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Autore: NightWatcher96    01/07/2021    2 recensioni
Prevenire è meglio che curare, recita il detto. Eppure a volte non sembra il caso dar ascolto ai segnali del corpo quando ha bisogno di aiuto. Kacchan e Deku lo scopriranno tuttavia a loro spese quando non prestare attenzione possa essere fatale.
Mpreg BakuDeku
(Accenni KiriKami)
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Kaminari Denki, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
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Angolo della Quirkless

Ed eccomi qui perché sto scoprendo il piacere di scrivere e mi sono fatta trasportare da un'altra Mpreg, visto che non posso nascondere che non mi piacciono e che mi piace soprattutto parlare di tematiche difficili e dolorose che spesso succedono nel quotidiano. Detto ciò, Enjoy!




L’ennesimo Villain che aveva pensato di scassinare una gioielleria e lui che si era ritrovato per caso a fermarlo, dovendo rinunciare al suo sacchetto con alcuni takoyaki e dei dango ripieni. L’aveva visto volteggiare di lampione in albero, con le braccia mutaforma a mo’ di tentacoli di polpo per sfuggire ai poliziotti.

Non ci aveva pensato su molto alle conseguenze che sarebbero potute derivare ma in quel momento il suo istinto di Number One Hero aveva prevalso e si era buttato nel il traffico per colpire il Villain con un Detroit Smash a piena potenza.  E l’aveva sapientemente steso, facendolo schiantare contro ben quattro lampioni che erano stati incapaci di attutire quella rabbiosa onda d’urto di potenza.

Quando Izuku Midoriya aveva lasciato tutto alla polizia di intervenire aveva visto il sacchetto tra le mani di una bambina che timidamente cercava di stringergli la mano.

“Mi scusi, Deku, sarebbe così gentile da stringerle la mano a Sayuki? E’ il suo Hero preferito” si era scusata sua madre, un’elegante donna di alta classe, con un tailleur viola, tacchi a spillo e una treccia color caramello pendolante sulla spalla. Stringeva le mani ben curate sulle spalle della piccola bimba dai capelli riccioluti, un fiocco verde e nero e occhi smeraldo.

Deku sorrise dolcemente, prendendola in braccio. Sembrava proprio sua figlia con quell’espressione raggiante e il sacchetto che gli consegnò.

“Questo è tuo, Oni-chan!” cinguettò. “L’ho visto che lo appoggiavi in terra per sconfiggere quel cattivo!”.

“Sayuki, le buone maniere!” rimproverò sua madre.

“Va bene così, signora. Mi fa piacere essere il suo Oni-chan!” scherzò bonario Deku, arruffandole dolcemente i capelli. La piccola gli si aggrappò al collo continuando a ridere felicissima.

Dopo qualche attimo sua madre la riprese e insieme ringraziarono con un inchino rispettoso, Deku a sua volta ricambiò, tornando verso l’agenzia fondata tre anni prima con Katsuki e Shoto, i rispettivi Number Two e Three di Mufutasu.

La sua mano voltò al ventre. Sotto la larga giacca castana c’era il suo bambino che stava crescendo da circa quattro mesi e tre giorni. Era felice, talmente tanto, anche se ultimamente si sentiva un po’ strano. La dottoressa che lo seguiva gli aveva detto che era lo stress, che doveva mangiare di più e cercare di rilassarsi, dal momento che soffriva di ipotensione e non era affatto buono per la gravidanza.

Nessun paparazzo conosceva il suo stato interessante, solo i suoi migliori amici della U.A fra il corso A e B.

Izuku Midoriya, venticinque anni, non aveva idea che sarebbe accaduto qualcosa di veramente spiacevole…
 


“Dove sei stato?”.

Kacchan era torvo, faceva molta fatica a tener ben nascosta la rabbia e la preoccupazione verso suo marito, o come lo definiva lui, l’audace “mogliettina” e “Mamma Deku”. Lo aveva aspettato a lungo ancora in agenzia, conscio che sarebbero dovuti andare a una cena con gli altri Pro Hero. Era più una vecchia rimpatriata.

Deku sospirò impercettibilmente, ancora rivolto verso la porta che andò a chiudere con un lieve scatto. Odiava quando Kacchan gli teneva il fiato sul collo. Finse un sorriso cercando di camminare verso di lui, appoggiando il sacchetto sulla sua scrivania straordinariamente ordinata.

“Sono stato a fare un giro, avevo fame, lo sai” ammise.

“Ah, certo. E il Villain steso con un mezzo Smash?”.

Deku si grattò una guancia imbarazzato. Era ovvio che il suo intervento sarebbe stato una pagina virale su internet e il fatto che Katsuki gli avesse puntato in faccia il tablet con un video di dieci secondi non lo aiutava a cercare di mentire a fin di bene.

Katsuki sospirò pesantemente, alzandosi. Gli prese una guancia in una mano, cercando i suoi occhi, poi dolcemente premette le sue labbra su quelle più piccole e leggermente fredde, stringendolo a sé. Fu un momento dolce, dove Deku si perse, chiudendo gli occhi e inspirando il profumo di colonia di suo marito.

“Non farmi preoccupare più del necessario” gli sussurrò contro le labbra, portando una mano alla pancia. “Sai che attendiamo questo piccolo miracolo con tanta impazienza e gioia”.

Quando ammetteva questi pensieri dolcissimi il cuore di Deku affondava nell’amore e nella gioia più puri. Si lasciò sbottonare la giacca per premere entrambe le mani sul lieve gonfiore e la fronte contro la sua. Rimasero così per qualche momento prima di staccarsi.

“Andiamo a casa a vestirci, che ci aspetta una bella serata” disse, sogghignando un po’: “E ovviamente il dopocena!”.

“Kacchan!” scattò Deku rosso in viso, tuttavia mal celando un sorrisetto compiaciuto. Era dall’inizio della gravidanza che aveva iniziato a chiedere molte più attenzioni a letto e a Kacchan certamente non dispiaceva.

Fece per riprendere il sacchetto quando una vertigine gli fece quasi perdere l’equilibrio, costringendolo a tenersi al bordo della scrivania. Tenne gli occhi chiusi, per evitare che quel capogiro si amplificasse un po’; il suo cuore invece martellava ferocemente nel petto, sembrando bussargli contro la gabbia toracica.

“Deku! Oi!” esclamò alle sue spalle Kacchan, in un lampo al suo capezzale. “Che succede? Stai male?”.

Deku alzò una mano, negando piano. “Sto bene, Kacchan. E’ solo un capogiro…”.

“Per questo ti avevo detto di smetterla con il tuo lavoro, l’One for All ha un impatto troppo grande sul tuo corpo”.

Deku lo abbracciò dolcemente, appoggiando la testa contro il suo petto solido. Sentiva ancora il corpo scosso ma non voleva dire nulla capace di turbare Kacchan, soprattutto se era tutto vero. Doveva smetterla di esercitare il suo Quirk o la gravidanza ne avrebbe risentito.

