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Autore: Brume    29/06/2021    2 recensioni
STORIA REVISIONATA
“Tu non hai paura, Andrè?”mi chiedi.
“Certo che ho paura, Oscar: solo un pazzo non ne avrebbe, tanto più dopo avere ascoltato le parole di Bernard e vedere il popolo levarsi” ti dico.Certo che ho paura.Di perderti, innanzitutto. Di morire dopo di te, e dover assistere alla tua fine…perché, mia cara, di questo si tratta… era questo il vero significato della tua domanda, giusto? Mi stai chiedendo se ho paura di morire in questa pazzia, in questa….rivoluzione, vero?
... Abbracci le ginocchia, diventi pallida. Corro al tuo fianco."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Tu non hai paura, Andrè?”mi chiedi.

Guardi dritta davanti a te, apparentemente sicura, il viso che sembra , solo in apparenza, sereno; fissi l’ acqua che scorre , lenta e scura, forse cercando di trovare un senso a ciò che sta accadendo o, forse, semplicemente per rilassarti. Abbiamo cavalcato per ore , fin dall’ alba…e  ci siamo da poco fermati sotto questo ponte. Per prendere fiato e dare riposo a terga ormai intorpidite. Per stare un po' da soli. Perché oggi, domani… forse non avremo più tempo.
Al di sopra delle nostre teste, sopra le arcate usurate dal tempo, c’è fermento. Scalpiccìo di cavalli, il passo cigolante di una ruota.
 Voci.
Urla.
Ma qui sulle rive della Senna , siamo solo noi.

In ogni caso  la tua domanda , sussurrata ma alle mie orecchie udibile, quasi mi fa trasalire; alzo il capo e ti osservo, infine mi alzo dalla nicchia in cui mi ero rintanato e ti raggiungo, mi metto al tuo fianco. Appena sono seduto, prendo il fucile che tenevo a spalla. Non si sa mai.
“Certo che ho paura, Oscar: solo un pazzo non ne avrebbe, tanto più dopo avere ascoltato le parole di Bernard e vedere il popolo levarsi” ti dico.Certo che ho paura.Di perderti, innanzitutto. Di morire dopo di te, e dover assistere alla tua fine…perché, mia cara, di questo si tratta… era questo il vero significato della tua domanda, giusto? Mi stai chiedendo se ho paura di morire in questa pazzia, in questa….rivoluzione, vero? Penso, subito dopo.
Il tuo viso si mostra per tre quarti ed i tuoi occhi entrano nei miei. In questo preciso istante, amore mio, vedo vacillare ogni cosa dentro di te. Forse…forse è la prima volta che pensi , davvero, al fatto che potremmo anche non farcela….che potresti non farcela.


 Abbracci le ginocchia, diventi pallida. Corro al tuo fianco.


Senza dire nulla mollo il fucile accanto alla mia gamba e ti prendo tra le braccia, senza il tuo permesso; non reagisci ma ti fai sempre più stretta a me, come se non aspettassi altro. Intorno a noi ora c’è uno strano silenzio rotto solo dalle urla di qualche ubriaco che litiga con una qualche puttana nella taverna poco distante.
La puzza della Senna, carica di sporcizia e marcescenza di ogni genere,  arriva alle nostre narici.
Ti stringo, forte.Tu lasci fare. All’ improvviso odo i tuoi singhiozzi e mi spavento.
“Oscar…cosa sta succedendo?” chiedo.
Non ti forzo, non voglio che tu mi guardi, che mi rispondi,  se non lo vuoi. Attendo la tua risposta ma nulla arriva, nei minuti che seguono. Ti lascio sfogare e tu lo fai, inerme, singhiozzi e lasci cadere calde lacrime sul panno della mia divisa. Finchp non sento dei passi.
Arriva Alain.
 Oramai riconosco i suoi stivali ed il suo passo. Lo sento e lo vedo scendere le scale.
Ci vede. Il suo viso pensieroso si fa sorpreso; lo guardo,  attendo che parli, che dica qualcosa…e per un attimo indugia, borbotta  tra sé …e se ne va. Lo sento parlare  ai nostri compagni: qui non ci sono, magari hanno lasciato i cavalli e si sono inoltrati nei vicoli... andiamo avanti… anzi, torniamo in caserma: il turno sta quasi per finire  dice; dentro di me sorrido e lo ringrazio. Ci ha fatto un dono prezioso: del tempo.
“E’ stato gentile, Alain” ti sento , finalemente, dire. Ti guardo, vedo i tuoi occhi ancora lucidi; sollevo una mano e ti accarezzo, prima di proseguire e affondare le dita tra i capelli morbidi.
“Già” rispondo, semplicemente “
“…ho paura, Andrè… non so cosa potrò fare, domani” dici. Finalmente, Oscar! Finalmente parli, mi rendi partecipe dei tuoi pensieri. Finalmente butti fuori ciò che per ore ti ha tormentato, e non solo. Anche se può sembrare inopportuno sorrido: sono felice che tu abbia lasciato cadere tutte le tue difese affidando le parole al vento ed a me.
“…Farai ciò che il cuore ti dice” rispondo “ ed io…io ti seguirò, come ho sempre fatto”.Il mio cuore è leggero mentre ti dico queste parole; leggero e libero, come noi.
Ci stringiamo ancora un po'. Sento tutto il tuo corpo sul mio, non so cosa ti sia preso ma sappi che stai risvegliando ogni singola fibra di me.
“Fermati, Oscar, non andare avanti” mi lascio scappare; i tuoi occhi mi osservano, ingenui, come se tu non capissi cosa intendo…ma sono sicuro, io: lo sai, sai benissimo come potrei reagire tuttavia…né io né te ci allontaniamo , anzi. Ormai non ti resisto più: sei tra le mie braccia, il tuo viso è a pochi centimetri dal mio…come puoi pensare che non ti desideri , che non voglia baciare quelle labbra perennemente imbronciate e morbide? Beh, lo faccio. Senza pensarci più  lo faccio e anche tu,  pare,  non aspettavi altro: la tua bocca si schiude come un fiore apre i suoi petali ed il tuo istinto ti guida. Mentre ti assaporo penso a quella sera, torna alla mia memoria la rabbia, la confusione, l’ impotenza ,ma adesso, ora, invece siamo qui avvinghiati. Forse…forse avevamo bisogni di…quello? Forse. Forse tutto è stato necessario per arrivare fino a qui.
Quando le nostre labbra si separano, torno in me:  all’ istante una strana melanconia mi prende, si insinua tra la breccia che le mie difese, lasciate libere, hanno creato. Non so perché, ma so che questo bacio è arrivato troppo tardi e davvero troppo pochi riusciremo a scambiarne; tento di cacciare questo pensiero infausto ma non mi lascia. Mi entra sottopelle.
Tu…Ti  accorgi che qualcosa non va  e stavolta sono le tue mani ad accarezzarmi: ti osservo, sorridi, sei dolce. Forzo le mie labbra e sorrido anche io.
“Andiamo?” ti chiedo poi,  alzandomi e portandoti con me.
Una volta in piedi recupero il fucile, con un braccio ti cingo.  Tu arrossisci, chini il capo.
“…dove…dove vuoi andare, André?” mi chiedi. Io inizio a salire le scale guardandomi in giro. Si sta facendo sera. I miei occhi ormai stanchi, velati, riescono a scorgere dei soldati, la all’ angolo: stanno controllando un gruppetto di gente armata di forconi e armi di fortuna che  costruisce una barricata. Poi, più in la,  una taverna.  Ancora qualche metro avanti, l’ angolo che port nel vicolo dove c’è la locanda di Madame Francine.
Affretto il passo, tu con me.
“Andrè…dove …dove stiamo andando?” domandi, ancora.
Io, proseguo, senza dire nulla; ho fretta di raggiungere la locanda, non voglio che nessuno ci fermi o ci domandi qualcosa, che sia un civile o un militare. Pochi passi. Pochi passi ancora.
Ecco: finalmente ci siamo. Mi stacco per un attimo da te perché voglio entrare per primo e valutare un po' l’ ambiente; ci sono poche persone e Francine mi nota subito. La vedo: viene nella nostra direzione.
“Grandier… hai fame? Che ti porta, qui, in questi giorni di follia? Ti porto qualcosa da mangiare?” mi chiede, scrutandoti al contempo. Ha i capelli in disordine, ostenta sicurezza, fa sembrare quei giorni e quelle ore uguali a tanti altri.
“No, Francine. Ti ringrazio. Ora vorre…vorrei solo una stanza… “ chiedo; infilo le mani in tasca per prendere i pochi spiccioli rimasti la sento la sua mano fermare il mo braccio. Mi guarda, ci guarda.
“Venite” dice facendo cenno di seguirla; precedo Oscar , mi porto ad una sorta di bancone. Francine ci da la schiena, vedo che si allunga per afferrare una chiave e quando ci riesce si volta, la posa sul legno ormai rovinato.
Afferro la chiave e ti osservo, con la coda dell’ occhio; socchiudi le palpebre e fai un cenno di assenso con la testa. Allora, saluto Francine;  salgo le scale insieme a te e cerco la porta blu, quella che ci ha indicato, eccola, è laggiù, sulla sinistra. Vado in quella direzione, prendo la chiave, la apro…non è granchè ma non pretendo di certo alcun lusso.
Entriamo. L’ odore di stantio è coperto a malapena da un velo di profumo, quello del sapone con cui mani doloranti hanno sfregato lenzuola ormai lise. Fai qualche passo. Mi precedi e vai a sederti sul letto. Pare morbido. Senza dire nulla richiudo la porta e poi mi avvicino a te, ti riprendo tra le mie braccia, ricominciando ciò che avevano iniziato poc’anzi. Un bacio, un altro ancora.
Infine, sento le tue mani armeggiare con le mie e le tue vesti; gesti lenti, dosati. Quella mani capaci di disegnare arabeschi con una lama pesante ora si spostano su di me, lasciandomi senza fiato; faccio lo stesso, mosso dall’ amore e dal desiderio. E quello che viene dopo, nemmeno tanto tempo dopo, è la cosa più naturale, bella, potente che esista al mondo.
E’ amore.
Amore puro.
Forse un amore  un po' troppo veloce, spoglio, brusco come queste mura e questi giorni….
Un amore che tuttavia esplode, deflagrando, lanciando  lontano -  nel tempo e nello spazio - le nostre anime e rendendo i nostri corpi gusci inermi, per un attimo.
Ci abbracciamo.
“Ti amo, Andrè” mi dici; ed i miei occhi si riempiono di lacrime: ho aspettato così tanto…
“Ti amo, Oscar” rispondo.
Stavolta sono io a scoppiare in un pianto, dirotto; travolto dalle emozioni, non riesco a controllarmi.Ci stringiamo  forte, distesi sul letto,  la finestra aperta dalla quale entra un leggero refolo di vento.
E poi ci amiamo ancora, dopo un po'.
Ancora ed ancora…. se ci stanno cercando chissà penso. Ma è solo un istante. Un secondo.
 
E’ tardi quando chiudiamo gli occhi, dopo l’amore, dopo le parole, dopo le carezze. Io e te, insieme, qui…un sogno che cerco di tenermi stretto il più possibile.
Dormiamo credo qualche ora e veniamo svegliati nel modo più brusco. Spari. Urla. Dal piano terreno arriva ogni sorta di voce e lamento, c’è il caos, una babele di lingue ed urla di fanno sempre più vicine.
Il tempo di guardarci negli occhi e ci alziamo, infiliamo le nostre divise, in silenzio.
“Dobbiamo andare, è ora. Abbiamo fatto davvero tardi, Andrè, la brigata ci starà cercando….” mi dici. Annuisco; afferro la giacca, la indosso…poi  mi siedo sul letto, infilo gli stivali. Vedo che tu stai facendo lo stesso. Una volta pronto controllo le mie armi, pistola ed il fucile. Tu no, sei già pronta, hai già fatto questa operazione ancora prima di vestirti.  Un cenno, un ultimo sguardo. Corriamo verso la porta, l’ apriamo.
Ci sono persone ovunque,  c’è agitazione; pare che al piano di sotto qualcuno sia entrato alla ricerca di alcuni facinorosi e stia mettendo a soqquadro tutto. Passando tra uomini e donne, scendiamo; tavoli ribaltati, un paio di corpi a terra…ma di soldati o persone armate non vi è traccia.
Mi avvio verso la porta e la apro; sento la tua mano tirarmi per la giacca, mi trattieni.
Mi fermo, volto il capo,  fissandoti con aria interrogativa. Le tue labbra si avvicinano a me.
Un bacio.
Il più dolce.
Poi, apro la porta, tu sei dietro di me; mi metto in strada, cammino tra la gente, sento i tuoi passi. Mi volto per cercarti e ti chiedo se va tutto bene; vicino a noi un rumore, un colpo di pistola,  esplode. Ti vedo diventare pallida, corro verso di te ma…cosa è questo, cosa è questo dolore, al petto?  penso.
Porto la mia mano all’ altezza del cuore, sento caldo. E’ sangue.
Fisso le mie mani, guardo dentro i tuoi occhi. Li vedo  riempirsi di lacrime e, purtroppo, vedo una macchia simile aprirsi tra i tuoi splendidi seni.
Un alternarsi di luce e buio mi prende.
Vedo il tuo viso, sento la tua voce, sempre più debole.
La tua mano stringe la mia.
“Andrè” sento sussurrare. Voci che si levano intorno a noi. Ora sono a terra. Siamo, a terra. Sento passi vicino a noi, sopra di noi.
“Oscar…” rispondo, almeno credo.
Le forze vengono sempre meno. Sento la tua mano, le nostre mani…fredde.
Sto morendo.
Stiamo morendo.
Un sorriso sereno compare sul mio viso, sento le labbra curvarsi, leggermente. Il peso che avevo al petto ora non c’è più: credo di avere iniziato il mio viaggio ma non ho il coraggio di riaprire gli occhi.
Penso solo che vrei preferito un epilogo diverso ma…va bene così: mi lascio andare la buio, ignaro…so che mi seguirai, so che saremo insieme; ed infatti, così è.

Quando riapro gli occhi  siamo insieme, seduti sulla riva della Senna .
Niente odore di marcio, niente rumori, niente urla.
Non indossiamo le divise ma i nostri abiti migliori; l’ aria, calda, ci avvolge trasformandoci in mille , bianchi petali di rosa , trasportandoci nell’ aria, leggeri.
   
 
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