Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ahiryn    23/06/2021    3 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Nel Bosco

VIII




L’aria di campagna li accolse col suo freddo pungente, l’odore di campi ed erba bagnata era smorzato da quello acre del fumo del treno, che ancora si riversava nel cielo con le sue spire cineree in lontananza.
Doveva aver nevicato qualche giorno prima, la neve si era mischiata al fango ed era rimasta a tratti fra le fronde stanche.
Kieran aveva guidato la vaporetta per mezzora, senza fermarsi, poi avevano proseguito a piedi, inoltrandosi nel bosco che si richiudeva sopra di loro, fitto e inospitale.
Si erano fermati soltanto per crollare a terra senza fiato né forze, zuppi di sudore per la tensione, infreddoliti, le gambe che tremavano dallo sforzo. L’erba ghiacciata non era molto confortevole, ma erano entrambi feriti e avevano bisogno di riprendere le forze. La radura li avvolgeva silenziosa, mentre il loro respiro affannoso produceva nuvolette di condensa.
Kieran aveva la punta del naso arrossata e gli occhi cerchiati dalla stanchezza. – Non ci inseguiranno qui?
– No, non oseranno.
– E sei certo che la Crisalide ci lascerà in pace? Non ama molto noi del Ferro.
Silas deglutì appena e si asciugò il sudore con il fondo della maglietta. Tremava. Il vento invernale era implacabile sulla sua pelle sudata.
Incrociò le mani e si afferrò i polsi; pronunciò alcune parole per scaldare il proprio sangue, ma si arrestò quasi all’istante e imprecò. Continuava a compiere certi gesti in maniera automatica, come se la sua magia fosse ancora assieme a lui.
Kieran lo stava osservando e Silas tolse le dita dai polsi e le infilò sotto le ascelle, per scaldarle.
Subito dopo sciolse il bendaggio rudimentale e guardò la ferita con una smorfia. – La Crisalide è molto neutrale, tiene all’ospitalità, dunque non possiamo cacciare nei suoi boschi né danneggiare la natura. Se ci comportiamo bene non avrà nulla da ridire, potrebbe persino ricompensarci.
Kieran non sembrava entusiasta all’idea. – Come dovremmo mangiare?
– Mangeremo frutta e verdura. Se vuoi carne, puoi mangiare animali solo se già morti.
Kieran si tirò a sedere e si voltò a guardare Silas. – Non ho ben capito tutto quello che è accaduto sul treno. Mi hai salvato la vita però.
– Ho salvato la mia vita. Un tempo eri più sveglio.
Annuì e sospirò. La spalla di Kieran sembrava dargli fastidio, forse era uscita o si era lussata quando era caduto di schiena, non sapeva dirlo con certezza, ma aveva la maglia umida di sangue. O forse il proiettile lo aveva preso di striscio.
– Volevano… ucciderti?
Silas anche si era seduto, incurvato per limitare il dolore al fianco. – Sei un acuto osservatore.
– Sanno del vincolo?
Voleva mentire, ma sarebbe stato controproducente. – Probabilmente no, non ancora. Non hanno spie così in alto. Ma lo scopriranno presto.
Kieran era confuso. – Sei anche tu uno dei loro ufficiali. Perché ti hanno trattato in questo modo?
– Lo ero. Ho perso.
Sentiva il suo sguardo addosso. – Non per tua volontà. È sempre stato questo che ti aspettava in caso di fallimento?
Socchiuse gli occhi. – Non farlo.
– Cosa?
– Non cercarmi delle scuse. Mi fa imbestialire.
Kieran poggiò le braccia sulle ginocchia. – Sto solo cercando di capire. Posso farti delle domande, visto che i tuoi compagni ti vogliono morto o è vietato? – domandò sulla difensiva.
Silas rovesciò la testa. – Puoi farle, ma non cambia il fatto che farò tutto ciò che è in mio potere per non tornare in cella, Reed.
– Puoi provarci. Perché vogliono farti fuori? Che tu abbia perso o no, sei una risorsa, non ha alcun senso sbarazzarsi di te.
L’altro osservava le stelle nel tentativo di razionalizzare. Non poteva dire a Kieran che già una volta aveva tradito la Legione e che gli era stata data una seconda possibilità. Poteva optare però per una mezza verità.
– Sono una risorsa con la mia magia. Così? Valgo più da morto. Inoltre, il Consiglio mi ha interrogato e ha usato ogni mezzo per strapparmi informazioni. O fai finta di non sapere?
– La magia non lascia scelta.
Silas sbuffò in modo rumoroso. – Kieran, è così che funziona nella Legione. Ho fatto di testa mia. Farsi prendere vivi è già un tradimento. Non sei l’unico che sta collaborando col nemico se non te ne sei accorto.
Calò il silenzio per qualche secondo.
– Era da anni che non ti sentivo chiamarmi per nome.
Sbatté le palpebre in un’espressione instupidita. Quando alzò il viso Kieran aveva un mezzo sorriso quasi divertito.
– Sei esasperante, davvero.
– Lo so, lo so – rispose e il suo sguardo era provato dallo sfinimento. Si osservò le mani. – Ascolta: ora noi abbiamo lo stesso obbiettivo: raggiungere l’esperto di sigilli, vivi e senza farci notare dal Consiglio o dalla Legione. Per quanto il Consiglio scoprirà presto che ero sul treno che è stato attaccato dalla Legione…
– Ti daranno la caccia?
Scrollò la testa. – Non lo so. Cercheranno di mantenere il silenzio e manderanno forse qualcuno sulle mie tracce. Certo è che se quell’uomo, Frederick, dovesse parlare in giro di ciò che ha visto, la situazione peggiorerebbe.
