giovane, incantato dall'elaborato intreccio rombico di linee scure sull'avambraccio sinistro: era una runa – che parlava di sicurezza, protezione lungo il cammino – e in quanto tale un semplice mondano non sarebbe dovuto essere capace di vederla, sebbene molti di loro possedessero la Vista. Vigile, portò la mano destra alla cintura – inguantata per nascondere la runa a forma d'occhio sul dorso – percependo sotto i polpastrelli la forma oblunga e familiare dello stilo. La ragazza che era seduta accanto a Isabelle sbuffò irritata, poggiando il libro che stava leggendo sulle ginocchia e schiaffeggiando il braccio dell'amico.

«Scorpius, ma ti sembrano cose da dire?» poi si voltò vero Isabelle. «Ti prego di scusare mio cugino, di solito non è così invadente...»

«Cosa vorresti insinuare, Potter? Io ho l'occhio da artista e l'animo sensibile all'arte, ma non mi aspetto che tu possa comprendere l'effimera bellezza del...»

«Godric Scorpius, appena arriviamo a New York ti faccio costruire una statua, che dici? Dieci metri di rottura di pluffe e un...»

«Santo Merlino, mi state facendo venire il mal di testa!»

A quelle parole il biondo si zittì, limitandosi a scoccare un'occhiataccia alla cugina. La ragazza che aveva parlato era piuttosto simile a Scorpius: i lunghi capelli bruni, intramezzati da ciocche vermiglie, erano raccolti in una crocchia piuttosto disordinata, fermata da una curiosa stecca di legno intagliato, e gli occhi color del cioccolato erano vispi e determinati. Le esili dita calzavano un anello d'argento, decorato con creature serpentine, mentre l'ampia scollatura della maglietta lasciava intravedere il disegno di un animale alato nell'incavo dei seni poco pronunciati. Emanava un'aura austera, da leader, marcata da un'espressione fiera e combattiva: il luccichio malandrino del suo sguardo, però, tradiva quell'indole giocosa che il ragazzo di Isabelle, Simon, pareva possedere innatamente.

«Cosa diamine mi è passato per la testa quando ho deciso di viaggiare con voi?» La voce era bassa, calda e venata di ironia, in contrasto con l'aspetto duro della sua figura. Isabelle, da sempre ottima osservatrice, notò che la mano della giovane – per istinto o abitudine – correva sempre a stringere quel bastoncino infilato tra i capelli, nello stesso modo in cui lei cercava costantemente l'elsa rigida del pugnale: un gesto rassicurante e familiare.

«Non fa niente, non mi sono offesa, solo... non credevo lo notaste...»

Scorpius si voltò vero Isabelle, un sorriso radioso che gli illuminava il volto: «Chi te lo ha disegnato? Mi piacerebbe studiare il bozzetto originale...»

«Ehm, mio fratello maggiore. Lui... è molto abile in questo genere di cose.» Decise di rimanere sul vago, sebbene quella versione non si discostasse così tanto dalla realtà. Alec gliel'aveva inciso poco prima della partenza di lei da Richmond, un rituale che conservavano sin da bambini. Il giovane sprizzava entusiasmo da tutti i pori, mentre la ragazza accanto a lui, che lo osservava affettuosamente, si girò verso Isabelle.

«Beh, dopo questo scambio di battute particolarmente eccitante, che ne dite di presentarci? Io sono Rosaline, ma puoi chiamarmi Rose.»

Le rivolse un sorriso affabile, ma non particolarmente espansivo: il suo sguardo indagatore la squadrava, pronto a cogliere il minimo dettaglio. «Lei invece è mia cugina Lily,» la ragazza dai capelli fulvi accennò scherzosamente il saluto militare, «mentre questa serpe qui è il mio gemello, Scorpius, l'artista di famiglia!» e gli diede un buffetto sulla guancia. Il fratello le fece una linguaccia, imbronciandosi. «Ti odio quando mi chiami così, lo sai?» L'altra rise genuina, per poi rivolgere uno sguardo interrogativo a Isabelle, che scrollò le spalle.

