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Autore: Verfall    22/06/2021    3 recensioni
Sappiamo bene come si siano svolti i due incontri del 26 marzo, ma cosa è avvenuto subito dopo entrambi? In questa serie di missing moments cercheremo di ripercorrere i pensieri e le azioni non solo di Ryo e Kaori, ma anche di altri personaggi che nell’opera non hanno avuto modo di esprimersi tanto quanto avrei desiderato. Un intimo viaggio corale alle origini della storia che tanto amiamo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hideyuki Makimura, Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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7. 13 Novembre 1983 – Hideyuki
 
Aveva sempre amato l’alba, per lui era il momento più magico della giornata, quando tutto sembrava carico di promesse e aspettative. Anche quella domenica si era svegliato nettamente in anticipo rispetto alla sua sveglia ma, sebbene la mente fosse già ben operativa, il corpo si mostrava ancora restio ad abbandonare il letto. Sospirò lievemente mentre i suoi occhi miopi seguivano la vetusta crepa sfocata sul solaio, che correva per tutta la lunghezza della stanza; dare un’imbiancata all’appartamento, ecco un altro compito da aggiungere alla ben nutrita lista delle cose da fare.
“Preparo subito la colazione e poi vado da Ryo… Spero si sia contenuto ieri sera, quell’uomo non sa cosa sia il senso della misura quando si tratta di lui” pensò, passandosi una mano sugli occhi.
La sregolatezza di Ryo lo aveva colpito fin dai primi giorni in cui aveva iniziato a collaborare con lui; lo sweeper era un professionista serissimo, infallibile e metodico, ma nel privato sembrava lasciarsi andare, totalmente incurante di qualsiasi cosa e con un atteggiamento che rasentava l’autolesionismo. Sorrise debolmente: su quel punto aveva intavolato la prima conversazione non lavorativa con lui, e ricordava ancora perfettamente l’esito disastroso.
 
Hideyuki, stringendosi nel soprabito, bussò a una porta situata al quinto e ultimo piano di un caseggiato piuttosto malconcio; tutte le abitazioni – piccoli monolocali – si affacciavano su un lungo ballatoio scoperto, con una squallida vista sui binari della linea Yamanote. Era la seconda volta che si recava in quel posto, la prima era stata solo qualche giorno prima, quando City Hunter gli aveva mostrato il luogo in cui abitava; lo conosceva ancora poco, in fin dei conti lavoravano insieme da poco meno di due settimane, ma quel gesto gli aveva fatto piacere, lasciava intendere quanto l’uomo si fidasse di lui. Il sole era già alto ma non batteva mai su quel lato, perennemente freddo e in ombra; ormai sempre più infreddolito, bussò nuovamente ma nessuno andò ad aprire. Con sua sorpresa, però, scoprì che la porta non era chiusa a chiave e l’aprì con estrema facilità. All’interno avvertì distintamente un acre odore di sigarette unito a un forte sentore di alcolici, e tanto gli bastò per dedurre che il proprietario dell’appartamento era al suo interno.
«Sono io, Makimura; scusa se sto entrando ma la porta è aperta» disse mentre si sfilava le scarpe nel minuscolo genkan.
Non ricevette nessuna risposta e, dopo essere passato attraverso l’angusta cucina, si affacciò nella stanza adiacente, dove vide Ryo riverso per terra su un futon disordinato; era profondamente addormentato, ancora vestito e, a giudicare dal puzzo che emanava, doveva aver bevuto molto la sera precedente. In punta di piedi tornò indietro nella cucina e, dopo aver aperto diversi pensili per trovare l’occorrente, preparò un caffè istantaneo per farsi perdonare l’intrusione.
«Non era necessario che ti disturbassi»
La voce improvvisa dello sweeper lo colse totalmente di sorpresa, facendogli quasi rovesciare per terra il caffè che, miracolosamente, finì solo nella tazza. Hideyuki aveva ricevuto un addestramento di prim’ordine ed era sempre stato tra i migliori del suo corso, ma l’abilità del suo nuovo socio gli aveva fatto dubitare più volte delle sue capacità. Non gli era mai capitato di incontrare qualcuno in grado di nascondere perfettamente la propria presenza, di essere sempre letale in ogni suo colpo… No, Ryo non poteva avere avuto un addestramento normale, e si chiese se sarebbe mai riuscito a scoprire qualcosa di più sul suo conto.
«Nessun disturbo, ho pensato che un caffè ti avrebbe aiutato a svegliarti» rispose sentendosi, però, leggermente colpevole «Avevo bussato ma non sentendo risposta ho provato ad aprire e-»
«Non chiudo mai la porta a chiave» rispose lo sweeper brusco e, prendendo la tazza dal tavolino, biascicò un “grazie” prima di iniziare a bere.
«Non è una leggerezza evitabile?»
«No» e, dopo aver dato un profondo sorso, aggiunse scocciato «So intervenire quando è necessario»
«Eppure non mi sembra tu abbia fatto qualcosa quando sono entrato» ribatté calmo, osservandolo tranquillo.
Ryo si appoggiò contro il muro di fronte, piantandogli addosso due occhi arrossati segnati da occhiaie nere; no, sicuramente non era in ottimo stato, sebbene si mostrasse perfettamente lucido come sempre.
«Ho avvertito la tua presenza da subito ma non eri una minaccia, perciò ho continuato a dormire. Finito con l’interrogatorio detective?» domandò caustico.
Hideyuki si limitò ad annuire, mentre con la mano prendeva il taccuino dalla tasca interna del soprabito.
«Sono andato in stazione e ho trovato finalmente un messaggio. Sono passato per parlartene…»
Ryo lo fermò con una mano «Per tua futura informazione, non amo essere svegliato così presto e ancor meno che mi si parli appena sveglio. Mi stai facendo scoppiare le cervella, dannazione»
«Non mi meraviglia, visto che questa casa puzza come una distilleria. So che non dovrei, ma credo che faresti meglio a contenerti con gli alcolici…»
«Hai detto bene. Non dovresti dire queste cose»
Hideyuki iniziò a sentirsi a disagio: lo conosceva poco ma non lo aveva mai visto così scostante, così tetro. Era un aspetto nuovo e si trovò in difficoltà, non sapendo come gestire quella che aveva tutta l’aria di essere una bomba a orologeria. Per darsi un tono si sistemò nervosamente gli occhiali sul naso; non voleva far trapelare che il suo era un sincero interesse nei suoi confronti. Si sarebbe sentito stupido.
«Se ho parlato non è per farmi gli affari tuoi… Prendilo piuttosto come un consiglio lavorativo. I tuoi riflessi non trovano giovamento con questi eccessi e-»
Non riuscì a terminare la frase poiché dovette schivare la tazza che, velocissima, volò a pochi millimetri dal suo volto, schiantandosi contro il muro alle sue spalle.
«Ti ho detto di chiudere quella cazzo di bocca!» gli urlò contro Ryo con sguardo cattivo «Ho accettato che tu collaborassi con me, ma quello che faccio non deve interessarti, chiaro?» e così dicendo uscì di casa sbattendo la porta con una tale violenza da far vibrare i pensili della cucina.
 
Quello, in realtà, era stato l’unico diverbio che avessero mai avuto. Lo stesso Ryo, in serata, si era scusato con lui, chiudendo così la questione senza ulteriori problemi. Quell’episodio, però, gli aveva fatto capire che c’era qualcosa che non andava nello sweeper. Il suo intuito gli diceva che dietro una facciata granitica c’era un uomo che urlava, che si dimenava e cercava un modo per sfuggire a quella prigione interiore che si era autoimposto. In quegli occhi arrossati e arrabbiati gli era sembrato di scorgere un animale ferito, ancora troppo diffidente e rancoroso da non riuscire a non azzannare la mano che lo voleva accarezzare anziché picchiare. Lui, però, non aveva demorso e, con tutta la discrezione di cui era stato capace, aveva iniziato a mostrargli che un altro Ryo non solo non era sbagliato, ma sarebbe stato possibile. Hideyuki era lungi da essere un tipo presuntuoso ma, sotto sotto, era fiero di non essersi sbagliato e di non essersi scoraggiato nei momenti in cui lo sweeper si era mostrato più impenetrabile che mai. Alla fine aveva avuto davvero ragione, sotto la superfice si celava un uomo buono, molto empatico e con una sensibilità tutta sua. Peccato, però, che il diretto interessato sembrava non esserne consapevole, o forse – conoscendolo ormai bene – fingeva di non sapere. Su quel punto non aveva più dubbi: Ryo non era mai onesto, né con gli altri né con se stesso, e quando lasciava uscir fuori il vero sé lo faceva solo per pochi attimi, sviando subito il discorso; era davvero contorto come comportamento ma in cuor suo non se la sentiva di biasimarlo. In fondo, nessuno si mostrava apertamente per quello che era, nessuno aveva così tanto coraggio da far trasparire davvero i propri pensieri e, ancor di più, riuscire a esprimerli a parole. Lui stesso non faceva eccezione: se avesse avuto più coraggio, avrebbe affrontato di petto la situazione e parlato con la donna che occupava la sua mente – e il suo cuore – da molti anni, invece di ricorrere a estenuanti non detti.
Cacciando via con fastidio quell’ultimo pensiero, si alzò velocemente e si diresse verso la cucina, mettendosi subito all’opera tra i fornelli per preparare la colazione. Una decina di minuti dopo avvertì dei passi ovattati alle sue spalle.