Silas lasciò uscire un verso di disappunto. – Io te lo avevo detto.
– La questione – lo interruppe Kieran con freddezza, – è che in questo momento siamo nella stessa barca. Tu non puoi scappare finché hai questo vincolo, io non posso tornare a casa.
 Gli porse la mano, stavolta con più convinzione. – Stringiamo una tregua finché non sarà il momento di tornare indietro. Io non mi fido di te e questo non cambierà, ma non ci serve la fiducia se a guidarci è lo stesso traguardo.
Silas guardò la mano e poi l’espressione seria di Kieran. Quel discorso era stato così retorico, doveva davvero aver passato del tempo fra l’alta società di Railia.
– Non ho nulla in contrario a questo piano, ma ciò non significa che mi limiterò a eseguire i tuoi ordini. Devo però aggiungere una clausola: se vuoi che io collabori, le cose non si faranno solo a modo tuo.
L’espressione di Kieran divenne incerta e la mano si ritirò un pochino. – No.
– Non hai neanche sentito cosa stavo per dire!
Gli occhi chiari del Campione divennero più freddi. – Il modo in cui hai agito sul treno è inaccettabile. Se vuoi che questa tregua funzioni mi devi promettere che non farai più qualcosa di simile senza consultarmi. Hai ucciso un uomo a sangue freddo come un animale. Non m’importa di come vivi adesso, non puoi agire così.
Il tono paternalistico gli diede presto ai nervi. – Consultarti? Non sei il mio comandante, Kieran. Questa non è la tua caserma e io non sono “uno dei tuoi”. Non ti devo rendere conto di ciò che faccio. Mi hai tenuto legato in stanza e poi ti aspetti che io ti consulti?
Una vena gli si gonfiò in fronte, ma attese qualche secondo e sembrò reprimere l’insulto velenoso che aveva sulla punta della lingua.
– Stavi dicendo che vuoi che qualcosa si faccia anche a modo tuo: spiegati – deviò discorso, secco.
– La città più vicina è Moslon, ci sono stato diverse volte. Lì i treni non passano per i giorni del Solstizio, dovremmo cercare altri mezzi o aggirare le leggi. A chi pensi di rivolgerti?
Moslon era una città piuttosto grande, al confine con la regione della Lunvenia. Non era industriale e tecnologica come Railia, ma era una metropoli piuttosto vivace. Perfetta per confondersi fra gli stretti vicoli dei bassifondi.
Rifletté. – Ho qualche contatto fra le guardie…
– No. Le possibilità sono due: rivolgerci alla criminalità o rivolgerci al governatore Dalton.
Kieran lasciò uscire una smorfia. – Che razza di scelta è? Non collaborerò con dei criminali. E l’aristocrazia è troppo pericolosa, ci esporremmo.
Silas tossì appena e si tastò il fianco. La testa gli stava esplodendo e i suoi occhi emanavano fitte lancinanti.
– Perché devi sempre essere così difficile? Arriviamo, facciamo qualche moina e otteniamo un passaggio in aeronave. Sei il Campione, per Titania! Sfrutta questa cosa.
– Tu dai per scontato che la nobiltà provi simpatia nei miei confronti, ma non è affatto così, mi disprezza. Sono i soldati e l’esercito a stimarmi.
Silas si passò una mano sulla fronte. – Non conta la simpatia, conta il potere e l’interesse, tu per loro hai entrambe le cose. Se anche volessero deriderti, cosa importa? La notorietà ha sempre un valore, nel bene o nel male. La figlia del governatore era una ragazza in gamba, potresti scavalcare suo padre e parlare con lei.
Kieran indossò un broncio molto poco militaresco. – D’accordo, ci penserò. Ma se le cose si faranno a modo tuo, si faranno anche a modo mio. Non ucciderai più nessuno a meno che non sia per difesa.
– Era per difesa.
– Smettila, offendi la tua e la mia intelligenza con queste risposte da bambino.
Silas sorrise, stanco. – Non posso promettertelo, ma d’accordo. Cercherò di contenermi e… – sospirò, – di consultarti. Contento?
I brividi interruppero le ultime sillabe. Il vento fra gli alberi emetteva un suono lugubre; sperava davvero che le nuvole sopra la loro testa sarebbero rimaste innocue. Non sapeva come superare la notte vestito a quel modo, si sarebbe ammalato di sicuro.
– Accendiamo un fuoco, non credo che alla Crisalide darà fastidio se prendo rami e pigne già in terra. La sua presenza è… spaventosa come sempre – mormorò Kieran e guardò fra le fratte scure del bosco.
Silas non riusciva a percepire la magia della Crisalide, non con i marchi. Ma sapeva che per un guerriero di Ferro essere così vicini a una tale fonte di magia fatata era snervante. Kieran appariva piuttosto irrequieto.
Si voltò di nuovo verso di lui e lo studiò. – Ho ancora il mio cappotto e…
– Se ti azzardi a offrirmelo, Reed, te lo riduco a brandelli.
S’imbronciò di nuovo. – E sarei io quello difficile? Sei ferito, stai morendo di freddo e nei prossimi giorni sarai un peso se ti ammali. Io ho più massa, dunque soffro meno il freddo di te – spiegò con un pizzico di saccenteria.
– Parliamo del piano – tagliò corto, cambiando argomento.
Kieran sbadigliò sonoramente poi si alzò per prendere qualche ramo. – Ho capito, criminali o l’alta società. Conosci qualche criminale? Perché io no. A parte te intendo.
Silas lo guardò cercare ciocchi poco umidi caduti per terra. Iniziò a scavare una buca dove accendere un fuoco da campo senza creare danni.
– Conosco dei contrabbandieri e dei trafficanti a cui rivolgerci.
