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Autore: All_I_Need    21/06/2021    5 recensioni
John ha un incidente nel laboratorio della struttura militare di Baskerville. Mentre aspettano che gli scienziati trovino una soluzione, lui e Sherlock devono riesaminare la natura della loro amicizia mentre si destreggiano nella vita quotidiana e nel Lavoro, il tutto cercando di rispondere alle domande veramente importanti: va bene accarezzare il tuo coinquilino se al momento è un cane? E come chiedi esattamente le coccole a un autoproclamato sociopatico?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 12 

Una camminata veloce di circa quarantacinque minuti li portò nelle immediate vicinanze della casa di Harrison Forsythe a Barnsbury. Sherlock passò un po’ di tempo a guardare le abitazioni e la strada, ma sembrò incapace di trovare alcunché d’interessante, perché non si trattenne tanto a lungo quanto John lo aveva visto fare in altre occasioni e presto si diresse verso la casa in questione.

Suonò il campanello e John si sedette accanto a lui, cercando di sembrare il più carino e innocuo possibile nel caso in cui alla signora Forsythe non piacessero i cani.

Il movimento all'interno lo avvertì che qualcuno era effettivamente a casa, e mezzo minuto dopo la porta fu aperta da una donna tra metà e fine della sessantina che aveva fatto un tentativo affrettato e del tutto infruttuoso di lavarsi il viso per nascondere ogni traccia di lacrime recenti. John sentì subito il suo cuore intenerirsi nei suoi confronti.

"Buongiorno?"

"La signora Forsythe?” chiese Sherlock, assumendo la sua voce più educata. "Mi dispiace disturbarla così presto la mattina. Mi chiamo Sherlock Holmes e sono qui per suo marito."

"Io... Harrison?" balbettò lei. "Non ha sentito la notizia? Mio marito è morto all’improvviso."

Tirò su col naso e sembrò sul punto di ricominciare a piangere.

"Ne sono consapevole. Le mie condoglianze,” disse Sherlock con una gentilezza sorprendente. "Questo è il motivo per cui sono qui. Sono un consulente investigativo e lavoro spesso con Scotland Yard. In questo caso, tuttavia, credo che suo marito stesse già venendo a consultarmi quando è stato assassinato." Guardò in modo intenzionale su e giù per la strada. "Posso entrare?"

"Oh, certo. Mi dispiace, avrei dovuto invitarvi." Aprì di più la porta e Sherlock entrò, con John vicino al suo fianco.

"Spero che non le dispiaccia se porto con me il mio cane,” disse in modo disinvolto. "Stavamo facendo una passeggiata mattutina quando ho deciso di passare."

"Non è affatto un problema. Che bel cane ha!" esclamò la donna. John la guardò scodinzolando e lei in cambio gli grattò le orecchie.

Li condusse in soggiorno e offrì a Sherlock il divano e una tazza di tè, che lui accettò entrambi.

La signora Forsythe si precipitò in cucina e tornò con un vassoio da tè carico di due tazze, una teiera, panna e zucchero, alcuni biscotti e una ciotola d'acqua per John.

"È molto gentile,” le disse Sherlock, mettendo la ciotola sul pavimento per John. La sua voce suonava molto più calda di com’era di solito quando parlava con estranei.

"Oh, non è niente. Harry e io avevamo un cane, quando Benjamin era ancora un ragazzino." Il suo labbro inferiore iniziò a tremare. "E ora se ne sono andati tutti e io sono l'unica rimasta."

La donna scoppiò in lacrime.

John uggiolò e tirò il guinzaglio finché Sherlock non lo lasciò andare, permettendogli di avvicinarsi alla poltrona su cui era seduta la signora Forsythe e appoggiarle la testa sul ginocchio.

Come alla maggior parte delle persone in difficoltà emotiva, la presenza di un cane caldo e coccolone le fornì il conforto tanto necessario e lei gli accarezzò distrattamente la testa mentre cercava di riprendere il controllo dei propri sentimenti.