«Semplicemente Isabelle.» Gli altri annuirono, contenti di poter scambiare quattro chiacchiere durante quel lungo viaggio: Scorpius fissava ancora affascinato il tatuaggio sul braccio, Lily si era immersa nuovamente nella lettura e Rose la stava fissando con curiosità, per poi chiederle il motivo del suo viaggio. Era una domanda banale, ingenua, eppure Isabelle non riuscì a togliersi di dosso la sensazione che fosse una sorta di implicito interrogatorio, e un gelido brivido le corse lungo la colonna. Era arrivata a Richmond poche settimane prima, assieme a Clary e Alec, tramite un portale: ospiti di un'affabile amica dei loro genitori, avevano indagato su una serie di misteriose sparizioni di mondani e Cacciatori che si erano separati dal Conclave, senza alcun risultato. Non erano emerse attività demoniache recenti, e Isabelle si era a lungo interrogata sul perché queste scomparse fossero così importanti per il Conclave. A mani vuote, gli altri due aveva utilizzato un portale creato da una stregona del luogo per tornare all'Istituto, mentre la ragazza aveva scelto la via più lunga, la tratta ferroviaria che correva dalla stazione centrale di Richmond fino al Grand Central Terminal – un modo per staccare almeno per un giorno dalla vita frenetica e pericolosa che, dalla fine della Guerra Oscura, le pesava come un macigno.

I suoi occhi scuri e densi come la pece indugiarono su Rose e Scorpius, che stavano discutendo riguardo alcuni esami da ultimare: all'inizio non si era soffermata a studiarli, ma era inevitabile rimanere catturati dall'intimità che li univa. Erano seduti vicini, ciocche luminose come ambra e oro che si intrecciavano in un curioso gioco di luci e ombre e la pelle candida come porcellana lambita dai raggi del sole. Isabelle ebbe la tentazione di scattare una foto da mostrare a Clarissa, ma sapeva che l'amica l'avrebbe rimproverata: era sempre stata scettica nel riprodurre delle fotografie, sostenendo fermamente che, con esse, si smarrivano tutti i contrasti, i toni e l'essenza stessa dell'immagine. I due fratelli parevano vivere in una propria dimensione, estraniati dal resto del mondo e avvolti in una bolla di complicità e amore incondizionato che si manifestava dal continuo sfiorare delle pelli – un modo per sostenersi e rassicurarsi vicendevolmente. Lily, invece, era un insieme di contrasti, pura e luminosa come alessandrite: la chioma vermiglia faceva risaltare le iridi scintillanti come giada e spiccava sulla pelle lattescente, simile al sangue che istoria la neve. Miriadi di efelidi punteggiavano il naso alla francese e le gote rosee, come delicati spruzzi brunastri - a differenza dai visi cerei dei cugini, arrossati dalla prolungata esposizione al sole cocente di fine luglio.

«Quindi sei di New York, Izzy?» le chiese Lily, interrompendo le sue elucubrazioni. «È da quando sono piccola che desidero visitarla e finalmente ne ho l'occasione!» Isabelle rise e assentì.

Se solo la conosceste veramente a fondo, piccoli mondani, scappereste a gambe levate! pensò poco divertita.

«Noi invece veniamo dall'Inghilterra,» stava spiegando Scorpius, le braccia incrociate dietro il capo. «Siamo diretti nella Grande Mela per il matrimonio dei nostri cugini, Teddy e Victoire. A Richmond ci siamo separati dal resto della famiglia, loro hanno scelto di viaggiare con una pass... con l'aereo!» si corresse all'istante, imbarazzato per quel curioso lapsus, ma Izzy non ci fece caso, troppo presa a metabolizzare le parole precedenti.

«Lungi da me farmi gli affari vostri, ma in Inghilterra vi sposate sempre... sì insomma, tra cugini?»

«Oh Merlino, no!» Lily scuoteva la testa e sorrideva, persa in ricordi lontani. «Teddy non è realmente nostro cugino, al contrario di Vicky: sua nonna è la zia del papà di Rosie e Scorp, però ha sempre fatto parte della nostra famiglia, da quando...» esitò, la voce improvvisamente melanconica. «Non ha mai conosciuto i suoi genitori, sono... sono morti poco dopo la sua nascita.»

Isabelle rimase in silenzio, scegliendo non rispondere: i tre ragazzi erano così abbattuti – lo sguardo rivolto al paesaggio verdeggiante oltre il finestrino – come se fossero persi in un dedalo di dolorose memorie, perciò preferì cambiare argomento.