«’Giorno» bofonchiò Kaori palesemente assonnata.

Hideyuki si girò verso di lei, sorridendo alla vista di quella ragazza ormai grande ma che, con quell’espressione imbronciata e il largo pigiama, sembrava ancora una bambina.

«Buongiorno a te» e, mentre versava il riso bollito nella ciotola, continuò «Devi spiegarmi come mai la domenica ti svegli così presto, mentre durante la settimana ci vogliono le cannonate per buttarti giù dal letto»

«Non sono certo io a volermi alzare a quest’ora!» gli rispose stizzita e, aiutandolo a portare il cibo a tavola, aggiunse «Non riuscivo più a dormire, ho fatto un incubo»

«Ovvero hai sognato di comportarti come una ragazza normale invece del solito taglialegna?»

«Sei uno scemo totale!» esclamò risentita mentre si sedeva a tavola.

Hideyuki, dopo aver preso la teiera fumante, la raggiunse «Sai che scherzo Kaori, sei troppo permalosa»

«No, sei tu che non sei affatto divertente» rispose ancora imbronciata.

«Su, sai che al tuo fratellone puoi dire tutto. Che cosa hai sognato?» le chiese gentile.

«Niente di che… Non lo ricordo più ormai» disse fattasi leggermente triste, e iniziò a sbocconcellare la sua porzione di riso e nattō.

L’uomo la guardò di sottecchi mentre consumava il suo pasto; se c’era un volto di facile interpretazione per lui era quello di Kaori. Era così onesta, e priva di qualsiasi artificio, che le era impossibile nascondere realmente i suoi sentimenti, anche se ci provava. Gli stava mentendo ma, chissà per quale motivo, non aveva voglia di confidarsi con lui; decise, però, di rispettare la sua scelta e la colazione si svolse in relativo silenzio, rotto infine da Kaori appena si alzò per sparecchiare.

«A che ora sei rientrato stanotte?»

«Verso le tre più o meno… Ti avevo detto che non avrei fatto tardi, ma ci ho messo più tempo del previsto, scusami» la anticipò, sapendo già cosa voleva sott’intendere sua sorella con quella domanda.

«Non devi scusarti Hide, so che il tuo lavoro non ha orari, solo che…»

«Che?»

«So che è sciocco, ma odio andare a letto quando tu non sei ancora rientrato; sapere che, mentre io sto qui a casa al sicuro, tu possa essere in pericolo mi rende inquieta…»

Hideyuki le si avvicinò, passando la mano su quella zazzera spettinata «È per questo che fai gli incubi?» le chiese dolcemente.

Kaori si limitò ad annuire lievemente, abbassando gli occhi come una bambina colta in fallo.

«Non devi stare in pensiero per me sorellina; so bene ciò che faccio e credimi, sapere che tu sei qui al sicuro mi aiuta a compiere il mio lavoro al meglio. Non rischio più di quanto non rischiassi quando lavoravo in polizia… Promettimi che da oggi in poi non ti preoccuperai per me e andrai a dormire tranquilla, va bene?» concluse facendole l’occhiolino.

Un timido ma caloroso sorriso illuminò il volto della ragazza, che lo guardò finalmente senza imbarazzo «Va bene, te lo prometto vecchio mio» gli disse allegra.

«Brava. Che programmi hai per oggi?» le chiese mentre si appropinquava a lavare le poche stoviglie.

«Vuol dire che sei libero oggi?» fece lei con entusiasmo.

«Ehm… Veramente no, devo lavorare e non so quando finirò» rispose con tono leggermente colpevole.

«Ah ho capito… Spero che almeno il compenso sia decente questa volta» commentò senza notare il volto imbarazzato del fratello «Comunque dovrei vedermi con Eriko, facciamo insieme i compiti e poi, se ricordo bene, faremo anche un salto ad Harajuku… Insomma, credo starò fuori casa tutta la giornata»

«Beh, mi sembra un bel programma» e asciugandosi le mani aggiunse più piano «Divertiti, mi sarebbe dispiaciuto sapere che avresti passato la giornata da sola»

«Come hai detto?» domandò Kaori fermandosi in mezzo alla stanza.

«Nulla, nulla. Mi meraviglio di come tu sia diventata brava a non fare domande sul lavoro»

«Mi sono rassegnata ormai, so che è impossibile riuscire a farti dire qualcosa» emise sconsolata, alzando le mani «Però questo non significa che non voglia sapere qualcosa a riguardo»

«Sai che ti riassumo i casi solo a lavoro finito per -»

«Per una questione di sicurezza, lo so, sempre la solita tiritera… Per tutti i diavoli, ma è tardissimo!» esclamò con orrore appena mise gli occhi sull’orologio da parete, che segnava le otto in punto.

«Ma se sono appena le otto, e di domenica per giunta» commento l’uomo sorpreso.

«Sì lo so, ma è quella pazza di Eriko che mi ha raccomandato di fare presto perché vuole avere il pomeriggio libero per non so cosa, mi ha detto che è una sorpresa» e così dicendo corse come una furia verso il bagno «Faccio in un lampo e poi te lo lascio libero!» gli urlò mentre sbatteva la porta alle sue spalle.

«Fai con comodo, non sono in ritardo e poi Ryo a quest’ora starà dormendo dalla grossa» le rispose dietro la porta.

«Ah, vai da lui? Quindi entrate in azione stamattina? E dove anda-Ahhhh scotta, scotta!»

«Sei la solita distratta, non ammazzarti in bagno! Vedi che succede a fare domande inopportune?»

Era inutile, quella ragazza tentava in ogni modo di estorcergli qualche informazione in anticipo, altro che rassegnata! E immancabilmente, bastava pronunciare un certo nome per farle fare qualche sciocchezza; indubbiamente lo sweeper doveva essere rimasto ben impresso nella mente della sua cara sorellina, dopo quella giornata di quasi otto mesi prima, e non ne era sorpreso. Il suo partner aveva fascino e carisma da vendere, nonostante i modi da maniaco che manifestava in modo fin troppo molesto in pubblico, perciò era normale che una ragazza come Kaori fosse rimasta affascinata da quell’uomo e dalla breve avventura che aveva vissuto con lui. In modo maldestro, lei manifestava sempre un certo interesse nei suoi confronti, mentre Ryo non aveva più fatto parola di quel ragazzino che gli aveva fatto compagnia durante la sua incursione da Ito; in fin dei conti Kaori non era ancora appetibile per lui e, forse, si era già dimenticato di lei. Mentre si vestiva si chiese se l’avrebbe mai presentata un giorno allo sweeper, ma i suoi pensieri vennero interrotti dal trambusto causato da Kaori che, dopo avergli augurato una “buona giornata” urlando a pieni polmoni, uscì sbattendo la porta.
“Ah, è proprio irrecuperabile” pensò con un leggero sorriso.
 
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Erano quasi le dieci quando Hideyuki arrivò nei pressi della palazzina del socio e, come aveva immaginato, il silenzio lo accolse appena varcò la porta dell’appartamento che, come sempre, non era stata chiusa a chiave.
“Starà ancora dormendo, chissà a che ora è rientrato” si disse affacciandosi in cucina.
Tutto era in ordine e posizionato esattamente come lo aveva lasciato il giorno prima, confermando la sua ipotesi che Ryo avesse fatto così tardi da non passare in cucina neanche per prendere un bicchiere d’acqua. Muovendosi con la sicurezza di chi ha confidenza del posto, iniziò a preparare il caffè; ne aveva bisogno lui per primo – a casa non lo faceva mai per non rendere Kaori troppo nervosa – e sapeva che anche il suo socio lo avrebbe gradito.
L’odore forte della bevanda aveva appena iniziato a diffondersi nell’ambiente, quando avvertì distintamente i passi del padrone di casa che, una volta arrivato in cucina, lo salutò sbadigliando sonoramente.

