Anime & Manga > Candy Candy
Segui la storia  |       
Autore: moira78    29/06/2021    3 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'aria del tribunale era soffocante. Quel banco degli imputati era soffocante. I volti dei giurati gli parvero quelli dei membri del Consiglio che volevano che lui fosse un ragazzino serio e invisibile agli occhi del mondo. Ma William Albert Ardlay rimase impassibile e freddo mentre l'avvocato dell'accusa tirava fuori le prove che avrebbero dovuto schiacciare lui e Archie.

O, almeno, ci provò.

Fissò l'ometto, che doveva a malapena arrivare a cinque piedi e mezzo* di altezza ma emanava, con la sua sola presenza, un carisma innegabile: d'altronde, rappresentava lo Stato dell'Illinois che stava cercando di scrollarsi di dosso la responsabilità dell'errore di uno dei suoi cittadini più in vista.

"Signor Ardlay, conosce la Whisky and Wine Company?", gli chiese con la sua voce nasale.

Albert aggrottò le sopracciglia, cominciando a sentire un sapore amaro in gola: "Sì, era una delle mie distillerie, ma è ferma da tempo".

"Mi risulta che le quote della famiglia Cornwell siano state ritirate non appena l'azienda ha chiuso, ma quelle degli Ardlay siano rimaste intatte. E vedo anche un generoso assegno mensile. Cos'è, voleva fare opera di beneficienza?", domandò attirando qualche risata.

Albert serrò la mascella e i pugni, desiderando solo fare a pezzi il banco degli imputati: "Volevo garantire loro una vita dignitosa nonostante il proibizionismo. Hanno delle famiglie da sfamare", rispose con tono duro.

L'avvocato inarcò le sopracciglia nere e folte e assunse un'espressione di stupore che gli fece venir voglia di prenderlo a pugni: "Oh, lodevole da parte sua! Oppure, molto banalmente, pensava che sarebbe potuto tornarle utile avere una base per produrre e smerciare whisky sotto banco. Magari incastrandoli quando le cose fossero diventate pericolose".

"Obiezione!", intervenne il suo avvocato difensore alzandosi in piedi. "Si tratta di una conclusione dettata da una semplice supposizione".

Albert gli lanciò uno sguardo grato e il giudice accolse l'obiezione, chiedendo all'accusa di fornire prove.

"Ne sarò lieto, Vostro Onore".

Mentre l'avvocato dell'accusa armeggiava con la pila di documenti, Albert sentì le mani tremare: sapeva di essere innocente e che qualcuno, forse i suoi stessi nipoti, lo aveva incastrato.

Udì distintamente l'ansito di Archie, seduto di fronte a lui accanto ai loro avvocati, quando l'uomo alzò in aria due fogli: "Questo nella mia mano sinistra è il contratto che lega gli Ardlay e i Cornwell alla Scott Corporation. Nella mia mano destra potete vedere invece una bolla di consegna su cui compare chiaramente il timbro della Whisky and Wine Company. In quest'altro documento, invece...", proseguì cercando ancora, mentre lui sentiva il fiato diventare affannoso per la rabbia mal contenuta. "Questo documento ci è stato fornito dalla polizia di Scotland Yard che ha controllato i numeri di serie delle bottiglie incriminate e ha fatto un controllo incrociato con i nostri agenti riguardo i lotti mancanti nella residenza di Lakewood. A parte l'evidente vuoto sugli scaffali, i numeri coincidono".

"Impossibile! Non c'era nessuno a Lakewood che potesse consegnare quei distillati!", si alzò in piedi, incapace di trattenersi.

"Signor Ardlay, la prego di rimanere seduto e in silenzio!", tuonò il giudice sbattendo il martelletto sulla base.

Respirando a fondo per calmarsi, Albert sedette e attese che l'avvocato della difesa intervenisse, cosa che fece puntualmente, chiedendo il permesso di controbattere, mentre un pallido Archie si portava le mani alla testa.