Kacchan fece scivolare una mano sotto le sue gambe magre, l’altra dietro alla schiena e lo sollevò con estrema facilità, conducendolo immancabilmente fuori dall’agenzia per poggiarlo in auto e guardarlo ancora con apprensione. Quando prese posto al lato del conducente girando la chiave nel motorino, prima di mettere la prima marcia guardò il suo compagno: era pallido e anche un po’ freddo.

Allora pensò di appoggiargli addosso una coperta che aveva in auto per evenienze simili; la fece drappeggiare alla meglio, coprendolo da metà polpacci al collo, non senza riservargli una carezza ai capelli e alla guancia. Deku sorrise, guardando poi fuori dal finestrino, mentre il cielo si tingeva di una tonalità più scura.

Bastarono circa quindici minuti prima di arrivare a casa. Katsuki accompagnò prontamente Izuku in cucina, facendolo sedere e preparando immediatamente una zuppa calda. Non gli importava di far tardi, anzi, era piacevole farsi attendere come una Prima Donna!

“Kacchan, sto bene… andiamo a prepararci” provò il verdino, stringendosi addosso ancora la coperta di pile bordeaux. L’altro gli mise la mano sulla fronte, con uno sguardo burbero. “Non ho la febbre, sto bene!” sbuffò divertito ed esasperato, allungando una mano al sacchetto per prendere un dolcetto alla crema di fagioli Azuki.

“Mangia prima la zuppa, Deku!” abbaiò il focoso, ma fece nuovamente ridacchiare il verdino per quelle eccessive buone abitudini alimentari. Decise di non contraddirlo e aspettò pazientemente la zuppa, mal celando una certa acquolina per dei pezzetti di pollo e patate. Appena prese una cucchiaiata le gote sembrarono riprendere colore. “Kacchan, è meravigliosa! La zuppa vegetale è la mia preferita!”.

L’altro aspettò che la finisse tutta prima di andare a farsi una doccia.

In quel momento Deku si distese un po’ sul letto con una mano sulla pancia, fissando il vuoto e pensando. Era da un po’ che aveva questi capogiri, le analisi tuttavia fatte erano perfette e anche il bambino o bambina cresceva bene. Non aveva voluto sapere il sesso perché voleva fosse una sorpresa e anche Kacchan era stato d’accordo con ciò.

Fece per alzarsi quando una fitta al ventre e una alla schiena lo fecero gemere un po’. Deku si premette subito una mano sulla pancia, l’altra sulla schiena cercando di alzarsi e di reclinarla all’indietro nel tentativo di lenire quel pungente dolore. Anche questi dolori erano fastidiosi, considerando che non era chissà quanto poi incinto e la pancia minuta ancora.

Si avvicinò allo specchio, alzandosi la felpa grigia che indossava e rimase a contemplarsi la pancia: gli addominali erano ovviamente scomparsi, i fianchi leggermente più larghi, aveva un lieve gonfiore sporgente che spiccava sotto le costole un po’ evidenti. Ultimamente, con i Villain che stavano spuntando come funghi non si era dedicato a una dieta bilanciata e stava dimagrendo. Doveva recuperare circa otto chili, ma Katsuki non lo sapeva o lo avrebbe fatto esplodere sicuramente.

“Che c’è?” chiese improvvisamente Kacchan, facendolo sobbalzare. “Ah, scusa. Non pensavo fossi in catalessi” rimarcò sogghignando, mettendosi dietro di lui per abbracciarlo e sfiorargli le mani, tracciando con un dito le cicatrici della mano destra. Deku gli schioccò un bacio sulla guancia quando gli infilò il mento fra la clavicola e il collo. “Mi chiedo quando crescerà questa pancia!”.

“Vuoi vedermi ondeggiare come un pinguino?” commentò di rimandò il verdino, ridacchiando e tornando a guardarsi nello specchio. Erano terribilmente perfetti insieme, con quello sguardo ammaliato rosso rubino che lo attraeva.

“No, voglio vederti palesemente incinto del mio bambino!”.

“E allora dovrai aspettare!” riprese Deku, anche se la sua espressione vacillò un po’ per un’altra fitta alla schiena. Kacchan sembrò capirlo perché prese a massaggiargli la parte bassa della colonna verticale. “Grazie… ne avevo bisogno!”.

“Cazzo, Deku! Dovresti mangiare di più, sei magro che si vedono le ossa qui dietro!” scattò il biondo, facendo scivolare le mani sul davanti, risalendo la curva della pancia fino allo sterno. Passò su un dito caldo sentendo la pelle aderire un po’ troppo allo sterno. “Sei troppo magro! Non va bene!”.

Deku sospirò staccandosi, non voleva iniziare un dibattito con l’altro che stava cercando qualche outfit adatto alla cena che sarebbe avvenuta tra un’oretta. Preferì il solito, una camicia bordeaux, gilet di raso nero e semi-violaceo sulla schiena, pantaloni scuri, ma i suoi inseparabili stivali da Ground Zero che rese in parte nascosti tirando giù l’indumento delle parti basse.

Scelse un completo bianco per Deku, sapeva che gli avrebbe fatto risaltare occhi e capelli magnificamente. Storse un po’ il naso a quei soliti scarponcini rosso fuoco e suola bianca, ma gli erano dopotutto i preferiti. Lo aiutò a vestirsi, tenendo d’occhio il corpo più magro di quanto ricordasse ma non trattenne un ringhio feroce quando constatò che il pantalone si abbottonava facilmente considerando che fosse incinto.

“Al ristorante ti ingozzerai talmente tanto che questo bottone ti dovrà saltare, hai capito?!”.

“Kacchan, ti prego… sai che sono sempre stato un fisico asciutto…”.

“Sì ma ora stai diventando come All Might e questa cosa non mi piace!”.

Deku scosse il capo, guardandosi allo specchio per passarsi una mano sui capelli perennemente spettinati e nel mentre si imbronciava con un’adorabile smorfia che risaltavano le lentiggini. Non era così scheletrico, Kacchan tendeva sempre ad esagerare! Il suo sguardo passò dalla pancia che spiccava sotto la giaccia bianca aperta e poi al marito che si stava allacciando la cintura in vita.

Scoprì un accenno di addominali ben scolpiti e una palpitazione bussò nelle sue parti intime. Il biondo finse di non accorgersi, poi sogghignando, lo prese sottobraccio e uscirono non senza coperta, chiavi, cellulari e la sua giacca corvina che completava il suo outfit da macho.

In auto, Deku di nuovo si mise a giocherellare con i suoi capelli. Li voleva pettinati tutti di lato con il ciuffo che celava in parte la fronte, come aveva facilmente fatto Kacchan.

“Sei un palo nel culo, Deku! Prendi un po’ di gel dal vano porta-oggetti e sistemateli, se proprio ci tieni!” sbuffò, mentre faceva una rapida retromarcia per immettere l’utilitaria nera con un gradiente rosso nel flusso di auto. “E che cazzo! Pure il traffico ci mancava! Da qui, poi?! Ma non possono usare quel fottuto cavalcavia?!”.