"Mi dispiace tanto, signor Holmes. Di solito non mi piango addosso in questo modo, ma gli ultimi giorni sono stati un vero incubo."

"Del tutto comprensibile,” disse Sherlock con un tatto sorprendente. John gli lanciò uno sguardo interrogativo, ma Sherlock finse di non accorgersene.

La signora Forsythe impiegò un paio di minuti per arrestare le lacrime, ma dopo essersi soffiata di nuovo il naso, raddrizzò la spina dorsale e affrontò il problema a testa alta.

"Signor Holmes, se ho capito bene le sue parole di prima, crede che mio marito l’avrebbe consultata su qualche questione?"

"Sì. La sua casa e il luogo in cui è stato scoperto a Regent's Park sono in linea diretta con il mio indirizzo appena a sud-ovest del parco, quindi mi è sembrata la spiegazione più logica. Da allora sono entrato in possesso di ulteriori informazioni riguardanti un potenziale caso di frode nella sua azienda. Gliene ha parlato?"

Lei ci pensò per un momento. "Sembrava infelice per qualcosa al lavoro, ma non mi ha detto di cosa si trattasse. Pensavo che il suo imminente pensionamento gli avesse rovinato l’umore. Ha costruito quella società da zero e ho semplicemente pensato che non riuscisse a sopportare di lasciarla andare, anche se Benjamin era pronto a prendere il suo posto. E ora la polizia dice che Benny l’ha ucciso! Suo padre! Non riesco proprio a crederci, signor Holmes. Mio figlio non è un assassino. Era... avrei dovuto dire, visto che è stato anche lui assassinato!”

Trattenne un singhiozzo e John le diede un colpetto con la testa sulla gamba, rivolgendole il suo sguardo più pieno di sentimento e uggiolando in tono sommesso per commiserazione.

La signora Forsythe gli fece scorrere la mano lungo la schiena e poi gli grattò di nuovo le orecchie mentre si ricomponeva. "Per favore, signor Holmes, se c'è qualcosa che può fare, le sarei molto grata per il suo aiuto. Voglio solo sapere cosa è capitato a mio marito e mio figlio."

"Può stare certa che farò del mio meglio per scoprire cos’è successo esattamente e perché,” disse Sherlock con calma. "Ma non posso prometterle che le piacerà quello che scoprirò."

"Be ', faccio fatica a vedere perché dovrei biasimare lei per qualunque cosa scopra,” disse la donna con fermezza. "Io credo che ambasciator non porti pena, come si suol dire. Ad essere sincera, non credo che qualsiasi cosa lei scopra possa essere peggio di quello che sto già passando." Tirò indietro le spalle. "Mi faccia qualsiasi domanda voglia e farò del mio meglio per cercare di rispondere."

Prendendolo come spunto, John scivolò dolcemente via da lei e, mentre Sherlock la distraeva con domande sulle abitudini di passeggiata e sulla routine quotidiana di suo marito, sgattaiolò silenziosamente fuori dalla stanza per annusare bene il posto.

La casa era una di queste vecchie abitazioni tipicamente inglesi che non erano state molto rimodernate dagli anni Settanta e conservavano ancora motivi floreali o circolari sulla carta da parati, centrini all'uncinetto sui tavolini e soprammobili disseminati su ogni superficie disponibile. C'erano tappeti spessi in cui poteva sentirsi affondare e tende pesanti su entrambi i lati delle finestre. Quasi ogni stanza conteneva una croce di legno da qualche parte su un muro, il che alludeva a forti sentimenti religiosi di almeno un membro della famiglia.

La signora Forsythe, o forse una donna delle pulizie, teneva la casa libera dalla polvere e in generale ben pulita. Su alcuni dei muri erano appese foto di famiglia, ma erano troppo in alto perché John potesse vedere in modo chiaro ed era molto più concentrato su ciò che gli dicevano il naso e le orecchie. Nonostante i suoi vantaggi per quanto riguardava la mancanza di daltonismo, gli occhi di un cane semplicemente non erano buoni quanto quelli di un essere umano, più adatti per tenere traccia degli oggetti in movimento che a concentrarsi su immagini fisse. Il suo naso, d'altra parte, poteva dirgli parecchio.