"Vostro Onore, parto dalla fine: la retata che è stata fatta a Lakewood è avvenuta in un momento in cui solo pochissimi uomini della servitù erano presenti. La villa era disabitata dai padroni da giorni e, non avendo questa bolla delle date, non possiamo escludere che quelle bottiglie siano state prelevate senza consenso da parte dei miei assistiti. Ricordo ai signori giurati, inoltre, che la distilleria in oggetto è attualmente sotto indagine per aver ripreso segretamente la sua attività e nessuno dei suoi componenti ha mai messo piede in quella residenza, né in altre appartenenti ai Cornwell o agli Ardlay. Chi ci assicura che la Whisky and Wine Company non stesse operando in piena autonomia? E come potete essere certi che quelle casse di whisky non siano rimaste nei loro magazzini quale esempio per le produzioni passate? Vi ricordo che si tratta di distillati scozzesi invecchiati da decenni che il mio cliente intendeva far riprodurre fedelmente".

Albert si rilassò alle parole del suo avvocato e scoccò un'occhiata all'accusa. L'ometto si schiarì la gola, superando subito il disagio: "Bene, signori giurati", disse cominciando a passeggiare su e giù con i fogli ancora in mano, "visto che ci stiamo basando su prove circostanziali, lasciate che vi esponga il mio, di ragionamento: qualche settimana fa la villa di Lakewood è stata usata dai suoi proprietari per festeggiare un... uhm... ritorno in famiglia", puntualizzò consultando un documento. "Secondo la servitù erano presenti sia il signorino Cornwell che il signor Ardlay, nonché la matriarca della famiglia e altri nipoti. I due imputati, quindi, avrebbero ben potuto ricevere un corriere cui affidare le casse di whisky e procedere con la solita donazione a prezzo conveniente in favore della Scott Corporation usando la Whisky and Wine Company come semplice prestanome".

"In nome di Dio, perché avrebbe dovuto incastrare una società che voleva solo sostenere affinché sopravvivesse? E con una quota ancora attiva, per di più!", controbatté il suo avvocato, perdendo per un attimo la calma.

"Perché sono in combutta, ecco perché! Il signor Ardlay ha convinto la distilleria a prestarsi al gioco con la promessa di forti somme di denaro, assicurando che nessuno di loro sarebbe stato scoperto! Le ricordo che, nonostante i suoi consiglieri, il capofamiglia degli Ardlay è stato un vagabondo per molti anni e può commettere errori ingenui come usare un prestanome senza ritirare le sue quote!".

"Questa è un'accusa assolutamente infondata!".

"Signori, ordine!", urlò il giudice sbattendo di nuovo con forza il martelletto per troncare quella conversazione e il vociare generale. "Avvocati, vi ricordo che questo non è un confronto fra voi due, d'ora in avanti non tollererò più incursioni dalla difesa finché non sarà il suo turno! Inoltre chiedo all'accusa di presentare testimoni o prove più chiare prima di fare certe affermazioni".

A quella frase, l'ometto dell'accusa sembrò gonfiarsi di sicurezza e s'impettì, trasmettendo ad Albert un brivido di terrore lungo la schiena: "Oh, ma io i testimoni li ho: posso farli entrare, con il suo permesso, Vostro Onore?", chiese facendogli cadere un macigno sulle spalle.
- § -
 
Annie aprì la finestra della camera di Candy per far entrare sole e aria nuova. Dalla specchiera, Candy emise un grugnito di protesta: "Perché l'hai fatto?", chiese spazzolandosi i corti capelli con gesti veloci e rabbiosi. Glieli aveva pareggiati lei stessa, ma continuavano a ricadere in ciocche scomposte sulle spalle e poco più giù, perché alcune erano più arricciate e altre meno. Se avesse potuto, l'avrebbe portata in un salone di bellezza.

"Perché c'è odore di chiuso e tu hai bisogno di respirare aria nuova, te lo stiamo dicendo da tempo", ribatté Annie indicandole l'esterno. "Forse tra qualche giorno potremo trasferirci a Lakewood", aggiunse ricordando le parole del dottor Carter.

Candy sbatté la spazzola sul comodino e si alzò in piedi di scatto: "Io non vengo da nessuna parte!", sbottò voltando le spalle a lei e alla finestra. Forse alla vita stessa.
Annie prese un respiro profondo e incrociò le braccia, facendo qualche passo verso di lei: "Bene, Candice. Che vita vuoi fare, dunque? Pensi di rimanere chiusa in questa stanza per sempre? Non vuoi costruirti un futuro... che so, lavorare, studiare o qualsiasi altra cosa?".

La ragazza che era stata sua amica e sua sorella proruppe in una risata così sguaiata e priva di emozioni che ad Annie si gelò, ancora una volta, il sangue nelle vene: "E cosa dovrei andare a fare, l'infermiera?".