– Contrabbandieri – ripeté Kieran, per nulla convinto. – Frequenti sempre ottime compagnie.
Portò i rami nella buca e inserì diverse foglie secche e pigne raccolte in giro.
– Sono feccia, ma hanno molte risorse.
– Vorranno dei soldi.
Anche Silas sbadigliò e la testa gli lanciò un’altra scarica di dolore. – Non necessariamente.
Preferì non approfondire e Kieran sembrava troppo stanco per mettersi a porre domande.
Impiegò diversi minuti per accendere il fuoco, c’era troppa umidità. Dopo diversi fallimenti, i fiammiferi lo aiutarono. Accese il fuoco e il buio della radura si illuminò con un crepitio.
Il calore delle fiamme gli diede subito un brivido di piacere e le loro ombre vennero proiettate sui grossi tronchi del bosco. Qualche creaturina scappò fra i cespugli e le fratte, colta in flagrante dalla luce.
Kieran si sfilò piano la maglia e guardò lo squarcio che aveva sulla spalla. Trafficò nella tasca del lungo cappotto che aveva poggiato di lato ed estrasse ago e filo.
– Se vuoi posso guardare la tua ferita.
– Sei anche un guaritore adesso? Non finisci mai di stupirmi.
Ritirò la mano. – Hai un brutto taglio, anche in fronte.
– Lo farò da solo, ma grazie infinite per le tue premure. Scaldano il mio corpo anche più di questo fuoco, signor Reed. Perché non mi stringete fra le vostre forti braccia? – rispose teatrale.
Kieran lo ignorò e iniziò a studiare la ferita sulla propria spalla. Faticava ad arrivarci ed era sul braccio destro. Alzò gli occhi verso Silas, come sperando in una sua offerta d’aiuto, ma questo si limitò a rivolgergli uno sguardo annoiato.
Non forzare la mano, spezza-ali.
Lo guardò ricucirsi la spalla tirando il filo con i denti. Quando ebbe finito rinfilò piano la maglia e il cappotto, poi gli lanciò ago e filo. Silas li afferrò e li guardò con poca convinzione. Non era il suo forte ricucire una ferita, si era sempre curato con la magia.
– Hai ancora il gessetto?
Si toccò una tasca. – Certo.
– Però non hai i documenti e i soldi.
– Li ho messi nella cassaforte, mentre dal gessetto non mi separo mai. Tutto quello che era ancora nel cappotto ce l’ho con me, ma non è molto.
Silas valutò se convincerlo a usarlo per guarire le sue ferite, ma era troppo pericoloso. Guarire con la magia era molto difficile e stancante, sbagliare poteva dire peggiorare di molto le condizioni della persona. Non sarebbe stato come in prigione, Kieran non era un mago, le sue capacità erano quasi nulle, non poteva usare il gessetto per azioni troppo complesse.
– Vuoi che lo usi?
– No. E non lo userei qui, alla Crisalide non piacerebbe.
Silas si guardò la ferita al fianco, lo straziava ogni volta che provava a muoversi. Era abituato a ferirsi, ma era difficile che restasse a lungo senza guarirsi. Provò ad affondare l’ago, ma la mano di Kieran lo fermò.
– Fermo, hai ancora dei frammenti di metallo dentro, non puoi ricucirla così.
Li sentiva, ma non aveva idea di come estrarli.
Kieran sfilò dalla cinta un coltellino e lo poggiò sul fuoco. – Puoi lasciarmi fare? Non potrai camminare domani con quella ferita e ci rallenterai.
Alzò gli occhi al cielo. – Il tuo charme mi lascia sempre senza parole, Reed. Fa’ quello che devi fare, visto che ci tieni tanto.
Si tolse la blusa con movimenti goffi e alzò un braccio per scoprire la ferita. Kieran prese il coltellino.
– Non sono un medico, ne troveremo uno appena saremo a Moslon.
Avvicinò la lama alla ferita. Silas guardò affascinato. – E come lo pagheremo? Con il mio sangue? Di questo passo non me ne rimarrà molto – e provò a ridere, ma la risata s’interruppe bruscamente per il dolore.
Kieran iniziò a togliere i frammenti di metallo aiutandosi con la lama. Silas strinse la mano a pugno sull’erba e si addentò l’interno della gengiva.
– Ho finito, erano solo un paio – mormorò, mentre sbirciava l’espressione dell’altro. – Ora la ricucio.
Scaldò l’ago sul fuoco e lo infilò nella carne. Silas lasciò andare il respiro e ansimò. Aveva il corpo coperto da sudore freddo. – Bastava dirlo che volevi una scusa per toccarmi.
Kieran bloccò l’ago. – Bene, continua a blaterare queste idiozie, se ti distrae.
– Sei sorprendentemente delicato. Forse le tue amanti non erano così insoddisfatte.
Lo vide arrossire appena. – Perché devi rendere ogni situazione strana? E smettila di parlare della mia vita sessuale.
– Sono quei rari momenti in cui non sembri un automa e ti comporti da umano.
Sollevò il viso a guardarlo, stupito. – Non mi comporto da automa. Non fraintendere la persona che sono, con la persona che devo essere quando sto insieme a te. Sei un nemico e non posso abbassare la guardia – rispose brusco.
Aspettò qualche secondo prima di continuare a cucire, come se volesse accertarsi di essere concentrato.
Non ha torto. Non so com’è ormai quando si rilassa, quando è in buona compagnia o si diverte. Con me è sempre sulla difensiva.
– E come saresti, di grazia?
Lo aveva colto alla sprovvista. – Tu parli troppo.
Sorrise. – Hai chiesto una tregua. Avanti, che genere di persona sei adesso?