Deku mentre si aggiustava gli impossibili capelli ridacchiò un po’, poi di nuovo sentì un pizzicore al ventre e verso il lato più basso della schiena, proprio dov’erano i suoi reni. Questo fu un po’ più forte delle altre volte, senza considerare un brivido lungo la spina dorsale e un palpito del cuore accelerato.

Fece un respiro profondo, sistemandosi meglio sul seggiolino di pelle color nocciola, accarezzandosi la pancia. Mentre tamburellava giocosamente le esili e pallide dita sulla camicia bianca che indossava non potè fare a meno di ridacchiare, catturando immancabilmente l’attenzione del biondo intento a prendere una strada meno trafficata.

Erano già a un primo semaforo rosso, Katsuki ne approfittò per accarezzargli amorevolmente il ventre. “Che hai da ridere? Non me la conti giusta, Deku!” bofonchiò tuttavia era molto radioso.

“Pensavo se fosse stata una bambina. Ho immaginato te che la proteggi in ogni momento, così come fai con me” rivelò il verdino, intrecciando le sue dita con quelle dell’altro. Guardò i due anelli gemelli d’oro, un moto di orgoglio gli fece dimenticare il malessere di pochi attimi prima. “Pensavo anche a qualche bel nome”.

“Vi proteggerò a qualunque costo, sai che l’ho giurato. Ovviamente il sesso non è importante” fece il focoso, spingendo sull’acceleratore quando notò la lanterna verde accendersi. “Quel che conta è che entrambi state bene”.

“Già. Hai ragione, Kacchan” sorrise l’altro, anche se tuttavia sentiva un oscuro presentimento attanagliarlo.
 


Non si aspettarono un ristorante così di lusso da essere accessibile a funzionari politici, Pro Hero importanti e il governo stesso. La sala era enorme, il soffitto alto dove pendevano degli enormi lampadari di cristallo. Il pavimento rifletteva ogni cosa essendo in lucido marmo piastrellato fra il bianco, il nero e l’onice. Colori interessanti.

Le vetrate ampie erano costeggiate da tende scarlatte di ottima fattura, c’erano colonne di marmo con statue di angeli o donne in pose classiche, richiamando il periodo rinascimentale. Sorgevano sparsi in ordine sapiente diversi tavoli, alcuni già affollati da uomini e donne riccamente vestiti, solo uno, un po’ più in fondo alla sala accanto a un bellissimo balcone fiorito con vista mozzafiato e una piccola peschiera di granito, molto lungo con figure familiari che parlottavano.

Deku e Kacchan lasciarono le loro giacche invernali a un cameriere che non nascose il suo stupore nel riconoscerli come Number One e Two e fecero il loro ingresso. Il secondo teneva sottobraccio il primo con uno sguardo fiero, radioso e intimidatorio per chiunque avesse osato fiatare. Invece il primo era in imbarazzo, non si era mai abituato del tutto a lasciare interviste o essere ripreso in tv.

Il brusio di poco fa smise, poi Katsuki fisso tutti con uno sguardo minaccioso e questo incredibilmente riprese. Sbuffò un po’ a tutto quel baccano e a quel ficcanasare, poi tirò indietro una sedia fra Eijiro e Shoto facendo accomodare Deku. Lui fece un’occhiataccia a Denki per farlo scalare e prendere posto accanto a suo marito.

“Ragazzi, è così bello vedervi dopo così tanto tempo!” cinguettò immediatamente Ochako, proprio di fronte a Deku, fra Mina e Kyoka. “Questa cena è come un ritorno ai vecchi tempi!”.

I due annuirono, mentre alcuni camerieri iniziavano a portare stoviglie, acqua e champagne.

“Come va la gravidanza?” chiese poi Mina, con le mani chiuse a pugno che sorreggevano la sua faccia rosa. “La pancia ancora non si vede del tutto”.

“Già… però la dottoressa dice che è normale e tra diverse settimane potrei vederla molto più grande” sorrise il verdino, dopo un lieve imbarazzo iniziale, accarezzandosi il ventre.

“Ma l’importante è che siete in salute, no?” riprese Mina, ora più radiosa di prima.

Deku annuì, prendendo il bicchiere. Shoto, da gentiluomo, glielo rabboccò prontamente con dell’acqua, Kacchan al contrario sbuffò risentito.

“Grazie, Shoto-kun”.

Il bicolore gli fece un minuscolo sorriso, tornando a guardare Momo che era la sua fidanzata e parlava con Tsuyu. Le ragazze erano tutte eleganti con lunghi abiti scollati, i tacchi sapientemente abbinati e un lieve make-up per risaltare delle semplici quanto ammalianti acconciature. Sfoggiavano tutte dei colori quasi intonati ai costumi da Pro Hero che indossavano nelle missioni o salvataggi. Doveva essere tutta opera di Momo.

Poco dopo otto camerieri iniziarono a portare la prima portata a base di pesce con verdure sottaceto. Il profumo era così invitante da lasciar perdere i discorsi sul lavoro e portarlo alla qualità estetica appena servita. Tuttavia, quell’odore così particolare e forte creò un lieve malessere in Deku.

Divenne incredibilmente ancor più pallido, socchiudendo gli occhi.

“Non ti senti bene?” chiese subito Eijiro, preoccupato per l’amico.

“Credo… il pesce…” gemette. Percepì indistintamente una sensazione acida risalirgli l’esofago e lui, sapendo che non sarebbe stata nausea passeggera si alzò di scatto, mormorando scuse tra la mano contro la bocca e corse immediatamente al bagno.

La cena fu quasi freddata da quella visuale, tanto da far cadere il silenzio. Poi Katsuki si alzò e lo seguì, visibilmente preoccupato. Deku non aveva mai rifiutato il pesce o della verdura sottaceto.

Trovare il bagno almeno non fu difficile, dovette riconoscerlo: gli bastò lasciare la sala per svoltare a destra, scendere tre gradini e trovarsi ben quattro porte per la toilette: disabili, personale, uomini, donne. Sospirò leggermente scegliendo il bagno degli uomini e vagò con orecchie e udito ben attenti a qualche conato di vomito.

La terza porta sulla sinistra.

Kacchan si appoggiò un po’ contro la superficie, poi spinse delicatamente per entrare. Deku era ricurvo sul wc e aveva gli occhi arrossati, lucidi di lacrime non versate, per lo sforzo e un accenno di saliva lungo il mento.

“Izuku” chiamò, non sapendo cosa dire. Lo vide fremere e tossire, vomitando l’acqua precedentemente bevuta e qualche pezzetto di pollo mal digerito della sua zuppa. Gli si avvicinò, tenendogli alti i capelli e incitandolo silenziosamente con dei movimenti circolari sulla schiena.

