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Autore: Europa91    28/06/2021    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Dazai continuò ad osservare il Presidente Mori per parecchi minuti, incapace di dire o fare altro. Per quanto si sforzasse non riusciva a dipingere un quadro della situazione e capire cosa stesse accadendo intorno a lui.

Era assurdo.

Tutto lo era, come la piega che in poco tempo gli eventi avevano assunto.

La Mimic non aveva alcun motivo per rapire Chuuya. Il rosso non c’entrava nulla con quella storia, o in generale, con la morte di Oda.

Per quanto ne sapesse Dazai, Gide, il leader di quell’organizzazione di folli, desiderava solo porre fine alle proprie sofferenze, morire da martire in modo da espiare così i propri peccati. Era stato tradito dal suo Paese, cambiato dalle atrocità della guerra. Era un uomo distrutto che non era stato in grado di perdonare e lasciarsi alle spalle il proprio passato.

In un certo senso, si trovò a pensare, erano simili.

André Gide però non aveva potuto contare su un amico come Odasaku.

Probabilmente senza quella promessa che gli aveva strappato in punto di morte, anche Dazai sarebbe finito con il perdersi ancora più, annegando in una spirale di dolore e sofferenza che, presto o tardi, sarebbe finita con il divorarlo.

In realtà era già da un po' che il mondo della mafia lo annoiava.

Aveva deciso di essere parte di quell’oscurità per cercare di dare una risposta alle domande che da sempre lo tormentavano; in fondo trovarsi faccia a faccia con la morte poteva rivelarsi interessante.

Non lo era stato, e la scomparsa di Oda ma soprattutto, le circostanze che avevano portato a quel fatto, erano stati la molla che lo avevano spinto a cambiare.

Prima però c’era ancora una cosa che doveva fare, salvarlo.

Nel suo mondo, Mori aveva semplicemente fatto in modo che la strada di Gide si incrociasse con quella di Odasaku.

Per colpa di un intricato piano del Boss, la scomparsa del suo amico e l’annientamento della Mimic erano stati il prezzo da pagare per ottenere dal Governo una stupida licenza.

In parole povere, Odasaku era morto per un pezzo di carta.

Per questo, Dazai non poteva dimenticare, o fidarsi.

Era possibile che in quella realtà ci fosse sotto altro, anzi ne aveva quasi la certezza trattandosi di Mori, tuttavia non disponeva di informazioni sufficienti per capire dove questa serie di eventi lo avrebbe portato.

Solo una cosa gli appariva chiara in quel momento; non doveva solo salvare Odasaku ma anche Chuuya.

Per quanto una piccola parte di Dazai voleva mostrarsi insensibile al rapimento del rosso sapeva di non poterlo ignorare. Non avrebbe mai abbandonato il suo ex partner nelle mani del nemico, per quanto Chuuya fosse una delle persone più insopportabili e fastidiose che avesse mai incontrato.

Quando la smetterai di mentire a te stesso?

La sua coscienza, che parlava utilizzando la stessa voce di Oda, continuava a tormentarlo.

Doveva riflettere. Riordinare le idee.

Cosa stava facendo in quei giorni il Chuuya del suo mondo?

Dazai non lo ricordava.

Forse era fuori città per qualche incarico che il Boss gli aveva affidato.

Sapeva solo che non si trovava a Yokohama mentre lui e Odasaku stavano indagando.

Da quando il moro era stato promosso a dirigente capitava spesso che gli venissero affidati incarichi separati, erano forti abbastanza da potersela cavare da soli. Dazai non dubitava che presto anche il partner avrebbe ottenuto una promozione, magari sarebbe finito con il prendere il suo posto alla dirigenza.

In conclusione, Chuuya non compariva in quella storia.

Non aveva nulla a che fare con la Mimic.

Era una pedina in una scacchiera che non gli apparteneva. Un pezzo stonato.

Doveva esserci un qualche motivo per spiegare il suo rapimento ma non riusciva in alcun modo a venirne a capo.