– Il genere di persona che non scambia quattro chiacchiere con un criminale.
Silas roteò gli occhi. – Raccontami una tua serata tipica quando non sei in servizio.
Kieran tagliò l’ago dopo aver finito con la ferita al fianco e osservò quella sulla fronte. – Scostati i capelli.
Li tirò indietro. – Allora?
Infilò l’ago nella pelle e Silas strinse gli occhi, mentre una goccia di sangue gli scivolava lungo la tempia.
– Se sono in città vado al pub con Dalia e Thomas e altri del mio reggimento. Oppure vado a vedere qualche incontro di pugilato o alle esposizioni degli automi. Se sono in viaggio leggo una rivista e mi bevo un bicchierino nei miei alloggi. Non muoverti.
Spostò gli occhi sull’ago, senza riuscire a vedere. – Non vai mai a qualche festa?
– Di rado.
– A giocare d’azzardo?
Inclinò la testa. – Qualche volta, con Thomas.
– E pensare che ti disprezzava in Accademia ed era amico di Siegan.
Si inumidì le labbra. – Tutti possono cambiare. Eravamo ragazzini – replicò, indulgente.
Eravamo ragazzini. Ma questa giustificazione a me non l’hai mai concessa.
– Ti è sempre piaciuto il pugilato, avevi persino quella rivista autografata da quel tipo…
Si voltò a guardarlo, indignato. – “Quel tipo” è Karl Boyega, ed è il campione in carica – borbottò. – È il pugile più forte di tutta la Gardenia! E io sono uno dei pochi che lo ha seguito fin dagli esordi.
Silas trattenne una risata. In certi aspetti era davvero rimasto uguale. – Conduci la vita che volevi, sarai soddisfatto.
Aggrottò le sopracciglia. – Lo sono. Mi piace la mia vita – mormorò difensivo.
Silas non lo schernì come al solito, il dolore lo stava mettendo a dura prova. Si zittì e iniziò a concentrarsi sul non perdere i sensi. Non era tanto il fianco, ma la testa. Continuava ad avere punti ciechi nella vista e gli sembrava che fossero aumentati. Ma forse era solo suggestione.
– Eri molto legato a quell’uomo? – domandò Kieran all’improvviso.
– Chi?
– Il Gufo.
Osservò l’ago, chiedendosi quanto mancasse. – Perché, sei geloso di me?
– Se hai ancora la forza per dire queste stronzate significa che stai bene. Ma non hai risposto.
Non voleva parlarne. Non che avesse importanza. – Mi sembra chiaro che no, non siamo legati. Non come credevo almeno. Immagino che a tutti capiti di sbagliare – commentò scanzonato. – Sembra che io e Drake non potremo più andare al pub insieme a bere – e lo guardò in modo eloquente.
Kieran spezzò il filo con il coltellino e concluse la cucitura. Si fermò, come se volesse dire qualcosa, ma rimase in silenzio.
– Non è il massimo, ma dovrebbe reggere fino a Moslon.
Si alzò, tornò al di là del fuoco e ripose le sue cose. Silas rinfilò la maglia e si sdraiò, esausto.
– Andrà bene. Smettila di preoccuparti come una ragazzina.
– Mi preoccupo per me. Non vorrei svegliarmi freddo a causa di un tuo dissanguamento notturno.
Aveva un grazie sulle labbra che non osò proferire, non dopo quella risposta brusca. C’era un limite al mostrarsi debole, lui lo aveva superato da un pezzo.
– Come farai a tornare dalla Legione in questo modo? Non era questo il tuo brillante piano?
Silas inasprì il viso. – Magari non lo farò. Magari mi darò anch’io al contrabbando. O magari tornerò, ucciderò Cavana e prenderò il suo posto.
– Quanta lealtà.
– La stessa che mostri tu, o mi sbaglio?
Non replicò, ma percepì di averlo punto sul vivo.
– Nella Legione non siamo mossi dalla lealtà, ma da una meta comune. Lo hai detto tu stesso, no? Non serve la fiducia quando si è mossi dallo stesso obbiettivo. Ognuno di noi è lì per scelta e ha rinunciato a tutto per quell’obbiettivo. Cos’è la lealtà a confronto.
Forse la frase gli uscì più crudele di quanto avesse voluto, o forse lo disse di proposito.
– I tuoi occhi sembravano dire altro però, quando il Gufo ha sputato sulla tua lealtà.
Strinse la mascella. – Non parlare di cose che non sai, Campione. Non sforzare quel tuo cervellino, continua a pensare ai tuoi incontri di pugilato e alla tua infantile invidia per i nobili che ti porta a leccare il pavimento dove camminano. Deve essere dura, sentirsi sempre inferiore e cercare l’approvazione di gente che ti disprezza.
– Fottiti, Vauk.
– Volentieri. Ora posso dormire o hai altre domande stupide da rivolgermi? Fai la guardia già che ci sei.
Gli diede le spalle e si coricò su un fianco. Era pieno di rabbia in quel momento. Verso Kieran, verso il Gufo e verso sé stesso.
Che cosa diavolo si sarebbe inventato adesso? Perché non ne andava mai bene una?
Era così maledettamente stanco.
– Chi è l’Araldo?
Silas riaprì gli occhi. – Meglio che tu non lo sappia.
– Perché mi volevano vivo?
Lasciò andare un sospiro irritato. – Cosa ne dovrei sapere io? Forse Cavana vuole pareggiare i conti.
Non sentì risposta. Resistette all’impulso di girarsi, ma alla fine cedette e si sporse per sbirciarlo.
Kieran guardava il fuoco con aria preoccupata e amareggiata.
– Volevano usare il tuo corpo.