«Buongiorno anche a te Ryo, ti vedo bello pimpante stamattina» emise sarcastico mentre si sedeva al suo solito posto.

«E invece io ti vedo in vena di fare lo spiritoso Maki» emise in un rantolo, lasciandosi cadere pesantemente sulla panca «Almeno hai preparato il caffè…»

«Ryo?»

«Su, fai il bravo, non torturare le mie povere orecchie…»

«Ti sei accorto di non avere neanche le mutande addosso?» gli domandò rassegnato «Non so come tu faccia a stare nudo a novembre»

Lo sweeper lo guardò perplesso prima di abbassare lo sguardo e realizzare che, effettivamente, il suo partner aveva ragione.

«Beh Maki, io ho il fuoco della gioventù, non sento mai freddo» borbottò sorseggiando il suo caffè «E poi sono stato scaldato per bene stanotte…» emise in un ghigno.

«Sta di fatto che non ho voglia di vederti in questo stato»

«Ah, so che è tutta invidia la tua, caro mio… Ehi Maki, ma non hai preparato niente da mangiare?!» esclamò svegliandosi all’improvviso, guardando frenetico il tavolo e il piano cottura.

«Certo che no, volevo un caffè e l’ho fatto anche per te» emise con noncuranza.

«Di prima mattina sei più spietato del solito! E va bene, ho capito, farò da solo… Nessuno che pensa al povero Ryo-chan» emise con fare lamentoso mentre si alzava e affondava la testa nel frigo semivuoto.

Hideyuki appoggiò il mento sul palmo della mano e osservò, con un impercettibile sorriso sulle labbra, un Ryo indaffarato a cucinare la sua colazione.
“Sì, sta proprio cambiando” pensò soddisfatto e veloce gli riaffiorò alla mente il ricordo di qualche ora prima. Intimamente era felice di come l’uomo schivo e tetro, che aveva conosciuto l’anno prima, avesse lasciato il posto a uno più gioviale, in poche parole più vitale. Ogni più piccola schermaglia, ogni suo discorso strampalato, tutto ciò era la prova che Ryo aveva represso la sua vera natura per troppo tempo; una persona come lui non poteva essere naturalmente austera e solitaria, ma gli eventi lo avevano costretto a modificarsi. Nei primi tempi a Hideyuki era sembrato fin troppo palese il modo in cui lo sweeper si lasciava semplicemente vivere, nei suoi occhi non c’era alcun interesse che non fosse per il lavoro e le donne. E, mentre si grattava distrattamente il mento, pensò che anche nei confronti del gentil sesso lo sweeper aveva leggermente ammorbidito il suo atteggiamento. Certo, restava sempre un porco di prim’ordine, ma i suoi approcci avevano assunto col passare dei mesi una sfumatura più allegra, prima totalmente assente. Non si volle certo dare tutto il merito di quel cambiamento ma, una piccola parte di lui, gioiva nel sapere come i suoi modi indiretti avessero iniziato a sciogliere il suo partner. Eppure… Continuava ad esserci un’ombra inquieta in quegli occhi ormai familiari. Ryo era ancora lontano dall’essere una persona serena, ne era più che certo; aveva fin troppo dolore inespresso dentro di sé e Hideyuki sentiva che, per quelle confidenze, non era ancora il momento giusto e, forse, non sarebbe mai arrivato.

«MAKIII» l’urlo del socio lo scosse, riportandolo alla realtà «Insomma oggi sei più rintronato del solito, mi hai sentito?»

«Ehm… Veramente no» ammise giocherellando nervosamente con un ciuffo di capelli.

Ryo sospirò sconsolato «Non solo mi viene a svegliare presto, non solo non mi aiuta a preparare la colazione, ma in più ignora totalmente ciò che dico! Che razza di socio mi ritrovo…»

«Scusa Ryo, ero sovrappensiero. Cosa mi stavi dicendo?»

«Niente di importante, avevo chiesto solo come ci organizziamo per la nostra visitina di oggi» emise sostenuto mentre divorava il suo pasto.

«Mi meraviglio che tu mi faccia questa domanda… Penso che tu sappia cosa fare, e non hai bisogno di molta immaginazione per capire il mio piano d’azione» rispose sibillino.

Ryo lo guardò sorridendo «Sei proprio impossibile caro il mio detective. E sentiamo, visto che sai tutto, cosa avrei intenzione di fare?» domandò sornione.

Hideyuki accolse quel gesto di bonaria sfida con un certo divertimento; c’era sintonia tra loro, la avvertiva distintamente sebbene non fosse molto evidente per un osservatore superficiale. Nello scherzo Ryo era sempre onesto: non mentiva mai nel mostrare il suo autentico divertimento nel stuzzicarlo, e lo punzecchiava in continuazione. L’ex poliziotto non era certo una persona permalosa e partecipava volentieri a quelle schermaglie infantili; avvertiva che il suo partner necessitava di quella leggerezza per stemperare la sua quotidianità. Sfilò dal taschino interno del soprabito un fazzoletto di stoffa e iniziò a pulirsi gli occhiali con calcolata noncuranza.

«Semplice, non vorrai aspettare buono l’esito del mio colloquio perciò ti presenterai in grande stile… Immagino farai irruzione annunciandoti da bravo casinista che sei»

 Ryo lo squadrò esageratamente risentito e, alzandosi per sistemare i piatti sporchi nel lavello, borbottò con fare lamentoso «Questa è la considerazione che hai di me Maki? Sei un pessimo socio, davvero, da domani non c’è più bisogno che tu venga qui!»

Hideyuki scosse bonariamente il capo e diede un’occhiata all’orologio da polso «Tra una mezzoretta mi avvio verso il pachinko, arrivando in anticipo potrei fare una migliore impressione su quell’omuncolo e riuscire ad ottenere le informazioni necessarie senza troppa fatica. Tu puoi raggiungermi con calma, potresti asp-»

«Aspettarti fuori mentre parli con quel tizio. Anzi, ancora meglio, potrei appostarmi sul terrazzo dell’edificio all’angolo – quello del kombini per intenderci – e tenere sotto controllo la struttura, individuare possibili punti di fuga che potrebbero essere sfuggiti con il buio, e poi entrarci dentro… Direi che, visto che ci sono, potrei anche far uscire i dipendenti assieme ai clienti, sbarrare gli ingressi e poi dare inizio alle danze»

Ryo si voltò verso il partner per guardarlo soddisfatto «Allora, che te ne pare? Non male per essere un semplice casinista impaziente, o sbaglio?»

«Beh, riconosco che la mia buona influenza sta dando i suoi frutti» replicò candidamente.

«Dovrei essere io a dirlo! Guarda che roba» e borbottando uscì dalla cucina.

L’ex poliziotto si alzò a sua volta e, stiracchiandosi leggermente, si avviò verso la porta «Ah Ryo, oggi per far prima non sono passato dalla stazione. Appena concludiamo l’incarico ci vado subito, così rimedio anche il giornale»

Nel corridoio, però, non vide nessuno e si chiese dove si fosse volatilizzato il suo socio. Non poteva fare a meno di ammirare la sua capacità così fuori dal comune di sparire e comparire a proprio piacimento; quando si accorse della sua presenza stava già scendendo le scale, stringendo qualcosa in mano.

«Tieni, te l’ho pulita e caricata» e così dicendo gli allungò la piccola Colt Lawman1, sua vecchia compagna di lavoro.

Hideyuki si sentì leggermente a disagio alla vista dell’arma; era dolorosamente legata a un ricordo difficile da accettare e impossibile da dimenticare. Con quella pistola non era riuscito a centrare per la prima volta un bersaglio da quando lavorava nella polizia… Quella mancanza aveva portato al fallimento della loro missione, alla morte di una collega e alla sua fine come poliziotto. Si era a lungo chiesto se sarebbe stato giusto continuare a usarla in seguito, ma i sensi di colpa, uniti a una generale sensazione di inadeguatezza, lo avevano fatto desistere, decidendo così di consegnarla a Ryo. Meccanicamente prese la pistola tra le mani, saggiandone il peso; la freddezza del metallo gli ricordò che non provava più quella sensazione da molto tempo.

«Non era necessario Ryo, so cavarmela anche senza» disse senza alzare gli occhi dalla Colt.

«Non sappiamo se Zanna sia armato, e soprattutto quanti complici abbia all’interno del pachinko. È una precauzione in più visto che non ci sarò» e in un sussurro aggiunse «Bisogna affrontare i propri rimorsi»

A quelle parole appena percepite, Hideyuki alzò gli occhi in direzioni di quelli del partner: ancora una volta riuscì a scorgervi una scintilla diversa, più profonda. Eccolo un altro raro attimo in cui Ryo si mostrava davvero sincero con lui, e avvertì distintamente una punta di amarezza e verità in quel bisbiglio. Quali erano i rimorsi che albergavano nel suo animo? Quell’attimo fugace, però, terminò prima che potesse pensare ad altro poiché lo sweeper cambiò subito registro, come suo solito.