"Io non...". In realtà non aveva parole. Ora Candy incedeva verso di lei, a piccoli passi.

"Sono stata adottata da una famiglia ricca e c'è un uomo, là fuori, che sta praticamente ai miei piedi. Se gli chiedessi di farmi stare in questa stanza per sempre mi regalerebbe tutta la casa. Perché avrei bisogno di lavorare o uscire di qui?", chiese con un sorrisetto sbilenco degno di Eliza Lagan.

Quell'uomo sta rischiando di perdere tutto e questo impero potrebbe crollare da un momento all'altro. Oh, Candy, se solo fossi in te e sapessi, non staresti meglio della povera zia Elroy che giace malata da giorni per il dolore!

"Mi sembrava di aver capito che non volessi nulla da queste persone, Candice. Ora, tutto a un tratto te ne approfitti?". Annie aveva parlato a lungo con il medico di Candy e sapeva quanto dovesse spingersi in là, con lei. Raccontarle che avevano condiviso lo stesso orfanotrofio non aveva dato i frutti sperati, lei si era semplicemente limitata a un'alzata di spalle, così non aveva approfondito l'argomento: perlomeno non aveva avuto altri attacchi di mal di testa. Quindi decise di concentrarsi sul presente.

"Perché non mi lasciate in pace?", gridò scuotendo la testa. "Perché diavolo non mi avete lasciata morire?!".

"Parli sempre di morire, ma mi sembra che tu sia qui, davanti a me! Lo ripeti solo per attirare l'attenzione su di te, Candice? O lo fai per spaventarci? Il tuo gioco non regge più!". Il suo tono era diventato tagliente e questo le costò parecchio. Ma era esattamente il punto a cui voleva arrivare.

"Ma come ti permetti di...?!". Il suo volto era una maschera di rabbia.

"Tu non vuoi davvero morire, Candice, sei solo una bambina capricciosa che non vuole affrontare la realtà perché ne ha una paura del diavolo!", s'infuriò Annie, chiudendo la distanza tra loro e scuotendole le spalle. Poi tentò un affondo finale: "Dove è finita la ragazzina che si arrampicava sugli alberi e mi faceva da mamma e da papà?! Dove è finita la donna che ha affrontato la vita sgomitando e rialzandosi a ogni singola caduta? Ero io quella debole, Candy, non tu!".

"NON CHIAMARMI CANDY!", urlò fuori controllo artigliandosi ancora i capelli.

"Smettila con questa recita!", non si lasciò intenerire e le tolse le mani dai capelli afferrandola per i polsi e guadagnandosi un'occhiata stupefatta.

"Non sto recitando, io... io... odio... la vita...". La furia di poco prima sembrò sgonfiarsi un poco e i muscoli tesi delle braccia di Candy si rilassarono. Annie allentò la presa.

"No, Candice, tu amavi la vita. Per questo non ti sei mai arresa. E noi non ti permetteremo di farlo ora", disse con voce più dolce, cercando di dominare il bisogno di abbracciarla.

"Lasciami sola", sibilò a voce bassa, sedendosi sul letto di peso.

"No". Annie sentiva le lacrime iniziare a pungerle gli occhi e si maledì. Cominciava a capire come mai Albert fosse crollato e sperò che lui e Archie si sostenessero a vicenda lì, dove erano detenuti.

"Ti ho detto di lasciarmi sola!", urlò Candy facendola sussultare. Annie sapeva che nell'altra stanza c'erano l'infermiera Hamilton e il dottor Carter e sperò che nessuno dei due entrasse. Doveva farcela, perché se non ci fosse riuscita lei non ci sarebbero state ipnosi o cure che tenessero: Candy sarebbe stata persa per sempre, forse.

"Quando mi hanno adottata tu eri molto triste, ma non l'hai mai dato a vedere", cominciò a raccontarle.

"Sei sorda?! Ti ho detto di andartene fuori di qui, non voglio sentire le tue stupide storie!". In piedi, con le spalle alla finestra, Annie poteva vedere le mani di Candy tremare e il petto che si alzava e abbassava come fosse in affanno.

"Inizialmente i Brighton volevano adottare te, ma eri uno spirito libero che preferiva restare alla Casa di Pony. Inoltre ci eravamo giurate che non ci saremmo separate. Mai". Annie non poté più impedire alle lacrime di scorrerle lungo le guance, ma pensò che ormai non facesse molta differenza.