Mori sembrava sinceramente preoccupato, dopo aver interrotto la conversazione con Hirotsu si era subito messo al lavoro, iniziando una serie di telefonate. Odasaku invece era rimasto dove si trovava e fissava Dazai, in attesa della sua prossima mossa. Sapeva che la sua mente era impegnata a formulare una qualche strategia. Il rapimento del rosso era stato un fulmine a ciel sereno ma Oda era certo che il suo amico avrebbe risolto la situazione come sempre. Aveva cieca fiducia nelle sue capacità.

La mente di Dazai era all’opera.

Sentiva che c’era qualcosa che ancora gli sfuggiva.

Il rapimento di Chuuya non aveva senso, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che fosse un mero pretesto per arrivare a Odasaku. Anche in questo caso però i conti non tornavano; Gide si era interessato a Oda solo dopo averlo incontrato e scoperto la sua Abilità.

Si erano affrontati nel momento in cui Odasaku era corso in soccorso di Akutagawa ed era stato in quell’occasione che per la prima volta il leader della Mimic aveva maturato un interesse nei confronti del tuttofare.

In quella realtà nulla di ciò era avvenuto.

Oda non era corso in soccorso di Akutagawa e prima di allora, non aveva neppure cercato di salvare Ango.

Tutte le informazioni in possesso di Dazai si stavano rivelando di nessuna utilità.

Rapire Chuuya poteva essere un’azione premeditata oppure frutto del caso, non poteva ancora escludere nessuna opzione. Forse in quel mondo Gide era interessato alla gravità del rosso e non a Odasaku.

Dazai sentiva come la mancanza di un tassello importante, un pezzo fondamentale della scacchiera, necessario per capire il quadro generale degli eventi che si stavano verificando intorno a lui e che lo stavano travolgendo.

«A che gioco stai giocando?»

Non appena il Presidente aveva appoggiato il telefono sulla scrivania Dazai lo aveva sorpreso con quella domanda. Forse si stava sbagliando, ma il suo istinto gli suggeriva Mori come artefice di tutto.

Detective o meno, doveva essere tutto parte di un piano architettato da lui. L’uomo non si aspettava una domanda del genere ma tradì la sorpresa con il solito sorriso affabile. L’ex dirigente lo avrebbe volentieri preso a pugni.

«Dazai-kun so che sicuramente sarai sconvolto» iniziò a dire con fare comprensivo, beccandosi un’occhiata omicida.

«Non sono sconvolto. So che in qualche modo tutto questo è opera tua. Devo solo capire il tuo intento finale. Cosa puoi guadagnare da questa faccenda, come la disfatta della Mimic potrà giovare a quest’Agenzia»

Odasaku fissava entrambi sorpreso.

Non era mai successo che Dazai sfidasse in quel modo il Presidente.

Ancora una volta gli sembrava di aver di fronte un’altra persona e non lo stesso ragazzo con cui aveva collaborato in quegli anni.

Lo sguardo del moro era così freddo, come quello di un essere privo di sentimenti o emozioni. Sembrava un killer pronto ad uccidere anche il Presidente se si fosse reso necessario. Si spaventò per quel pensiero.

Fu allora che Mori, decise di rispondere.

«Sicuramente il rapimento di Chuuya-kun ti ha sconvolto. Sei sospeso da questo caso»

«Non può farlo»

«L’ho appena fatto Dazai-kun, va a casa e riposati, oggi non sembri in te»

Oda prontamente gli mise una mano sulla spalla fermandolo prima che potesse dire altro.

Una volta soli, dopo essersi congedati dal Presidente finalmente ebbero occasione di parlare. Dazai si era rifugiato in un mutismo preoccupante. Non era mai un buon segno.

«Ok. Ora vuoi dirmi che sta succedendo?» il moro lo fissò sorpreso prima di rispondere con noncuranza, incrociando entrambe le braccia dietro la testa;

«Penso che Mori sia in qualche modo la mente che si cela dietro tutta questa storia, pensaci, come ha fatto un’organizzazione straniera come la Mimic ad entrare nel Paese? Qualcuno dall’interno deve averli aiutati»

«E pensi che possa trattarsi del Presidente?»

«Si, ma non ho ancora informazioni sufficienti per dimostrarlo. L’Agenzia ha i suoi legami col Governo, non sarebbe una cosa troppo difficile per uno come Mori» fece un paio di passi in avanti.