– E quindi?
Sollevò gli occhi su di lui. – Sapevo che usavate parti fatate, ma credevo che non usaste le vostre. Pensavo che fosse una questione di principio per voi.
Silas voleva insultarlo e mettersi a dormire, ma Kieran sembrava interessato. Non aveva mai mostrato la benché minima curiosità sulle motivazioni che avevano spinto Silas a tradire tutti, gli aveva sempre urlato addosso il suo odio senza mai davvero chiedergli perché. Silas d’altronde non si era mai fermato a spiegargli le proprie ragioni, perché non avrebbe avuto senso. Kieran aveva tutti gli strumenti per arrivarci da solo.
Rifletté su che cosa dire. Voleva suonare il più neutrale possibile, non voleva apparire come se stesse tentando di portare Kieran dalla sua parte. Non gli importava di convincere nessuno, lui andava per la sua strada e basta. Sapeva che a prescindere non avrebbe mai potuto fargli capire le proprie ragioni, ma non voleva apparire come se ci stesse provando.
 Fra loro c’era stato troppo cattivo sangue, le sue cicatrici ne erano una prova. Quello che aveva subito in cella era in parte responsabilità della persona che aveva davanti. Lo aveva consegnato ai suoi carnefici senza guardarsi indietro.
E d’altro canto lui… lui gli aveva strappato una persona cara. Ed erano ferite che nulla poteva ricucire.
– La Legione vuole l’abbattimento del Consiglio e delle Gilde. Vuole che vengano smantellate, che i Consiglieri siano processati per i loro crimini disumani e condannati a morte. Che le famiglie aristocratiche vengano spogliate dei loro privilegi e delle loro rivendicazioni sui Discendenti. Che le leggi di tutela sui Discendenti non siano delle cazzate per perpetrare il loro sfruttamento, ma delle autentiche leggi protettive.
Kieran poggiò un braccio sul ginocchio. – So tutto questo. Ho letto il vostro manifesto. Ho intercettato anche la vostra rivista clandestina.
– Sì, ricordo. Hai arrestato il caporedattore.
– Il mio comandante lo ha arrestato. Io ero lì ai suoi ordini.
Silas scrollò la testa. – Ad ogni modo sai benissimo che quella che vogliamo è una rivoluzione. Come potremmo combattere ad armi pari se non usassimo i nostri corpi? Se li sfrutta il Consiglio e le Gilde va bene, ma se lo facciamo noi per noi stessi allora no?
Kieran aveva un’espressione intellegibile. – Non sembrava che volessero sfruttare il tuo corpo per il tuo interesse.
S’innervosì. – Invece è così. Perché la causa che portano avanti è giusta. Al momento ci sono delle complicazioni nelle alte sfere, ma gli errori delle persone non rendono una causa meno giusta.
– Cos’è per te un errore, Silas? Uccidere Fergus era un errore? – domandò con veemenza.
Socchiuse gli occhi, esausto. – Ti stavo soltanto rispondendo.
Kieran scosse la testa. – Quello che mi fa incazzare è che vuoi farmi passare per il mostro, il cane ubbidiente di un governo malato. Ma le cose non si cambiano così come fate voi. Cavana ha stretto accordi con fate impazzite, le ha scagliate contro villaggi rurali che non c’entravano niente con gli affari politici o lo sfruttamento dei Discendenti. Diffonde il terrore sui più vulnerabili perché sa di poterli colpire, devasta i campi per danneggiare il Consiglio, ma i veri danni li subiscono sempre gli altri. Far esplodere fabbriche con operai dentro, bruciare i campi che riforniscono le città. E tu l’hai aiutata a perpetrare tutto questo senza mai guardarti indietro. Com’è che lo chiami? Errori? O fanno parte della tua “giusta causa”?
Silas lo ascoltò sfogarsi, incassò le accuse, ma rimase in silenzio. Era troppo a pezzi per controbattere e forse non ne sarebbe neanche stato in grado. Non c’era una risposta giusta. Aveva abbastanza consapevolezza da sapere che gli orrori elencati da Kieran erano azioni disumane e ingiustificabili.
Ma se non avesse lottato con tutti i suoi mezzi per quelli come lui… beh, non lo avrebbe fatto nessun altro. Non sempre era stato d’accordo con Cavana, si era opposto ad alcune operazioni, ne aveva incoraggiate altre, i dubbi lo avevano divorato a ogni passo. Erano stati anni durissimi se confrontati con la vita che aveva prima; ma quando si trovava faccia a faccia con il marcio di quella società provava vergogna per aver pensato anche soltanto un attimo di abbandonare la causa.
Non sapeva difendersi da quelle accuse e non gli importava farlo. Era troppo stanco.
– Tutto questo… non ha importanza. Non di fronte a quello che c’è in gioco.
Kieran scosse la testa, come se non ne volesse più sapere. – Farò io la guardia per primo. Riposati – tagliò corto in modo brusco.
Non impiegò molto tempo ad addormentarsi, era prosciugato. Si assopì avvolto da una malinconia che non riusciva a scacciare. Molte volte prima di dormire si era guardato dentro con terrore, domandandosi: ne vale la pena? I dubbi erano strabordati in quel giorno di tre anni prima, quando era tornato sui suoi passi. Ma aveva capito quella volta che non c’era una terza opzione. Non c’era un modo per lottare che prescindesse la violenza. Non era importante che ne valesse o no la pena. Qualcuno doveva farlo, qualcuno doveva crederci. E gli andava bene essere quel qualcuno.
 
*
 
Per attraversare il bosco di Tarvenia ci volevano almeno tre giorni di cammino visto che non potevano spostarsi con il buio se non volevano finire in qualche fosso; Silas però era ancora ferito e sebbene si sforzasse di non darlo a vedere, erano costretti a fare continue pause.