«Allora è tutto deciso. Vai pure Maki, chissà che non riesca a trovare qualche bella ragazza nel frattempo che tu parli con quella bruttura d’uomo» disse mentre si allontanava trotterellando.

«Ryo?»

«Che c’è?» domandò girando appena la testa.

«Prima di uscire ricordati di mettere almeno le mutande»

«Ah sei proprio un maiale Maki, hai solo un pensiero fisso!» esclamò ridendo.
 
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Appena arrivato nelle vicinanze del Lucky House, Hideyuki si fermò un attimo per riordinare i pensieri e analizzare meglio la situazione. La giornata soleggiata si mostrava impietosa nei confronti della struttura, che sembrava ancora più squallida e decadente della notte, quando i variopinti neon davano fin troppa luce a quello scatolone di cemento dal colore bigio. C’era meno movimento nell’angusta viuzza rispetto alla sera precedente, mentre nelle strade principali si riversava un numero considerevole di persone che, in orario lavorativo, erano solitamente rinchiuse nei loro uffici. Sostando vicino al muretto su cui si erano appostati lui e Ryo, fece un respiro profondo per calarsi nella parte che si apprestava a recitare, e che non poteva essere più lontana dal suo essere. La presenza della pistola al suo fianco, celata dal suo soprabito sformato, lo faceva sentire calmo ma allo stesso tempo più teso; si era disabituato a indossarla e si augurò che quella “scampagnata” – come l’aveva definita Ryo – non prendesse una piega inaspettata. Era ben conscio che il lavoro non era particolarmente impegnativo, ma non poteva impedirsi di temere possibili scenari nefasti; lo aveva sempre fatto, sia in polizia, sia da quando affiancava quell’uomo così sicuro di sé sempre e comunque. Si chiese se Ryo avesse mai avuto paura di sbagliare, ma forse proprio la sua noncuranza nei confronti del domani gli aveva permesso di arrivare illeso fino a quel giorno. Intuiva le ragioni che portavano lo sweeper a non preoccuparsi troppo della propria incolumità, ma per lui era diverso; lui aveva qualcuno a cui badare. Gli aveva fatto male vedere come Kaori iniziasse a preoccuparsi per lui, era proprio quello che aveva cercato di evitare nascondendole la vera entità del lavoro e, in quel momento, sentì che non poteva permettersi il lusso di sbagliare. Non poteva lasciarla sola, almeno non prima di aver concluso una piccola missione affidatagli anni prima per lei. Uno sbuffo di vento gli scompigliò i capelli, riportandolo alla realtà; si rese conto di aver aspettato fin troppo, perciò tornò professionale e, dopo aver indurito lo sguardo, accese il piccolo registratore che aveva ben nascosto nella tasca.
Il suo orologio segnava le dodici meno un quarto quando varcò l’ingresso del pachinko. L’ambiente sembrava sempre lo stesso, i clienti affollavano le varie postazioni, troppo presi dal proprio gioco per accorgersi del suo ingresso. Con sicurezza si diresse verso sinistra, dove erano situate delle casse, e andò subito verso quella centrale come gli aveva raccomandato di fare l’uomo. Notò che c’era un’altra ragazza, e si chiese quante ce ne fossero lì a lavorare in modo più o meno pulito.

«Benvenuto signore, desidera?» domandò la cassiera, sfoggiando un ampio sorriso.

«Buongiorno, avrei un appuntamento con Zanna» rispose serio ma cordiale.

A quelle parole vide il volto della giovane vacillare, ma senza scomporsi troppo replicò «Sì, ve lo chiamo subito» e alzando la cornetta di un interfono si limitò a sussurrare «C’è un uomo per lei»

Hideyuki squadrò per qualche attimo la ragazza, e ciò fu sufficiente per capire che era molto scossa dal punto di vista psicologico; le rivolse uno sguardo pieno di dolcezza che sembrò sorprenderla. Era davvero molto giovane, forse poteva avere la stessa età di Kaori, e quel pensiero gli fece montare una rabbia improvvisa.

«Signorina voglio darle un consiglio, mi ascolti bene» le disse sporgendosi lievemente verso di lei «Tra non molto arriverà un uomo, molto alto, che si comporterà come un maniaco… No, non mi guardi così, non le torcerà un capello, tranquilla, ma faccia tutto ciò che le dirà senza discutere. Si fidi» le raccomandò sincero e, quando la ragazza fece per ribattere, vide avvicinarsi a lui la sagoma sgraziata di quell’uomo che trovò ancor più ripugnante del giorno prima.

«Eccomi, avete fatto presto signor…»

«Nori2. Sì, sono riuscito a liberarmi prima»

«Certo che vuoi impiegati giapponesi siete davvero efficienti, lavorate anche nei giorni festivi» disse Zanna con un ghigno «Prego, da questa parte signor Nori» concluse, facendogli strada.

Hideyuki lo seguì apparentemente distratto, preparandosi invece a registrare mentalmente ogni dettaglio circa l’ambiente attorno a sé. Si sentì leggermente più rilassato; l’ometto lo aveva guardato solo di sfuggita e non si era affatto accorto della pistola, evidenziando un atteggiamento superficiale. Ryo ci aveva visto giusto, erano dei perfetti novellini nell’ambiente della malavita. Quando varcarono la porta del famigerato ufficio, l’ex poliziotto rimase spiazzato da ciò che vide: la stanza – quadrata e molto spaziosa – aveva sulla sinistra un’imponente scrivania in noce, su cui capeggiavano un lume in ottone, dalla plafoniera in vetro color smeraldo, e  un elegante set di cancelleria con sopra alcuni fascicoli. La poltrona in pelle nera era coordinata con le due poltroncine per gli ospiti e con un piccolo divanetto angolare, situato nella zona opposta della stanza. Due dei quattro lati erano occupati da una grande libreria in legno massiccio, piena di tomi elegantemente rilegati, mentre sulla parete a destra era addossato un moderno angolo bar ben rifornito, che incorniciava una finestrella. Quell’ambiente era così fuori luogo rispetto al contesto del pachinko che Hideyuki si sentì leggermente spaesato; sembrava lo studio di un legale piuttosto che l’ufficio di una sala giochi.

«Si accomodi pure» e con la mano Zanna lo invitò a sedere mentre prendeva posto dietro la scrivania.

«È davvero un bell’ufficio» gli disse sedendosi.

«Ah beh…. Sì, immagino che possa piacere» rispose quello, grattandosi pigramente il mento glabro.

«Quindi non è opera sua?»

«No di certo, l’ufficio come l’attività è in comproprietà con mio fratello, e lui vuole sempre avere l’ultima parola. Sa com’è, i figli maggiori tendono a comandare sugli altri» emise con un sorriso sghembo.

«Comprendo perfettamente»

«Ma ora basta parlare di sciocchezze, credo che voglia andare dritto al sodo» e, aperto il secondo cassetto, tirò fuori un grande raccoglitore «Vuole che le faccia un riepilogo o le hanno già detto tutto i miei soci?»

Hideyuki si ricordò delle parole che gli aveva rivolto la sera precedente, quando aveva nominato gli uomini del clan Hayan Son che, a quanto sembrava, indirizzavano i clienti più esigenti dei loro night club nel pachinko. Volendo assolutamente saperne di più gli chiese di rispiegare tutto.

«Come ben sa, oltre alla sala giochi organizziamo incontri per un numero di clienti selezionato e che proviene esclusivamente dai locali a noi convenzionati, e per i più affezionati facciamo anche un piccolo sconto» disse facendo un occhiolino complice «Offriamo diverse prestazioni, dal semplice sollazzo a un rapporto completo, abbiamo un tariffario dettagliato che le mostrerò tra poco. Le ragazze sono tutte eccellenti, vere coreane – in confidenza, sappiamo quanto i giapponesi abbiano apprezzato anche in passato le mie connazionali3 – e posso assicurarle che nessun cliente si è lamentato finora. Come le ho accennato ieri sera, il primo accordo lo prendiamo con un certo anticipo visto che organizziamo i turni in modo scrupoloso, si versa una caparra che corrisponde alla metà della somma pattuita, mentre la restante viene a fine rapporto. Un buon numero di uomini ha poi deciso di fare un piccolo abbonamento, chiamiamolo così, ma in quel caso ci si accorderà strada facendo. Ecco, questo è il tariffario» e gli allungò un foglio plastificato.