«Ora dove stai andando?» Dazai questa volta assunse un’espressione innocente, a Oda ricordò un bambino che si appresta a combinare una marachella.

«Al Quartier Generale della Port Mafia» rispose come se fosse la cosa più ovvia al mondo.


 


 

***


 


 

Quel luogo a prima visita sembrava identico a quello del suo mondo. Una serie di edifici lucenti con guardie armate ad ogni ingresso, fecero provare a Dazai una sorta di sensazione nostalgica.

Era scesa la notte e tutt’intorno a loro c’era una calma quasi irreale.

Nonostante avesse cercato di dissuaderlo, Oda aveva insistito per accompagnarlo e il moro lo aveva lasciato fare.

D’altronde era più facile vegliare sull’amico se questo restava incollato al suo fianco.

Dazai non riusciva ancora ad avere un quadro completo della situazione, ecco perché confrontarsi con il Boss di quella realtà gli era sembrata essere la soluzione più logica, razionale. Non appena varcarono il perimetro vennero subito circondati da un gran numero di guardie armate.

«Cosa ci fanno due membri dell’Agenzia così lontano da casa? Vi siete persi?»

A parlare era stato un uomo alto, biondo con degli occhiali. Dazai era sicuro di non averlo mai incontrato prima, neppure nel suo mondo. A pelle non gli piaceva, aveva l’aria di essere uno di quei tizi perennemente dediti al lavoro.

In una parola: noioso.

Odasaku fu il primo ad alzare le braccia mostrando entrambe le pistole che possedeva e che aveva sfilato poco prima dalle fondine. Dazai si limitò ad imitarlo.

Erano lì per parlare, non certo per scatenare una guerra tra le loro organizzazioni. La Mimic rappresentava già di per sé una bella seccatura. Senza contare che non avrebbe mai messo volontariamente Odasaku in una situazione di pericolo.

«Ho bisogno di discutere in forma privata col tuo Boss» fu tutto ciò che disse, sorridendo amabilmente il direzione del quattrocchi che se possibile, si accigliò ancora di più.

«Non collaboriamo con l’Agenzia» fu la risposta del mafioso, mentre lentamente dal taschino recuperava quella che sembrava essere una semplice agenda.

«Deve trattarsi di Doppo Kunikida. È uno dei dirigenti Dazai» lo informò Odasaku. Il moro però non mutò atteggiamento. Continuò a sorridere cordiale.

«Kunikida-kun devi sapere che io non collaboro più con l’Agenzia»

Oda e il dirigente si scambiarono degli sguardi confusi per poi fermarsi sulla figura del più giovane.

«Puoi confermarglielo anche tu Odasaku» proseguì Dazai.

«In effetti si, sei stato sospeso» fu costretto ad ammettere.

«Quindi una volta appurato che non siamo dei nemici, che ne dici di portarci dal tuo Boss?»

Kunikida fece cenno di abbassare le armi. Si avvicinò ai due, disarmando entrambi con pochi gesti.

«Potreste ugualmente rappresentare una minaccia per la Port Mafia. Soprattutto tu Dazai Osamu. Non credere che non sappia chi siete» sibilò a denti stretti dopo aver osservato entrambi negli occhi; non riuscendo a nascondere una punta di disprezzo ad ogni parola uscita dalle sue labbra.

«Ti posso assicurare che la distruzione della Port Mafia non rientra nei miei piani» per il momento, concluse solo nella sua mente.

Oda si era mantenuto per tutto il tempo in silenzio, non capiva a cosa stesse mirando Dazai ma l’esperienza gli suggeriva che era meglio lasciarlo fare. Intanto si limitava ad osservare la situazione, tenendosi pronto ad intervenire.

Kunikida non disse altro, rimise in un taschino l’agenda e fece un cenno ai due perché lo seguissero.

I detective fecero come detto e dopo una breve perquisizione entrarono finalmente all’interno del Quartier Generale. Dazai si muoveva con sicurezza tra quelle file interminabili di corridoi ed ascensori, facendo nascere in Odasaku il sospetto che conoscesse già quell’edificio.

