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Autore: moira78    02/07/2021    3 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Che mi venga un colpo!". Terence scattò in piedi urtando il tavolo, rovesciando la tazza di tè e facendo cadere la sedia su cui era seduto a fare colazione.
Non poteva essere vero, doveva per forza trattarsi di un errore.

Terence lesse tutto l'articolo con frenesia, passeggiando per la stanza d'albergo con gli occhi che saettavano da una riga all'altra, solo per scoprire che il magnate degli Ardlay, William Albert, e suo nipote Archibald Cornwell erano stati arrestati per commercio illegale di alcoolici ed erano sotto processo. A quanto pareva, la futura sposa del rampollo dei Cornwell, Annie Brighton, aveva deciso di lasciarlo in seguito allo scandalo mentre la protetta di William...

"Sparita! Candy non può essere sparita!". Terence sedette sul letto, con le gambe malferme, cominciando a leggere avidamente quella parte. Ma non c'erano altre informazioni e lui volle pensare che si fosse solo ritirata alla Casa di Pony.

Ricontrollò più volte l'articolo, cercando di cogliere particolari che gli fossero sfuggiti, ma tutto sembrava nebuloso e assurdo. La sua mente cominciò a lavorare alla velocità della luce, suggerendogli che esistevano giornalisti che si sarebbero inventati qualunque storia pur di fare sensazionalismo e lui lo sapeva bene, visto che gli avevano già affibbiato almeno una decina di fidanzate diverse.

L'istinto gli gridò che doveva andare a controllare, ma era bloccato in città per le riprese del film e non poteva certo andarsene così.

Chiuse il giornale, riflettendo mentre riprendeva a camminare con passi nervosi per la stanza. Ebbe un'idea e si precipitò sul telefono: in breve, era in collegamento con Chicago e chiese di George Villers.

Attese per interi minuti, quando il centralino gli confermò che il destinatario non rispondeva alla chiamata. Riattaccò con un gesto di stizza, passandosi le mani tra i capelli.
Incapace di stare fermo, si recò alla porta, ma ci ripensò e ancora si sedette accanto al telefono, osservandolo come se potesse dargli delle risposte, con i gomiti sulle ginocchia e le mani giunte poggiate sulle labbra strette in una smorfia risoluta.

Stavolta, sua madre rispose dopo pochi squilli: "Tesoro che c'è, tutto bene?", gli chiese con voce preoccupata.

"Sì, mamma, sto bene ma ho bisogno di un favore. Dovresti avvisare il signor Ross che oggi non potrò venire alle riprese e ho bisogno di qualche giorno di permesso", comunicò senza preamboli.

Lei emise un'esclamazione di stupore: "Ma, Terence, abbiamo cominciato da poco, cosa è successo di così grave? Che devi fare? Si tratta per caso di quella ragazza...?", chiese circospetta.

Terence sospirò: "No, non si tratta di Karen. Si tratta di Candy. E di Albert. Leggi i giornali e capirai. Devo accertarmi che vada tutto bene".

"Figliolo...", Eleanor sembrava rassegnata ma lui colse la tensione nella sua voce.

"Lo sai che ho rinunciato a lei e non ho intenzione di tornare indietro. Ma devo sapere che sta bene, mi capisci, vero?". Chiuse gli occhi, mentre si sentiva già proiettato verso la stazione sulla prima carrozza disponibile.

All'orecchio gli arrivò il sospiro di resa di sua madre: "Va bene, ci penso io. Ma tu cerca di non stare via per troppo tempo e chiamami quando sei arrivato. Puoi anticiparmi cosa è accaduto di così grave, per farti correre così?".

Dovette deglutire prima di rispondere: "Pare che Candy sia scomparsa e... Albert e Archie si trovino in prigione". Scostò la cornetta al grido soffocato della donna, quindi aggiunse: "Mamma, ti devo salutare. Ti terrò informata. A presto!".

Recuperò la giacca e corse fuori ricordando come, solo poco tempo prima, si fosse recato alla stazione di un'altra città cercando di scorgere un viso noto e vedendola solo all'ultimo momento. Karen aveva gli occhi asciutti e il viso sorridente leggermente arrossato dalla corsa, ma aveva fatto in tempo a salutarlo prima che se ne andasse.
Senza pensarci due volte, lui l'aveva abbracciata ricordando l'addio che aveva dato a Candy e sentendo il cuore gonfio di una nuova sensazione di perdita imminente.