Il bosco era selvatico e inagibile, nessun sentiero lo attraversava, fronde, radici, percorsi interrotti, un saliscendi di viottoli intricati coperti di neve dove scivolare e rovinare giù rischiava di essere semplice.
Kieran si stancava più che altro a rimanere sempre concentrato su dove metteva i piedi e a trasportare le sue armi, mentre la presenza della Crisalide lo poneva in un continuo stato di allerta. Era come un artiglio premuto contro una vertebra, aveva i nervi a pezzi.
Silas era sfinito in modo preoccupante. Kieran aveva tutto fuorché preoccupazione da riservare al suo ex compagno, ma le sue condizioni fisiche iniziavano a dargli qualche pensiero. Il problema di malnutrizione, l’avvelenamento da ferro e la ferita che si era procurato nella fuga dal treno sembravano averlo portato oltre il limite. Non si reggeva in piedi, scivolava di continuo, rabbrividiva spesso e rimaneva indietro. Anche le sue battute taglienti e i suoi commenti odiosi erano spariti, ogni forza era concentrata sul non svenire.
Sapevo che sarebbe stato un peso. Se solo avesse accettato il cappotto.
Kieran all’inizio aveva deciso di farsi gli affari propri; Silas non era debole, anzi, era una delle persone più forti che conoscesse. Ma quando aveva rischiato di cadere giù per un burrone e rompersi l’osso del collo, Kieran lo aveva afferrato di colpo per il polso. Aveva registrato due informazioni importanti: il polso era coperto di sudore freddo e la sua pelle scottava.
Silas non aveva voluto ammettere di avere la febbre, gli aveva rivolto un insulto a mezza bocca e aveva continuato a camminare. La notte accendevano un piccolo fuoco e Kieran lo sentiva rabbrividire.
Il secondo giorno era crollato svenuto mentre si districavano nel trovare un percorso, neanche aveva provato a chiedere una pausa.
Kieran rimase a guardare sul momento, preso alla sprovvista, poi si chinò a controllarlo con una certa concitazione. Sentiva a sua volta un po’ di malessere e temeva che avesse a che fare con il vincolo che li univa.
Nell’esaminarlo gli aprì un occhio e si accorse che il sangue nella cornea sembrava aumentato. Aveva pensato a una rottura dei capillari ma iniziò a preoccuparsi.
– Levati – gracchiò la voce di Silas.
Kieran tolse le mani e lo osservò con attenzione. – Facciamo una pausa, mangiamo qualcosa.
– Taci, posso andare avanti.
– No, non puoi.
Raccolse il fiato per insultarlo ma rischiò soltanto di perdere l’equilibrio. Il fiato era concitato e la pelle verdastra. Si scostò con uno strattone e annuì in segno di resa.
Kieran non lo perse di vista mentre trovavano un piccolo spazio dove fermarsi, ma non diede altri segni di imminente perdita dei sensi.
La piccola radura dove decisero di fermarsi si apriva dolcemente su un piccolo stagno ghiacciato, dove un grosso salice coperto di neve si piegava a sfiorare il pelo dell’acqua. La vegetazione era stretta intorno in modo quasi soffocante, sul terreno comparivano le impronte di alcuni animali, forse cervi.
– Fiabesco – mormorò Silas senza fiato in un debole tentativo di apparire in sé.
Andò a sedersi contro il tronco del salice, le mani in grembo, il petto che si abbassava e alzava faticosamente.
Kieran rifletté sul da farsi e la sua mente si impostò subito sulla modalità soldato; dovevano mangiare qualcosa di più sostanzioso, ma era vietato loro cacciare. Doveva avere la fortuna di trovare un animale morto o morente e sperare che andasse bene.
– Ho bisogno di pochi minuti, nient’altro.
– Hai bisogno di un medico.
Silas era rigido come un tronco e i suoi occhi non avevano mai cessato di emanare minacce silenziose. – Non morirò, quindi smettila di avere questo comportamento apprensivo da puledra innamorata. Non stai rischiando la vita, conosco il mio corpo.
– Tipico di te pensare che io mi comporti così perché temo per la mia vita. Immagino che un egoista possa immaginare solo egoisti intorno a sé.
– Meglio egoista che idiota, perché è questo che saresti se ti stessi preoccupando per me. Io ti lascerei a marcire in un fosso.
– Io ti trascinerei in tribunale e in prigione. Oh, aspetta: l’ho già fatto.
Silas si alzò con un ringhio. – Ho davvero voglia di spaccarti la faccia.
– Fidati è reciproco. Che cos’hai? È la ferita al fianco?
Si risedette con un tonfo. – No.
– Allora cosa?
Si passò una mano fra i capelli neri e sporchi. – La testa, mi fa sempre male. E non ci vedo bene… – mormorò.
Kieran iniziò ad allarmarsi. – Perché non lo hai detto subito? Razza di idiota.
– Non urlare, non hai sentito che mi scoppia la testa? Non è che puoi farci qualcosa in ogni caso.
– Ti avevo detto che dovevo tenerla io la porta.
Lo guardò senza parole. – Mi ritengo una persona calma, ma il desiderio che ho al momento di romperti il culo non so neanche esprimerlo.
Kieran guardò verso il bosco. – Resta qui e riposati. Vado a cercare qualcosa da mangiare.
Silas si portò le braccia dietro la testa e si sistemò contro il tronco. – Chi si muove.
Si allontanò nel tentativo di trovare frutti che potessero saziare Silas. Sarebbe stato più semplice se avesse accettato di mangiare carne, magari poteva convincerlo.
 
*
 
– Non ho trovato molto.
