Happy birthday, Kuroba
Kaito
Fanart credits: https://twitter.com/pikopikonari/status/1406960202620932097
Il caldo sole di giugno
filtrava fra le persiane serrate gettando oblique ombre sulla scrivania ricolma
di scartoffie, il letto perfettamente rifatto e la giacca della divisa
maldestramente poggiata allo schienale della sedia. Uno dei petali si distaccò
dal resto del bocciolo incastrato nella sottile cornice argentea volteggiando
lentamente nell’aria insieme ai granelli di polvere illuminati dai fasci di
luce.
Kaito raddrizzò il colletto della camicia scolastica fermandosi a contemplare
il quadro alla parete. Il sole raggiungeva soltanto le mani intrecciate attorno
al cilindro e il volto sul quale la rosa rossa posizionata il giorno prima si
era ormai afflosciata. Vedeva quel quadro ogni giorno, ad ogni rientro, ma ieri
l’aveva osservato tutta la giornata.
L’aveva sentito da Aoko, l’aveva letto su riviste di psicologia, aveva udito
l’ispettore Nakamori parlarne con suo madre anni prima. I ricordi tendevano a
sbiadire, alcune cose tendevano a distorcersi nella memoria. Non solo il mobile
in cui pensavi di aver posto un quaderno o un appuntamento del medico
sfortunatamente sfuggito di mente.
Scompariva il volto, la
voce, i modi di fare di qualcuno che non c’era più.
Per tal motivo aveva
passato l’intera domenica in casa con il cellulare spento. Aveva avuto bisogno
della sua intimità, del suo momento di raccoglimento senza dover preoccuparsi
di fare il terzo incomodo nella giornata padre/figlia organizzata da Aoko. Era
grato del pensiero che lei gli rivolgeva da svariati anni a quella parte ma non
voleva rovinare quelle poche giornate in cui l’ispettore non lavorava.
Soprattutto perché la
maggior parte delle assenze erano indirettamente a causa sua.
Aoko era stata fin troppo
prevedibile. Ottenendo solo risposte registrate dalla meccanica voce della
segreteria telefonica si era presentata a casa sua. L’aveva vista dal
nascondiglio sull’albero sbraitare alla porta e suonare incessantemente il
campanello finché con un suono stridulo il piccolo marchingegno non aveva
cessato di funzionare.
Aoko l’avrebbe ucciso
quel mattino a scuola.
Kaito scosse la testa reprimendo
il brivido lungo la schiena in vista della futura sfuriata. Raccolta la
cartella e la giacca si fermò un’ultima volta davanti al criptico volto
ritratto mandando un bacio all’uomo più importante della sua vita. Le due dita
poggiate sulla tela indugiarono scivolando fino all’altezza del petto, ritratte
nel medesimo istante in cui il primo sorriso della giornata fece capolino.
I ricordi potevano essere
una benedizione se ben direzionati ma dopo quell’ennesima Festa del Papà
solitaria (*) la sua era più una
forzata allegria che una manifestazione della caratteristica esuberanza che lo
contraddistingueva.
Aveva dimenticato l’ultima volta in cui era uscito con il solo scopo di
divertirsi.
Il silenzio della camera
fu rotto dal cigolio della porta al cui tonfo un secondo petalo discese placidamente
al suolo. Kaito inspirò a fondo nel corridoio altrettanto silenzioso gettando
in spalla la cartella con l’intenzione di finire di sistemare la divisa una
volta giunto a scuola. Mancava un’ora al suono della campanella, con l’autobus
avrebbe fatto in tempo a recarsi sul luogo della futura rapina per un ultimo
sopralluogo, fare colazione e infine affrontare Aoko.
Peccato che i suoi piani
non andavano mai come sperato.
«Aoko?»
Kaito inclinò la testa
confuso osservando la sua migliore amica, di spalle, in piedi, davanti la sua
porta di casa. Non era una novità andare a scuola insieme. Aoko avrebbe potuto
anticipare la sua esecuzione lungo il tragitto onde evitare possibili testimoni
ma non possedeva né una risata sguainata né un accento impeccabilmente inglese.
«Kaito!»