"Ehi, Terence Graham, non mi diventerai sentimentale, adesso!", aveva riso Karen stringendolo brevemente prima di allontanarsi. L'aveva guardata con attenzione e non gli era mai sembrata più bella, anche se era senza trucco e i lunghi capelli corvini erano un po' spettinati.

"Non ti dimenticherò mai, Karen. Ti giuro che ci rivedremo un giorno". La frase gli era morta sulle labbra quando lei gli aveva posto un dito sulla bocca. Sopra al sorriso solenne, gli occhi erano più brillanti e capì che stava lottando per trattenere le lacrime.

"Non giurare nulla, Terry. Va bene così, anche io sono stata bene con te". Era stato tentato di baciarla e per un attimo si vide mentre lo faceva, mandando al diavolo anche gli ultimi dubbi, ma non lo aveva fatto. Il fischio del treno e il richiamo del capostazione lo avevano indotto a salire mentre continuava a guardarla, sorridendole.

"Arrivederci, dolce e testarda Karen", aveva urlato in mezzo al frastuono, lanciandole un'ultima occhiata.

Terence alzò il braccio con urgenza, chiamando a gran voce una carrozza che passava. Candy sarebbe sempre rimasta nel suo cuore, su quello non aveva dubbi. E, anche se un giorno si fosse innamorato di nuovo, avrebbe sempre avuto l'istinto di proteggerla.

Dal loro addio non si erano più parlati, né scritti e quello che aveva letto, seppure non poteva sapere quanto fosse vero, lo aveva riempito di orrore. Doveva capire, accertarsi che fosse tutto a posto e che lei fosse felice e al sicuro. Con Albert, da sola, con chiunque.

Mentre gridava al cocchiere di recarsi alla stazione più rapido del vento, Terence si ritrovò a pregare e i volti di Candy e di Karen gli si alternarono nella mente lungo tutto il tragitto.
- § -

George si tormentava le mani mentre il dottor Leonard parlava. Non poteva credere a quanto il destino si fosse accanito sugli Ardlay, ultimamente, e pregò che non dovessero abbattersi altre disgrazie su di loro.

"La signora sta riposando, le ho dato un blando sedativo. Occorre però che non venga sottoposta ad altre emozioni o il suo cuore potrebbe risentirne: la sua pressione si è di nuovo alzata a livelli allarmanti, anche se per fortuna non si è trattato di infarto come temevamo".

Con un sospiro profondo, rispose: "Purtroppo stiamo vivendo un momento delicato, come ben saprà. Dottor Leonard, inutile che glielo nasconda, perché è il motivo principale per cui oggi lei è qui: il signor William e il signorino Cornwell sono davvero in stato di reclusione, ma tutto ciò che afferma quel giornalista sconsiderato è assolutamente falso e stiamo lavorando con i nostri avvocati per dimostrarlo".

Il medico alzò una mano, come per interrompere le sue spiegazioni: "Non deve giustificarsi con me, signor Villers. Io sono solo il medico di famiglia e non mi interessano il gossip o i pettegolezzi. Spero solo che tutto si risolva per il meglio".

George annuì, cominciando ad accompagnarlo verso l'uscita e parlando piano per non farsi sentire dalla servitù, per quanto potesse essere utile: "Lo so e la ringrazio per questo. Ma nonostante tutto mi preme essere chiaro con le persone più vicine alla nostra famiglia, specie per chi fa tanto come lei".

Davanti alla porta d'ingresso, il dottor Leonard si calcò il cappello sulla testa e scrutò il volto di George con un cipiglio meno severo di quello che lo caratterizzava di solito: "Per me è un onore servirvi, soprattutto dopo gli errori commessi".

George sapeva che si riferiva al ricovero in ospedale, tanto tempo prima, del signorino William quando era uno smemorato. Il timore che fosse una spia aveva indotto il personale a recluderlo nella stanza numero zero, dove Candy lo aveva trovato e riportato alla vita.

Ora che quella stanza non c'era più e che i rapporti tra il Santa Joanna e gli Ardlay si erano chiariti, il dottor Leonard era diventato una risorsa preziosa, assieme ai suoi colleghi, per tutte le necessità della matriarca quando si trovavano a Chicago e, occasionalmente, persino a Lakewood.

"Il passato è passato, dottor Leonard, le siamo grati per tutto quello che sta facendo per noi". Gli strinse la mano, congedandolo e guardandolo allontanarsi con l'autista che aveva incaricato di riaccompagnarlo in ospedale.