Candy si portò le mani alla testa, dondolando avanti e indietro: "Perché devo ascoltarti, perché non fai solo quello che ti ho chiesto e te ne vai?". Ad Annie parve che si fosse quasi arresa suo malgrado, così prese il coraggio a due mani e continuò.

"Ma io volevo tanto una mamma e un papà", disse con voce colma di emozione, portandosi le mani al petto, "così tu hai fatto di tutto per risultare sgradevole ai Brighton, hai persino preso una delle lenzuola bagnate di Slim per mostrare loro che facevi ancora la pipì a letto". Inarcò le labbra in un sorriso a quel ricordo e Candy alzò finalmente la testa per guardarla con qualcosa di molto simile allo stupore.

"Che cosa?!", il suo tono indignato così vicino a quello della vecchia Candy le scaldò il cuore e Annie usò tutto il proprio autocontrollo per non gioirne troppo.

"Oh, sì, l'hai fatto", aggiunse con un'alzata di spalle, asciugandosi il viso. "Alla fine hanno scelto me e quando ti ho detto che mi dispiaceva lasciarti sola... mi hai rassicurata. Volevi che io avessi una mamma e un papà perché lo desideravo tanto, forse anche più di te. Sei stata così coraggiosa, mentre io...". Ricordando le parole della sua madre adottiva che voleva impedirle di sbandierare ai quattro venti le sue origini, inducendola persino a rinnegare Candy, Annie divenne di nuovo triste e smise di parlare, inclinando il viso di lato e mordendosi il labbro.

"Mentre tu... cosa?". La voce di Candy era forte e chiara, ma lei vi colse una sfumatura d'interesse che le fece aumentare il battito cardiaco. Ci stava riuscendo davvero? Stava aprendo un qualche tipo di breccia nel suo cuore e nella sua memoria?

"Io sono stata un'ingrata, Candy", rispose dandole le spalle e raccontandole per sommi capi di come avesse fatto finta di non conoscerla quando si erano riviste a casa dei Lagan. Sapeva che le era stato raccontato da Albert che la sua adozione era sopraggiunta solo a seguito di un comportamento scorretto da parte della sua prima famiglia adottiva, ma evitò di addentrarsi in particolari sgradevoli. Non era certo necessario che si ricordasse di Eliza o di Neal.

"Questi Lagan... cosa mi hanno fatto?", chiese invece lei. Ancora domande, ancora curiosità. Davvero avrebbe dovuto parlarle di loro? Di loro, che forse erano i diretti responsabili di ciò che le era accaduto?

"Loro... non ti volevano bene. Cercavano una dama di compagnia per la loro figlia viziata e ti hanno sempre trattata come una serva". Annie optò per la verità, voltandosi e scrutando con attenzione le reazioni di lei.

Candy si accigliò, facendo una smorfia di disgusto: "E perché diavolo mi hanno mandata in un posto simile? Volevano disfarsi di me perché ero troppo grande e pesavo sul loro bilancio mensile?".

Quella frase stridette nelle orecchie di Annie come un'unghia su un vetro: "No, Candice, sei stata tu a volertene andare perché non volevi più pesare su Miss Pony e Suor Lane. E volevi essere indipendente e fare la tua vita".

Candy ridacchiò. Quella risata di donna altezzosa che tanto aveva imparato a odiare: "Sono stata davvero così idiota? Oppure in quel posto che chiami Casa di Pony non ci davano abbastanza da mangiare e ci frustavano?".

La rabbia cominciò a pervadere Annie, che strinse i pugni e fece un passo verso di lei: "Quelle donne ci amavano tutti come fossimo loro figli! Siamo state cresciute nell'amore e nel rispetto".

"E allora perché ho fatto una cosa tanto stupida?!". Il tono di Candy si era di nuovo alzato e sembrava arrabbiata anche lei.

Annie ritrovò una parvenza di calma: "Perché hai sempre pensato prima agli altri che a te stessa. Sempre. Miss Pony e Suor Lane mi hanno sempre raccontato che tu non ti lamentavi mai con loro, nonostante le sofferenze cui i Lagan ti sottoponevano".

Candy fece un grosso sospiro e rimase in silenzio, come se stesse riflettendo. Annie sedette vicino a lei sul letto, felice che non le chiedesse di nuovo di andarsene o di lasciarla sola. Invece le domandò: "Come è successo che questo prozio William mi ha scovata a casa dei Lagan e ha deciso di adottarmi?".