Passarono circa cinque minuti con quel terribile malessere, poi Deku cercò di avvicinarsi ai lavandini in marmo scuro. Kacchan, dopo aver tirato lo sciacquone, gli fu da solido sostegno. Lo vide attraverso gli specchi che era pallidissimo, quasi da tomba e tremava. Un sottile strato di sudore freddo rendeva la sua pelle lucida e appiccicosa.

Deku tremava ma anche per dei brividi di freddo. Istintivamente gli poggiò la mano contro la fronte ma non era febbre. Forse solo lo sforzo di vomitare ben poco.

“Ce la fai a tornare dagli altri?” chiese, accarezzandogli la guancia.

Izuku annuì, iniziando a sciacquarsi le mani e a tornare con passi lenti in sala, riaccomodandosi. Tutti notarono che era diventato bianco quanto il suo elegante vestito.

“Ti abbiamo fatto preparare del miso con del riso e fette di manzo ai ferri” spiegò preoccupato Shoto, versandogli nuovamente dell’acqua.

Deku ringraziò con uno stanco sorriso, fece per afferrare il bicchiere ma questo gli cadde dalle mani, rovesciandosi sul suo pantalone e quello di Shoto. Quest’ultimo almeno fu abbastanza rapido di evitare la rottura della stoviglia di cristallo.

“M… mi dispiace, Shoto-kun…!” gemette il verdino, cercando alla rinfusa un tovagliolo ma Shoto gli premette una mano sulla sua fredda e sorrise. Andava tutto bene.

Dopo quel piccolo incidente la cena proseguì, Deku riuscì a mangiare più o meno tutto, perfino il dolce al cioccolato e cocco che fu una vera delizia poi i Pro Hero si alzarono per vedere il meraviglioso terrazzo. Tolse a tutti il fiato per la città che brillava all’orizzonte sotto la bianca e pallida luna piena, il cielo costellato di miliardi di stelle.

Era anche romantico, molte coppiette si unirono.

Iida strinse a sé sua moglie Ochako. Momo e Shoto si presero per mano come i fidanzati paparazzati quali erano. Eijiro e Denki, sposati circa sei mesi fa. Kyoka e Asui rimasero a parlottare con un bicchiere di vino in calici bordati di filo d’oro, ridacchiando di tanto in tanto.

Kacchan avvolse le calde mani su quelle gelide di Izuku, appoggiando il mento sulla spalla. Gli leccò un po’ l’orecchio facendolo ridere. Ancora una volta le dita andarono a intrecciarsi sulla pancia.

“Hai visto che hai mangiato abbastanza da dover slacciare il pantalone?” ridacchiò oscuramente Ground Zero. Deku arrossì e ridacchiò. “Fortuna che avevi la cintura o te ne saresti andato con il culo nudo dappertutto!”. L’altro era ancora più rosso di prima, non sapendo come ribattere. “Ma tanto avrebbero perso una battaglia in partenza, il culo tuo è solo mio, come tutto di te”.

“Ka… Kacchan, ti prego, non farmi eccitare qui!” lo avvertì sottovoce Deku, cercando di impedire alla mano del biondo di sfiorargli le parti basse. “Hai promesso che avresti aspettato fino a casa! Il dopocena!”.

“Bah, non ho mai detto fino a casa” evidenziò con nonchalance l’altro, sogghignando ancora. “Fino alla macchina”.

Un groppo di eccitazione imporporò ulteriormente le gote di Deku che si staccò e andò ad appoggiarsi al parapetto per ammirare la bellissima luna. Faceva un po’ freddo ma era un panorama mozzafiato, gli riportava alla mente tanti ricordi del passato, di quando era un giovane Quirkless, alla U.A., fino alla sua nuova vita con Katsuki che lo raggiunse pochi attimi dopo.

Lo abbracciò dolcemente, facendogli appoggiare la testa sulla spalla.

“Deku, sei freddo. Anche troppo. Meglio tornare dentro” mormorò preoccupato. L’altro annuì un po’ stanco ma poi chiuse di scatto gli occhi, portandosi una mano alla fronte. “Che c’è? Un’altra vertigine?” esclamò, cercando di prenderlo per le spalle in un gesto di protezione.

“Sì… credo che debba solo sedermi un po’…” gemette l’altro, prima di reclinare la schiena all’infuori per una nuova fitta, pungente, rapida e veloce. La sua mano volò alla pancia, un po’ preoccupato.

La cena era ormai finita, non c’era più bisogno di rimanere più del dovuto, così Katsuki salutò tutti insieme a Deku che si sentiva poco bene e lasciarono prima quell’intrigante ristorante. Lo accompagnò delicatamente alla macchina, reclinando lo schienale del seggiolino per farlo star comodo e gli rimise addosso sia la sua giacca sia la coperta.

Salì rapidissimo, mettendo in moto per poter tornare a casa. E corse, senza importarsi di essere spericolato…
 


Il suono dello sciacquone che veniva tirato lo svegliò come fosse stato il colpo di un cannone.

Katsuki si mise a fissare prima il soffitto, cercando di allontanare un po’ quel senso di dormi-veglia ovattato, poi si voltò alla sua sinistra dove Deku mancava. Immediatamente si mise a sedere, accendendo la lampada sul suo comodino. Notò che erano appena le sei del mattino e fuori era ancora buio, luce dalla veranda non filtrava.

Izuku entrò nella stanza con una coperta addosso e l’aspetto malaticcio, salutandolo debolmente per poi mettersi di nuovo coricato, tenendosi la pancia. Gemette a una fitta alla schiena poi guardò suo marito che per l’ennesima volta gli poggiò la mano sulla fronte: la ritrovò decisamente calda.

Rovistò nel comodino suo alla ricerca del termometro, lo infilò sotto un’ascella e attese impazientemente. Quando lo riprese i suoi occhi ebbero un fremito, alternandosi al volto malaticcio di Deku e il “trentotto e cinque” ben visibile sul display.

“Rimani al coperto, hai la febbre” gli disse, schioccandogli un bacio sulla fronte sudata. “Che non ti venga in mente di andare in agenzia, chiaro?”.
Deku tossì, un crescendo che lo fece scattare seduto ma negò. Non voleva stare da solo a casa, aveva paura che si fosse aggravato a tal punto da mettere in pericolo il bambino. Kacchan sembrò intuirlo dallo sguardo vitreo che gli diede e sospirò.

“Bastardo a Metà non c’è. E’ da Endeavor, come ogni fottuto giovedì e noi non possiamo redimerci…” sbuffò, sbattendo un pugno sul comodino. “Allora verrai con me, ma devi coprirti, hai capito?”.

Deku annuì. E così si ritrovò con una mascherina sul viso, felpa e tuta pesanti, un haori imbottito di un bel color smeraldo con un gradiente aranciato e poggiato sul divanetto nell’ufficio di Katsuki, con cuscino e una coperta di pile addosso. Averlo lì era di conforto, ma Kacchan non riusciva affatto a concentrarsi sull’inviare delle mail con diversi avvistamenti di Villain pericolosi a Endeavor, Hawks e Best Jeanist.

