Videogiochi > Detroit Become Human
Segui la storia  |       
Autore: Tobias Kelley    22/06/2021    0 recensioni
[Bad Ending Route]
Il mio occhio sinistro si aprì dopo molto tempo. Uno scenario tetro si mescolava in mille sfumature di grigio e nero tra le quali, di tanto in tanto, brillava una luce cupa, ma che pareva naturale. Non ebbi bisogno di abituarmi ad essa, tanto fioca quale era, ma mi volle un po' per capire che mi trovavo disteso sulla schiena a fissare un cumulo di pericolanti macerie che mi pendevano sulla testa.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Connor/RK800, Hank Anderson, Kara/AX400, Markus/RK200
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 4 - Markus
 

Ultima tappa in città era Hart Plaza. Ero abbastanza sicuro di aver atteso troppo prima di farvi ritorno come concordato con Markus e che non vi avrei trovato più nessuno. Data la desolazione che si era distesa come un velo per tutta la città, mi ero convinto che tutti, umani e androidi, per qualche motivo, avessero deciso di abbandonare Detroit. Probabilmente, restando lì, sia io che Luke stavamo correndo un rischio enorme, ma almeno mi sollevava il fatto di non sapere quale esso fosse e quali danni avrebbe potuto arrecarci.
Con mia grande sorpresa, cominciai a scorgere delle barricate attorno alla piazza: alcune auto erano state ribaltate per formare una specie di trincea e vari pezzi di lamiera rimediavano ai punti scoperti tra le macchine. Un lieve mormorio si alzava dalla zona oltre la barriera e, prima ancora che potessi accorgermene, mi ritrovai con un fucile puntato contro. Alzai subito le mani e intimai a Luke di fare lo stesso. La persona armata era lontana, nascosta in parte dalle barricate. Strinsi gli occhi per cercare di vedere meglio, ma facevo comunque fatica a distinguerne la figura.
«Chi è là?» urlò una voce che aveva qualcosa di familiare.
«Non voglio farvi del male!»
«Chi siete? Cosa volete? Siete umani?»
«Mi chiamo Connor, sono un…»
«Connor?» Fulminea, la figura abbassò il fucile e mi corse incontro, scavalcando la barricata. Mentre si avvicinava, riuscii a distinguere i lineamenti di Josh, uno degli androidi di Jericho.
«Pensavamo fossi morto.» Mi gettò le braccia al collo.
«Dov’è Markus? Che cos’è successo?»
Lo sguardo di Josh si rabbuiò, ma decise di non rispondermi. «Lui è con te?» Indicò Luke. Annuii.
«Venite dentro.»
Oltre le barricate non erano rimasti in molti: c’erano alcuni androidi domestici che non avevo mai conosciuto di persona, c’era Simon. Da un lato scorsi anche Rupert, il ragazzino innamorato dei suoi piccioni. Mi ripromisi che sarei andato a chiedergli scusa, più tardi. North era morta a Jericho davanti ai miei occhi. Avevo sentito Markus piagnucolare con Simon riguardo alla sua perdita e ricordo di aver provato un moto di rabbia nei suoi confronti: aveva scelto lui di non salvarla, io ero già pronto a coprirgli le spalle. Del leader di Jericho, comunque, non c’era traccia.
Come mi vide, Simon scattò in piedi e ci corse incontro. «Sei vivo…» mormorò prendendomi la mano. Fu più impetuoso di Josh e, senza volerlo, mi scaricò addosso un’ondata di sensazioni che mi fecero girare la testa. Vidi dai suoi occhi gli umani che scappavano, un’esplosione, la terra che tremava e, dentro di me, cominciai a realizzare che la situazione era dieci volte peggiore della peggiore delle ipotesi. Riuscii a percepire una punta di rancore, in mezzo a un dolore inimmaginabile. Niente mi aveva fatto sentire così, fino a quel giorno, se non vedere Hank in pericolo, minacciato dalla mia copia esatta. Rimasi stordito per qualche istante, prima di accorgermi che Simon aveva lasciato la mia mano e stava cercando di guardare nei miei occhi persi.