La casa odorava soprattutto delle persone che vivevano lì, naturalmente, e quindi, sebbene l'odore della signora Forsythe fosse molto forte e chiaro, poteva ancora cogliere con facilità le tracce di un uomo più anziano, di certo suo marito, e di un parente maschio più giovane, probabilmente il figlio . C'era un'aggiunta interessante al profumo del figlio che mantenne l'attenzione di John per un bel po’ mentre cercava invano di capire cosa fosse. Qualcosa di... pulito. Una specie di cipria, forse. Era difficile da descrivere e non aveva idea di come rendere Sherlock consapevole di una cosa del genere, non senza essere in grado di parlare.

Seguì l'odore su per le scale e fino a una porta chiusa che molto probabilmente conduceva nella cameretta da bambino di Benjamin Forsythe. Senza dubbio ne aveva fatto ancora uso quando veniva a trovare i genitori. Quell'odore tuttavia non divenne più forte, portando John a concludere che qualunque cosa ne fosse l’origine non poteva essere trovata all'interno della stanza.

Tornò al piano di sotto e continuò la sua esplorazione, ma non trovò nient'altro di interessante, così tornò in salotto, dove Sherlock si stava alzando dal divano.

John era stato troppo assorbito dal suo naso per concentrarsi sulla conversazione in corso in salotto, quindi non aveva idea di cosa stessero parlando la signora Forsythe e Sherlock, ma la donna più anziana sembrava ragionevolmente composta e quasi sorridente mentre stringeva la mano di Sherlock in segno di saluto e si chinava per grattare di nuovo le orecchie di John.

"Grazie mille per essere passato, signor Holmes. Se c'è che possa fare per aiutarla o se scopre qualcosa di nuovo, per favore me lo faccia sapere."

Sherlock promise di farlo, si chinò per recuperare il guinzaglio di John, e un attimo dopo erano fuori e sulla strada di casa.

"Trovato qualcosa d’interessante?” chiese Sherlock.

John inclinò la testa e uggiolò.

"Giusto, non parli. Non preoccuparti, credo di aver trovato una soluzione per questo. Sarà noioso, ma molto meglio di essere costretto a indovinare quello che stai cercando di dirmi. Te lo mostrerò quando saremo tornati a casa."

Incapace di parlare com'era, John non aveva altra scelta che accettare e tenere il passo mentre Sherlock tornava indietro da dove erano venuti.


*****


Tornarono a casa quasi un'ora dopo, dopo aver bighellonato per un po’ nel parco. John fece finta di non aver notato Sherlock che si guardava intorno in modo un po’ troppo disinvolto, forse nella speranza di poter dare un'altra occhiata ai soldati, ma erano chiaramente scomparsi da tempo.

Una volta tornati all'appartamento, John aspettò a malapena che Sherlock gli togliesse il guinzaglio prima di lasciarsi cadere sulla sua cuccia, ansimando. La lunga passeggiata e la visita a casa della signora Forsythe erano state interessanti e tanto divertenti quanto poteva esserlo andare a trovare il parente in lutto di una vittima d’omicidio, ma adesso era contento di riposare.

Sherlock, nel frattempo, sembrava non essere per niente stanco. In effetti, la gita sembrava avergli dato una carica d’energia. Si tolse il cappotto e la sciarpa e li appese al solito gancio prima di precipitarsi fuori dall'appartamento e scendere le scale per fare un salto dalla signora Hudson. John lo sentì frugare in giro e le domande confuse della signora Hudson che, ovviamente, non ricevettero alcuna risposta, prima che il detective risalisse le scale, portando una scatola dentro la quale gli oggetti scivolavano in giro e sbattevano tra loro con un suono ticchettante.

Seduto a gambe incrociate sul pavimento, Sherlock aprì la scatola e la svuotò davanti a sé.

John fissò con sorpresa deliziata la pila di tessere di Scarabeo che rotolarono fuori dalla scatola.