L’esclamazione di gioia
non era nulla paragonata al luminoso sorriso in grado di scioglierlo, rivolto
interamente a lui. Troppo allegro e troppo cordiale per appartenere ad una
persona pronta a sbranarlo anche solo per una cena saltata in sua compagnia.
Con la mano ancora alla maniglia di una porta semiaperta Kaito ritenne di poter
essere finito in una realtà alternativa.
«Perché adesso stai
guardando così male Akako-san?»
Ignorando la domanda confusa
Kaito continuò ad osservare con sospetto la ragazza poco distante placidamente
seduta sul bordo della fioriera in muratura posta lì da sua madre la scorsa
primavera. Akako si limitò a ricambiare il suo sguardo indagatore con un
sopracciglio inarcato senza scomporsi ulteriormente. A braccia incrociate
preferì infatti mettere in mostra un ghigno malizioso non destinato a lui ma al
ragazzo in piedi accanto a lei.
Il detective londinese stranamente taciturno l’aveva salutato con un cenno rivolgendo
imperterrito il capo altrove, senza scagliare la minima punzecchiatura.
Kaito era abituato alle
stranezze e con Akako nelle vicinanze esse erano all’ordine del giorno. Saguru
no, non era etichettato come strano nella sua graduatoria, probabilmente
stravagante per la particolare ossessione dell’ora ma fino ad allora non aveva
mai mostrato nulla che potesse ergerlo a livello della strega.
Akako e Saguru non
percorrevano la sua stessa strada per andare a scuola.
Il primo aveva la sua
balia pronta a scorrazzarlo in giro per la città e per quanto ne sapesse
l’altra poteva pure raggiungere l’edificio scolastico a cavallo di una scopa
volante. Se per lei non c’erano dubbi questi sorgevano alla sola presenza
dell’inglese.
Vederlo lì era alquanto strano.
«Cosa ci fate davanti
casa mia a quest’ora del mattino?»
«Andiamo al luna park!»
All’esclamazione gioiosa
di Aoko fu inevitabile una nuova occhiata cospiratrice verso la maniaca
dell’occulto alle sue spalle. Aoko non avrebbe mai e poi mai saltato un giorno
di scuola se non per qualcosa di veramente importante. Lei ricordava i suoi
obblighi scolastici più di quanto non facesse sua madre.
Fu proprio
quell’eccessiva concentrazione a far scattare un sonoro clic nella sua
testa.
Akako aveva un vestito
porpora estremamente attillato che lasciava poco spazio all’immaginazione nella
profonda scollatura e nelle gambe lasciate volutamente scoperte più del dovuto.
Aoko sfoggiava una leggera camicetta azzurra e Saguru indossava una giacca
beige probabilmente pagata svariati zeri nel suo ultimo viaggio parigino.
Nessuno vestiva la divisa
in un giorno scolastico. Parlavano sul serio.
«Aoko ti senti bene? E la
scuola?»
«Possiamo farne a meno
oggi»
«Eh? Perché? Cos’è oggi?»
Kaito sbatté gli occhi
senza nascondere la confusione quando i tre lì con lui gli rivolsero lo stesso
cipiglio perplesso. Le feste nazionali erano lontane, non c’era nessun
particolare evento modano – ad eccezione della rapina programmata in serata –
ed il compleanno di Aoko era già passato con tanto di testimonianza lasciata
sui giornali in cui si dava la caccia a un gruppo di vandali. Il tutto per
qualche schiamazzo notturno e un paio di fuochi d’artificio illegalmente
azionati. Il compleanno di Saguru era ad agosto quindi troppo lontano per averlo rimosso mentre quello di Akako… forse quello che aveva dimenticato apparteneva proprio alla pazza strega.
«Kuroba-kun, è il tuo compleanno»
L’intera scia di pensieri
si arrestò rendendo visibile una genuina sorpresa. Saguru grato per la
distrazione favorì alle rotondità esposte sulla sinistra lo studio del ragazzo
rimasto come un baccalà davanti la porta. Kaito non stava recitando, suo
malgrado sembrava aver rimosso per davvero l’importanza di quella data dalla
sua mente, cosa alquanto bizzarra se si prendeva in esame la sua capacità di
ricordare interi numeri identificativi appartenenti a patenti altrui.