«Siete belli numerosi, eh?» Gli altri fecero un cenno d'assenso, mentre Rose prendeva la parola. «Non immagini che disastro le cene di famiglia! Lily ha due fratelli, James e Albus,» a quel nome, Scorpius ebbe un singulto, le gote colorate dal rossore puerile tipico del primo amore, «e sua madre – zia Ginny – ne aveva sei: non tutti hanno avuto figli, ma gli altri... formano un esercito intero!»

Isabelle finse di non aver colto i verbi volti al passato. Non sapeva niente di loro, eppure c'era qualcosa di indefinibile e inspiegabile, una sorta di legame empatico che li univa: intuiva che la vita di quei giovani, all'apparenza perfetta, era stata segnata da sofferenze indicibili quanto le sue.

«Tu invece?»

«Oh, io ho solo due fratelli: Alexander, il maggiore e Jace, della mia stessa età. Poi ci sono Magnus,» esitò per un impercettibile attimo, e continuò, «il fidanzato di Alec, e la ragazza di Jace, Clary, che praticamente vive con noi. Credo che a Clary piacerebbe incontrati, Scorpius: anche lei adora dipingere!»

Sbatté rapidamente le palpebre, per impedire alle lacrime di scivolarle lungo le guance leggermente incavate: voleva urlare fino a far sanguinare la gola, desiderava disperatamente far sapere al mondo che anche Max, il suo soldatino, era loro fratello, che lui era lì, c'era sempre stato. Ma, con una morsa allo stomaco che le mozzò il fiato, si costrinse a glissare sull'argomento, per evitare inutili sguardi compassionevoli che non lo avrebbero riportato in vita.

Non lo avrebbero riportato da lei.

«Anche tu un'amante dei serpenti, eh?» esclamò Rose, forse avvertendo la sinistra piega del discorso ed indicando il polso destro di Izzy, avvolto da un bracciale d'argento e oro.

«Passione di famiglia, suppongo,» osservò lei, notando come anche Scorpius portasse un ciondolo con le fattezze di un aspide. Quest'ultimo rise. «Spera solo di non incontrare uno dei nostri zii, allora: scapperà a gambe levate solo a vedere il tuo gioiello!»

Isabelle lo guardò confusa, ma sentendo Lily sbuffare sonoramente accennò un sorrisino. «Quando la smetterete di prendere in giro mio padre? È successo poco più di trent'anni fa!»

«Fammi pensare... mai!»

Lily si sbatté una mano sulla fronte, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e rialzò lo sguardo con un'espressione birichina. «Cari i miei cugini, vogliamo parlare dell'episodio tra zio Draco e Fierobecco? O di quella volta che...»

«Altro che nobile di cuore, Potter, sei una serpe fatta e finita,» mormorò Scorpius.

«Di chi state parlando?» si intromise Isabelle, un po' risentita di essere stata lasciata in disparte. Rose sventolò una mano in aria: «Draco è nostro padre, e Fierobecco... beh, un animale un po' selvatico con cui ha avuto un grave incidente quando era giovane...»

Lily scoppiò a ridere. «Ma per favore, non era che un semplice graffio! Zio Ron e zia Herm lo dicono sempre, e lo sai che vostra madre non mente mai!»

«Portate nomi abbastanza... ecco, particolari. Anche se non posso giudicarvi, dal momento che la sorellina di un mio amico si chiama Drusilla!»

Scorpius fece spallucce. «È una tradizione della famiglia di nostro padre affibbiare nomi di stelle ai nascituri, intendo. Il mio si riferisce alla costellazione dello Scorpione; ad esempio, il cugino di papà si chiamava Sirius – come l'astro Sirio – e suo nonno Orion...» disse, contando i nomi sulla punta delle dita.

«È affascinante, no?» osservò Isabelle, da sempre appassionata di astronomia. «Rose da dove deriva?»

A quelle parole Lily scoppiò a ridere, spalleggiata da Scorpius, mentre la cugina li rimbrottava. «Smettetela, idioti! In realtà non c'è una storia vera e propria, è stato più un... incidente ecco.»

Il fratello ululò. «Suvvia, Rosie, non vorrai privare la nostra nuova amica di un simile divertimento! Se non lo racconti tu, lo farò io!»

Amica? Isabelle, sorpresa, si sentì scaldare il cuore. A New York, eccetto la sua famiglia e il suo fidanzato, non aveva mai allacciato stretti rapporti e, consapevole dei rischi che correva ogni giorno, aveva sempre preferito non affezionarsi troppo, come anche i suoi coetanei. Vedere quei tre giovani, tanto sereni da poter donare senza timore il loro affetto a chiunque, le faceva provare una sorta di invidia maligna per la loro – apparente – spensieratezza.