Era un’ipotesi assurda che tuttavia non riuscì a scacciare.

«Tranquillo» disse improvvisamente il ragazzo voltandosi nella sua direzione «una volta che avrò ottenuto le informazioni che mi servono andremo a salvare Chuuya. Prima però ho bisogno di capire» il tuttofare non rispose, anche se non poté evitare di tirare un sospiro di sollievo.

Dazai non si era dimenticato del loro compagno, sembrava intenzionato a salvarlo. O almeno, sembrava più propenso a farlo rispetto a quando gli aveva proposto di trovare Ango. Ripensò all’impiegato governativo, chissà cosa ne era stato di lui. Non avevano più ricevuto notizie.

Il suono della porta dell’ennesimo ascensore che si apriva davanti a loro lo riportò alla realtà. Dazai e Odasaku seguirono Kunikida lungo un corridoio scarsamente illuminato e pieno di telecamere di sicurezza. Il rosso si sentiva a disagio mentre il suo collega sembrava tranquillo, come se incontrare il leader dell’organizzazione che controllava l’oscurità di Yokohama fosse una cosa perfettamente normale. Ma si parlava di Dazai, non poteva aspettarsi nulla di diverso dal proprio amico.

«Fukuzawa-dono vi attende dietro questa porta. Il minimo passo falso e vi garantisco che non uscirete vivi dall’edificio» Dazai sorrise mentre Kunikida li fece accomodare in quello che con ogni probabilità era l’ufficio del leader dell’Organizzazione.

Il Boss Fukuzawa si limitò ad osservare i due giovani detective davanti a lui. Era un uomo che Dazai era certo di non aver mai incontrato nel suo mondo, ma se in quella realtà occupava la posizione di Mori non andava sottovalutato. Aveva i capelli grigi, che gli ricadevano elegantemente lungo le spalle ed indossava abiti simili a quelli del Boss del suo mondo.

«Allora cosa vuole il mio vecchio amico Mori-sensei?» a quelle parole il moro si fece più attento. I due leader si conoscevano, aveva già trovato un primo interessante collegamento.

«Non siamo qui per conto del Presidente» si affrettò a rispondere «è una faccenda personale» Fukuzawa incrociò il suo sguardo per una frazione di secondo.

«Dazai sta dicendo la verità Boss, secondo la mia super deduzione stanno conducendo un’indagine separata. Penso abbia a che fare con il rapimento di un loro collega»

A parlare era stato un ragazzino dai capelli scuri che se ne stava seduto su una poltrona poco distante dal Boss. Stava mangiando distrattamente delle patatine e li osservava sistemandosi gli occhiali sul naso. In un primo momento i due detective non lo avevano visto, nascosto dall’oscurità di quella stanza.

«Ehi, come sai tutte queste cose?» si intromise Odasaku facendo un passo avanti nella direzione del ragazzo per poi essere prontamente fermato da Dazai.

«L’ha dedotto» concluse sorridendo verso il mafioso che rispose imitandolo, accartocciando il sacchetto ormai vuoto e gettandolo a terra.

«Edogawa Ranpo» si presentò scattando in piedi e facendo un paio di passi verso di loro «forse, in un’altra vita avremmo potuto essere colleghi detective» quelle parole colpirono Dazai.

«Ranpo-kun per favore» mormorò il Boss e il ragazzino si fermò. «Se quella volta avreste accettato di essere voi il Presidente vi avrei seguito. Però su una cosa avevate ragione Boss, essere un mafioso è decisamente più divertente»

«Non so di cosa stiate parlando ma sono qui in cerca di risposte. Cosa ci guadagna l’Agenzia con la scomparsa della Mimic?» si intromise Dazai andando dritto al punto senza troppi giri di parole.

Fukuzawa e Ranpo lo fissarono sorpresi;

«Non conosco i piani del Presidente Mori. Dovresti chiedere direttamente al tuo superiore» mormorò il leader della Port Mafia con la solita calma che sembrava contraddistinguerlo.

«Non è più il mio superiore» sibilò Dazai a denti stretti, serrando i pugni.