«Il mio…» Kaito abbandonò
la maniglia estraendo dal nulla un’agendina sfogliata alla velocità della luce
fino al giorno in questione sulla cui pagina rigata era rappresentato soltanto un
doodle di Kid «…compleanno»
Concentrato sul suo
lavoro notturno aveva perso di vista tutto il resto al di fuori del contesto
scolastico, finendo con il trascurare anche sé stesso. Uscì dallo shock soltanto
quando la mano poco delicata di Aoko lo colpì alla nuca.
«Sei incorreggibile! Hai
segnato la rapina di quel ladro da strapazzo ma non ti sei ricordato del tuo
compleanno?!»
Kaito avrebbe voluto
controbattere ma nella sua testa ci fu soltanto un unanime coro di grilli. Forse
la sua caccia a Pandora era davvero diventata un’ossessione.
***
«Perché ci sei anche tu?»
«Nakamori-san ha
insistito»
Kaito guardò con la coda
dell’occhio il detective accanto a lui maledicendo l’istante in cui aveva
accettato di lasciare andare le due ragazze a prendere qualcosa da bere.
Supponeva che il tutto fosse parte di un piano ideato da Aoko per farli
andare d’accordo, l’ingenua speranza di un’amicizia futura, ma lui non aveva
voglia di rovinarsi una festa con una compagnia tanto saccente. Poco importava
che fino a quattro ore prima non ricordasse nemmeno l’esistenza della suddetta
festa.
«Mh,
vado un attimo in bagno»
«In bagno o al Mitsubishi
Ichigokan Museum?»
Kaito si trattenne dallo sbuffare
apertamente roteando sui talloni in un impassibile faccia a faccia. Saguru
poggiato allo schienale della panchina lo squadrava con troppa attenzione,
pronto a cogliere il primo passo falso come ennesima prova per le sue
supposizioni.
Detestava quell’arguzia del suo avversario nei momenti sbagliati.
Doveva inviare un messaggio all’ispettore Nakamori per disdire la rapina senza
quell’impiccione pronto a mettergli le manette ai polsi. Non avrebbe lasciato
credere alla polizia di averlo messo in fuga o concesso a quel gruppo di
visionari accecati dalla sfera sovrannaturale l’occasione di sporcare il suo
nome. Era un rischio enorme lascarli agire senza la sua presenza su cui far
catalizzare l’attenzione.
Aoko l’avrebbe trascinato
in giro tutta la giornata desiderosa di provare ogni singola giostra di quel
parco e lui si stava davvero divertendo per mentirle sfacciatamente e ordire un
piano di fuga dalla sua compagnia. Egoisticamente voleva godersi
quell’inaspettata pace a discapito di tutti gli obblighi morali da lui
autoimposti. Le ultime settimane le aveva trascorse ad architettare rapine in
lungo e in largo e ad accettare le sempre più strampalate sfide del pazzo ricco
sfondato con l’ossessione della sua cattura.
Necessitava di quella
giornata di pausa, ne era fin troppo consapevole.
«Ancora con questa
storia? Io non sono K-»
«Sì, sì, lo so. Tu non
sei Kaitō Kid»
All’aria di sufficienza e
alla frase volutamente detta in tono condiscendente, Kaito pensò seriamente di
far cascare accidentalmente il detective nello stagno retrostante per arrestare
la futura rovina del suo compleanno.
Non ricordarlo era un
conto, passarlo da schifo a causa di Hakuba un altro.
Solitamente almeno sua madre lo chiamava per gli auguri in quelle occasioni.
«Cosa ti prende?» domandò
ad un tratto Saguru scrutando il ragazzo totalmente impietrito davanti a lui
con due occhi sbarrati verso un punto imprecisato «Kuroba-kun
stai bene?»
«No…no…no»
Ignorando totalmente
Saguru e possibili ripercussioni per la sua maschera da poker nuovamente
cascate frugò veemente nelle sue tasche. In un lampo e con un’ondata di pura
paura insinuata nelle viscere accese il cellulare respirando a tempo con i
puntini colorati di caricamento. Una lenta e dolorosa attesa che aumentò il
terrore circolante nelle vene.