"Ecco,” disse Sherlock, con aria molto soddisfatta di se stesso. "Questo dovrebbe aiutarci a comunicare in modo molto più efficiente. Posso leggere la maggior parte delle tue opinioni dal tuo atteggiamento e dai vari suoni che fai, ma le prove vere e proprie sono troppo importanti per essere soggette a problemi di comunicazione. Pensi di poter compitare in modo chiaro quello che hai notato nella casa? M’interessano in particolare gli odori."

John pensava che quella delle tessere di Scarabeo potesse essere una delle idee migliori che Sherlock avesse avuto durante tutto l'anno. Ora, se solo avesse saputo cos'era l'odore a casa dei Forsythe!

Iniziò in modo facile, usando il naso per far scorrere le tessere sul tappeto e spingendo di lato la maggior parte in modo da poter formare le parole.

marito moglie figlio

Sherlock aggrottò la fronte. "Nessun altro?"

John si strinse nelle spalle, scosse la testa,

Usando la zampa anteriore, spinse via le tessere relative ai coniugi Forsythe, lasciando la parola "figlio" sul pavimento del loro soggiorno.

"Hai trovato qualcosa di insolito riguardo al figlio?” chiese Sherlock.

John annuì e iniziò a sistemare altre tessere. Un'intera frase era più difficile da fare e richiedeva più tempo, ma non si preoccupò eccessivamente della grammatica corretta, fintanto che riusciva a trasmettere le informazioni.

puzzava strano    polvere pulita    forse cipria    fonte non nella sua stanza

Sherlock aggrottò le sopracciglia guardando le tessere. "Interessante. Mentre eri al parco con Donovan l'altro giorno, Lestrade mi ha chiamato per dirmi che hanno trovato una sostanza bianca sospetta nell'appartamento del figlio. Chissà se i test su quella roba sono già tornati."

Prese il cellulare dalla tasca e inviò a Lestrade un breve messaggio. "Hai trovato qualcos'altro?"

John scosse la testa, poi esitò e riorganizzò le tessere in una fila di croci.

"Sì, l'ho notato anch'io. Molto religiosi, i Forsythe, a quanto pare." Sherlock si picchiettò le labbra spinte in fuori, pensieroso. "Davvero molto interessante. E molto attento da parte tua. Mi aspettavo che fossi più concentrato sugli odori che sulla decorazione murale. Hai sentito qualcosa d’interessante?"

Di nuovo, John poté solo scuotere la testa.

"Va bene, in realtà non mi aspettavo nient’altro. Qual è la tua opinione sulla signora Forsythe. Possibile sospetto?"

John sbuffò e scosse con vigore la testa.

"Sono d'accordo. Quella donna non avrebbe potuto far male a una mosca, tanto meno a suo figlio. Credo che dopo pranzo dovremmo fare una visita alla compagnia del signor Forsythe e dare una bella occhiata ai suoi dipendenti."

Con una mossa apparentemente inconscia, Sherlock allungò la mano e arruffò la testa di John. "Molto ben fatto, davvero. Bravo ragazzo!"

John, del tutto indifeso per il piacere che le parole e l'azione causavano, si ritrovò a scodinzolare e premere la testa contro la mano di Sherlock, girandola da una parte e dall'altra nel tentativo di leccargli il polso.

"Questa cosa del leccare deve davvero finire, John. Cosa c'è di così interessante nei polsi?"

Avendole proprio lì, John utilizzò ancora una volta le tessere dello Scarabeo: forte profumo lì non posso evitarlo

Sherlock sospirò. "Se lo dici tu. Ma cerca di tenere questo piccolo fatto fuori dalla vista di Lestrade, sta cominciando a darmi sui nervi."

Arruffò di nuovo la testa di John e si alzò, lasciando le tessere sul pavimento mentre entrava in cucina e iniziava a preparare il tè.