Nella sua mente, le immagini della morte di Oda stavano tornando a tormentarlo.

Rivedeva come Mori lo avesse trattenuto in quella stessa stanza più tempo del necessario, solo per farlo arrivare sul luogo dello scontro troppo tardi.

Dazai aveva già visto per due volte Odasaku morire tra le sue braccia, non sarebbe capitato di nuovo. Non lo avrebbe permesso.

In più, in quella realtà si era aggiunto pure il salvataggio di Chuuya. Il Boss Fukuzawa doveva aiutarlo a capire cosa stava accadendo. In quel istante Ranpo scoppiò a ridere.

«Il tuo Presidente e il mio Boss hanno in comune solo l’amore per la città di Yokohama» si intromise, per poi venir interrotto dal suo superiore;

«Anni fa, Natsume-sensei propose a me e Ougai Mori il suo piano per la protezione di questa città. Così io finii per assumermi l’incarico di guidare la Port Mafia, l’Organizzazione che agisce con il favore delle tenebre, la Divisione del Governo avrebbe operato alla luce del sole mentre l’Agenzia dei Detective Armati si sarebbe trovata in quella zona grigia tra le due.» Dazai e Oda ascoltavano attenti.

L’uomo fece una pausa «io e Mori non siamo mai andati d’accordo, anche se un tempo abbiamo lavorato insieme sotto la guida di Natsume-sensei. Quello che ha detto Ranpo-kun è vero, l’amore per questa città è l’unica cosa che abbiamo in comune. È stata la Port Mafia a far entrare la Mimic nel Paese» concesse infine.

«Vi serviva per ottenere la licenza per l’utilizzo delle Abilità Speciali da parte del Governo vero?» intuì Dazai. Il Boss fece segno di assenso col capo.

«Ranpo aveva scoperto da subito che Sakaguchi Ango era una spia del Governo, per questo abbiamo pensato di utilizzare questo suo talento anche per infiltrarlo tra le fila della Mimic»

«E vi è andata bene fino a quando non è stato scoperto»

«Purtroppo però nessuno dei nostri dotati rientrava negli interessi del leader della Mimic»

Dazai aveva capito benissimo cosa intendeva. Si voltò inconsciamente verso Odasaku in piedi accanto a lui.

«Forse tu non ricordi ragazzo ma ci siamo già incontrati qualche anno fa» ammise il Presidente Fukuzawa in direzione del rosso. Ranpo sorrise. Dazai sentì un brivido percorrergli la schiena. Non ne era al corrente.

«Eri solo un ragazzino ma con uno straordinario talento nel uccidere» Oda storse il naso a quell’affermazione mentre Dazai si fece più attento.

Il passato di Odasaku gli era ancora in parte oscuro, ogni informazione poteva rivelarsi utile, anche se stavano parlando di un’altra realtà, così diversa dalla sua. A quanto aveva compreso però sembrava che le divergenze tra quel mondo e il suo fossero iniziate nel momento in cui Mori aveva scelto di fondare l’Agenzia invece che guidare la Port Mafia.

Tutto il resto doveva essere solo avvenuto di conseguenza.

«Una volta che ho compreso in cosa consisteva la tua Abilità tutto mi è stato più chiaro» Odasaku non disse nulla.

Stava ripensando al proprio passato, ad un qualcosa che credeva di aver dimenticato.

Si era legato all’Agenzia per essere una persona migliore, chi toglieva una vita non era in grado di scrivere sulla vita, erano state queste parole che lo avevano spinto a cambiare, a migliorarsi.

In quel momento incrociò lo sguardo con quello di Dazai. Intravide ancora quell’ombra di oscurità in quelle pozze nere.

Se avesse potuto avrebbe fatto il possibile per salvare anche lui.

Dazai era sempre stato un mistero per Oda, un ragazzino troppo intelligente, scaltro e misterioso per la sua età. Non si annoiava mai in sua compagnia.

Erano diventati amici in poco tempo ed era stato così facile e naturale che non ci aveva dato peso. Solo di recente, stava iniziando a scorgere nelle profondità dell’animo dell’amico qualcosa di diverso.