Istintivamente si batté
un pugnetto sul petto al micro-infarto avvertito dinanzi al numero portentoso
di chiamate perse. Calmare la rabbia di Aoko era stato facile, la sua amica
aveva volutamente sorvolato la questione preferendo festeggiare con lui ma
nemmeno un camion stracolmo di rose avrebbe fermato la furia di sua madre.
Aveva violato le uniche due regole da lei mai imposte.
Rispondere sempre alle
sue telefonate.
Non organizzare rapine in
giorni di festa.
«Hakuba-kun com’è il clima in Inghilterra?»
Saguru restò in silenzio,
immerso nella degustazione del tè freddo consegnatogli da Aoko in attesa del futuro
ritorno di Kuroba misteriosamente sparito davanti ai suoi occhi cinque minuti
prima. Tutti avevano conoscenze che svanivano in una nube di fumo
all’improvviso.
Sicuramente.
***
«Wow! Sei bravissimo!»
Kaito sorrise porgendo la
rosa bianca alla bambina estasiata dinanzi a lui.
Il tutto era stato involontario e non programmato. Un momento prima era intento
a giocherellare nervosamente con una moneta nel tentativo di placare Aoko –
dopo aver quasi perso l’udito a causa di sua madre – e quello successivo era
circondato da decine di bambini rimasti incantati dalla velocità delle sue
dita.
Aoko l’aveva raggiunto dopo aver usato ininterrottamente l’interfono del parco
per attirare la sua attenzione neanche fosse un bambino sperduto allontanatosi
dai genitori. E lui doveva ringraziare soltanto la presenza dei piccoli fan
attorno a lui se la sfuriata era stata rimandata.
«Mamma guarda, c’è un
vero mago!»
«Sai far apparire anche
altre cose?»
«Ed i giochi con le
carte?»
«Sei il miglior mago del
mondo!»
Kaito al centro del
piccolo cerchio improvvisato dal suo pubblico faticò a seguire quelli e le
altre decine di complimenti e richieste infantili. In passato gli era capitata
l’occasione di fare qualche trucco magico ai bambini nel parco di tanto in
tanto o alle persone incontrate per strada ma non si era mai trovato con una
folla così folta ed esultante. Non nelle vesti di Kaito Kuroba perlomeno.
Al dito poggiato sulle
labbra tutti si zittirono all’istante seguendo ipnotizzati il movimento
dell’altra mano sollevata nell’aria. Kaito analizzò velocemente tutti gli
occhietti in attesa provando un’immensa gioia quando all’unisono si
spalancarono allo schiocco delle dita.
«Una colomba!!»
«Come hai fatto?!»
«La possiamo accarezzare?!»
Annuendo con il petto
gonfio di soddisfazione abbassò l’indice su cui la sua colomba più fedele era
appollaiata ridendo ai goffi tentativi con cui alcuni bambini schioccavano le
dita per farla apparire a propria volta. Nelle vesti bianche aveva una folla da
far invidia ad una partita allo stadio, più numerosa di quella attualmente
disponibile. Nessuna esibizione ai suoi furti concedeva però la possibilità di
ammirare pienamente le reazioni del suo pubblico. Quello era un rituale del
giorno dopo. Girovagava nei forum in suo onore o guardava le repliche dei
telegiornali per carpire i momenti salienti, ma era una cosa del tutto diversa
dal contatto diretto. Vedere le boccucce dischiuse in esclamazioni sorprese e
la felicità autentica sgorgata ad ogni piccola magia era un’emozione unica. Ricevere
improvvisi e caldi abbracci euforici o numerosi elogi accanto al proprio nome
un’impagabile bellezza.
Il personale e prezioso gioiello
di Kaito Kuroba.
Un attimo che avrebbe voluto non finisse mai.
Il progetto di Aoko finì
in secondo bianco, l’eccitante prospettiva di provare le più pericolose e
adrenaliniche giostre un bagliore lontano. La pura adrenalina non aveva bisogno
di altri stimoli, circolava in ogni parte del corpo alla semplice esecuzione di
quei trucchi magici che seppur in parte banali e non perfezionati gli
conferivano il miglior regalo di compleanno di sempre.