Intanto, Rose aveva alzato le mani in segno di difesa, e stava raccontando di come sua madre, per ripicca contro il marito, aveva deciso di rompere la tradizione dei suoi avi affibbiandole il nome di un fiore, ma Isabelle quasi non la sentì, troppo presa dall'osservare il tatuaggio che le dipingeva la pelle, credendo di essersi sbagliata. Aguzzò gli occhi, annuendo di tanto in tanto, e... sì, eccolo! La candida maglia della ragazza si era spostata verso destra, lasciando intravedere una sottile cicatrice nei pressi della clavicola: sotto, il disegno di una fenice svettava maestoso e rubizzo, le ampie ali variopinte che avvolgevano delicatamente i due seni in una carezza dolce e sensuale. Era un debole guizzo, difficilmente distinguibile se non da un occhio esperto: e a Isabelle, che cacciava demoni e creature sovrannaturali dalla più tenera età, non sfuggì il fluido movimento delle ali, in un'esplosione di cremisi, oro e turchino, o il frullare delle piume policrome sulla pelle vellutata, come vele agitate dal vento.

Si dimenò sul sedile, irrequieta, le risate dei compagni ridotte ad un ronzio sullo sfondo: rilassò la mente, scrutando, dove riusciva, il corpo degli altri due. Proprio in quell'istante, Lily scrollò la testa, portando la folta chioma dietro le spalle: seminascosta dal colletto della camicia, comparve un'altra fenice, questa volta dal piumaggio lucente come oro bianco – simile alla sfumatura delle Rune Matrimoniali – che dalla spalla tendeva il becco affilato verso il collo pallido della giovane. Col cuore in gola, rivolse la sua attenzione verso il ragazzo, che apparentemente non mostrava alcun dipinto sulla pelle lattea – forse solo nascosto in un altro punto, pensò. Facendo cadere sbadatamente il libro, ottenne il pretesto di chinarsi sotto il tavolo senza destare sospetti: era luglio inoltrato, e con quella calura insopportabile solo un pazzo avrebbe avuto il coraggio di indossare dei jeans. Come aveva previsto, tutti e tre portavano dei pantaloncini corti fino al ginocchio, lasciando però scoperte le gambe solcate da alcune cicatrici. Sulla caviglia sinistra di Scorpius era raffigurato l'uccello d'Arabia, rannicchiato su sé stesso: come sentendosi osservato, spalancò freneticamente le ali smeraldine e si avviluppò sinuoso attorno al polpaccio. Isabelle si rialzò di scatto, il respiro accelerato come prima di una battaglia: percepiva una sensazione strana, sconosciuta, ma che non era collegata in alcun modo a una minaccia demoniaca – o i suoi sensi da Cacciatrice l'avrebbero già allertata. Quando tornò in posizione eretta, si accorse di avere tutti gli occhi puntati su di sé, seppur sembrassero ignari della "scoperta" di Isabelle.

«Finalmente! Sei andata a caccia di formiche?» le domandò sardonica Rose. Izzy la fissò allibita, incapace di proferire parola: moriva dalla voglia di sapere chi o cosa fossero, ma cercò di contenersi e di cambiare discorso, presa alla sprovvista. Venne però salvata dallo squillo del cellulare di Lily che, stranita, si mise a frugare dentro la borsa. Appena accese il display, una smorfia divertita mista a esasperazione le delineò i tratti delicati, e mentre accettava la chiamata mimò un nome in direzione dei gemelli, i quali si sporsero verso di lei per ascoltare la conversazione.

«Freddie, se mi hai chiamato ancora per costringermi a rimettermi assieme a Lysander te lo puoi scordare! Quest'estate non ho alcuna intenzione di andare a caccia di Narg... cosa? Dimmi che è uno scherzo!» Dall'altra parte del ricevitore proveniva un vociare concitato, ma Isabelle, seduta al suo fianco, colse solamente brandelli di parole – imboscata... attuare diversivo... vai con il protocollo 33... - che le parevano prive di significato. Lily invece diveniva sempre più pallida e sudata: «Maledizione... Sì, sono con me... in sei... mai visti né sentiti parlare... va bene, va bene,» poi aggiunse, quasi sussurrando: «Procediamo con il 27, siamo in presenza di babbani. Fred, cerchiamo di inviarvi le coordinate.» Riattaccò, le mani che le tremavano e gli occhi che scrutavano febbrilmente ogni angolo del vagone; Rose, impaziente, le strattonò il braccio.