Come poteva risponderle senza menzionare Archie, Stair e... Anthony? Annie si sentì d'improvviso tirata in due direzioni: Candy stava finalmente mostrando interesse per il suo passato e ascoltava senza mostrare malessere. Ma cosa sarebbe accaduto quando si fossero avvicinate al nocciolo del suo problema attuale?

Il dottor Carter le aveva detto che il suo rifiuto e il suo terrore partivano dall'incidente di Anthony, forse proprio perché lei ne era ancora traumatizzata ed era a sua volta caduta da cavallo. Ancora non era chiaro perché provasse tanto odio per Albert, oltre che diffidenza verso chiunque dicesse di esserle amico, ma forse tutto era collegato in qualche maniera.

"Dunque? Non eri tu che non vedevi l'ora di raccontarmi il mio fantastico passato?", la stuzzicò lei alzando un sopracciglio con aria interrogativa e persino arrogante.

Ti riporterò indietro, Candy, a ogni costo.

"Perché glielo hanno chiesto i suoi nipoti, che ti volevano molto bene e cercavano sempre di proteggerti. Loro abitavano a Lakewood, a quel tempo, e i Lagan fanno parte dello stesso clan Ardlay", le spiegò in maniera sommaria e un po' confusa.

Gli occhi di Candy si restrinsero: "Nipoti", ripeté come se stesse soppesando l'informazione. "Quindi volete portarmi a Lakewood, in quella casa, perché io li incontri e mi ricordi di loro e di tutto il resto?". Sembrava davvero disgustata da quella possibilità.

Ad Annie si strinse il cuore e cercò le parole giuste per darle una risposta. Sperava solo che il dottore e l'infermiera fossero sempre nella stanza accanto per ogni evenienza.
"Loro... non si trovano lì", riprese cercando di controllare il respiro che era sempre più corto. "Archie... Archibald è in viaggio con lo zio William, mentre gli altri... gli altri...". Senza che se lo potesse impedire, le spalle cominciarono a sussultare, la gola si bloccò e Annie fu costretta a seppellire il viso tra le mani. Faceva ancora male pensare a Stair e alla sofferenza di Archie in quel periodo oscuro delle loro vite. Soffriva anche per Anthony, nonostante lo avesse conosciuto appena.

"Che hai da frignare, sono per caso morti?". Di nuovo quel tono. Arrogante, altezzoso, freddo.

Annie rialzò il viso guardandola con rabbia: "Sì, Candy, Stair è morto in guerra e Anthony... è morto cadendo da cavallo!". Voleva essere meno drastica e dirglielo con maggiore delicatezza, ma aveva perso il controllo. Non sopportava più i modi di quella nuova Candy, anche se sapeva che non era tutta colpa sua.

Le sue parole così dure, però, ebbero effetto su di lei che si ritrasse sbattendo le palpebre come se l'avesse appena picchiata forte. "Scu... scusami, non volevo dirtelo così", tentò, ma lei allungò un braccio come a tenerla lontana, mentre si protendeva istintivamente per toccarla.

"Non ti avvicinare". Ora era Candy ad ansimare, violentemente come se stesse per perdere i sensi. "Anthony", ripeté a bassa voce, massaggiandosi le tempie, rannicchiata su se stessa e con i gomiti poggiati sulle ginocchia.

"Candy...", tentò di nuovo allungando una mano fino a sfiorarle la schiena.

Le si rivoltò come una leonessa ferita: "TI HO DETTO DI NON AVVICINARTI E NON TOCCARMI!", gridò mentre Annie si ritraeva con un gemito.

Rimase voltata verso di lei, a guardarla con occhi vacui che cominciarono presto e perdersi come se le vedesse attraverso. Si portò le mani alla testa, spingendole forte ai due lati e la voce che le uscì, flebile e piangente, le ricordò per un attimo quella della vera Candy: "Anthony... Anthony... Albert...".

Le pupille si rovesciarono all'indietro e il corpo si afflosciò come quello di una bambola rotta. L'accolse fra le braccia chiamandola tra i singhiozzi, terrorizzata, accecata dalle lacrime, sentendosi in colpa e fu appena consapevole della porta che si apriva e delle due persone che entravano per soccorrerla.
 