L’appagamento di una fragorosa
risata scaturita fra i cori di “ancora!” e le manine battute
freneticamente a destra e manca da bambini saltellanti non avrebbe potuto
donarglielo nessun altro. Esistevano solo lui e il suo pubblico.
«Sei sicura che ti stia
bene come è andata a finire?»
Akako lo chiese più per
curiosità che reale interessamento, non era il tipo di persona dedita a
preoccuparsi per gli altri ma dopo una settimana in cui Aoko l’aveva
completamente stressata per organizzare la perfetta giornata per Kaito,
considerava il suo un dubbio più che legittimo. D’altronde, lei aveva
assecondato quell’iniziativa sperando di trovare l’occasione adatta per soggiogarlo
una volta per tutte.
L’ennesimo buco nell’acqua.
Era passata un’ora da quando Kaito si era completamente dimenticato della loro
esistenza.
Tra un volteggio e un
saltello, tra scoppi di coriandoli e stelle filanti, tra frasi sciocche e
battute ridicole Akako aveva iniziato seriamente a domandarsi se non avesse
anche il ragazzo un qualche tipo di sangue magico ereditario. Erano usciti
cogliendolo di sorpresa considerando che Kaito si era preparato in vista della
scuola. L’estrazione di tutti quegli oggetti era semplicemente inconcepibile,
compresa la lunga scia di fazzoletti colorati che l’aspirante mago continuava a
tirare via dalle tasche.
«Sì, va bene così»
Akako non aveva bisogno
di una palla di vetro o un incantesimo per capire la verità. Aoko era stata
sincera. Tutta la precedente furia era svanita, seduta sulla panchina insieme a
lei e un annoiato Hakuba guardava l’eccentrico spettacolo con il sorriso
stampato sulle labbra.
La folla era cresciuta a dismisura occupando l’intera piazzetta dove tutto era
cominciato, attirando sulla scena anche il prestigiatore di turno che quel
pomeriggio avrebbe dovuto esibirsi nel parco.
«Sapevi che più degli
altri giorni oggi ci sarebbero stati tutti questi bambini» quella di Saguru non
fu una domanda ma una constatazione dei fatti dopo aver visto i cartelli
pubblicitari all’ingresso «Era in programma lo spettacolo del mago Kazumi Sanada (**) l’inizio della sua esibizione è in
ritardo di dieci minuti e quindici secondi. Non mi risulta difficile capire il
perché, Kuroba gli ha praticamente rubato la scena»
«Rubato? Non può
essere semplicemente in ritardo?» domandò Akako sporgendosi quel tanto per
osservare la postura composta del londinese al lato opposto sulla panchina.
Se Kuroba non si fosse lasciato soggiogare avrebbe potuto sempre scegliere
Hakuba al suo posto. L’intelligenza aveva il suo fascino.
«Ne dubito, è lì
nell’angolo che aspetta»
Akako seguì la direzione
indicata osservando l’imbronciato giovane uomo intento a discutere con quello
che con molta probabilità presupponeva potesse essere direttore della
struttura.
Aoko al contrario non si preoccupò di soffermarsi ulteriormente sullo scambio
di battute, piuttosto concentrata a camuffare il rossore sopraggiunto con un
colpo di tosse. Non aveva avuto alcuna intenzione di rovinare la carriera altrui
ma solo il desiderato rivedere il suo folle e caotico amico in tutto il suo
splendore.
«Kaito adora i bambini»
sussurrò attirando l’attenzione del detective in un sorriso decisamente più
dolce «Erano mesi che non lo vedevo così spensierato»
Per la seconda volta
nell’aro della giornata Saguru si costrinse al silenzio. Aveva accettato
l’invito di Aoko nell’assoluta certezza di non prendervi parte. Non aveva
minimamente messo in conto la sbadataggine del ladro per il suo stesso
compleanno ritrovandosi così incastrato insieme a lui. Né aveva messo in conto
di studiare con così tanta attenzione ogni singola mossa del mago. Solo un
cieco non avrebbe notato quanto alcune movenze risultassero identiche ad un
famigerato ladro vestito di bianco.