D’un tratto sentì Izuku tossire prima di gemere e tentare di spostarsi in una posizione un po’ più comoda. Questo lo fece abbandonare del tutto il suo lavoro e farlo avvicinare. Katsuki si inginocchiò, prendendogli una mano e accarezzandogli la fronte imperlata di sudore, guardando poi la pancia che a malapena creava una cunetta sotto quei vari indumenti.

“Devi mangiare qualcosa prima di prendere le medicine” disse.

“Ho lo stomaco sotto sopra, Kacchan…” gemette l’altro. “Riposerò un po’, più tardi mangerò”.

Il biondo avrebbe voluto replicare ma Deku aveva già chiuso gli occhi e non gli venne in mente altro che rimboccargli la coperta e tornare al suo lavoro. Eppure c’era qualcosa nel retro della sua mente a farlo preoccupare costantemente, non era solo la febbre di Deku.
 


Un dolore pungente lo svegliò dal suo sonno, facendogli avvertire ogni singola membra stanca e accaldata. Deku dischiuse piano gli occhi guardando lo schienale del divano grigio su quale si era rivolto per dormire. Cercò di mettersi disteso ma una fitta lo fece sobbalzare, questa volta dalla pancia, come se fosse stata una contrazione.

Anche se non aveva forze si mise seduto e di nuovo il dolore gli esplose ai reni, facendolo seriamente preoccupare. Non era normale. Si sentiva veramente strano, il cuore che pulsava forte e le costanti vertigini non miglioravano la situazione.

“Kacchan…” chiamò con voce rauca. Vide però la scrivania vuota. “Kacchan!” chiamò più forte, tentando di alzarsi.

Era rimasto solo? Deku sentiva il panico crescere mentre il suo corpo era scosso da fitte che sembravano come pugni nella pancia. No, era sicuro che tutto questo non fosse normale!

“KACCHAN!” urlò più forte che mai. Tossì subito dopo per quello sforzo, ricadendo seduto.

Un’altra contrazione forte. No, era impossibile che dovesse partorire! Era al quarto mese, alla seconda settimana, era improbabile e poi il suo bambino non era del tutto formato! Le lacrime presero a sgorgargli dagli occhi, mentre respirava rapido e si teneva la fronte, pervaso in continuazione da vertigini forti.

“KATSUKI!” riprovò.

Tentò ancora di alzarsi, fece un passo, poi si sentì venire meno e il suo corpo cadde riverso in terra. Cercò di attutire in modo da non cadere sulla pancia ma non fu abbastanza rapido e sbattè con il fianco in terra, così come la testa. Il suo respiro era rapido, gli occhi già annebbiati e una sensazione ferrosa che stava risalendo dall’esofago. Le macchie nere gli oscurarono la vista e non comprese più nulla.

Il suo ultimo pensiero fu il bambino nella sua pancia, poi più nulla.

E nel frattempo Katsuki si trovava all’entrata inferiore dell’agenzia con Eijiro a tener testa a un Villain che aveva deciso di attaccare la loro agenzia congiunta con FatGum e Tamaki da almeno due settimane.

Qualcosa nel cuore di Bakugo continuava a gridare che c’era qualcosa che non andava e quel cazzo di merdoso umano verde come uno slime non accennava a star fermo. La sua rabbia lo fece esplodere, puntò a un lampione facendolo esplodere in frammenti di schegge e finalmente lo vide.

L’uomo urlò quando il suo corpo informe catturò quelle schegge di vetro: prontamente Eijiro lo sorprese con una corsa rapida e lo stordì con un pugno al volto, uno indurito.

“Non puoi toccarmi, idiota!” esclamò vittorioso, inglobando parte del braccio.

Kirishima sorrise: “Ah, ma non devo essere io a toccarti!”.

Il Villain ebbe poco tempo per capire: una fiammata lo colpì proprio in faccia dall’alto. Prima di sciogliersi in una pozza informe notò che Kacchan era saltato in alto per sorprenderlo e concludere così l’attacco di Red Riot.

“Pensaci tu al resto, io devo verificare una cosa!” esclamò frettoloso il biondo all’amico che annuì con il pollice alzato.

Kacchan aveva il cuore in gola nel salire le tre rampe di scale che lo avrebbero portato dal suo compagno di vita. Tuttavia, a un passo dall’aprire la porta sentì come una fitta al cuore e per un secondo gli mancò il fiato, come se il suo cuore si fosse fermato per un attimo.

Durò un attimo: quando però aprì la porta si sentì cadere il mondo addosso. Deku era riverso in terra con un’espressione di dolore sul volto e non si muoveva. Gli si inginocchiò immediatamente al fianco, controllando il battito del cuore attraverso il polso.

Era molto debole e cosa peggiore era freddo come il ghiaccio.

Lo prese in braccio chiamandolo più e più volte; quando i suoi occhi velati di lacrime e paura si spostarono alla pancia un dettaglio rosso catturò la sua attenzione. Fra le gambe di Deku, a sporcare in bellavista la tuta, c’era una macchia di sangue ancora fresco.

No! Non era un buon segno!

Kacchan si portò alla finestra con Deku ancora in braccio per trovare Eijiro con Denki e alcuni Pro Hero di altre agenzie.

“Eijiro!” urlò attirando la sua attenzione. “Chiama subito un’ambulanza! Deku sta male, è svenuto!”.

Obbedì il rosso, veloce come mai era stato in vita sua.

Quando sopraggiunse l’ambulanza, i paramedici trovarono Katsuki seduto sul divano con Deku stretto al petto nella speranza di riscaldarlo e le lacrime sulle guance. Rivolse loro uno sguardo di un cucciolo spaurito che tremava. Izuku fu prontamente messo su una barella e controllato.

Immediatamente una donna agganciò una mascherina d’ossigeno al volto cadaverico di Izuku, infondendogli dell’ossigeno per regolarizzare i battiti cardiaci ancora più deboli. Poi sfilarono la tuta imbrattata di sangue e un medico fece un cenno agli altri: era un codice rosso!

“Che sta succedendo?!” scattò improvvisamente Katsuki. “Mio marito e mio figlio stanno bene?”.

“Signor Bakugo, la preghiamo di stare indietro. Questa è una situazione molto grave che potrebbe avere serie ripercussioni sul feto!” rispose autoritaria un’altra donna.

“Stanno bene?!” rimarcò il biondo, afferrandola duramente per un braccio.

“Signor Bakugo, c’è un distacco della placenta e dalla quantità di sangue che continua a fluire c’è la possibilità alta che possa aver già perso il bambino” spiegò un altro medico, con occhi verde menta carichi di tristezza.

Kacchan barcollò indietro come se fosse stato colpito, cadendo a peso morto sul divano. Si guardò le mani che tremavano, portandole debolmente tra i capelli mentre i suoi occhi si spalancavano. Gli fu difficile respirare tutto d’un tratto, incredulo, mentre la notizia gli continuava a vorticare nella mente. Sentiva un debole ronzio nelle orecchie.