Silas aprì gli occhi dolorosamente quando sentì la voce di Kieran. Era scivolato nel sonno. La testa lo stava uccidendo, gli bruciavano la gola e le orecchie, ed era nauseato. Faticava ad alzare la testa, voleva solo dormire.
– Silas?
Sussultò a sentire il proprio nome in bocca a Kieran. Sollevò gli occhi appannati e lo mise a fuoco. – Cos’hai trovato?
Poggiò a terra la sciarpa rossa che portava sempre al collo. Sopra erano accumulate alcune castagne, bacche di rosa canina e corbezzoli. Erano una manciata, a sufficienza per una persona. Nell’altra mano aveva un piccolo uccello stecchito, e a giudicare dallo stato di putrefazione, non sembrava granché commestibile.
– Con l’arrivo della prima neve non si trovano molti frutti temo. Però posso ripulire questo storno, togliere le parti andate.
Silas guardò le bacche. – Io non mangio carne, prendilo tu.
Kieran era chinato sui calcagni. – Queste bacche non ti basteranno mai. Saresti più in forze.
Abbassò lo sguardo. – Kieran per favore, non insistere – disse, stremato.
– In prigione cos’hai mangiato?
– Manicaretti divini cucinati dai migliori cuochi della regione.
Non gli disse che quando le guardie avevano capito che respingeva i pasti con la carne lo avevano forzato a mangiarla. Non era tanto il sapore della carne, che aveva quasi scordato, ma il modo in cui avevano cercato di cancellare la sua dignità; di deumanizzarlo con ogni mezzo.
– Allora tieni tutte le bacche. Metto sul fuoco le castagne. Magari dopo ne cerco altre. Non ho trovato molto, non sono un grande esperto di boschi.
Gli dispose i frutti vicino e cessò d’insistere come gli aveva chiesto. Forse era la stanchezza, la febbre o il dolore, ma quando prese la prima bacca in mano sentì un fiotto di riconoscenza invaderlo.
Patetico. Non lo fa perché è preoccupato per te. Lo fa per il vincolo. Ha distrutto la tua vita e ti ha trascinato in prigione, ricordi? Ti ha mutilato della tua magia.
Sì, ricordava tutto quello, ma in quel momento era troppo esausto e stordito per pensarci.
– Grazie – mormorò, senza guardarlo.
Addentò la bacca e Kieran lo guardò stupito, come se non credesse alle proprie orecchie. Quegli occhi grigi sembravano spesso apatici, ma quando si spalancavano a quel modo erano molto più leggibili di quanto non dessero a vedere.
– Di nulla.
Silas mangiò le bacche e accettò le castagne calde, poi la nausea ebbe il sopravvento. Al di là di quanto si sentisse a pezzi, odiava quella situazione. Odiava vedere Kieran accudirlo come una cazzo di badante. Era… insostenibile per lui. Chiunque avesse lanciato quel vincolo doveva essere un vero figlio di puttana.
Kieran non smetterà mai di odiarmi. E di conseguenza non posso fare altro che odiarlo anch’io. Non che mi risulti difficile.
Non chiedeva di stare bene, ma soltanto di non dover soffrire. Voleva non sentire nulla.
La febbre iniziava davvero a renderlo delirante. Voleva dormire, ma era ancora pieno giorno, non poteva fermare la marcia in questo modo.
– Io…
– Riposati. Non ha senso correre con te in queste condizioni.
Serrò gli occhi. – No, dammi cinque minuti e ci sono.
Kieran sospirò. – Sono stanco io, d’accordo? Voglio mangiarmi questo dannato affare, e magari cercare altre castagne.
Il fuoco illuminava la sagoma di Kieran, intenta a cuocere le poche parti commestibili dello storno morto.
Quel giorno non aveva abbastanza spirito per combattere. E perché avrebbe dovuto importargli di approfittarsi di Kieran? L’orgoglio era qualcosa di così stupido e non necessario. Però contava sempre troppo nella sua vita, purtroppo.
– Domani non sarò un peso – commentò, serio.
Kieran lo osservò con sufficienza, il viso poggiato sulla mano. – Che ti prende adesso? Sei stato una piattola fin dall’inizio ed eri pure contento nello snervarmi. Lo hai detto tu stesso che il tuo compito non era “renderti utile”.
– Bene, siamo già al momento in cui usi le mie frasi contro di me. Mi piace quando il metterti i bastoni fra le ruote sia una mia scelta, e non una scelta obbligata.
Scoppiò a ridere. – Tipico di te, arrabbiarti perché mi stai rallentando non volontariamente. Mai visto qualcuno più capriccioso di te.
Voleva replicare in modo sagace, ma era troppo frastornato. Kieran d’altronde sembrava divertirsi ad avere quel potere su di lui al momento.
– Vai al diavolo.
Il bastardo gli sorrise, conscio di aver vinto quel piccolo scontro. – Sto già qui con lui purtroppo.
 
 *
 
Quella notte Kieran sognò il Gufo. All’inizio vedeva piume nere e occhi luminosi come fiaccole. Poi prese forma nell’uomo che conosceva. Il suo sguardo era indecifrabile. L’occhio spalancato dalla cicatrice non lo spaventava, non lo aveva mai spaventato.
Pronunciò alcune parole, e la propria voce gli suonò bislacca, distorta.
Il Gufo spalancò le ali scure e aprì la bocca per replicare. Kieran non sentì la risposta però, perché le labbra di Drake emisero un bubolato intenso e sonoro.
Si svegliò di soprassalto e avvertì il nevischio poggiarsi sul viso. Il sogno si dissipò come fumo e gli rimase addosso soltanto una lieve nostalgia che non riconosceva. Cosa stavo sognando?