Non si trattava di blanda imitazione.
Sospirando internamente
distolse lo sguardo dagli occhi limpidi e le labbra femminili arcuate. Aoko
nella più diretta e pura rappresentazione del suo amore era balzata in piedi
abbracciando Kaito con slancio durante la brevissima pausa.
Al bacio spontaneo
schioccato da Aoko sulla guancia, Saguru si domandò cosa spingesse il ladro a
quella doppia vita. I due diventati della stessa tonalità si erano infatti
dileguati in direzioni completamente opposte confermando quell’attrazione
reciproca tanto evidente.
In assenza di segreti relativi
a identità malavitose Kaito e Aoko sarebbero stati una coppietta come tante
altre. Saguru proprio non lo capiva.
***
Kaito si sentì vivo nella
fresca brezza serale.
Le dita dolevano e le corde vocali gracchiavano ma neppure l’accavallamento dei
nervi alla spalla riuscì a smorzargli il sorriso. Sanada
gli aveva rivolto una frase poco carina al termine del suo show improvvisato,
affermazione a cui non aveva dato minimamente peso fiondandosi alla fontanella
sotto il cui getto aveva infilato tutta la testa. Una scelta alquanto discutibile
e poco saggia data la sua sfortuna. I successivi dieci minuti li aveva passati
a sopprimere le risate dinanzi al ragazzo di Osaka incontrato casualmente nel
parco.
Heiji in compagnia della sua amica – o fidanzata non dichiarata secondo il suo
modesto parere – l’aveva additato come Shinichi
Kudo guadagnandosi un’occhiata oltraggiata dal
suddetto detective rimpicciolito e una altrettanto seccata della figlia di Mori
che per un attimo aveva sperato in una mistica apparizione.
Il divertimento più
grande era stato però l’inaspettato e alquanto acido scambio di battute fra
Hakuba e Hattori. Qualunque cosa fosse accaduta tra i
due aveva creato dei profondi dissapori, ed era stato innegabilmente esilarante per Kaito vedere
il suo snob compagno di classe cadere in esclamazioni che mai e poi mai
avrebbero lasciato la sua bocca.
Forse per tale motivo o
per via della crescente disattenzione in cui annegava da quel mattino, fu solo
giunto al Blue Parrot che la pesante realizzazione cadde su di lui. Nella
penombra del locale libero dall’opprimente tanfo emanato dai sigari,
solitamente presente a quell’ora della sera, ricordò il più importante dei
fatti.
Non aveva inviato il
biglietto di disdetta all’ispettore Nakamori.
Al culmine della sua
distrazione si ritrovò senza sapere come dinanzi ad una pendente torta
grondante panna bianca e azzurra, al cui centro con caratteri sbilenchi era
stato scritto il suo nome. Creazione culinaria appartenente ad una sola ed
unica persona di sua conoscenza.
Tediato dalla mente
diretta in due direzioni di pensiero differente suo malgrado si ritrovò ad
assecondare l’infantile canzoncina di auguri cantata allegramente da Aoko e
Jii, a tratti accompagnata da un borbottio distante di Saguru e un forzato
coinvolgimento di Akako.
Le fiamme sulle candeline traballarono all’ispirazione profonda spegnendosi
tutte in un unico soffio. Su invito di Aoko espresse il suo desiderio, quella
richiesta perennemente insita nella mente da quando aveva scoperto l’identità
su suo padre. Chiodo fisso che almeno per quel giorno non era stato parte
integrante dei suoi pensieri.
Trovare Pandora.
Il televisore
sintonizzato sul canale di musica attirò immediatamente la sua attenzione
quando la clip musicale terminò lasciando intravedere la brutta faccia
dell’ispettore Nakamori premuta contro una delle telecamere, poco coerente con
la possibilità di addossarsi la gloria di un furto sventato.
«Kaitō Kid non ti
azzardare nuovamente a giocarmi questo brutto tiro!» il ruggito
dell’ispettore giunse forte e chiaro dagli altoparlanti spingendo tutti gli
occupanti del bar a coprirsi i timpani «So io dove infilerò la prossima
volta il tuo biglietto di disdetta dell’ultimo secondo dopo aver mobilitato
l’intero dipartimento di polizia!»