Si accorse a malapena di due donne che lo stavano scrollando dicendogli qualcosa e mentre gli veniva spinto qualcosa sulla bocca, una mascherina d’ossigeno, lo shock fu troppo da sopportare e crollò privo di sensi…


 
“Come stanno?”.

Eijiro sobbalzò un po’ per quella voce triste alle sue spalle. Era in piedi da non sapeva più quanto tempo, con la mente in subbuglio quando era entrato nell’ufficio di Kacchan e aveva visto Izuku sulla barella attorniato dai paramedici e l’altro svenuto sul divano con dell’ossigeno sul viso.
Si lasciò inghiottire in un caldo abbraccio di Denki che lo strinse forte a sé, baciandogli dolcemente la guancia. Quel corridoio ospedaliero sembrava disabitato, come se fosse stato messo a disposizione per il Number One Hero e il Number Two.

Fuori era buio, pioveva ininterrottamente da circa quattro ore. Eijiro ora iniziava a sentire la stanchezza.

“Che ore sono?” chiese, prendendo posto su un seggiolino bianco accanto a un termosifone.

“Le diciannove e mezza” rispose Denki, sedendoglisi accanto per appoggiargli sulla spalla la testa. L’altro gli iniziò a strofinare i polpastrelli sul dorso della mano stretta alla sua. “Non sai nulla?”.

“Di Izuku no. Katsuki è crollato per lo shock, è sotto osservazione nella stanza qui di fronte” spiegò il rosso, baciandogli la tempia.

D’un tratto videro un’ombra camminare da dentro la stanza, avvicinarsi al vetro smerigliato della porta bianca e questa aprirsi con un cigolio. Kacchan uscì barcollante, con un cerotto al braccio sinistro, la pelle pallida e le occhiaie vistose. Subito i suoi amici gli andarono incontro, l’altro si appoggiò alle loro spalle senza una parola.

“Non sappiamo ancora nulla…” spiegò Denki.

Kacchan deglutì, iniziando a camminare verso l’unica stanza illuminata a giorno dietro a due porte bianche. Sentiva che Deku era lì. Voleva disperatamente sapere..!

“Non possiamo entrare, Baku-bro” richiamò debolmente Eijiro, cercando di fermarlo.

“Non me ne fotte un cazzo! Voglio sapere il mio Deku e il mio bambino come stanno!” scattò, facendo riverberare la voce i in tutto il corridoio.
Incurante di tutto e dei suoi amici che iniziarono a cercare di fermarlo, entrò in quella che notò essere Terapia Intensiva e varcò la porta intravedendo subito un ciuffo di capelli smeraldini in mezzo a quattro dottori, due dei quali controllavano dei monitor con attenzione.

“Non potete stare qui!” intervenne un’infermiera che era intenta a sciacquarsi le mani in un lavandino di metallo.

“Deku! Come sta? Il mio bambino?” farfugliò il biondo, trascinando con forza anche i suoi due amici.

La donna li spinse fuori con tutta la forza possibile, richiudendo immediatamente la porta dietro di sé. Era rabbiosa ma comprendeva lo stato d’animo di Ground Zero.

“Sono in condizioni critiche, soprattutto Deku. La sua ipotensione ha portato alla rottura prematura dell’utero e aver perso tutto quel sangue ha causato un distacco della placenta. Quei sintomi erano un campanello d’allarme. Al momento stiamo cercando di evitare che la situazione possa complicarsi” spiegò la donna guardando negli occhi il biondo scioccato.

Come un deja-vu, le sue gambe cedettero per la notizia terribile, almeno Eijiro e Denki lo afferrarono prontamente.

“Mi dispiace molto, Ground Zero, però se l’emorragia non si ferma dovremo recidere l’utero di Deku e far nascere il bambino immediatamente”.

“Ma… Deku è solo al quarto mese…!” espirò Kacchan, deglutendo un fiume di lacrime.

“Consideri questa scelta drastica per salvare la vita di entrambi. Il bambino verrebbe messo in un’incubatrice per raggiungere peso e dimensioni ideali per considerarlo fuori pericolo” continuò la donna. “Tuttavia, bisogna assolutamente intervenire ed evitare tutto questo. Un feto al quarto mese ha più dell’ottantacinque per cento di non sopravvivere”.

Li lasciò, tornando nella stanza di Deku.

Eijiro e Denki si scambiarono un’occhiata sconvolta, poi notarono il biondo tremare e stringere furiosamente i denti.

“Non mi sono accorto che stava male! Forse quelle vertigini, quei dolori… se me ne fossi accorto prima!! E se non l’avessi lasciato solo per occuparmi di quel merdoso Villain!” ringhiò, piangendo.

Era così raro vederlo in quello stato ma era comprensibile. Ejiro e Denki speravano di avere anche loro un bambino e per quanto si sforzassero non riuscivano a immaginare a pieno la paura del loro migliore amico.
 


Passarono i minuti. Le ore. Il giorno divenne notte e ancora giorno. La pioggia non si sarebbe fermata, come a voler piangere il dolore di un Hero distrutto.

Kacchan non si era mosso un istante dall’ospedale e aveva pregato che la situazione sarebbe migliorata. Che avesse avuto qualche Quirk per tornare indietro nel tempo e riavvolgere il suo errore per cambiarlo.

“Svegliati…” sussurrò, accarezzando dolcemente i capelli di Deku che dormiva da quasi quattordici ore. Si chinò per baciargli dolcemente una guancia tiepida, portando la mano alla pancia. “Forza, piccolo… c’è papà qui”.

Lo sussurrò talmente piano che non si curò di cancellare delle lacrime amare, né di ringhiare al suo stesso pensiero che stava cedendo facilmente al pianto ultimamente. Non sapeva in che altro modo dimostrare il suo dolore.

“Kacchan…”.

Come una freccia sapientemente schioccata si freddò un attimo, poi guardò immediatamente il viso di Deku, speranzoso. Ma invece l’altro dormiva con gli occhi chiusi. Forse l’aveva immaginato? Però notò un movimento di una ciglia lunga e gli prese una mano, stringendogliela dolcemente.

“Kacchan…”.

“Sono qui, Deku” confermò dolcemente, guardando con affetto i suoi meravigliosi occhi smeraldo. “Credevo che non ti saresti più risvegliato!” ammise, abbracciandolo al suo petto. “Deku… ho avuto così tanta paura!”.

“Che cosa è successo, Kacchan?” chiese poi Deku, corrugando la fronte, nel tentativo di ricordare. Poi come un lampo a balenargli dinanzi agli occhi portò la mano alla pancia. La percepì ancora gonfia e sospirò sollevato.

Katsuki iniziò a raccontargli ogni cosa, vedendo come l’orrore gli avesse modellato il viso fino a fargli stringere la testa tra le mani e singhiozzare scuotendola rabbiosamente.

“E’ colpa mia!” ripetè come un mantra, incredulo. “Il bambino sta bene?”.

“Grazie a Recovery Girl e al suo aiutante Katsuma-kun siamo riusciti a creare una super rigenerazione cellulare per riportare la placenta al suo stato attuale”.