Hideyuki lo ringraziò e diede un’occhiata rapida al contenuto; Zanna aveva detto correttamente, erano ben elencate diverse prestazioni in modo fin troppo preciso ed esplicito. Fu quando arrivò alla parte dei supplementi, però, che avverti una stretta allo stomaco.

«Noto la dicitura “più giovani” tra gli extra… Questo significa minorenni?»

«Sì certo, d’altronde sono quelle più richieste» rispose l’ometto tranquillo, accendendosi un sigaro.

«Non è rischioso per voi?»

«Lei è davvero un uomo prudente signor Nori» disse sbuffando una nuvola di fumo acre «Ma non c’è bisogno che si preoccupi, abbiamo pensato a tutto; nessun cliente rischia incontri spiacevoli con gli sbirri, siamo in una botte di ferro qui!» ridacchiò soddisfatto.

“Ah, non sai quanto ti sbagli” pensò Hideyuki tagliente, mentre rispondeva con un sorriso falso.

«Qui, invece, può vedere le nostre ragazze» proseguì porgendogli il raccoglitore «Ricordo che lei e il suo amico avete mostrato un certo interesse nei confronti di Mi-Yon, ma dia pure una sfogliata, non sono tutte di prim’ordine?»

«Sì, certo» gli rispose, assumendo un’aria concentrata che venne scambiata dal suo interlocutore per mera lussuria.

Quello che stava cercando Makimura, in realtà, era un minimo indizio per poter collegare la ragazza uccisa a quel catalogo: sentiva che era così, il suo intuito non sbagliava mai. Sfogliò lentamente quelle pagine in cui facevano mostra di sé una quindicina di ragazze, tutte fotografate in un misero bikini; più che sui loro corpi seminudi, si concentrò sui loro volti, tutti estremamente tristi, in alcuni casi anche spaventati. Come poteva un uomo trovare attraente una donna in quelle condizioni per lui era inspiegabile, era evidente che le giovani erano costrette da quegli uomini, ma come le ricattavano? Si ritrovò a voler andare a fondo di quel meccanismo più per un suo senso di giustizia personale che per l’incarico stesso. Arrivando alle ultime pagine, però, notò delle fotografie in formato polaroid che ritraevano i volti di alcune cassiere, e sembravano scattate di nascosto poiché i soggetti non erano in posa; tra queste notò la ragazza della sera precedente e, accanto ad essa, un vuoto sospetto. Erano ben visibili i resti del nastro adesivo, segno che una foto era stata stappata via in tutta fretta. Quel particolare lo mise in allerta.

«Avete davvero ottimo gusto» disse Hideyuki, indugiando qualche attimo su quell’ultima pagina «Come mai queste ragazze sono sistemate a parte e fotografate in un modo diverso?»

«Ah, quelle sono le reali impiegate del pachinko; diciamo che arrotondano con un’ulteriore attività da accompagnatrici, ma niente di troppo approfondito, sono merce rara»

«Ovvero?»

«Vergini, ecco perché sono in una categoria apposita. Con loro non si può avere un rapporto completo a meno che…» e, guardandolo con occhi carichi di cupidigia, ultimò «Non si paghi una somma importante»

«Allora questo vuol dire che richiedete un prezzo davvero alto. Le ragazze sono ancora tutte disponibili a parte una» disse con noncuranza studiata.

«Come, prego?» domandò l’altro leggermente turbato.

«Si vede che è stata strappata una foto, quindi una è stata già presa» e gli allungò il raccoglitore, guardandolo dritto negli occhi.

«Ah… Sì, certo. Eh, siete davvero un ottimo osservatore signor Nori» balbettò l’uomo a disagio.

“Credo proprio di aver toccato un nervo scoperto, molto bene” pensò soddisfatto mentre si alzava dalla poltroncina.

«Mi tolga una curiosità Zanna: dove avvengono gli incontri? In questo ufficio?»

«No di certo. Lei è un tipo curioso» gli rispose, squadrandolo più attento.

«Non mi piace comprare nulla a scatola chiusa. Deformazione professionale, spero di non esserle sembrato troppo scortese» emise, sistemandosi gli occhiali sul naso.

Cominciava a non poterne più di parlare con quel tipo meschino e perfido; la sua natura viscida trasudava da ogni suo poro e iniziò ad avere la nausea della sua sola presenza. Tuttavia, si impose di pazientare e portare avanti quella pantomima il più a lungo possibile, almeno fino a quando non fosse riuscito a registrare il maggior numero di informazioni possibili e, soprattutto, fin quando non avesse avvertito l’arrivo di Ryo. Sapeva che, una volta fatto il suo ingresso, il suo partner avrebbe concluso quella storia molto velocemente.

«Lei deve essere un ottimo uomo d’affari signor Nori. Va bene, le mostrerò tutto e poi torniamo qui per definire la parte economica. Sa, per noi è quella più importante» emise ridacchiando come un tricheco.

L’ometto premette un pulsante nascosto sotto la scrivania e, a quell’azione, seguì un secco suono metallico. Hideyuki, mantenendosi fermo, girò di scatto gli occhi in direzione di quel rumore e non si sorprese nel constatare che proveniva dalla libreria.

«Davvero ingegnoso Zanna, è una sua idea?»

«No, è sempre opera di quel rompiscatole di mio fratello. La trovava una soluzione degna di un film d’azione» disse spegnendo il sigaro, per poi sputare rumorosamente in una sputacchiera dorata che aveva estratto dalla tasca posteriore dei pantaloni.

«E lui è qui?»

«Sì, dovrebbe stare in una delle stanze... Ha sistemato quest’ufficio secondo i suoi gusti e poi non lo usa mai» e così dicendo lo superò per aprire lo scaffale girevole.

Seguendolo, l’ex poliziotto si ritrovò in un stretto corridoio su cui si affacciavano sette porticine, oltre a una porta di metallo situata nell’angolo più buio – quella che doveva essere l’uscita secondaria –; nessuna finestra, l’unica fonte luminosa erano dei neon che riflettevano una luce violetta, che si riverberava anche sulla moquette chiara. L’odore di chiuso era coperto da un forte miscuglio di profumi, alcuni particolarmente dolciastri, che gli scombussolarono ulteriormente lo stomaco; non era nuovo a posti del genere, ma non si sarebbe mai abituato a reagire con distacco. Il suo udito allenato avvertì il rumore sommesso di alcune voci femminili, ma decise di non fare nessuna osservazione al riguardo.
Raggiunta la porta centrale, Zanna bussò lievemente per poi aprire e farlo entrare. All’interno della stanza Hideyuki vide un uomo, poco più alto della sua guida, con un ciuffo cotonato all’inverosimile, fissato con una dose spropositata di lacca. Era seduto a un tavolino e stava compilando quello che sembrava un registro contabile. Un letto e due comodini erano il resto del mobilio e, sebbene fosse tutto molto pulito, non riuscì a non trovare quel posto di raro squallore.

«Fratello ti ho portato il nuovo cliente di cui ti avevo parlato ieri sera. Voleva vedere dove si svolgono gli incontri» emise quasi in tono di scuse.

L’uomo alzò il viso dai fogli e il lume vicino mise in evidenza una profonda cicatrice, che gli solcava la guancia sinistra fino a raggiungere l’occhio. Aveva uno sguardo molto più duro e, in un certo senso, professionale rispetto al fratello; in quel momento Makimura ebbe la certezza che il cervello dell’attività doveva essere lui, restava solo da appurare se fosse stato lui a uccidere la ragazza o meno.

«Mmmh, da quale locale le è stato consigliato il nostro pachinko?» chiese stringendo gli occhi in due fessure.

Eccola una domanda a cui non sapeva rispondere, ma non si scompose; in quei casi fingersi tonto era una tattica vincente.

«Non capisco…» emise Hideyuki con occhi persi.

L’uomo sbuffò «Blue Moon? Night Stars? Kankoku no Kaze? Quale di questi locali frequenta?»

«Ah, intendeva questo! Il Blue Moon, mi hanno consigliato loro di venire qui»

Hideyuki fu soddisfatto; era riuscito ad avere l’elenco dei locali gestiti dalla Hayan Son, che erano convenzionati con quel bordello clandestino, e il tutto era stato ben registrato. Sperò solo di aver dato la risposta esatta. Nel frattempo, il fratello sfregiato si era alzato e aveva iniziato a scrutarlo con fare indagatore.
“Credo proprio di aver sbagliato risposta” si disse tranquillo; la situazione poteva degenerare da un momento all’altro, ma mantenne una calma stoica, tenendosi pronto all’azione.