«Cosa ha detto, che succede? Stanno tutti bene?»

La cugina annuì, facendole segno di abbassare la voce, frattanto che estraeva un pezzo di carta sgualcita, un calamaio e una penna d'oca dalla borsa ai suoi piedi. Rapidamente, vergò con mano sicura una serie di simboli e numeri e la consegnò a Scorpius, rimasto fino a quel momento in religioso silenzio. Letto il biglietto, egli strabuzzò gli occhi e si alzò, annunciando di dover andare in bagno, ma in quel momento i due viaggiatori solitari si alzarono e gli sbarrarono il passaggio.

Isabelle, impietrita di fronte a quelle manovre aliene e insolite, si soffermò per esaminarli: erano saliti con lei a Richmond, seguiti poi dai tre ragazzi, e per quelle prime due ore di viaggio non si erano mai mossi, tanto da far credere di essersi assopiti. Erano tutti e due alti, ma mentre il primo era slanciato e muscoloso, l'altro assomigliava di più ad una botte, tarchiato e più impacciato nei movimenti. Da sotto il capello a falda larga che entrambi calzavano, spuntavano ciocche di capelli cinerei, ma di un grigio spento e vuoto, ed una cappa scura come il manto di un corvo era adagiata mollemente sulle loro spalle larghe. Scorpius, ritto dinanzi a loro, era più basso di una buona spanna ed il suo incarnato niveo contrastava violentemente con le due figure corvine. Isabelle si rese conto che Rose non si trovava più davanti a lei, ma con un balzo l'aveva superata per raggiungere il fratello, seguita da Lily: la prima aveva estratto fugacemente la bacchetta che fermava lo chignon ed ora una cascata di riccioli ambrati le ricadeva sulla schiena flessuosa. La cugina aveva tirato fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni lo stesso bastoncino di Rose e lo stringeva saldamente, con la punta levigata rivolta verso il basso e i muscoli tesi. Izzy, pur non capendo appieno le dinamiche di quella situazione, si aggregò alle due ragazze – ritenendo però imprudente sguainare il vasto arsenale di pugnali con cui viaggiava – e chiudendo quella bizzarra colonna. Scorpius era in testa - l'espressione pacata e riflessiva di prima sostituita da una più combattiva, più adulta – che fronteggiava i due signori, anche lui con la strana verga tra le dita, nascosta dietro la schiena: sotto di loro, la carrozza ondeggiava lievemente, sferragliando lungo i binari dissestati. Isabelle, pur rimanendo vigile e allerta, si concesse un momento per analizzare quegli strani bastoncini che i giovani tenevano in mano: erano tutti della stessa lunghezza, quasi del medesimo tono – palissandro e antracite – ma differivano per le decorazioni. Quello di Rose presentava un incrocio casuale di linee in rilievo, mentre quelli del fratello e della cugina erano intagliati lungo i bordi, e la corvina si interrogò sulla loro utilità, non riuscendo però a trovare una valida interpretazione. Si riscosse solo quando sentì una voce roca ridere volgarmente di una frase pronunciata da Scorpius.

«E così il signorino deve andare in bagno, eh? Non credo però di poterlo permettere... anzi, penso proprio che tutti voi fareste meglio a tornare al vostro posto, state ostacolando il nostro cammino...» Scorpius era sul punto di ribattere, ma poi, come folgorato da una rivelazione, annuì e fece segno alle ragazze. «Avete ragione, ci scusiamo per l'intralcio... Prego, procedete pure,» e fece una risatina nervosa. Si riaccomodò, seguito da Rose e Lily che non sembravano affatto turbate dalla sua arrendevolezza: l'animo da guerriera di Isabelle, invece, ribolliva di indignazione.

«I miei compagni ed io abbiamo il diritto di passare tanto quanto voi!» esclamò con voce controllata, pronta a srotolare la frusta elettrica che si avviluppava attorno all'avambraccio. L'uomo tozzo le lanciò un'occhiata colma di disprezzo: «Non credo proprio che tu possa accampare queste pretese, carina. Ed ora fa' la brava e levati di mezzo!»