Dazai era strano, sembrava completamente un’altra persona. Anche quel giorno, la decisione di recarsi al Quartier Generale della Port Mafia gli era sembrata troppo impulsiva. Ancor prima, c’era stata la faccenda del rapimento di Ango.

Il Dazai che conosceva avrebbe smosso mari e monti per recuperarlo o perlomeno ci avrebbe provato. Il ragazzo a pochi metri da lui invece aveva liquidato quasi subito quella faccenda, come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.

Sembrava gli stesse nascondendo qualcosa, anzi ne aveva la certezza.

La scomparsa di Chuuya sembrava aver destabilizzato Dazai.

Oda non sapeva bene come spiegarselo ma se con il primo il moro pareva avere tutto sotto controllo, con la perdita del rosso aveva potuto scorgere nel suo animo una punta d’incertezza.

Dazai sembrava sempre possedere tutte le risposte, quando si presentava un evento che non aveva previsto diventava intrattabile e ancora più misterioso del solito.

«Avete fatto la spia su Odasaku. Detto a Gide come trovarlo» concluse il moro.

Oda si era perso parte della conversazione ma a grandi linee aveva compreso che il leader della Mimic sembrava essere interessato alla sua Abilità.

«Mori si è dimostrato collaborativo» concluse Fukuzawa quasi annoiato.

«Ovviamente la Port Mafia non c’entra nulla con la scomparsa di Nakahara Chuuya» aggiunse Ranpo che nel frattempo aveva aperto un altro snack ed era tornato ad appoggiarsi alla sua poltrona.

«Devono averlo rapito solo per attirare l’attenzione di Odasaku» si trovò ad ammettere Dazai.

Alla fine il fatto che avessero preso Chuuya era stata davvero una coincidenza.

La Port Mafia aveva indicato a Gide come trovare l’uomo che lo avrebbe finalmente salvato. Conoscendo Odasaku non vi era modo migliore per farlo uscire allo scoperto.

Nella sua realtà avevano ucciso gli orfani di cui si occupava, in questa rapito un collega.

Ora finalmente Dazai aveva capito cosa stava accadendo intorno a lui.

Oda non era ancora al sicuro, non poteva permettersi di abbassare la guardia. La minaccia era reale e incombeva sopra le loro teste.

Nel momento in cui questa consapevolezza lo colpì, Odasaku riprese a parlare.

«Hanno rapito Chuuya-kun per arrivare a me dunque?» il suo tono di voce era tranquillo, non tradiva nessuna emozione in particolare anche se Dazai poteva intuire il filo dei suoi pensieri.

Sarebbe andato a cercare il leader della Mimic.

Oda era fatto così, salvava le persone.

Lo aveva tentato di fare pure con lui, durante i suoi ultimi istanti.

Scosse velocemente la testa, non ci doveva pensare. Non in quel momento.

Ora la priorità era salvare Chuuya e tenere Odasaku il più possibile lontano da Gide.

«Oda-kun il leader della Mimic desiderava solo incontrarti» concluse Fukuzawa beccandosi un’occhiataccia da parte di Dazai.

«Quanto ne sa Mori-san di questa storia?» domandò il moro tornando ad assumere un’espressione fredda che non gli apparteneva.

«Mori mi doveva un favore. Ora siamo pari, la Port Mafia non ha più nulla a che spartire con la vostra Agenzia» li liquidò il Boss facendo un cenno in direzione del suo sottoposto. Ranpo abbandonò controvoglia la sua posizione e li condusse fuori dalla stanza, pacchetto di patatine ancora saldamente tra le mani.

«A che cosa si riferiva Fukuzawa?» domandò Odasaku al giovane mafioso mentre li stava scortando verso l’uscita.

«Akiko Yosano» ammise facendo una breve pausa per poi tornare a spiegare “durante la guerra lavorava con Mori. Ora fa parte della Port Mafia”

«Mori-san non ha mai parlato di lei» obbiettò Dazai.

«Anche il vostro Presidente a quanto pare ha un passato di cui non va fiero» fu invece la pronta risposta di Ranpo. Il moro non poté che essere d’accordo.