Con un pensiero improvviso che gli veniva in mente, John aspettò che Sherlock lasciasse la stanza prima di riorganizzare le tessere. Scrisse solo una parola, poi usò alcune delle tessere rimanenti per formare un punto interrogativo dietro di essa. Una volta finito, abbaiò per attirare l'attenzione di Sherlock.

"Cosa c'è? Ti sei ricordato qualcos'altro?” chiese lui, avvicinandosi per vedere cos’aveva scritto.

In allegre e colorate piastrelle di Scarabeo sul pavimento del soggiorno c'era la domanda di una sola parola: soldati?

John ebbe il piacere inaspettato di vedere il grande, inamovibile Sherlock Holmes che arrossiva.

"Oh, stai zitto, John."


*****


John si assopì per un po’, abbastanza soddisfatto di se stesso. Aveva contribuito alle indagini nonostante fosse un cane, anche se non era del tutto sicuro in che modo le sue scoperte avessero contribuito per qualsiasi cosa. Ma Sherlock era sembrato piuttosto soddisfatto dell'informazione.

E ovviamente era finalmente andato in vantaggio di un punto su Sherlock, cosa che valeva sempre la pena festeggiare. Era capitato così di rado e di certo mai nel modo in cui era successo oggi. Ma quella mattina, grazie all’erezione mattutina e all’occhieggiare i soldati, Sherlock era sembrato un comune essere umano più di qualsiasi altra volta che John lo avesse mai visto, ed era stato ipnotizzante. Lui non aveva mai visto questo lato del suo amico prima d’allora e ora che in primo luogo sapeva che un tale lato esisteva, voleva vederne di più.

Naturalmente John sapeva che Sherlock non sarebbe stato collaborativo con le informazioni e non c'era modo di fare domande, quindi avrebbe dovuto semplicemente sperare che si presentasse un'altra opportunità.

Nel frattempo fece un pisolino, ascoltando i suoni rilassanti di Sherlock che arrostiva un'unghia umana con il suo becco Bunsen.

Alla fine, il suo telefono suonò per l‘arrivo di un messaggio di testo e Sherlock abbassò la fiamma per leggerlo. John girò la testa nella sua direzione per indicare che stava prestando attenzione, sebbene si sentisse a malapena mezzo sveglio, preso nella piacevole sfera tra il sogno e la veglia.

"Lestrade dice che i risultati del test antidroga sono stati negativi. La sostanza che hanno trovato nell'appartamento del figlio era una specie di polvere per la pelle. Stanno ancora cercando di capire con precisione di quale tipo."

John sbatté le palpebre. Polvere per la pelle. Era quello che aveva annusato a casa dei Forsythe? Pensò al profumo, cercò di analizzarlo ora che aveva una possibile definizione e fece un esitante cenno del capo.

Sherlock lo aveva osservato. "Sei d'accordo che questo è ciò che hai sentito? Presumo che non ti sia venuto in mente perché di solito non incontri della polvere per la pelle nella tua vita al di fuori del lavoro e non c'erano segni di qualcuno che avesse una malattia cutanea da nessuna parte."

John annuì di nuovo. Posizionare un profumo conosciuto che avevi incontrato in un luogo inaspettato poteva essere abbastanza difficile, ma ora che aveva una parola per descriverlo, era assolutamente certo che fosse quello che aveva fiutato.

"Non ha alcun senso,” disse Sherlock, più a se stesso che a John. "Non c'era traccia di qualcuno che avesse un problema alla pelle, la signora Forsythe non ha accennato a un'eruzione cutanea o qualcosa del genere, e nemmeno Molly non ha scoperto nulla al riguardo. Allora cosa stava facendo il figlio con la cipria?"

John non ne aveva idea, così sbadigliò e mise la testa tra le zampe.

"Grazie," brontolò Sherlock. "Davvero molto utile, John."

John gli mostrò la lingua e cercò di tornare a dormire fino all'ora di pranzo. Lascia che Sherlock lo capisca da solo. Voleva continuare il suo pisolino e poi magari rannicchiarsi sul divano con lui e guardare un film e lasciare che Sherlock si grattasse le orecchie. Forse poteva rimettergli la testa sul petto e ascoltare il suo cuore. Forse poteva sistemare le cose in modo da finire di nuovo a dormire nella stanza di Sherlock, essere abbastanza vicino non solo da sentire ogni suo respiro, ma anche da percepirlo.