«Solo perché sono una donna non significa che io valga meno di te, verme!»

L'altro scoppiò in una risata simile ad un latrato. «Non era quello a cui alludevo.» Il compagno tuttavia, sembrava molto meno paziente: le si avvicinò tanto da sovrastarla, minaccioso, intimandole di farsi da parte, ma prima che potesse controbattere Lily intervenne, arpionandola per il gomito e pilotandola verso il sedile. Mentre gli uomini si sedevano pochi posti dietro di loro, Rose si sporse in avanti, sibilandole irritata: «Cosa diamine credevi di fare, eh? Per Godric, vuoi forse farci ammazzare?»

Scorpius le tirò una gomitata. «Smettila Ross, non la spaventare, non è colpa sua se si è trovata al momento sbagliato nel posto sbagliato!»

«Io non sono per niente impaurita!» ribatté piccata Izzy. «Ma chi vi credete di essere, gli agenti 007?»

Gli altri la guardarono con un misto di compassione e confusione – non avevano mai sentito parlare di James Bond? – poi iniziarono a confabulare.

«Lily, tu sei la più piccola e non ti metteremo a rischio. Devi cercare un modo per portare via Isabelle e contattare l'Ordine, va bene?» Rose prese le redini della situazione.

«Ora, dobbiamo pensare a come uscirne vivi senza coinvolgere l'intero treno: cerchiamo di scoprire chi siano, attacchiamoli e poi spediamoli a fare un giro con i Dissennatori!»

«Rose, non ce la faremo mai!» la contraddisse Scorpius. «Non sappiamo nemmeno se siano veramente una minaccia...»

«Scorpius, non fare l'ingenuo: Fred ci ha avvertiti di un agguato sulla tratta ferroviaria Richmond – New York e proprio quando cerchiamo di chiedere aiuto, spuntano fuori questi due!»

Lily annuì gravemente. «Se c'è una cosa che ho imparato in questi anni è che le coincidenze non sono mai casuali.»

Scorpius alzò gli occhi al cielo: «Che donna vissuta, la nuova Morga... Ahi!» esclamò quando Rose gli pestò un piede. «Non è il momento di fare del sarcasmo, voglio arrivare a quel maledetto matrimonio tutta intera! Sentite, possiamo contare sull'effetto sorpresa o...»

«Tu conta sul fatto che già sanno chi siamo. Stanno solo aspettando il momento più opportuno.»

«O attendono rinforzi,» li interruppe greve Lily, «e pregate tutti e quattro i Fondatori che mi sbagli, perché se è così siamo veramente fottuti!»

A quel punto Isabelle perse la poca pazienza che gli era rimasta e, sibilando, esclamò inviperita: «Per l'Angelo, si può sapere di cosa diamine state blaterando?»

Rose la fulminò con lo sguardo, ma Scorpius intervenne tempestivo: «Ragazze, secondo me ha il diritto di sapere... comunque vada, verrà lo stesso rintracciata dalla squadra degli Obliviatori... Chiederò a Victorie di occuparsene personalmente.»

«Ma sei matto? Non abbiamo la più pallida idea di chi sia! Anzi, potrebbe essere la stessa talpa.»

Oltraggiata, Izzy serrò forte i pugni sulle ginocchia. Loro, che l'avevano definita poc'anzi come amica, avevano ora l'ardire di fare subdole insinuazioni sul suo conto?

«E no ragazzini, non vi permetto di insultarmi gratuitamente! È vero, non mi conoscete, ma sono tutto tranne che una spia. Morirei piuttosto che tradire!»

Rose non sembrò molto impressionata. «E che ci dici riguardo al tatuaggio, eh? È il simbolo di qualche setta? Ti conviene parlare adesso o giuro che...»

«Chi siete voi, piuttosto! Non dovreste essere in grado di vedere il mio Marchio. Siete dei Cacciatori in esilio, o ultimi seguaci di Sebastian?»

I tre si guardarono perplessi e interdetti, poi Lily parlò, cauta: «Di solito non ci definiscono Cacciatori, ma se proprio vuoi... sì, una specie.»

Isabelle esultò trionfante. «Siete scappati dall'Enclave di Londra? Avete infranto la Legge?»

«Ma di che cavolo stai parlando? Che diamine è un Enclave

«Non fare la finta tonta con me, signorina! Come mai non avete le rune e cosa significa il vostro tatuaggio, che sembra avere vita propria?»