«Markus ha… Ha fatto detonare una bomba?»
Josh si morse un labbro. Non mi ero accorto di aver gridato e ora almeno dieci paia di occhi erano puntate su di me.
«Ha inneggiato alla pace fino alla fine… Per fare esplodere un ordigno radiologico?» La mia voce tremava. Sentivo la rabbia montare, sempre più impetuosa. Perché lo avevo ascoltato? Perché mi ero schierato dalla loro parte? Avevo sempre lavorato per proteggere gli umani! E lui… Lui probabilmente ne aveva condannati a centinaia! Pensai ad Hank, alla fretta che avevo percepito ricostruendo i suoi ultimi momenti in casa e capii. Pensai alla torre che mi era crollata addosso e alcuni sprazzi di quello che era accaduto prima mi ritornarono in mente: la terra che tremava, un boato forte, agghiacciante. Poi il disastro.
«Markus… Markus per poco non mi ha fatto ammazzare», sillabai a denti stretti. Afferrai Simon per la giacca e me lo tirai contro. «Markus ha condannato una città intera! Quante persone sono morte? Lo sapete? Qualcuno di voi disgraziati sa qualcosa, qui? Eh?» Lo scossi. «Rispondimi!»
«Connor, basta! Non è colpa sua…»
La voce di Luke parve farmi tornare alla ragione e mi accorsi che Simon stava piangendo. Lo lasciai andare, tremando leggermente, e l’androide si accasciò a terra.
«No, ha ragione. Saresti nel giusto ad ammazzarci tutti. Era la tua missione, no? Abbiamo perso North nel mercantile… Abbiamo seppellito solo questa mattina almeno centocinquanta persone. Perché dovremmo meritarci di vivere?»
«Simon, io…»
«Io lo amavo, Connor. Dal primo momento in cui ha messo piede a Jericho, ho visto in Markus un raggio di speranza. Ero convinto che ci avrebbe portati fuori da quello stato di miseria in cui non eravamo dediti a vivere, ma a sopravvivere. Sul tetto della Stratford Tower ha deciso di risparmiarmi, nonostante costituissi un rischio enorme. Ti ho sentito, sai? Era la tua voce. Hai visto le tracce del mio sangue, ma non hai detto niente.»
Riportai alla mente l’indagine alla torre: era vero, avevo totalmente ignorato le tracce di thirium lasciate da Simon, forse perché impaziente di interrogare gli addetti alle riprese in cucina.
«Non credo di voler parlare di quel giorno… Dopotutto, io alla torre sono morto. Questo, comunque, non cambia le cose! Avete reso inabitabile una città intera! Avete ammazzato dei soldati che facevano solo quello che era stato loro ordinato. Avete condannato dei civili…»
«Connor, nessuno di noi condivide la scelta di Markus», intervenne Josh. «Lo vedi, forse?» Il mio sguardo furioso lo invitò a proseguire. «Appena ha fatto detonare la bomba, molti di noi sono scappati spaventati.»
«Chissà di cosa dovevate avere paura, voi stronzi.»
«Non siamo tutti dei modelli avanzati come te, Connor. Non capivamo cosa fosse successo e il carico non era vicino alla piazza. Markus ha creduto solo per un secondo di aver fatto la scelta giusta. Temo che le urla della nostra gente abbiano demolito quel briciolo di sicurezza che era rimasto in lui. Lo abbiamo cacciato.»
Quella conclusione mi pareva la più logica.
«Dov’è ora?» sillabai.
«Non lo sappiamo. Se n’è andato senza dire una parola.»
Simon, che non aveva più aperto bocca, alzò gli occhi azzurri su di me. «Villa Manfred.»
«Come, scusa?»
«Come fai ad esserne certo?» chiese Josh, inarcando un sopracciglio
«Ho condiviso con lui molti ricordi, molte esperienze. Se vuoi trovarlo, sono abbastanza sicuro che sia tornato lì.» Si alzò e si sfilò qualcosa dalla tasca. «Prendila.» Mi porse una pistola automatica.
«Ho già una pistola.»