*****


Era mezzogiorno appena passato quando Sherlock decise che era ora di fare una visita agli uffici dell'azienda di Harrison Forsythe e interrogare i dipendenti. A quel punto, John era pronto per uscire e vedere qualcosa di nuovo, quindi raccolse allegramente il suo guinzaglio mentre Sherlock si stava ancora mettendo il cappotto.

Presero un taxi e raggiunsero il palazzo degli uffici mezz'ora dopo e Sherlock marciò verso la reception con l'aria di qualcuno che ha degli affari importanti da condurre e non ha tempo per nessuno che faccia domande stupide come ‘Cosa ci fa un cane qui dentro?’

"Sherlock Holmes, per vedere chiunque sia a capo di questo posto," annunciò all'allarmata receptionist. La giovane donna gli scoccò uno sguardo e poi un altro, più lungo, per buona misura prima di sollevare il telefono.

"Un certo signor Sherlock Holmes per vederla, signora,” disse e ascoltò la risposta prima di voltarsi verso di lui. "Può spiegare il motivo della sua visita?"

Sherlock la guardò accigliato e procedette a far balenare uno dei distintivi della polizia rubati a Lestrade, abbastanza in fretta da farle vedere la parola "Polizia" ma non abbastanza a lungo da dare un'occhiata al nome e alla faccia sul documento. "Sto indagando sull'omicidio del signor Forsythe e di suo figlio."

L'addetta alla reception impallidì e trasmise rapidamente le informazioni al telefono. John poté sentire una voce femminile dall'altra parte. Un attimo dopo, riattaccò.

"Prenda l'ascensore fino al sesto piano, giri a destra. La signora Munkeld la sta aspettando."

Sherlock annuì e aggirò l'area della reception diretto verso gli ascensori. John si tenne al suo fianco, cercando di sembrare il più discreto e inoffensivo possibile. Il Regno Unito in generale era un posto molto dog-friendly, ma gli uffici nella City erano una faccenda del tutto diversa.

"Non permetterò che ti buttino fuori," mormorò Sherlock mentre le porte dell'ascensore si aprivano finalmente con un ‘ding’.

Salirono e John si prese un momento per meravigliarsi di quanto fosse diventato disinvolto nell'usare un ascensore. Pochi minuti dopo la sua trasformazione a Baskerville, il breve viaggio fuori dal laboratorio per tornare in superficie lo aveva trasformato in un mucchio di pelo tremante e terrorizzato. E ora eccolo lì, in piedi calmo al fianco di Sherlock e ignorando completamente il rumore degli argani e delle ruote mentre venivano trasportati verso l'alto.

"Chiamiamo la tua serenità un progresso," suggerì Sherlock, dimostrando ancora una volta che il processo di pensiero di John gli era del tutto trasparente, se ci si metteva d’impegno.

John sbuffò e inclinò la testa verso di lui in segno di domanda.

Sherlock si strinse nelle spalle. "Il tuo primo viaggio su un ascensore in questo corpo è stato in circostanze piuttosto traumatizzanti. Ovviamente la tua mente tornerà a quell'esperienza e la paragonerà alla tua situazione attuale. Ti sei adattato in modo impressionante. Spero che mi darai una descrizione molto dettagliata conto di com'era essere un cane una volta tornato nel tuo corpo reale.”

John gli uggiolò e alzò gli occhi al cielo, ma non poté fare a meno di pensare ‘Se riavrò mai il mio corpo.’

Sembrava che non riuscisse a liberarsi di quel pensiero, non importa quanto ci provasse. Più a lungo la cosa andava avanti, meno era convinto che si potesse fare qualcosa per invertire gli effetti del suo incidente in laboratorio.

L'ascensore si fermò e le porte si aprirono. John riportò con fermezza i suoi pensieri al presente e precedette Sherlock nel corridoio.