Tutti loro nascondevano dei segreti. Lui proveniva da un altro mondo. Odasaku era stato un assassino professionista, e qualcosa gli suggeriva che quel Ranpo non possedesse nessuna Abilità Speciale. Non importava di quale schieramento facessero parte, erano tutti dei bugiardi.

Tutti mentono.

Era stata una delle prime lezioni che aveva appreso da Mori, il trucco stava nel come ingannare il prossimo. Solo il più abile a farlo poteva dominare la scacchiera e vincere la partita.

«Questa Yosano è così importante da valere le vite di due membri dell’Agenzia?» fu il freddo commento di Dazai.

«Suvvia non penso si arriverà a delle morti» Ranpo lo aveva fissato dritto negli occhi prima di pigiare il bottone per richiamare l’ascensore «e in ogni caso non sarebbe colpa della Port Mafia» concluse scartando una caramella.

«Dazai, il leader della Mimic per qualche motivo è interessato a me. Smettila di prendertela con Ranpo» lo rimproverò Oda. Dazai sbuffò platealmente. Odasaku non si rendeva conto del pericolo al quale stava andando incontro. Forse in quella realtà la colpa non era totalmente della Port Mafia, però gli eventi stavano pericolosamente arrivando a coincidere con quelli del suo mondo.

Ormai non sarebbe riuscito ad impedire all’amico di recarsi dal leader della Mimic. Questa volta però sarebbe stato al suo fianco e non lo avrebbe perso di vista per nessuna ragione.

Avrebbe lui stesso ucciso Andrè Gide se solo si fosse presentata l’occasione.

«Fate attenzione» li salutò Ranpo agitando la mano mentre i due detective uscivano dall’edificio.

«Questa storia si sta rivelando essere più complicata di quanto pensavamo» ammise Oda «anche se qualcosa mi dice che tu lo avevi previsto dall’inizio» Dazai fece spallucce.

«Fin dal primo momento sentivo che c’era qualcosa che non tornava. Ovviamente non potevo immaginare che il Boss della Port Mafia e il Presidente si conoscessero e che ci fosse stato questo scambio di informazioni tra loro» Odasaku non poté fare a meno di annuire.

«Non sei obbligato a venire. Posso scontrarmi io con lui e recuperare quel nanerottolo di Chuuya» proseguì il moro infilandosi le mani in tasca.

«Non posso lasciartelo fare Dazai. Sono io il suo obbiettivo»

«Proprio per questo vorrei che ne stessi fuori. Tu non uccidi Odasaku. Non sei quel tipo di persona»

«Sono un detective dell’Agenzia, aiutare le persone fa parte del mio lavoro. Dobbiamo per prima cosa trovare Chuuya, inoltre se fermiamo quella banda di pazzi salveremo anche altre persone»

«Lo sai vero che è tutta una trappola?»

«Lo so ma devo andare comunque, devo affrontarlo è un compito che spetta a me»

«Se ti scontrerai con Gide morirai» Dazai non riuscì a trattenersi.

«Si può sapere che diavolo ti prende oggi? Non sembri in te»

«Non posso preoccuparmi per un mio amico?» mormorò con un sorriso fin troppo falso.

«Tu non ti preoccupi mai per nessuno, sei quasi inquietante» ammise Oda con la solita calma che lo contraddistingueva.

Dazai sapeva che aveva ragione.

Nel suo mondo, prima che Odasaku morisse, non gli aveva mai fatto capire quanto tenesse a lui, alla loro amicizia o quello che era ciò che condividevano. C’erano solo stati una serie di maldestri tentativi, come quell’ultima serata al Lupin, quando aveva scattato delle fotografie con la scusa di immortalare quel qualcosa tra loro.

«So dove si trova Gide» disse solo questo Dazai.

Oda si fermò in mezzo alla strada fissandolo senza parole.

«Ho anche pronto un piano per salvare Chuuya ma dovrai seguirlo nei minimi particolari» il rosso annuì.

Non lo avrebbe perso, non di nuovo, non questa volta. Il destino si stava divertendo a ricreare la stessa situazione della sua realtà ma lui avrebbe combattuto per cambiarlo.

Odasaku sarebbe sopravvissuto.


 


 


 

  
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