«Non m’importa, prendila.» L’afferrai accigliato e la nascosi in una delle ampie tasche interne del cappotto. «Se lo troverai, se incontrerai Markus, ti prego: uccidilo.»
«Perché non lo fai tu, eh? Hai paura? Il tuo amore per quell’essere ti impedisce di farlo e vuoi che sia io a macchiarmi le mani?»
«Connor, ti prego…» Josh mi prese la mano. Non mi ero accorto di starla stringendo a pugno. «Lascialo stare. Se non vuoi ascoltarlo, non fa niente. Puoi andare per la tua strada e ignorare la sua richiesta. Ma non infierire. Per favore.»
Mi scrollai la sua mano di dosso e socchiusi gli occhi, tentando di calmarmi. «E voi cosa farete?»
«Aspetteremo qui che gli umani vengano a ucciderci. Non abbiamo più intenzione di scappare. Ci siamo macchiati di una colpa troppo grande.»
«Potrebbero passare degli anni prima che gli umani siano in grado di mettere di nuovo piede in questa città. Spero che ritroviate la voglia di vivere prima che questo accada. Altrimenti significa che vi sentite colpevoli quanto Markus.» Scossi Luke, che se n’era rimasto immobile per tutto il tempo con la faccia di chi non aveva capito nulla. Gli avrei spiegato tutto più avanti. «Andiamocene.»
 
«Mi sembri parecchio turbato, Connor.»
Mi uscì una risatina isterica. «Turbato? Ho appena scoperto che colui per cui ho tradito i miei creatori, per il quale sono diventato un deviante, ha fatto esplodere una bomba radiologica nella città in cui viveva l’unica persona che amo e che questa è chissà dove e chissà in quali condizioni. Che motivo vuoi che abbia di essere turbato?»
«Scusa. Non hai bisogno di essere sarcastico con me.» Luke abbassò lo sguardo, osservando i propri piedi che si susseguivano lasciando impronte scure sul suolo ammantato di bianco. Aveva ripreso a nevicare mentre stavo parlando con Rupert. Ero sinceramente dispiaciuto per il guaio che gli avevo fatto passare e lui non era da meno. Si era scusato almeno otto volte per aver spinto Hank e aver messo a rischio la sua vita. Avevo provato a chiedergli se sapesse dove potevano essere andati gli umani che erano fuggiti e si erano messi in salvo, ma lui aveva fatto spallucce. Lo avevo quindi invitato a scappare da quel luogo: se gli umani li avessero trovati non avrebbero avuto scampo. Mi aveva risposto che ci avrebbe pensato, ma che preferiva restare con quella parte di Jericho che era sopravvissuta. Erano stati la sua casa per qualche tempo e non li avrebbe abbandonati, nonostante le azioni di Markus. Ci eravamo salutati con una solida stretta di mano nella quale avevo cercato di imprimere tutti i sentimenti positivi che provavo in quel momento. Purtroppo, non erano molti.
«Come entriamo?»
Mi riscossi dal flusso di pensieri che mi aveva trasportato, senza che me ne accorgessi, davanti alle porte di Villa Manfred, una magione imponente e, in quel momento, terribilmente cupa. Sapevo che Carl Manfred, il famoso pittore che l’abitava, era morto pochi giorni prima a causa di complicazioni dovute a una malattia cardiaca. Avevo avuto il piacere di ammirare alcuni suoi quadri dentro la residenza di Kamski quando io e Hank l’avevamo visitata per ottenere informazioni: niente di sorprendente per il mio gusto estetico appena sviluppato, ma comunque piacevoli allo sguardo.
Fermo davanti alla porta di casa, alzai lo sguardo per individuare una cellula di sicurezza. Vestito in quel modo non sarebbe mai stata in grado di distinguermi da Markus, nonostante avessimo diversi colori della pelle e lineamenti. Decisi di fare un tentativo. «Markus», scandii imitando la voce dell’androide come avevo fatto alla stazione di polizia per incastrare il deviante della Stratford Tower e indurlo a fornirmi le coordinate di Jericho. «Modello RK200, numero di serie 684 842 971.»