I due si voltarono verso un medico che era entusiasta e assomigliava incredibilmente a Iida, con il taglio di capelli molto corto e occhi blu dietro a un paio di occhiali tondi da intellettuale.

“Buongiorno, signori Bakugo. Come vi sentite?” chiese cordialmente e gli altri annuirono ovviamente in bene. Si mise a  controllare subito la cartella clinica di Deku che era appesa ai piedi del letto, i sacchetti di nutrienti e gli elettrodi sulla pancia. Poi si fece serio, guardando soprattutto il verdino. “Voglio essere franco: tutto è iniziato quando ha sconfitto il Villain Octopussy dopo quell’attacco alla gioielleria in centro. Lo sforzo aveva già lesionato in parte la placenta. Non avendo vitamine e pasti adeguati questa si è andata a diradare a tal punto da portare al distacco totale”.

Kacchan vide Deku tremare scuotendo piano il capo, portando la mano alla pancia.

“Tuttavia, godiamo di aiuti importanti da Hero che hanno fatto la storia e nuovi promesse. Per cui, signori Bakugo il bambino sta bene, non ha subito alcun danno miracolosamente. Per quanto riguarda lei, Deku, voglio il massimo riposo. Dopodomani verrà dimesso, ma ci vediamo qui a fine marzo per un controllo” continuò il dottore con un sorriso.

“Certo, grazie, dottore!” esclamarono i due, felici.

Appena da soli, Deku fu investito da un fiume di lacrime amare, incapace di ingoiare le parole del dottore. Era stata colpa sua e non riusciva a mettersi l’anima in pace. Kacchan lo tirò a sé, baciandogli la fronte nel tentativo di calmarlo. Aveva ancora le lacrime agli occhi ma aveva imparato la lezione di non ignorare mai piccoli dolori da parte del suo compagno.

“Kacchan… sono stato un vero idiota… ho avuto tanta paura… il bambino però sta bene…!” singhiozzò, alzandosi la camicia azzurrata che indossava come pigiama. La pancia era ancora lì, il bimbo dentro e al sicuro. “Se l’avessi perso, Kacchan… non so se avrei potuto continuare a vivere!”.

“No, non dire questo! Ora sta bene il nostro bambino e dovrai rimetterti anche tu! E con questo intendo anche farti ingrassare un po’, forse è dipeso anche da questo! E da oggi sei in congedo maternità, capito?” intimò il focoso, prendendogli le guance a coppa nelle mani.
Il verdino annuì un po’ felice e un po’ singhiozzante…


 
“Ehi, Kacchan, guarda!”.

Il biondo si fermò dalla cottura della sua speciale zuppa leggermente piccante, guardando il suo compagno che sorrideva felicissimo con la pancia all’aria. Erano passate circa tre settimane ed era ufficialmente nel quinto mese. Kacchan ancora stentava a credere che avessero sfiorato una tragedia tempo prima.

Izuku indicò il suo pigiama blu a bottoni che non si chiudeva più e la pancia in bella vista che non poteva neppure essere nascosta nel pantalone. Kacchan sorrise felice, abbracciandolo forte e dondolandolo come se fosse stato necessario divorarlo con un bacio casto.

“La pancia è cresciuta molto, il pigiama non mi entra più!” sorrise Izuku, annusando poi il gradevole profumino.

“Spero tu abbia una gran fame, perché stasera katsudon a sorpresa con zuppa al peperoncino leggero!” invitò il biondo, facendolo sedere in tavola.

“Oh, sì, tanta fame!” cinguettò il verdino, leccandosi le labbra…


 
A quasi otto mesi Deku era imponente e non poteva muoversi senza sentire la schiena protestare. Per paura di un nuovo distacco si era confinato letteralmente in casa supervisionato da Katsuki che aveva lasciato l’agenzia in mano a Shoto e Eijiro perché non avrebbe mai voluto ripetere l’errore precedente.

“Ah… ti prego, smettila di calciare così forte…” gemette Deku, seduto sul divano con la pancia all’aria. “E’ tutta colpa tua! Perché mi hai messo incinto?!” ruggì.

Il biondo incassò le parole senza protestare, sapeva che ora che Deku era sempre più vicino alla data di scadenza era più scontroso del solito, nonostante fosse felice di questo bimbo che lo strapazzava la notte e quando voleva che Deku mangiasse qualcosa di piccante o di fritto.

Anche il caldo di giugno non aiutava e Kacchan poteva fare poco e nulla, a parte tenerlo al sicuro. Gli accarezzò dolcemente la pancia nel tentativo di lenire quei movimenti che sembravano piuttosto una festa da discoteca.

“Smettila di far soffrire tua madre, piccolo diavoletto!” provò con un enorme ghigno sulle labbra.

“Kacchan, no… non dire così. Il bimbo non è un diavoletto” lo rimbeccò giocosamente il verdino sorridendo e accoccolandosi sulla sua spalla. “Sai che ti amo e che non volevo dire quelle cose prima, vero?”.

“Certo, lo so. Lo so molto bene”…
 


Anche fare una doccia non aiutava, Kacchan era un amante dell’acqua bollente, solo che adesso aveva solo voglia di rinchiudersi in una cella frigorifera e non uscire fino a quando il caldo sarebbe sciamato.

Improvvisamente, tra lo scroscio della doccia sentì un tonfo proveniente dal soggiorno. In un primo momento non si mosse, incerto se fosse stata la sua immaginazione, tuttavia un’imprecazione forte lo fece scattare, tirando in vita un asciugamano alla bene e meglio.

“Deku!” chiamò non trovandolo.

“Scusa, Kacchan, mi è caduta solo la padella e la mia cotoletta di maiale è andata proprio sprecata! Cazzo!” spiegò mentre ringhiava, rideva e piangeva allo stesso tempo.

“Cazzo, Deku! Mi hai fatto venire un accidenti!” sbuffò il focoso, ripulendo il pasticcio con della carta assorbente e poi con detersivo e spugna. “Dai, dammi il tempo di mettermi qualcosa che ti cucino qualcosa”.

Il suo sguardo cadde immancabilmente sul pancione di Deku, era così imponente che trasudava semplicemente dolcezza. Gli appoggiò su le mani accarezzando teneramente, ancora incredulo che di lì a poco quel fascio di gioia sarebbe venuto fuori da Deku. Udirono insieme un calcetto e risero.

“Vado a vestirmi, tu siediti e non combinare disastri” lo rimbeccò poi Kacchan, con un ghigno.

Come il focoso lo lasciò solo, Deku iniziò a sentirsi un po’ strano, come un malessere che andava via via crescendo. Si accarezzò la pancia nel tentativo di pensare ad altro. Percepì indistintamente un calcetto ma anche una contrazione. Non sapeva che pensare, se chiamare Kacchan o meno.

Inspirò ed espirò. Di nuovo però sentì quella sensazione un po’ sgradevole nelle basse viscere. Non voleva ripetere l’errore di ignorare i suoi malesseri. Si fece coraggio e chiamò Kacchan.