 
- § -
 
Archie camminava avanti e indietro, con i nervi a fior di pelle, mangiucchiandosi le unghie come una ragazzina isterica. Forse, nella stessa maniera di Eliza Lagan mentre pensava a come incastrarli. Infuriato al solo pensiero della cugina, Archie scagliò un pugno nel muro, un gesto decisamente più virile che gli ferì la mano a sangue ma ebbe il potere di scaricare un po' la tensione.

"Non è colpendo il muro che risolverai le cose, Archie", lo redarguì la voce di suo zio dalla cella accanto.

"Beh, solo tu potevi rimanere impassibile davanti a quei due malfattori! Ma l'hai visto il capo della distilleria? Sembrava terrorizzato mentre ti accusava ingiustamente! Sarebbe chiaro anche a un bambino che è stato corrotto", gridò sentendo la rabbia divampare di nuovo.

"Sì, ma è servito all'accusa per fare il suo gioco. Chiunque voglia incastrarci, però, non ha fatto i conti con i nostri avvocati: quando sarà il turno della difesa quell'uomo crollerà, ne sono certo".

Archie fece un sospiro di disappunto: "Già, ma che mi dici del corriere? Sembrava così convinto che fossi stato tu a commissionare il ritiro che oserei dire che è un professionista! Come ha detto? Oh, il signor Ardlay non era presente ma la casa era indubbiamente sua. Mi hanno detto di organizzare due colli e spedirli fino al porto, non so cosa sia successo dopo".

"Archie, sappiamo che si tratta di accuse che si reggono a malapena, ma se la difesa farà le domande giuste anche lui potrebbe tradirsi. Gli chiederà particolari della casa che non può aver visto su un giornale o in fotografia e sentiranno anche la zia Elroy e la servitù, così da confermare che non è stato mai prelevato nulla da quella maledetta cantina!". Ora Albert sembrava agitato.

"Già, ma ti ricordo che il tipo ha sostenuto di aver fatto il ritiro in un giorno in cui non c'era nessuno di noi. Chiunque stia facendo tutto questo sa benissimo quali sono stati i nostri movimenti nelle ultime settimane. Ancora qualche dubbio sui colpevoli?", domandò stizzito.

"Non lo so, Archie, un piano così elaborato ha bisogno di un sostegno e di corruzione di persone... ci dev'essere qualcuno di molto più in alto dei fratelli Lagan".

"Quindi pensi che non siano coinvolti?", domandò alzando la voce di un'ottava.

"Non sto dicendo questo, ma potrebbero aver chiesto il supporto di qualcuno... non molto raccomandabile, se capisci cosa intendo. Se solo potessi parlare con Raymond...". La frustrazione che trasudava gli evocò l'immagine di Albert che si passava le mani tra i capelli.

"Già, ma non puoi. Dobbiamo solo aspettare e sperare che tutto vada per il meglio". Archie si sentiva svuotato, privo di forze e si accasciò seduto sul letto, con i gomiti poggiati sulle ginocchia. Voleva gridare. Voleva piangere. Voleva correre lontano da quell'incubo. Voleva la sua Annie.

"Archie?", sentì Albert chiamarlo ma in quel momento era lui a essere depresso. Non rispose. "Archie, non è arrendendoci che risolveremo le cose. Me l'hai detto tu, una volta. Io credo nella giustizia e so che siamo entrambi innocenti".

Sgonfiato di tutta la rabbia come un palloncino, Archie si sentì di nuovo vulnerabile ed esposto: sembrava che lui e Albert fossero d'accordo per alternarsi in quello stato di sfiducia. Ma che sarebbe accaduto quando entrambi avessero smesso di lottare?

"Mi manca Annie. Voglio solo stringerla fra le mie braccia e sposarla domani stesso", disse in un soffio, guardando le sbarre sdoppiarsi dietro il velo delle lacrime.

"Lo farai, Archie. Usciremo di qui e... realizzerai i tuoi sogni. Te lo giuro". La voce ingrossata di suo zio tradiva una forte emozione e lui capì, dalla sua ultima frase, che era certo di aver perso Candy ma credeva che lui avrebbe ritrovato Annie.

Strozzato dal pianto, Archie non rispose, certo che Albert avrebbe capito. Avrebbe voluto abbracciarlo, dargli speranza e ricevere conforto al contempo. Ma il muro di cemento glielo impedì.
 
 
 
*circa un metro e settanta
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Candy Candy / Vai alla pagina dell'autore: moira78