«Beh, direi che non ha l’aria di uno dei classici avventori del Blue Moon… È un posto piuttosto esclusivo»

«Le apparenze possono ingannare, a volte»

«Sicuramente» fece con un sorrisetto di circostanza «Beh, questa stanza è uguale a tutte le altre, perciò se il posto è di suo gradimento direi che possiamo passare alla parte seria» e con un cenno del capo ordinò a Zanna di tornare indietro «Dopo di lei» fece, poi, rivolto a Makimura.

Ritornati nel corridoio, Hideyuki volle fare un’ultima domanda prima di dare inizio alla conclusione di quel spiacevole incontro.

«Spero di non essere indiscreto ma» avvertì un lieve “clic” in direzione della porta metallica «Ho sentito delle voci quando sono entrato con Zanna. Ci sono ragazze in servizio anche la mattina?» concluse con un tono di voce più alto per sviare l’attenzione del suo interlocutore.

“Ryo ha bloccato l’uscita, bene. Ora posso accelerare un po’ le cose”
L’uomo, che sembrò non essersi accorto di quanto stesse accadendo all’esterno, si limito a grugnire.

«No, stanno solo facendo le pulizie» disse in un modo che non voleva incoraggiare nessuna risposta.

Una volta tornati nell’ufficio – e richiuso accuratamente lo scaffale – si sedettero. Il fratello guercio prese posto dietro la scrivania mentre Zanna si sistemò sul divanetto; in sua presenza aveva perso tutta la sua baldanza.

«Bene» esordì quello che sembrava il capo, aprendo un’agenda in pelle nera lucida «Per questa sera posso sistemarla per mezzanotte meno un quarto. Prima è impossibile, è già tutto occupato»

«Nessun problema» fece Hideyuki, allungandosi leggermente verso la superficie del tavolo «Spero solo che il mio amico non abbia nulla da ridire, lui è un uomo un po’ impaziente»

«Ah sì, me lo ricordo bene» echeggiò Zanna con un sorriso stupido, che venne spento sul nascere dallo sguardo glaciale lanciatogli dal fratello.

«Allora potrei mettere prima lui, più di così non posso fare. Avete già scelto la ragazza?»

«Sì, hanno detto ieri che erano interessati a Mi-Yon» lo anticipò Zanna.

«Mi auguro che il mio inutile fratello le abbia spiegato che con lei il discorso è un po’ particolare…»

«Sì, è stato molto chiaro sulla questione, ma io e il mio amico non siamo certo tirchi» e sistemandosi gli occhiali con l’indice aggiunse «Quanto?»

«50.000 per il primo, poi dal secondo 15.000; però dovrete accordarvi tra voi su chi si prenderà la sua virtù, non vogliamo spiacevoli litigi qui»

«Quindi è già successa una situazione del genere?» domandò con noncuranza.

«Ah sì, qualche giorno fa, un vero macello!» esclamò gracchiante Zanna «Doveva vederli quei due come si contendevano M-»

«Non credo che al nostro ospite possa interessare» lo interruppe tagliente l’altro, guardandolo con odio; poi rivolgendosi a Hideyuki disse «Lo perdoni, purtroppo non sa far funzionare la testa bene quanto le mani…»

«Nessun problema. Però c’è una piccola imprecisione» emise Hideyuki mentre con l’indice indicava la pagina con l’appunto «Il mio amico è per Mi-Yon, ma io sono per Mi-Sun» disse guardando fisso negli occhi lo sfregiato.

Questi sbiancò all’istante e rimase paralizzato, come anche il fratello.

«Che?...»

«Mi-Sun Tong, la ragazza che voi miserabili avete ucciso»

«Come…»

L’uomo riuscì a balbettare solo quella parola, prima di destarsi dallo stato di torpore che sembrava averlo colpito nel sentire il nome della ragazza. Lanciando un’occhiata rancorosa nei confronti di Hideyuki, urlò al fratello di bloccare la porta mentre in un gesto fulmineo aprì il primo cassetto della scrivania; non fu, però, abbastanza veloce poiché l’ex detective in un istante si alzò, prese il voluminoso tagliacarte che faceva bella mostra sulla scrivania e glielo lanciò contro, trafiggendogli la mano destra che restò ancorata sul fondo del cassetto.

«Ahhh, brutto bastardo!» rantolò feroce «La pagherai cara, Zanna uccidilo!» ordinò all’ometto che si trovava alle spalle di Makimura.

L’omuncolo, tuttavia, non riuscì a raggiungere la libreria – dove probabilmente erano nascoste le armi – poiché si bloccò quando la porta dell’ufficiò si aprì improvvisamente con un colpo secco, lasciando entrare Ryo con la Python in pugno, una leggera scia di fumo che fuoriusciva dal silenziatore. A quella vista i due coreani rimasero, se possibile, ancor più impietriti di prima; lo sguardo del nuovo arrivato aveva una durezza che non avevano mai visto. Una freddezza che sapeva di morte.

«A quanto pare il mio socio ha iniziato a divertirsi senza di me. Ma non preoccupativi, adesso iniziamo a fare sul serio» disse lo sweeper con un sorrisetto.

«Tu?! Si può sapere chi diavolo siete?» domandò Zanna nervoso, mentre si avvicinava cautamente alla libreria facendo piccoli passetti all’indietro.

Ryo lanciò un’occhiata allo sfregiato, che cercava di sfilare il tagliacarte dalla mano senza successo, e scrollò le spalle «Beh, ufficialmente noi siamo City Hunter, ma per voi oggi siamo in veste del tutto speciale» e rapido sparò in direzione del suo interlocutore, graffiandogli la guancia; questi si fermò all’istante, emettendo un verso di sorpresa «Siamo le ultime persone che vedrete prima di marcire all’inferno»

Hideyuki osservò la scena senza perdere di vista l’uomo dolorante accanto a lui; da come cercava disperatamente di liberare la mano, capì che la pistola doveva essere conservata nel doppio fondo del cassetto, e che la lama impediva l’azionamento del meccanismo. Per scoraggiarlo decise di sfoderare la pistola e, dopo averla puntata contro di lui, scosse lievemente il capo.

«Fossi in te starei fermo, così ti farà solo più male e perderai fin troppo sangue» disse asciutto.

L’uomo, sentendosi sconfitto, abbassò la testa «Cosa volete?»

«La verità, signor avvocato» rispose lapidario Makimura.

A quelle parole lo sfregiato alzò di scatto la testa e lo guardò sorpreso.

«Non so parlare il coreano ma lo so leggere, e i molti libri esposti qui sono testi giuridici. Per non parlare poi dell’arredamento dell’ufficio, che sembra uscito direttamente da un poliziesco americano»

L’uomo lo soppesò con lo sguardo «Avrei dovuto capirlo che non eri un semplice impiegato sciatto»

Hideyuki lo guardò con durezza; aveva sempre odiato le apparenze e non c’era giorno in cui non gli venisse ricordato quanto il suo aspetto lo facesse passare per un uomo sprovveduto e trasandato. Pochi avevano la capacità di andare oltre ma, se nel privato ciò lo sconfortava, nel lavoro si mostrava una strategia vincente per un buon effetto sorpresa.

«Perché avete ucciso Mi-Sun?» domandò secco.

«Si era rifiutata a dei clienti e aveva cercato di scappare via. Voleva rivolgersi alla polizia, quella stupida»

«Immagino sia scappata durante la lite che ha accennato Zanna prima, quando è contesa da alcuni uomini» lo incalzò Makimura.

«Sì, c’erano troppi soldi in ballo per lasciar correre. Si era ribellata già altre volte, sapeva che non l’avrebbe passata liscia» rispose l’uomo con noncuranza, come se stesse parlando del tempo.

«Con cosa ricattate le ragazze? È chiaro che nessuna di loro è nel giro di spontanea volontà»

«Il contratto» e facendo una leggera smorfia di dolore proseguì «Nel contratto in giapponese è presente una piccola clausola in cui le ragazze dichiarano la loro disponibilità a svolgere mansioni supplementari; in caso di inadempienza è previsto il decurtamento dello stipendio, oltre a una penale di 150.000 yen, cifra enorme per loro che provengono da famiglie povere. Nel contratto coreano questa voce, però, è stata omessa così, quando le ragazze lo hanno scoperto non potevano fare più niente visto che avevano già firmato entrambi. Sono così stupide da non sapere che quella è tutta carta straccia, quei contratti non hanno una vera valenza giuridica, ma per stare più tranquilli abbiamo aggiunto, poi, qualche minaccia non troppo velata contro le loro famiglie. Mi-Sun è sempre stata la più problematica, però alla fine si è mostrata più utile da morta. Grazie a lei le ragazze hanno capito cosa rischiano se non fanno le brave, e sono diventate tutte mansuete come agnellini»

Hideyuki strinse più forte l’impugnatura della pistola in un misto di rabbia e disprezzo, ma fu la voce di Ryo ad alzarsi dopo qualche istante di silenzio.

