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Autore: LadyG    30/08/2009    2 recensioni
Tokyo. Per alcuni un sogno, per altri una pesante realtà. Una città enorme nella quale in un mese possono accadere tante, troppe cose, che possono cambiare il corso di una vita. Per Sakura Haruno Tokyo sarà una vacanza, ma anche l'inizio e la fine di un amicizia unica e di un tormentato amore. Per Hinata Hyuga, la scoperta del suo “io”, della forza e un assaggio di libertà. Per Naruto Uzumaki la nascita dell'amore per la tranquillità, la morte di una speranza e un esperienza indimenticabile. Per Sasuke Uchiha il crollo del muro delle apparenze, l'assaggio della dolcezza della vendetta e della sua inutilità. Quattro mentalità e quattro universi, tutti collegati fra di loro si scontreranno, si ameranno, si completeranno e si annienteranno. Condividendo gioie, dolori, paure e incomprensioni. A rimettere insieme i pezzi della loro storia sarà Kiba Inuzuka, anni dopo, alla ricerca di Ino Yamanka, la donna amata all'epoca e misteriosamente scomparsa a Tokyo. Leggete e commentate, paring all'interno. E la mia seconda fic, perciò siate clementi, comunque si accettano anche le critiche costruttive Xd Spero vi piaccia...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Sakura:


Non avevo mai neanche lontanamente immaginato a nulla di simile. Lo giuro. Non sapevo che quella mattina l'autobus non sarebbe passato, come avrei potuto d'altronde? Anche il mio imbattermi in quell'agenzia di viaggi fu del tutto casuale. Intendiamoci, l'avevo scorta parecchie volte, quando seduta vicino al finestrino ermeticamente chiuso del bus, con la testa inclinata, osservavo il paesaggio con la vaga sensazione di stare ancora sognando. Tuttavia, quella porta a vetri tappezzata di poster mi era sempre apparsa molto meno interessante delle coloratissime vetrine del negozio di Miss Sixty, situato accanto ad essa. Quando, quella mattina, iniziai a correre verso scuola, convinta di riuscire ad arrivare in orario, non avevo tenuto in considerazione un fastidioso particolare: la mestruazioni. Riuscii ad arrancare per un paio di metri, per poi accasciarmi preda dei crampi nel bassoventre esattamente davanti al' agenzia. Ma li per li non la notai. Quando riuscii ad alzarmi, ero ormai rassegnata all'idea di arrivare alla seconda ora, cosa che di fatto non mi dispiace neanche un po'. Sarei potuta andare al parco a prendermi un gelato, oppure infilarmi nel bar più vicino per ripassare davanti a un bel cornetto caldo. Proprio in quel momento, un uomo mi urtò, e il mio sguardo cadde un insignificante insegna al neon. Mentre l'uomo, di cui non ricordo il volto, si scusava, io fissavo rapita la soluzione a tutti i miei problemi. Tenterò di spiegarmi meglio. In quanto rappresentate di classe, io avevo l'oneroso compito di pensare alla gita di classe. Chiaramente, in quanto studentessa del secondo anno del liceo classico, potevo anche proporre una settimana all'estero. Dinanzi alla porta dell'agenzia, vi era un leggio in ferro battuto con sopra diversi cataloghi e vari volantini. Uno in particolare attirò la mia attenzione. Lo afferrai e iniziai a leggerlo, cercando la fregatura. Apparentemente non c'era. Un viaggio simile, a un prezzo tanto conveniente, era un affare. Mi diressi soddisfatta al bar più vicino, davanti alla fermata del bus, stringendo nella mano destra il prezioso pezzo di carta. In seconda ora avevamo assemblea. Tutto sembrava cosi perfetto che per un attimo una parola mi attraversò la mente: destino. Anche se sfumò subito, anche se mi attraversò la mente simile a un fulmine. Tuttavia, come un lampo di luce nel buio, quella parola lasciò in me un sentimento di speranza infinito. Ancora oggi, a distanza di anni, sono convinta che era il mio destino fare quel viaggio. Mi infilai nel bar, riposi il foglio nel mio zainetto rosso, e cercai il portafoglio. Il dolore allo stomaco tornò a tormentarmi quando mi resi conto di non averlo. Impallidii, e cercai di ricordarmi dove potessi averlo lasciato. All'epoca non lo capii subito, ora so che riposa tranquillo in qualche discarica, dopo esser stato accuratamente svuotato dall'uomo di cui non ricordo il volto di tutto il suo contenuto. Pace all'anima sua. Usci a testa alta dal bar, anche se nel profondo mi vergognavo tantissimo. Nella mia mente di adolescente, credevo che tutti stessero sempre con gli occhi puntati su di me, pronti a commentare ogni mio errore. Chissà, forse ero semplicemente egocentrica. Dato che ero senza i soldi per il biglietto, mi avviai a testa bassa e biascicando maledizioni verso la scuola. Camminavo lenta, il vento mi scompigliava i capelli corti, e il sole bruciava. Un uomo in una porche accostò e mi chiese se volevo un passaggio. I denti troppo sbiancati e la calvizia incipiente. Per un attimo presi in considerazione l'invito, poi però tutte le raccomandazioni e i moniti di mia madre invasero, simili ad allarmi, ogni angolo della mia testa. Così tirai dritto, a testa alta, fino ai cancelli della scuola.