Come previsto, la signora Munkeld li stava già aspettando. Si rivelò una donna bassa, vestita con eleganza, dalla corporatura leggera e occhi acuti. John poteva sentire su di lei l'odore dello stress nonostante uno strato di profumo appena applicato. La perdita del capo dell'azienda e del suo erede e successore nel giro di poche ore chiaramente non le aveva fatto bene, ma non lui si era aspettato niente di meno.

"Signora Munkeld?” chiese Sherlock, facendosi avanti. "Sherlock Holmes. Lavoro con Scotland Yard."

"Hannah Munkeld," si presentò la donna. "So chi è lei," aggiunse freddamente, allungandosi per stringergli la mano. "Lavora con Scotland Yard, eh? Non è stiracchiare un po’ la verità?"

"Niente affatto," rispose Sherlock. "Se lo desidera, posso chiamare l'ispettore Lestrade e lui potrà confermare che sono stato coinvolto in questa indagine sin da quando è stato trovato il corpo del signor Forsythe senior."

John provò un'ondata di divertimento alla vista di questa piccola donna in piedi di fronte al metro e ottanta di Sherlock. Quello che le mancava in altezza, lo compensava con la personalità.

"E di solito porta con sé un cane per i colloqui?” gli chiese, voltandosi e facendo strada verso il suo ufficio, non dando a Sherlock altra scelta che seguirla. Lui la raggiunse con due falcate e poi dovette accorciare i passi per non sorpassarla.

John li seguì, fermandosi un attimo ad ammirare una donna dai capelli rossi che era in piedi al banco della reception, parlando al telefono in un francese veloce. La lingua suonava così melodiosa che gli sarebbe piaciuto ascoltare ancora un po’. Sfortunatamente, Sherlock tirò il suo guinzaglio e John si concentrò di nuovo sul tenere il passo e prestare attenzione alla conversazione a portata di mano.

"Dato che lei non ha un cane, certo non mi aspetto che capisca perché non è un'opzione praticabile lasciarlo da solo nel mio appartamento per ore e ore," stava dicendo Sherlock. "Così com'è, Johnny qui è perfettamente addestrato e i suoi giocattoli da masticare a casa sono di gran lunga superiori a qualsiasi gamba di tavolo o sedia che lei potrebbe avere nel suo ufficio. L'unica cosa che può devastare è la sua scorta di biscotti, se ne ha una."

Ciò indusse la signora Munkeld a un piccolo sorriso. Quando lei lo guardò, John scodinzolò .

"In tal caso, farò un'eccezione per lui. Di solito non permettiamo animali in ufficio. Tuttavia, non sono disponibili prelibatezze di alcun tipo."

"Non si preoccupi di questo,” disse Sherlock, facendo l'occhiolino a John. "La mia padrona di casa lo vizia così tanto che stavo pensando di metterlo a dieta.”

John gli uggiolò. Dieta, davvero!

Una volta nel suo ufficio, che sembrava essere proprio accanto a quello che aveva occupato il signor Forsythe, la signora Munkeld offrì a Sherlock un posto a sedere e una tazza di tè.

"No grazie, non mi aspetto di restare qui abbastanza a lungo," declinò Sherlock, accomodandosi sulla sedia del visitatore davanti alla sua scrivania con l'aria di un re assettato sul suo trono. John si sedette sul pavimento accanto a lui.

"Be’?” chiese la donna, sporgendosi in avanti sulla sedia. "Cosa posso fare per lei?"

"Sembra che il suo datore di lavoro stesse venendo a consultarmi quando è stato assassinato,” disse Sherlock, senza darsi la briga di perdere tempo in convenevoli. "Da allora ho saputo che sospettava di frode qualcuno all'interno della sua compagnia. Può dirmi qualcosa al riguardo?"

La signora Munkeld sembrava adeguatamente presa alla sprovvista. "Frode? Qui? No. In tutta onestà posso dirle che non ho sentito niente del genere. Di sicuro lui sembrava piuttosto stressato nei giorni precedenti la sua... la sua morte, ma pensavo fossero solo le solite preoccupazioni pre-pensionamento.”