Kaito confuso cercò
silenziosamente gli occhi di Jii per ringraziarlo trovandovi però altrettanta
confusione. Il nonnetto lo fissava incapiente mentre lucidava il bicchiere che
all’urlo di poco prima non era finito per un soffio sul pavimento.
«Alla prossima
disdetta ritardata giuro che ti sparo!»
«Ispettore non può fare
queste minacce in diretta nazionale!»
«Cosa vuole che me ne f-»
Aoko si schiaffò una mano
in fronte all’interruzione della trasmissione in un’espressione decisamente più
imbarazzata del giornalista in studio. Suo padre era più famoso per quelle
uscite poco consone che per i successi nei confronti del ladro fantasma.
Akako d’altro canto
totalmente inosservata riaccese le candeline con un tocco di dita soffiandoci
sopra in un puro intento autocelebrativo per godersi almeno una gioia in quella
giornata di per sé noiosa. Trovandosi a dover dissipare freneticamente il fumo
quando il proprietario del locale lasciò cadere il bicchiere per la sorpresa.
Kaito al frastuono si
riscosse con l’impressione di essersi estraniato più del dovuto.
Aoko si era chinata a raccogliere i pezzi di vetro insieme a Jii mentre Akako
era svanita dalla circolazione, lasciando solo con la compagnia del muto
detective poggiato al bordo del tavolo da biliardo.
Tutto quel silenzio lo
destabilizzava.
Voleva trovare Akako per
chiedere informazioni sul biglietto spedito al commissariato prima che il
detective partisse con le sue pressanti domande. Convincere la polizia con un
doodle falsificato non era cosa da poco, nemmeno gli uomini decisi a spacciarsi
per lui ci riuscivano più. L’eccentrica strega l’aveva salvato in più di
un’occasione e lui sperava solo di non dovergli vendere l’anima per ripagare.
Al piattino di torta
proteso verso di lui Kaito incominciò a pensare ad una cura di fosforo. La sua
attenzione stava perdendo colpi a vista d’occhio e con una certa riluttanza
accettò il piattino porto da Hakuba.
«Dovresti seriamente
migliorare il tuo atto» Saguru l’oltrepassò con superiorità accomodandosi su
uno degli sgabelli, aspettando educatamente di essere raggiunto dal resto dei
partecipanti a quel misero party «Con questa pessima recitazione la prossima
volta ti arresterò con facilità»
«Per l’amor del cielo ma
non ti stanchi mai di ripetere la stessa cosa?!»
«La verità ha un sapore sublime»
«Hattori-kun
ha ragione, sei proprio odioso»
«Kaito!!» Aoko gli mollò
uno scappellotto udendo soltanto le ultime parole senza lasciargli possibilità
di controbattere, con aria di scuse, infatti, soprassedette immediatamente alle
polemiche doloranti rivolgendosi al detective «Mi spiace disturbarti ma papà
vorrebbe chiederti qualcosa a proposito di quel biglietto del fastidioso ladro»
Hakuba distolse lo
sguardo d’acciaio fino a quel momento diretto intenzionalmente a Kaito annuendo
alla ragazza. Elegantemente abbandonò la sua postazione sparendo oltre la porta
sul retro insieme al cellulare da cui giunse chiara e forte la voce di Nakamori
prossimo a un esaurimento nervoso.
«Quale biglietto?» chiese
curioso Kaito una volta che il detective non fu più a portata d’orecchio.
Aoko inforcò un
pezzettino di torta composta perlopiù da crema al cioccolato che pandispagna
sbuffando apertamente. In un modo o nell’altro Kaitō Kid gli
rovinava le giornate anche senza effettuare furti. Era stanca di sentire
continuamente il nome di quel ladro da chiunque la circondasse da quando suo
padre aveva iniziato ad urlarne il nome persino nel sonno.