«Insomma, avete cercato di pararvi il culo usando la legge a vostro piacimento per ingannare delle ragazze ingenue. E scommetto che sei stato tu grand’uomo, eh?» soffiò tagliente in direzione di Zanna, che continuava a fissarlo con occhi spiritati «L’hai uccisa con le tue mani vero?»

L’omuncolo si limitò ad annuire.

«E hai avuto anche il cattivo gusto di mettere il corpo in una busta della spazzatura e lasciarlo vicino alla sua abitazione?»

«No, quella è stata una sua idea!» esclamò additando il fratello «Io mi sono limitato a eseguire gli ordini» concluse, guardando nervosamente oltre le spalle dello sweeper.

«Che c’è? Ti stai chiedendo perché nessuno stia accorrendo in vostro soccorso?» e, avvicinandosi di qualche passo all’uomo, Ryo incrociò le braccia «Il pachinko è vuoto, ho mandato via i clienti insieme alle ragazze e ho bloccato gli ingressi. I vostri quattro scagnozzi hanno avuto la brutta idea di opporsi alla mia decisione, ma ho dato loro argomenti abbastanza convincenti per non dare più fastidio»

«Fottuti bastardi la pagherete! I nostri soci non ve la faranno passare liscia!» gli abbaiò contro l’avvocato, muovendosi con enfasi.

«Taci tu» tagliò corto Ryo, girandosi verso di lui «Siete stati proprio dei babbei a pensare che agli uomini della Hayan Son freghi qualcosa della vostra misera vita. Vi stanno usando per fare cassa, e vi hanno fatto credere di essere sotto la loro ala protettrice quando, in realtà, non vedono l’ora di mettere le mani sulla vostra attività appena sarà ben avviata, e una volta avervi fatto fuori naturalmente»

«È…È vero quello che sta dicendo, fratello?» squittì rauco Zanna, pallido come un cencio, non smettendo di fissare Ryo.

«No, è tutta una balla, una tattica per farci paura»

Sebbene il tono fosse sprezzante, Hideyuki avvertì distintamente il tremore nella sua voce.

«Ne sei proprio sicuro? Allora come mai nessuno è ancora venuto a salvarvi? Perché non ci sono telecamere o trasmittenti per mettervi in contatto con loro velocemente? No, sono sicuro che loro non tengono alla vostra vita più di quanto vuoi non teniate a quella delle ragazze, proprio come ha detto il mio socio» disse freddo mentre estraeva il tagliacarte dalla mano dell’uomo completamente insanguinata, strappandogli così un gemito di dolore.

In quell’istante Ryo fece qualche passo indietro e si girò verso l’uscita. Era quasi scomparso dietro la porta quando Zanna, frenetico, si lanciò verso una scatoletta di legno posizionata sullo scaffale alle sue spalle da cui prese un revolver di piccolo calibro, che impugnò rapido.

«Muori bastardo!» urlò inserendo il colpo in canna e un istante dopo un colpo ovattato riecheggiò nella stanza.

Zanna fece un salto all’indietro, colpendo rovinosamente la libreria e trascinando alcuni libri con sé sul pavimento. Makimura si avvicinò al corpo, giusto per constatare che una pallottola lo aveva colpito in piena fronte e, in un ultimo gesto caritatevole, gli si accovacciò accanto, chiudendogli le palpebre. Solo in quel momento Ryo, che era rimasto di spalle, si girò e avanzò in direzione dell’avvocato, le labbra strette in un’espressione severa.

«Allora? Provi il minimo rimorso per ciò che avete fatto? Collaborerai con la polizia?»

L’uomo, tremante di rabbia e con il volto madido di sudore, lo guardò in cagnesco, rosso di rabbia.

«Figlio di puttana, non ti perdonerò per aver ammazzato mio fratello» e così dicendo si alzò e gli tirò contro il tagliacarte che stava sulla scrivania.

Con un movimento agile, Ryo schivò la lama e sparò sicuro, colpendo il bersaglio all’altezza del cuore; l’uomo si riaccasciò pesantemente sulla sedia con il capo reclinato all’indietro e un’espressione digrignata.

«Può entrare adesso» disse lo sweeper rivolto alla porta e, qualche istante dopo, fece la sua comparsa il signor Tong, con gli occhi arrossati e visibilmente scosso. In quell’istante Hideyuki capì perché il suo partner si era voltato qualche minuto prima; aveva portato con sé il loro cliente, forse per permettergli un faccia a faccia con gli assassini di sua figlia. La missione poteva dirsi conclusa, per cui cacciò fuori dalla tasca del soprabito il registratore e lo spense.

«Sono… Sono morti?» domandò turbato l’uomo.

«Sì» rispose Ryo mettendo la Python nella fondina «Stavo per chiamarla quando hanno deciso di accelerare la loro condanna»

L’uomo si avvicinò cauto verso i due cadaveri e li guardò a lungo prima di emettere un sospiro lamentoso. Hideyuki, immaginando il corso dei pensieri dell’uomo, gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla.

«Questo non potrà riportare in vita sua figlia, ma almeno permetterà ad altre ragazze di salvarsi e cominciare una nuova vita. Non è una vendetta ma una forma di giustizia; non pensi a loro che sono morti, pensi a coloro che ha salvato decidendo di chiamarci»

Due furtive lacrime fecero capolino tra gli occhi di Tong «La ringrazio signor Makimura… Quello che mi addolora di più è che non hanno avuto la minima pietà per mia figlia… Questi non sono uomini…»

«No, non lo sono» gli fece eco un Ryo serissimo.

«Terminiamo di sistemare alcune cose qui e poi la accompagniamo a casa» disse Hideyuki allungando un fazzoletto al pover’uomo.
 
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Nel tiepido primo pomeriggio, una fiumana di persone si riversava nelle vicinanze dalla stazione di Shinjuku; volti felici, seri, concentrati, pensierosi, anche tristi si muovevano e si scontravano senza realmente vedersi. Così era anche per Hideyuki che, perso nei suoi pensieri, non si rendeva realmente conto di ciò che lo circondava. Non era stato un caso difficile, non aveva mai avuto realmente paura per la sua incolumità, ma l’esito gli aveva lasciato una certa amarezza. I due responsabili dell’omicidio erano stati uccisi, avevano aiutato una decina di ragazze a scappar via da un destino di violenze e minacce, aveva raccolto materiale interessante per far partire le indagini contro il clan Hayan Son, ma cosa restava davvero? La consapevolezza che una giovane vita era stata recisa prematuramente, il dolore insanabile di un padre e la responsabilità di aver condannato a morte due persone, seppur colpevoli. Solo questo. Si sentiva svuotato: la sua indole provava orrore per ciò che avevano fatto ma la sua parte più razionale riteneva il loro operato giusto e necessario. Avvertì, all’altezza del taschino interno del soprabito, il vuoto lasciato dalla Colt che aveva riconsegnato a Ryo prima di lasciare il pachinko semidistrutto, e sospirò lievemente. Non aveva mai ucciso nessuno, ferito sì, anche gravemente molte volte, e intimamente si era sempre sentito un po’ in colpa per quel male che aveva procurato. Da quando era City Hunter, però, il lavoro sporco lo svolgeva sempre e solo Ryo e, per quanto le loro azioni fossero sempre dettate dall’assoluta necessità, non poteva fare a meno di avvertire un certo disagio nell’arrogarsi quello stesso diritto che condannava ai criminali. Non sapeva se anche il suo partner, in realtà, si crogiolasse nei suoi stessi sensi di colpa, ma lo conosceva ormai abbastanza da aver capito che lo sweeper non provava nessun piacere nell’uccidere. Lo considerava alla stregua di un’attività inevitabile, una parte imprescindibile del suo lavoro che, volente o nolente, andava compiuta. Gli lanciò un’occhiata mentre si avvicinavano all’ingresso est della stazione, e lo vide camminare rilassato, con le mani dietro la nuca e gli occhi socchiusi; era incredibile quanto sembrasse spensierato in quella posa, così lontano dall’uomo che solo qualche ora prima aveva giustiziato due persone.

«Che c’è Maki, stai cambiando gusti? Non resisti più al mio fascino, vero?» disse sorridendo sornione, senza voltarsi verso di lui.