"Ci si aspetterebbe che lei fosse a conoscenza dei suoi sospetti. Come suo capo manager, non dovrebbe essere a conoscenza di tutto ciò che accade in questa azienda?"

"Il mio obiettivo è la gestione dei clienti,” rispose lei. "Sono i contabili ad essere responsabili della parte finanziaria. Semmai, mi sarei aspettata che avvicinasse uno di loro riguardo a questo problema.”

Sherlock annuì. "E pensa che sia possibile che non gliene abbia parlato perché credeva che fosse lei ad esserne responsabile?"

John poté davvero sentire l'odore del suo shock. "Io? No. Come ho detto, sono responsabile della gestione dei clienti. Non so la minima cosa di scienza attuariale."

Si fissarono in silenzio per un minuto.

Annoiato dalla quiete, John si alzò e s’infilò sotto la scrivania per annusare le scarpe della donna prima di farle scorrere il naso fino al ginocchio. Lei sussultò, chiaramente sorpresa che si fosse mosso.

"Oh, mi hai spaventato!"

"Sta di nuovo supplicando di essere accarezzato?” chiese Sherlock, suonando come l'immagine stessa di un proprietario di cane affettuoso ed esasperato. "Gli dia solo una grattata alle orecchie. Non morde."

Lei lo fece, anche se esitante, e John scodinzolò più forte.

"Sembra che lei abbia superato l'ispezione," osservò Sherlock, con tono divertito.

John sperava che il detective avesse ricevuto il messaggio. Se quella donna avesse avuto qualcosa a che fare con gli omicidi o la frode, si sarebbe mangiato la sua cuccia cruda.

Mise la testa sulle ginocchia della donna e lasciò che lei l’accarezzasse mentre rispondeva alle domande di Sherlock su ciò che faceva lei per la compagnia, cosa facevano tutti gli altri, chi erano gli elementi chiave, cosa aveva fatto lo stesso signor Forsythe e quanto ben preparato fosse stato suo figlio per subentrare.

Fu una lunga conversazione e lui poté sentire la sua stanchezza e diffidenza nel modo in cui a volte la mano della donna si muoveva svogliatamente, come se si fosse dimenticata di lui e fosse assorta nei propri pensieri. Le lanciò uno sguardo pieno di sentimento, facendo i migliori occhi da cucciolo di cui era capace, e in risposta sentì il suo umore sollevarsi un po’.

Alla fine, quando la sua mano si fu del tutto fermata sulla sua testa e Sherlock ebbe esaurito le domande, John si sfilò gentilmente e tornò al fianco del suo amico.

"È ora di andare,” disse Sherlock, raccogliendo l'estremità del guinzaglio e alzandosi. "Grazie per il suo aiuto, signora Munkeld. Spero che saremo in grado di arrestare un sospetto entro la settimana. Nel frattempo, tenga d'occhio la contabilità della società. Sono sicuro che lo Yard vorrà che gli esperti ripassino ogni singolo numero e non vorremmo che nessuna di queste informazioni scomparisse all’improvviso in un incidente perché qualcuno l'ha erroneamente passata attraverso il trituratore, no?"

"Farò del mio meglio per mantenere tutto intatto,” disse lei, scoccandogli un'occhiataccia. "Ma vorrei sottolineare che in effetti ho un'azienda da gestire e non ci si può aspettare che passi tutto il giorno a fare da babysitter ai contabili.”

Sherlock si strinse nelle spalle. "Stavo solo dando un suggerimento. Buona giornata, signora Munkeld. Usciremo da soli, grazie. Vieni, Johnny."


John lo fece, e i due lasciarono l'edificio in silenzio.



 




NdT: Quel naso fantastico è utiie per le indagini, e non è brillante la trovata di Sherlock per comunicare? Così anche Johnny ha potuto fare la domanda che gli stava più a cuore... 🤣
   
 
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