Aprì gli occhi stanchi e il buio gli pesò addosso come un macigno. Il fuoco si era spento e il braciere illuminava solo fiocamente i dintorni. Alzò il viso e sollevò una mano a raccogliere la neve che stava scendendo lenta. La radura si era imbiancata e dai ciocchi carbonizzati si levava un debole vapore.
Rabbrividì e si strofinò le braccia.
Di questo passo sarebbero morti di freddo in pochi giorni. Dovevano trovare un rifugio, una caverna, una rientranza nella pietra.
Si alzò e in quel momento si accorse che Silas ansimava pesantemente. Si avvicinò; tremava in maniera incontrollata, gli occhi chiusi e il colorito più pallido che mai. La ferita alla testa era peggiorata.
– Silas?
Gli toccò una guancia con un colpetto: scottava. – Silas, svegliati.
Cercò di scuoterlo, ma ottenne solo qualche biascichio esausto. Gli sollevò un occhio e notò con orrore che era rosso in modo preoccupante.
– Merda.
Silas era messo troppo male. Doveva agire subito, prima che si avvicinasse a… non voleva pensarci. Se era in pericolo di vita presto anche lui avrebbe iniziato ad accusare lo stesso male, a quel punto avrebbe potuto fare ben poco. Ricordò con un brivido la sensazione che aveva provato al processo, quando Silas aveva tentato di pugnalarsi la gola. Quel dolore lacerante e improvviso, non era riuscito neanche a capire che cosa stesse accadendo prima di perdere i sensi.
 Aveva poco tempo, non sapeva se la nausea che avvertiva fosse colpa del vincolo o di quel maledetto storno avariato.
Si tolse il cappotto e lo avvolse intorno a Silas, i suoi abiti erano zuppi per il sudore. Starnutì una volta rimasto solo con la blusa. Cercò di ravvivare il fuoco, ma i ciocchi si erano inumiditi.
Iniziò a sentire il panico montare. Non poteva allontanarsi per cercare una grotta e non aveva idea di come muoversi. Trascinare Silas era fuori questione, sarebbe riuscito a portarlo per brevi distanze, ma era troppo pesante perché fosse in grado di proseguire con lui in spalla e senza cappotto.
Devo provarci comunque.
Si chinò e cercò di caricarselo sulla schiena, ma la spalla gli lanciò una fitta lancinante. Lo poggiò di nuovo a terra e guardò la ferita. Era messa ancora male, avrebbe sentito un dolore infernale a prenderlo in braccio.
Rimase in ginocchio fra la neve, nel tentativo di trovare una soluzione in fretta. Guardava Silas nella speranza che si svegliasse e gli rivolgesse qualche insulto a mezza voce come al solito.
Stava per morire?
Non sapeva dirlo, non era un medico, ma di certo non stava bene. Silas era resistente, ma non a tal punto. Mancava almeno un altro giorno di cammino per uscire dal bosco, poi avrebbero dovuto attraversare la campagna per raggiungere Moslon. Era troppo tempo.
Estrasse il gessetto. Forse poteva usarlo per guarire Silas. E se avesse peggiorato le sue condizioni? Era un artefatto troppo potente perché potesse usarlo con leggerezza. In prigione aveva avuto un’ora di tempo e Silas che lo guidava.
La magia di una fata antica è potente, ma difficile da gestire.
Mentre lo pensava venne folgorato da un’idea.
Si passò una mano fra i capelli, zuppi di neve e si guardò attorno, spaventato.
Forse…
No, era troppo pericoloso. Però se avesse eseguito il rituale in modo corretto forse il prezzo sarebbe stato contenuto, non avevano infranto le regole.
– Silas? – tentò un’ultima volta.
Le palpebre si schiusero appena. – Euphe?
Mmh?
– Chiederò udienza alla Crisalide. A meno che tu non abbia un piano migliore da suggerirmi per non morire.
– Non lo so – mugugnò senza voce. – Dille che non mi va oggi, Euphe.
Lo sentì delirare, senza capire a chi si riferisse. Euphe? Euphemia?
Era il nome di sua sorella? Non riusciva a ricordare.
– Lo prenderò come un sì.
Si sfilò spada, pistola e utensili di ferro. Prese anche il gessetto e iniziò a scavare una buca. Sotterrò tutto e ci lasciò sopra alcune pietre disposte con un certo ordine.
Non avrebbe potuto trovare tre covoni di mais in quella situazione, se non allontanandosi oltre il bosco, dunque iniziò a raccogliere aghi di pino secchi caduti sul terreno. Mise insieme tre mazzetti folti e li legò con il filo da cucito. Bruciò il primo, aspettò qualche secondo e proseguì con quello dopo. Mormorò la sua richiesta e guardò il fumo salire verso il cielo. Quando si consumò accese il terzo e attese.
Ora doveva solo aspettare e vedere se la Crisalide gli avrebbe concesso un’udienza.
In caso contrario iniziava a temere davvero che quel bosco sarebbe stato la loro tomba.
 
 


Eccoci qui, un capitolo un po’ statico, per riprendersi. Il punto di vista rimbalza di continuo fra Kieran e Silas con l'alternarsi dei paragrafi, spero non sia stato disorientante, pensavo che alternare avrebbe reso più dinamica questa parte, anche per mostrare i pensieri dei due durante questi giorni di cammino. Però se il cambio vi è sembrato spiazzante o troppo salterino non esitate a dirmelo, magari cambio qualche parte e cerco di uniformarla a un solo punto di vista.
Silas in questi capitoli sta sempre con un piede nella fossa, poveretto, ma presto le cose cambieranno e tornerà più padrone di sé stesso e del suo destino.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ahiryn