Hideyuki arrossì lievemente per essere stato colto in fallo «Non potrebbe mai succedere, tranquillo. Controllavo, piuttosto, che non facessi il maniaco in giro»

«Sempre a riempirmi di complimenti, povero me» piagnucolò, scuotendo lievemente il capo «Ho proprio ragione quando dico che dovrei trovare un nuovo socio»

L’ex poliziotto sorrise a quella lamentela che rendeva lo sweeper paragonabile a un bambino offeso. Aumentò l’andatura e, scansando con fatica la gente che si accalcava all’interno della stazione, raggiunse il tabellone degli annunci. Nessuna richiesta, potevano considerarsi liberi per il resto della giornata.

«Ryo, vedi che…» ma le parole gli morirono in gola appena vide il suo partner avvicinare in modo molesto alcune ragazze che stavano camminando lì vicino.

“Ah, è proprio irrecuperabile” pensò sospirando ma, non seppe spiegarsi come, quella scena non lo disturbò. Non era certo la prima volta che assisteva a quel comportamento ma, a differenza delle altre occasioni, si soffermò qualche istante in più sullo sweeper, osservando davvero, ed ebbe come una rivelazione: nel vederlo saltellare dietro all’ennesima ragazza con la lingua di fuori e prendersi l’immancabile borsata in faccia, Hideyuki capì che per Ryo quello non era che un gioco. Nel suo modo di porsi esagerato, nel non voler schivare i colpi, era chiaro come lui non ci provasse mai seriamente con le donne che incontrava per le strade affollate, anche perché – da quel poco che gli raccontava – non aveva nessun problema nel rimediare compagnia la sera nei locali. Perché comportarsi così allora? Gli mancava un piccolo elemento per giungere alla comprensione completa. Lo aveva ripreso proprio la sera precedente perché si comportava sempre come un adolescente in calore, e ora lo vedeva più simile a un bambinone dispettoso. “Perché questi atteggiamenti infantili?” si chiese e poi, improvvisamente, tutto fu chiarissimo. Se Ryo aveva quei comportamenti immaturi era perché, al momento opportuno, gli erano stati proibiti; ciò era un chiaro segnale che la sua, molto probabilmente, era stata un’infanzia negata. Quel pensiero lo intenerì e, pian piano, vide andare a posto alcune tessere del confuso mosaico che rappresentava il carattere sfaccettato del suo partner. Restavano ancora molte zone buie, ma poté dirsi soddisfatto per l’essere riuscito a capire il motivo all’origine del suo atteggiamento da maniaco, e decise di essere più comprensivo e fargli meno ramanzine sull’argomento. Gli si avvicinò in un momento di pausa in cui si era appoggiato a un pilastro, mentre si massaggiava la guancia arrossata.

«Nessun incarico per noi, quindi hai il resto della giornata libera Ryo. Domani mattina ti porto i quotidiani arretrati; mi raccomando fai il bravo»

«Bah, io sono sempre bravissimo, anzi, sono un uomo di rara bravura» e così dicendo si allontanò baldanzoso, sollevando il braccio per salutarlo.

Hideyuki si girò dalla parte opposta e, dopo aver comprato il giornale dall’edicola, raggiunse una delle tante cabina telefoniche disposte all’esterno della stazione. Dopo aver richiuso accuratamente la porticina alle sue spalle, inserì la scheda telefonica e digitò il numero che ormai sapeva a memoria. Dopo quattro squilli qualcuno alzò la cornetta.

[Sì, qui Nogami]

Nel sentire la sua voce avvertì il cuore battergli più veloce.

[Sono io] rispose in tono neutrale.

Dall’altra parte ci fu qualche secondo di silenzio.

[Dimmi] sussurrò la donna.
[Devo vederti…] disse senza pensare davvero ma, appena si rese conto dell’ambiguità della sua affermazione, aggiunse in tutta fretta [Ho del materiale interessante da darti]
[Ecco, veramente oggi sono molto impegnata, è una giornataccia…]
[A che ora finisci?] le chiese d’impeto, sorprendendosi della sua stessa intraprendenza.
[Beh…] borbottò Saeko, non riuscendo a nascondere la propria sorpresa [Per le otto più o meno…]
[Bene, allora ti aspetto al vecchio posto. A dopo] e senza aspettare risposta riagganciò.

Uscì dalla cabina come una furia, sentendosi mancare l’aria di colpo.
“Che cosa ho fatto?” si chiese turbato, mettendosi una mano sulla fronte. Da quando era diventato così sfacciato? Quando doveva incontrarsi con Saeko per questioni lavorative, lasciava decidere sempre a lei il luogo, ma questa volta… Che diavolo gli era preso? Le aveva dato l’impressione di essere impaziente di vederla, a prescindere dalle informazioni che doveva comunicarle. Affondò le mani nelle tasche del soprabito e le strinse a pugno; la verità era che lei gli mancava da morire. Negli ultimi mesi il loro rapporto si era in qualche modo rinsaldato, lei non si era più mostrata così sfuggevole e scostante nei suoi confronti, anzi, per alcuni brevi istanti gli era sembrato di ritrovare la Saeko dell’accademia, la ragazza di cui si era innamorato. Un amore non corrisposto il suo e, in fin dei conti, non si meravigliava; cosa aveva da offrire lui, soprattutto a una donna in gamba come lei? No, non ambiva certo a essere ricambiato, ma già il fatto di sentirla meno fredda gli aveva dato una gioia che non provava da molto tempo; avrebbe fatto di tutto per preservare la loro ritrovata amicizia… Se la sarebbe fatta bastare.
La breve conversazione telefonica continuava a ripetersi nella sua mente senza sosta e ciò lo fece sentire più imbarazzato che mai. L’imbarazzo si tramutò in nervosismo e, senza riuscire a controllare davvero i suoi movimenti, iniziò a camminare a scatti, fermandosi di colpo quando le sue riflessioni si facevano più profonde. Si ritrovò a girare intorno all’isolato con fare inconcludente e, appena se ne rese conto, si diede un pugno in testa, destando lo sconcerto dei passanti.
“Piantala di comportanti come un cretino, Hideyuki! Basta, non ci devo pensare più. Stasera mi scuserò per essere stato così precipitoso, fine della storia” si disse esasperato mentre si incamminava sulla Shinjuku-Dori Avenue, sperando di raggiungere casa senza ulteriori sviste.
 
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Ciao a tutte/i! Approfitto di questo piccolo spazio per scusarmi per l’aggiornamento così tardivo: purtroppo maggio e i primi di giugno sono stati mesi di fuoco per quanto riguarda il lavoro e, tra preparazione e correzione di verifiche, consigli, scrutini e altre brutture non ho avuto un attimo di tregua (a cui si è aggiunto un vero e proprio blocco per la scrittura). Vi ringrazio di cuore per la pazienza e l’affetto con cui seguite questa storia, prometto di essere più rapida in futuro! Alla prossima :)
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1 La pistola di Makimura è una Colt Lawman MK III con canna da 2 pollici, prodotta dal 1969 al 1983. Come suggerisce il nome stesso, era una pistola molto usata dalla polizia sia come arma d’ordinanza che per uso privato. In Giappone ha fatto la sua comparsa fin dagli anni ’70 in diverse serie tv e anche in altri manga.
 
2 Credo che ormai non sia un mistero il fatto che io ritenga Makimura un personaggio estremamente intelligente e arguto, perciò ce lo vedo bene a giocare un po’ con i nomi. Il cognome “Nori” è scritto con il kanji  法 , avendo così il significato di “misura”. Lo stesso ideogramma, però, con la lettura On ha il significato di “legge, principio” e lo si trova in molti sostantivi affini (facoltà di legge:  法学部; tribunale: 法廷; legislazione: 法規; ecc.) . Insomma, un modo velato per rappresentarsi al meglio.
 
3 Qui Zanna fa un riferimento non troppo velato alle “comfort women”, una delle pagine più vergognose della storia giapponese – e argomento che mi tocca sempre moltissimo. Per chi non lo sapesse, a partire dal 1932 per proseguire in modo sistematico durante gli anni della guerra, l’esercito giapponese istituì dei bordelli per i militari, in modo da scoraggiare gli stupri sulla popolazione civile nei vari Paesi asiatici da loro occupati (ad esempio: Cina, Corea, Indonesia…). Purtroppo, però, le ragazze che ne facevano parte furono tutte prese con la forza o l’inganno e costrette a prostituirsi in condizioni allucinanti, al limite del proibitivo. La maggior parte di loro è morta in seguito alle violenze subite e delle malattie contratte durante quello che fu un periodo di prigionia a tutti gli effetti. Il Giappone non ne è uscito benissimo in quanto, dopo diversi tentativi di negazione, il governo ha formulato le sue scuse ufficiale alle poche sopravvissute solo nel 2007.
   
 
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