Lily impallidì, cercando sostegno dai gemelli. «Come hai fatto a notarlo?»

Izzy la guardò sconcertata. «Tu ce l'hai sulla clavicola, Rose sul petto, non è proprio nascosto, eh...»

«No, no... intendo, come hai fatto a vederlo? Solo quelli come noi ci riescono...»

«Ma io sono come voi! Una Cacciatrice! Anche se continuate a negarlo!»

Scorpius fece un verso di scherno. «Ma per favore, non dire sciocchezze. Dov'è la tua bacchetta, allora?»

«La mia cosa?»

Scorpius si girò verso la sorella e alzò le spalle. «Lo sapevo che stava mentendo.»

«Ragazzi, c'è qualcosa che ci sfugge...» si intromise Lily, la più ragionevole e riflessiva.

«Il tempo prima della nostra morte prematura se non pensiamo ad un piano?»

«Smettila! Secondo me stiamo parlando di universi completamente diversi...» Fece una piccola pausa, guardandola attentamente con quei suoi occhi verdi penetranti.

«Izzy, è una situazione molto delicata questa, che potrebbe portare ancor più scompiglio nel nostro mondo... Non te lo chiederei se non fosse strettamente necessario, e capisco se tu abbia degli indugi, ma... Ci puoi rivelare la tua – vera – identità?»

La ragazza annuì seria, capendo che fosse l'unica soluzione sensata per uscire da quella singolare situazione – qualunque essa fosse.

«Isabelle Lightwood, Cacciatrice di Demoni e membro del Conclave di New York.»

Rose rise senza divertimento. «Come no, vuoi farci anche credere che esistano i vampiri e le fate?»

L'altra inarcò un sopracciglio. «In effetti, sì. Il mio fidanzato è stato un vampiro, un tempo.» Un debole sorriso le si dipinse sulle labbra carnose, al ricordo del suo Lord Montgomery.

«Stiamo perdendo solo tempo prezioso!» protestò Scorpius.

«Non ve la caverete così facilmente, adesso voglio sapere anch'io chi o cosa siete. Giù le maschere!»

Rose si scambiò uno sguardo d'intesa con il gemello, poi prese la parola: «Noi siamo i discendenti degli eroi della Seconda Guerra Magica, maghi e membri del Corpo Auror, oltre che di un'associazione segreta – seppur non più così tanto, ormai,» aggiunse con un'alzata di spalle.

Colta di sorpresa, Isabelle scoppiò a ridere, dandosi della stupida per aver dato retta a tre ragazzini con seri problemi di megalomania: le ricordavano Jace quando era più piccolo, solo che in quel caso tutto – o quasi – ciò che diceva corrispondeva al vero. Maghi e agenti segreti? Gli unici dotati di poteri magici che conosceva erano gli stregoni, ed era certa che Magnus avrebbe di sicuro accennato al loro coinvolgimento in due "Guerre Magiche". Il mondo non finiva mai di stupirla.

«Bella battuta, Rose, davvero, ma non è proprio il momento di scherzare. Da quello che ho capito dei tizi vi vogliono uccidere, no? Lasciatevi aiutare e vi prometto che ne uscirete sani e salvi: ho passato la mia intera vita a combattere!» Si complimentò mentalmente per il discorso: incoraggiante ma non troppo, sufficiente a far sì che – all'incirca – si fidassero di lei. I cugini non parevano pensarla allo stesso modo: Scorpius gemette, accasciandosi sul sedile, mentre Lily si sbatté una mano sulla fronte e Rose la guardò inespressiva.

«Isabelle, non voglio ferire i tuoi sentimenti né infrangere un futuro da Wonder Woman, ma...lo sai che il tiro al poligono non vale, vero?»

«Ragazzina, io sono andata all'Inferno!»

«Altro che Dante Alighieri...» commentò Lily, nello stesso momento in cui Scorpius esclamava: «Noi ci siamo già, nei gironi!»

«Non osare prendermi in giro, biondino.»

«Mai stato più serio di così.»

Si squadrarono inviperiti, ma prima che potessero continuare quello sciocco battibecco, Rose attirò la loro attenzione.

«Ehm, ragazzi... credo proprio che dovremmo rimandare quest'interessante conversazione a più tardi.»

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: padvaniglia_EFP