«Quello stupido biglietto
in cui Kaitō Kid ha annunciato di non attuare più la sua stupida rapina»
commentò acidamente beandosi della dolcezza del cioccolato sulla lingua prima
di continuare «Papà lo vorrebbe ricevere per archiviarlo insieme alle altre
prove. Hakuba-kun lo ha chiamato quando siamo usciti
dal parco per informarlo di averlo ricevuto. Sai, quando eri troppo occupato a
gongolare dopo il tuo show per pensare a noi»
Kaito sorrise al broncio messo
su dalla ragazza non riuscendo a bearsene appieno.
«E tu l’hai visto?»
chiese lasciando ricadere la frangia sugli occhi cobalto «Il biglietto intendo»
«Uhm, no» fu la confusa
risposta di Aoko con la forchetta sollevata al di sotto del mento «Ora che ci
penso non l’ha fatto vedere nemmeno ad Akako-san quando ha insistito per dargli
un’occhiata»
***
«Chiamata estenuante?»
Saguru sussultò alla voce
improvvisa alle sue spalle spolverandosi i gomiti poggiati alla ringhiera
sgangherata del locale. Le prime luci della sera si accesero in quell’istante gettando
ombre ancor più inquietanti alla silhouette di Kaito celata dalla penombra
della tettoia.
«Non proprio, era una
discussione a senso unico»
«Aoko ti sta aspettando» una
bugia come tante altre fuoriuscì con naturalezza disarmante dalla bocca di
Kaito. La sua lista di amici strani necessitava dell’aggiunta di un
nuovo nome. In quel compleanno ne aveva scovato uno decisamente insolito «Prima
di farmi aprire i regali vorrebbe anche un tuo parere sulla torta che ha
preparato»
Saguru scosse il capo
adagio indicandogli platealmente il fondo della strada brulicante di macchine
dirette in ambo le direzioni. La compostezza e il rigore decantato in egual
misura alle riunioni del dipartimento.
«Devo aspettare
l’ispettore, vuole il suo biglietto» ribatté piattamente piantando i suoi occhi
nocciola in quelli azzurri a malapena visibili «E poi, mi spiace Kuroba-kun ma non ti ho fatto alcun regalo»
Kaito fece spallucce
aprendosi in un ghigno sarcastico che poteva significare tutto e niente.
Un regalo era stato fatto, bastava soltanto leggere fra le righe.
Nessun sindacato pazzo avrebbe fatto la sua comparsa in sua assenza o creato il
caos in attesa di una sua apparizione ritardata.
Saguru non si scompose né
batté ciglio quando l’automobile a sirene spiegate fermò bruscamente la sua
corsa ai piedi della scala e la voce di Nakamori risuonò per tutto l’isolato.
Con la classica aria sfacciata che lo contraddistingueva in ogni sfida
detective/ladro superò il giovane mago infilando le mani nella giacca.
Sorridendo nello stesso
criptico identico modo.
«Happy birthday, Kuroba
Kaito»
Lì, nelle profondità
della tasca, un bigliettino mai effettivamente ricevuto era misteriosamente
comparso. Kaito alzò la testa verso il cielo deciso ad aspettare il ritorno del
detective per proporgli una partita a biliardo in cui quasi certamente non
avrebbe avuto possibilità di vittoria senza magia. Ma, una sconfitta non
avrebbe avuto importanza.
Quel giorno sarebbe stato
soltanto Kuroba Kaito.
Note finali
(*) A
differenza dell’Italia in Giappone la Festa del Papà è celebrata la terza
domenica di giugno. Per la fanfiction attuale mi sono basta sul calendario
2021, la festa è stata ieri domenica 20 Giugno.
(**) Kazumi Sanada è il mago apparso per la prima volta nell’episodio 76
di Detective Conan, nel caso della Black Star. Il mago ingaggiato dalla mamma
di Sonoko, colui che avrebbe dovuto fingersi Kaito
Kid durante la crociera.
Ammetto di non aver
riletto accuratamente la storia ma di averla pubblicata ugualmente in occasione
del compleanno di Kaito. Un modo come un altro per mostrare quanto le persone
intorno a Kaito finiscano per tenere a lui. Perché infondo, tutti vogliono bene
a questo eccentrico mago.
See you next illusion ❤️
Aky
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà
di Gōshō Aoyama,
questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro