In altrettanti modi
Non c’è illusione più grande della luce, vero?
Un mattino apri gli occhi, e la vedi, verde come il peccato, sottile come la speranza. Sta là quella dannata, tra la linea del cielo e quella del mare.
Non ci sta proprio un’illusione più spregevole, dico io. Proprio un bell’affare per chi è costantemente vigile, pronto a scovarla. Ah, i migliori sono i primi a cadere nella sua trappola.
E comunque sta tutto qua. Una mattina apri gli occhi, e inizi ad aspettare che compaia là in mezzo, bassa sull’orizzonte. È proprio una bellezza, vero? Uno schiocco, pare che voglia baciarti da lontano, e speri quasi si avvicini un pochino per sentirne il sapore sulla bocca. Aspetti che sbuchi fuori e che ti baci, così, puff, proprio un bel bacetto. Inizi ad aspettartela un po’ ovunque.
La vidi presto quand’ero giovane, e già sapevo, sapevo, che le avrei dato la caccia tutta la vita, e che la vita l’avrei consumata dandole la caccia. Che l’avrei sognata, di notte. Che l’avrei cercata dentro la mia stessa ombra. Che mi sarei mangiato tutti i rimorsi pur di agguantarla, quella maledetta.
Sarebbe venuta a cercarmi lei, sicuro, mi avrebbe baciato – sulla punta del naso come le madri fanno coi propri frugoletti, o su un occhio, come le amanti più zuccherate – e sarebbe sparita di nuovo.
In altrettanti modi, sarebbe riapparsa, un po’ dove gli faceva comodo a lei.
Prendendomi un pezzo alla volta, senza mai riuscire ad afferrarla davvero, e alla fine manco tutto. Qualcosa resta. Resta sempre.
Là, tra la linea del cielo e quella del mare.
Non è la luce, ma la nostra mente, a illuderci.
Se fossimo felici, la luce ci sembrerebbe un miracolo; se fossimo disperati, si trasformerebbe invece nel segnale della sciagura. E se guardandola perdessimo il senno… o nel tentativo di afferrarla la vita… lei starebbe ancora là, tra le nuvole e il mare.
Ma io dico che vale la pena rincorrerla. Continuare a provare, combattere per essa. Dopotutto, rimane sempre un incredibile spettacolo.
E tuttavia la luce è soltanto luce. È quello che sta dietro, che conta. Un cielo pieno di stelle, il sole caldo sulla pelle, l’abbraccio di un amico, il sorriso di una donna. Direi che vale la pena inseguirla solo per beneficiare di tutto questo bene caro. Non guardare la luce, ma ciò che essa illumina.
Vorrei vederla solo per poter andare oltre, scoprire cos’altro c’è al di là di quel limite. Non fermarsi, non lasciarsi accecare, camminare è più importante. Va bene sedersi un momento sulla riva, affondare le mani nella sabbia, respirare, sperare. Ma poi bisogna rialzarsi, scivolare in mezzo ai rimpianti e continuare a correre.
Dici che alla fine è lei la cacciatrice? Prima o poi darà la caccia a tutti noi, ci troverà – ci assalirà alle spalle, fiera in agguato, o striscerà dentro una stanza chiusa, dove qualcuno s’è rintanato – e ci chiuderà gli occhi.
Tuttavia io scommetto che ci accarezzerà soltanto e passeggerà un po’ con noi, in altrettanti modi.
Fino a quel momento io guarderò l’orizzonte sperando di ammirarla, camminerò a piedi nudi, sorriderò al nuovo giorno. Lo farò anche per te. Che un po’ mi aspetti. Brinderemo assieme, un giorno. Ti stringerò la mano.
Là, tra le nuvole e il mare.
Se fossimo felici, la luce ci sembrerebbe un miracolo; se fossimo disperati, si trasformerebbe invece nel segnale della sciagura. E se guardandola perdessimo il senno… o nel tentativo di afferrarla la vita… lei starebbe ancora là, tra le nuvole e il mare.
Ma io dico che vale la pena rincorrerla. Continuare a provare, combattere per essa. Dopotutto, rimane sempre un incredibile spettacolo.
E tuttavia la luce è soltanto luce. È quello che sta dietro, che conta. Un cielo pieno di stelle, il sole caldo sulla pelle, l’abbraccio di un amico, il sorriso di una donna. Direi che vale la pena inseguirla solo per beneficiare di tutto questo bene caro. Non guardare la luce, ma ciò che essa illumina.
Vorrei vederla solo per poter andare oltre, scoprire cos’altro c’è al di là di quel limite. Non fermarsi, non lasciarsi accecare, camminare è più importante. Va bene sedersi un momento sulla riva, affondare le mani nella sabbia, respirare, sperare. Ma poi bisogna rialzarsi, scivolare in mezzo ai rimpianti e continuare a correre.
Dici che alla fine è lei la cacciatrice? Prima o poi darà la caccia a tutti noi, ci troverà – ci assalirà alle spalle, fiera in agguato, o striscerà dentro una stanza chiusa, dove qualcuno s’è rintanato – e ci chiuderà gli occhi.
Tuttavia io scommetto che ci accarezzerà soltanto e passeggerà un po’ con noi, in altrettanti modi.
Fino a quel momento io guarderò l’orizzonte sperando di ammirarla, camminerò a piedi nudi, sorriderò al nuovo giorno. Lo farò anche per te. Che un po’ mi aspetti. Brinderemo assieme, un giorno. Ti stringerò la mano.
Là, tra le nuvole e il mare.
N.d.A.
Credo che questo sia il capitolo più enigmatico della raccolta. Mi piacerebbe che riusciste voi a indovinare i personaggi, spero che li abbiate capiti in qualche modo, ma ci tengo a spiegare una cosa e allora devo riverlarli comunque.
Il primo è Moody, il secondo è Kingsley.
Il loro è una conversazione sospesa, che si dilunga tra il battito di un aurore diverse. Ho immaginato le parole di Moody in qualche modo venire pronunciate negli attimi della sua morte - in questo caso, l'aurora, la luce, simboleggiano la fine di una vita; mentre la risposta di Kingsley arriva mesi dopo, all'alba di un nuovo giorno, quando i morti sono stati contati, e così i sopravvissuti.
Il loro è un messaggio nascosto, come il passaggio di un testimone, l'eco di una conversazione che avrebbe potuto aver luogo, o che forse non ha poi bisogno di così tante parole.