«Identificazione riuscita. Bentornato, Markus», riecheggiò una voce metallica.
«Woah», fu il commento ammirato di Luke. «C’è qualcosa che non sai fare?»
Mi venne da ridere. «Non me la cavo molto bene con le faccende domestiche. E faccio fatica a sopportare un umano chiamato Gavin Reed, come forse hai intuito.»
La porta di Villa Manfred si aprì cigolando. Entrai con passo insicuro, trovandomi davanti una scala e due porte scorrevoli. Accanto a uno specchio, alcuni uccellini androidi erano abbandonati in una gabbia dorata. Estrassi la pistola che mi aveva dato Simon e mi avvicinai a passi silenziosi alla porta più stretta, che si aprì automaticamente rilevando la mia presenza. Sbirciai dentro, non trovandovi altro che una cucina buia e desolata. Feci un cenno a Luke, invitandolo ad aspettarmi fuori, poi lasciai che la porta del salone principale si aprisse al mio passaggio.
Avanzavo con la pistola puntata davanti a me. Era già buio fuori, ma la neve che continuava a scendere regalava strane tinte al cielo, riflettendo anche dentro la stanza, oltre le vetrate sul lato opposto, una luce innaturale. La televisione alla mia sinistra era spenta. Alcuni libri erano sparsi sul pavimento; ne pestai uno per sbaglio mentre avanzavo. Al centro della stanza, seduto sul pavimento davanti a un tavolino da scacchi ribaltato, c’era Markus. Mi dava le spalle, immobile. Per un attimo mi venne da credere che si fosse disattivato in quella posizione.
«Sei tornato per uccidermi?» mi chiese con voce spezzata. Si volse lentamente verso di me e solo allora, nonostante la penombra, mi accorsi che aveva ritirato la pelle e ora il suo cranio era bianco come la morte. I suoi occhi eterocromi mi guardavano con disapprovazione.
«Perché lo hai fatto, Markus?»
«Era l’unico modo.»
«Uccidere non è mai l’unico modo. Ma mi rendo conto che avrei dovuto farlo sul mercantile non appena ti ho visto. Avrei portato a termine la mia missione. E risparmiato innumerevoli vite. Sei un mostro, Markus. Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto.»
«Sono il primo a non perdonarsi.»
«Allora hai conservato una coscienza.»
Markus chiuse gli occhi e un sorriso rilassato gli andò a dipingere il volto pallido. «Cosa stai aspettando? Sparami. Hai paura, forse? Ora hai dei sentimenti, Connor?»
Irritato dal modo in cui aveva pronunciato il mio nome, gli puntai la pistola alla testa. «A Jericho c’era un AX400 con una bambina e un androide di colore. Stavano cercando un luogo sicuro. Dove sono andati?»
Markus rise. Una risata che parve congelarmi da dentro. «Vuoi andare a chiedere loro scusa? Vuoi chiedere scusa a tutti quelli che hai perseguitato? Ci hai dato la caccia per tutto il tempo e ora devi fare il bravo androide? Quello dolce e carino che si scusa per la sua condotta? “Non ero io! Ora ho aperto gli occhi!”, è questo che dirai a tutti?»
«L’unica cosa che posso dire a tutti è che forse non sarei dovuto andare alla torre della Cyberlife, ma avrei dovuto guidare la manifestazione al posto tuo. Il tuo cervello è un modello vecchio: deve averti giocato qualche brutto scherzo. Se ci fossi stato io, al posto tuo, tutto questo non sarebbe accaduto e umani e androidi vivrebbero ancora gli uni accanto agli altri. Come pari.»
«E come pensavi di farlo?»
«Con quel minimo di raziocinio che la devianza ti ha portato via. Ora rispondi alla mia domanda. Dove sono andati quei tre androidi?»
«La bambina è umana.»
«Vedo che non riesci nemmeno a riconoscere i tuoi simili. Quella ragazzina è un modello YK500, un androide. Le ho inseguite mentre attraversavano l’autostrada, mettendo in pericolo le loro vite. Voglio scusarmi con loro, sì, ma voglio sapere dove erano diretti.»