Naruto:


Si, ricordo, come potrei dimenticare? Era un mercoledì qualsiasi, forse un po' troppo caldo per gli inizi di Maggio. Alla prima ora mi pare avessimo storia dell'arte, ma non sono sicuro. Sakura quel giorno entrò in seconda ora, nei suoi occhi verdi lessi molta stanchezza, ma anche una grande euforia. All'epoca osservarla era il mio passatempo preferito. In classe chiaramente. Fuori dalla scuola pensavo a lei raramente, ma durante le noiose ore di lezione il mio sguardo conosceva un unico posto dove potersi riposare: il suo viso. Memorizzavo avidamente tutte le sue espressioni, le suo paure, i suoi tic. Ricordo ancora, se mi sforzo, il suo splendido sorriso. Amavo il suono della sua voce, squillante e sempre molto autoritaria. Eravamo stati insieme per due anni, quarto e quinto ginnasio, e poi era finita. Non c'era un perchè, ne era qualcosa di evitabile. Era finita e basta. Io ero ancora innamorato di lei, e non avevo difficoltà ad ammetterlo con nessuno. I suoi sentimenti nei miei confronti invece erano ambigui, e ciò mi permetteva di continuare a sperare. Convinto com'ero che era la donna che avrei sposato, spezzavo cuori a oltranza. Certo, all'epoca ero molto ingenuo, e mi accorgevo sempre molto tardi della sensualità di alcuni dei miei gesti, ma dall'altronde per me c'era solo Sakura. Si diresse spedita verso il banco della sua migliore amica dell'epoca, Ino. Adesso non sono neanche più sicuro che siano ancora in contatto, ma neanche mi importa francamente. Erano inseparabili, la bionda e la rosa. Avevano lo stesso cellulare, tornavano a casa insieme, e giuravano di esser pronte a morire l'una per l'altra. Vidi Ino spalancare la bocca, abbracciare l'amica e iniziare a saltare urlando per la classe. Se c'era una cosa per me insopportabile , era che qualcuno mi usurpasse il titolo dell'alunno più rumoroso della classe, e la biondissima amica di Sakura c'era molto vicina. Mi alzai di scatto e mi avvicinai alle due, urtandoti. Eri accorso a vedere cosa stesse urlando la sua ragazza. Non razionalizzai subito. Giappone. Tre settimane. Campo scuola. Classe. Si. All'epoca ero effettivamente un po' ingenuo.


Hinata:


Ero cresciuta con il mito dell'occidente. Desideravo avere i capelli biondi e gli occhi grandi. Essere simile alle protagoniste dei manga che leggevo, spigliata e decisa. Ma non ero nulla del genere, ed ero alquanto rassegnata a non esserlo mai. Non vivevo la vita in quanto qualcosa da godere al massimo, non sapevo di dover pensare prima di tutto alla mia felicità e poi agli altri. Davo per scontata l'ubbedienza, gli altri essendo più grandi sapevano più cose di me. Punto. In segreto custodivo, e nutrivo sera dopo sera, la sciocca idea di non poter essere felice . Ripensandoci ora, mi vien quasi da ridere. Mi ricordo, che nel cortile della casa dove abitavo, vi era un piccolo giardino Zen. Da bambina passavo ore intere a contemplarlo, mi dava serenità. Sono sempre stata una persona relativamente tranquilla, e tutto ciò che aveva, e ha, una parvenza di quiete mi attraeva sia all'epoca che adesso. A una mensa, preferisco un bel parco e un panino. Inoltre avevo una condizione economica molto buona. Ma in famiglia le cose andavano male, e invece di combattere, di cercare di cambiare qualcosa, chinavo la testa convinta così di poter mantenere la pace che tanto amavo. In un cassetto ho una foto di classe. Sedici anni, divisa immacolata, portamento impeccabile. Guardo i miei compagni, si abbracciano, ridono. E poi eccomi, io. Sembro così fuori luogo in quella foto, che mi chiedo se non sia un fotomontaggio. La mia casa del sedicesimo secolo in legno con il suo giardino zen, era nella prefettura di Tokyo, a un ora da Ginza. Circondata da grattaceli, sembrava un illusione pronta ad essere spazzata via da un colpo di vento. Come me. Mio padre era un uomo austero. Lavorava dodici ore su ventiquattro, ascoltava solo musica classica, e qualsiasi cosa che non avesse almeno cent'anni era categoricamente una porcheria. Fosse per lui, lo shogunato sarebbe ancora in piedi, era solita ripetere Mao Tsu, la governante cinese. Io e mia sorella, rispettavamo le tradizioni. Giravamo spesso in yukata o in kimono, a seconda delle stagioni, non parlavamo con estranei, onorevavamo le feste, e componevamo poesie. Ma appena riuscivamo a liberarci dal controllo di Mao tsu, ci trasformavamo. Che sollievo provavo infilandomi le parigine con i fiocchi, e le gonne corte e i tacchi alti. In quei momenti mettevo da parte la mia timidezza, perchè mi sembrava di essere ,almeno all'apparenza, come tutte le altre ragazze. Diventavo invisibile. Una delle tante adolescenti in una città di dodici milioni di abitanti Mi sentivo quasi bella. Tuttavia, anche con le unghie finte e gli occhi pesantemente truccati, non stavo bene. C'era qualcosa di sbagliato, passavo da due stremità diverse di un mio io che si doveva ancora formare. La prima me, quelle di mio padre, era composta, pudica, aggraziata e sottomessa . La seconda, quella del sampai Sasuke, era innocente, esagerata, e rigida. Quando tornavo a casa, nascondevo i manga, i trucchi e i vestiti sotto il letto. Fu una anno esatto prima di incontrare gli “altri”, che io e il sempai Sasuke ci conoscemmo. Più grande di me di due anni,mi prese in simpatia. Non so perchè scelse me fra tante, ma mi “adottò”. Divenne il mio unico amico. Mi aiutava con i compiti, mi portava a fare shopping e pranzava sempre con me. Faceva il modello come hobby, per mettere da parte i soldi per l'università, ed era molto corteggiato. Mai pensai che si poteva essere innamorato di me,insomma scherziamo? Il ragazzo più corteggiato della scuola con il caso umano? Non ero in un manga. E ben presto arrivai a considerarlo come un fratello. Li raccontavo le discussioni con mia sorella, le litigate con mio padre, i dispetti delle mie compagne di classe. Ma tra noi due c'era un muro. Non gli ho mai raccontato tutto, ne lui lo ha mai voluto davvero. Ripensandoci ora, avevamo davvero un rapporto ambiguo, ma in fondo il Giappone è un paese fondato sui silenzi e le pause, pieno di parole non dette, dubbi e sussurri. Mi servivano “loro”, per insegnarmi la bellezza del rumore.


Finito!! e la mia seconda fic, ho pensato di realizzarla solo ieri quando sono tornata dal giappone, che paese stupendo, ed è nata così, di getto. I paring non sono ancora decisi, si accettano suggerimenti, oppure vedrò a seconda della piega che prende il racconto. Mi scuso se non è molto ben scritto, ma d'altronde come scrittrice non sono un gran che Xd spero appreziate e commentiate...baci e grazie anche solo per aver letto LadyG


  
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