“Deku, se vuoi mangiare, aspetta che mi metta le mutande!” brontolò il biondo dalla camera da letto.

“Kacchan, non ho fame!” sbottò il verdino, alzandosi per raggiungerlo.

“E allora che cazzo c’è? Non puoi aspettare cinque minuti?”.

Il biondo controllò se avesse tolto anche il più piccolo follicolo di barba per poi passare all’acqua di colonia. Tuttavia non udendo risposta si stranì.

“Deku?” chiamò, uscendo dal bagno. “Oi! DEKU!” esclamò spaventato, vedendolo inginocchiato in terra tenendosi la pancia.

“Kacchan… mi sento strano… mi fa male…!” articolò a fatica, dondolandosi un po’.

“Forse è il momento?” provò il biondo, aiutandolo ad alzarsi. “Dobbiamo andare in ospedale per qualunque evenienza!”.
 


Kacchan non si aspettava di essere intervenuto in tempo prima che le acque si sarebbero potute rompere e causare una lunga corsa in ospedale con l’alto rischio di partorire in auto. Ringraziava i Kami che lo avevano dotato di un’intelligenza capace di spiccare in ogni situazione.

E ora pregava solo di non svenire perché Deku stava urlando oscenità mentre spingeva e gli stritolava la mano, costringendolo a gridare per quello che sarebbe sicuramente diventato un mucchietto d’ossa. Era convinto che Deku non avesse partorito prima del venti luglio e invece erano al dieci, alle venti e trenta di sera e il sudore a grondare come un idrante.

Aveva mandato un messaggio frettoloso ai suoi genitori, la sua piagnucolona suocera Inko, Eijiro che poi aveva avvisato tutti gli altri compagni e sapeva che erano in trepidante attesa fuori la sala parto. Forse non sarebbe sopravvissuto.

“Cazzo! Deku, mi stai facendo male!” scattò, non sentendo più la mano.

L’altro avvampò di rabbia attivando inconsapevolmente l’One for All e strinse ancor di più, poi disse: “E’ colpa tua, Katsuki Bakugo! Mi hai fottuto così tanto che sto patendo tutto io!!”.

“La prego, Deku, non usi il suo Quirk proprio ora!” intervenne un’ostetrica, mal celando il fatto che si stesse divertendo dinanzi a quella scenetta.
Deku obbedì, lasciando la mano di suo marito che per poco non svenne dal dolore insopportabile ma non poteva lasciarlo in un momento del genere. Lo incitò con delle carezze sui capelli, dandogli nuovamente la mano. In qualche modo sperava di farlo sentire meno solo in quella battaglia.

“Ci siamo quasi! Vedo la testa!” esclamò la donna, preparandosi ad accogliere il neonato.

Deku spinse una, due, tre volte, sempre urlando oltre i suoi polmoni fino a quando attraverso il suo sforzo non sentì il pianto di un neonato.

“Oh, eccolo qui!” cinguettò la donna, recidendo il cordone ombelicale e portandolo immediatamente a Deku per vederlo.

“Ciao tesoro…!” ansimò il verdino, cercando di cogliere ogni più piccolo dettaglio di quella perfezione.

“E’ un maschio, congratulazioni!” sorrise felice, mentre il piccino piangeva. Lo lavarono immediatamente, mettendolo in una culla.

Deku era felicissimo come non mai, ma improvvisamente un dolore disumano gli sconvolse le viscere. Si ritrovò a soffrire, cercando la mano di Katsuki che non sapeva che cosa dire o fare. Vide i dottori scambiarsi uno sguardo incredulo per poi tornare a vedere tra le sue gambe.

Izuku nuovamente spinse con forza fino a quando non sentì qualcosa lasciare le sue parti intime in un altro pianto, stavolta più debole e piccolo. E lui cadde con la testa sul cuscino ansimando e senza forze.

“C… cosa…?” biascicò, tremando.

“E’ un altro bambino! Un altro maschietto!”.

“Sono due?” balbettò Kacchan incredulo. “Sono due gemelli?”.

“M… ma come?” si stupì Izuku, vedendo anche l’altro gioiellino con un amore immenso.

“In tutto questo tempo i feti devono essere stati sovrapposti dando l’illusione di esserne soltanto uno, così come è stato impossibile rilevarlo dai battiti del cuore, essendo incredibilmente sincronizzati!” spiegò l’ostetrica.
 


Katsumu e  Izumu erano venuti al mondo il dieci luglio alle ventuno precise. Il primo aveva i capelli ispidi come Kacchan, biondissimo ma con grandi occhi verdi smeraldo. Era molto vivace, piangeva in continuazione. Izumu, invece, per quanto avesse la testolina bionda c’erano delle meravigliose sfumature alla base e i suoi riccioli erano molto più ondulati sulla testolina. I suoi invece erano rubini profondi. Era ovviamente molto calmo, mangiava e dormiva.

“Non ci posso credere che erano due!” erano state le parole di Kacchan quando tutti erano entrati nella sala parto a congratularsi.

Erano rimasti scioccati da quella scoperta e ovviamente subito avevano dimostrato la loro immensa gioia, rendendo speciale quella magica serata.

“Sono bellissimi, tesoro!” erano state le parole di Inko, commossa mentre vedeva i due piccoli miracoli.

“Sì, mamma… sono semplicemente perfetti…”…


 
“E questa è la vostra storia, di come siete nati, di come eravate dei piccoli miracoli”.

I due bambini di tre anni erano rimasti stupiti dalle parole gentili di Deku, poi si era unito perfino Kacchan al racconto, portandoseli sulle ginocchia.
Deku sorrise ai visi illuminati dei suoi piccoli miracoli, poi portò la mano al pancione di otto mesi e mezzo sotto la coperta di pile. Era così felice che sarebbe stata una bambina stavolta. Lo aveva scoperto di punto in bianco e sarebbe stata una bellissima sorpresa sotto l’albero.

“Mamma, la sorellina è tutta per me, vero?” chiese d’un tratto il vispo Katsumu.

“E’ di tutti e due e mi dovete promettere che non ne sarete gelosi” spiegò Izuku, accarezzando loro sulla testa. A quel momento, la bimba scalciò un po’. “Sentite come si muove!”.

Curiosi i due piccoli premettero orecchie e manine sul ventre rigonfio, così come fece Kacchan, felice.

“Sono certa che la piccola Yuri-chan sarà un altro piccolo miracolo” sorrise Deku.

“Già, spero che nasca la notte di Natale!”.

E allo scoccare della mezzanotte del venticinque dicembre una piccola bimba dai capelli arruffati e verdi con occhi fra uno smeraldo e un rubino venne al mondo, rendendo ancor più magica e speciale la vita dei Pro Hero che avrebbero protetto i loro bambini con la vita.

Perché un Hero si sarebbe sacrificato anche per amore.

Perché un Hero avrebbe sempre trionfato
 

The End
 
  
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