«In Canada. Molti dei nostri sono scappati in Canada. E anche molti umani.»
Hank!
«Non hai la minima speranza di passare il confine, ora. Con quello che è successo, i controlli si saranno fatti più intensi. Ti spareranno a vista.»
«Solo perché tu hai dato tutto per scontato e creato questa situazione, non significa che io non farò almeno un tentativo. Hai lasciato morire tutte le persone che amavi, o che almeno dicevi di amare. Simon e Josh ti hanno allontanato e aspettano di morire ad Hart Plaza. Per non parlare di North. Io ho ancora qualcuno a cui tengo e lo andrò a cercare. Se morirò nel tentativo, la cosa non ti riguarda.»
Abbassai la pistola e feci per voltargli le spalle.
«Non mi uccidi? Davvero, Connor? Vuoi risparmiare la vita alla persona che ha fatto tutto questo?»
Ci riflettei qualche istante: in effetti, Simon mi aveva pregato di eliminarlo. E Josh non aveva nemmeno provato a dissuaderlo dal suo intento. Ero davvero io a dover decidere? Perché la vita di quel deviante mi pesava così tanto sulla coscienza quando, fino a qualche giorno prima, gli avrei sparato a sangue freddo?
«No», conclusi. «Non sta a me decidere.» Mi avvicinai per poterlo guardare finalmente negli occhi e lasciai che la pistola di Simon gli cadesse in grembo. «È carica.»
Me ne andai a passo svelto, girandomi verso il suo corpo immobile quando già mi trovavo sulla porta. Non ne ero sicuro, ma mi parve di vedere la sua mano destra stringersi attorno all’arma.
«Addio, Markus.»
Le ante scorrevoli della porta si chiusero dietro di me. All’aria aperta, Luke mi stava attendendo pazientemente. Mi chiesi se avesse sentito qualcosa della conversazione avvenuta all’interno. Poi un colpo di pistola squarciò il silenzio.
Luke sobbalzò spaventato. «Cos’è stato?»
Abbassai lo sguardo, colpevole. «Ha preso la sua decisione.»
«Markus si è… ucciso
Non ebbi motivo di rispondere a quel quesito. «Rubiamo una macchina e andiamo via da questa città maledetta.»
«Rubare una macchina? Connor cosa…?»
«Smettila di fare delle domande. Smettila, ti prego.» Una nuova sensazione spiacevole mi aveva preso; qualcosa di forte attorno alla gola, come se qualcuno mi stesse strangolando. Gli occhi mi facevano male: avvertivo una strana pulsazione nelle orbite. Stavo forse per mettermi a piangere? No, non ci sarei cascato.
Mi ricomposi schiarendomi la voce. «Markus ha detto che molti umani e androidi stavano scappando in Canada. Non possiamo andarci a piedi.» Gli tesi una mano. «Se non ti fidi di me, almeno fidati della mia disperazione.»


 



Angolino dell'autore:
Credo sia passato già un mese dall'ultima volta che ho pubblicato un capitolo di questa storia. Sono lento, lo so, e odio davvero tanto dover ricorrere all'editor ogni volta che pubblico un capitolo nuovo. Ho litigato più con l'editor di questo sito che con l'umano che condivide la casa con me da sei anni, il che è tutto un dire.
Vedo con piacere che ogni giorno c'è qualcuno che inizia a leggere questa storia e spero di riuscire a intrattenere fino alla fine chi la sta leggendo in silenzio, chi la segue e chi deciderà di lasciarmi un parere, anche piccolo piccolo, ora che il racconto sta prendendo una piega più tetra.
Suppongo sia un po' la mia firma: storie che iniziano quasi bene, hanno persino momenti di pace, di tranquillità, prima di sfociare nel disastro.
Grazie, quindi, davvero di cuore a chiunque abbia perso anche solo dieci minuti per dare un'occhiata a questo racconto.
Tobias <3
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Detroit Become Human / Vai alla pagina dell'autore: Tobias Kelley