Ebbe appena il tempo di chiudere la porta che una cameriera gli si avvicinò timidamente, tormentandosi il grembiule come lui aveva fatto con le mani poco prima: "Mi perdoni, signor Villers, ma la signora chiede di lei. Si è svegliata all'improvviso e sembrava molto agitata. Dice che è urgente".

George si sentì tirato in tre direzioni diverse: non sapeva se correre da madame Elroy o richiamare indietro il dottore e nello stesso tempo aveva un appuntamento con gli avvocati cui non poteva mancare.  

Ora come ora, sarebbe servito un braccio destro anche a lui.

Alla fine, scelse di seguire la cameriera fino alla stanza e, non appena fu sulla soglia, udì la sua voce affannata che lo chiamava con tono urgente. Congedò la cameriera e si affrettò a entrare.

La donna giaceva sul letto, pallida e provata, e lui provò imbarazzo a entrare in uno spazio così intimo: "Signora, la prego, non deve agitarsi. Se ha bisogno di qualcosa posso chiedere a Catherine e...".

"No!", esclamò lei tirandosi a sedere con fatica. "Devo parlare con te e con nessun altro. Questa storia è andata avanti troppo a lungo ed è ora che ti riveli delle cose... delle cose che...". Nel tentativo di trovare una posizione comoda, la signora Elroy si accasciò di lato e non cadde dal letto solo perché George fu subito al suo fianco.

Contravvenendo a ogni regola che imponeva l'etichetta, provvide personalmente a sistemarle i cuscini e a farla sedere in maniera che fosse comoda, trattenendo il proprio imbarazzo ma anche incuriosito dallo strano comportamento della matriarca.

"Chiudi la porta, per favore. Non deve ascoltarci nessuno. Se non ho inghiottito il medicinale che mi ha somministrato il dottore è solo perché non posso più aspettare: devi sapere e riferire ai nostri avvocati".

Lui eseguì e rimase in piedi a una certa distanza dal letto, ora del tutto allarmato dalle sue parole, ma anche molto in pena per le sue condizioni.
"Signora Elroy, la prego di non affaticarsi troppo, però. Il dottor Leonard si è raccomandato che lei riposi, la sua salute...".

"La mia salute peggiorerà se non usciamo da questo scandalo!", ribatté con un tono molto simile a quello che aveva quando stava bene ed era infuriata. "Prendi una sedia, non si tratta di una cosa breve. Soprattutto ci vorrà molta discrezione perché se una parte del clan Ardlay dovrà crollare non saremo noi, ma i veri colpevoli di tutto. Occorrerà assumere un investigatore privato della massima fiducia che faccia un lavoro certosino nel minor tempo possibile".

George non le staccò gli occhi di dosso mentre prendeva una sedia e vi si accomodava lentamente. Le rughe sulla fronte della donna si approfondirono e minuscole gocce di sudore cominciarono a imperlarle la pelle. In cuor suo, George sperò che quella confessione, di qualunque natura fosse, non si rivelasse fatale per la matriarca.

"Farò tutto ciò che è necessario ma ora, la prego, mi dica quello che sa senza agitarsi", le chiese sentendo il cuore pulsargli nelle tempie.

Per lunghi istanti, la vide fare dei respiri profondi come se stesse per fare un salto da una scogliera ripida e non trovasse il coraggio di affrontarlo. La sua lotta interna doveva essere dolorosa e crudele e lui cominciò a subodorare qualcosa di molto sgradevole. La sua sensazione si acuì facendogli strabuzzare gli occhi quando disse, con voce bassa ma molto chiara: "Si tratta di Neal ed Eliza".

Il silenzio gli ronzò nelle orecchie e ondate di furore gli fecero aumentare ancor più, se possibile, il battito cardiaco. Inconsapevolmente, strinse la stoffa dei suoi eleganti pantaloni neri: "Cosa intende, di preciso?", chiese anelando e temendo la verità nello stesso momento.

La signora Elroy chiuse gli occhi: "Li ho visti nello studio di William, a Lakewood, dove mi hanno riferito che cercavano dei documenti da inviare ad Archibald su sua richiesta. E pochi giorni fa Eliza ha chiamato chiedendo di William e di suo cugino per invitarli a un ballo".

Il respiro divenne affannoso e George dovette fare appello a tutto l'autocontrollo residuo per contenere le sue emozioni: rabbia, gelo, indignazione, stupore... speranza. Davvero i Lagan avevano a che fare con quella storia? Dopo essere stati scagionati dall'incidente avvenuto alla signorina Candice avevano veramente avuto l'ardire di macchinare un piano così complesso? E con il supporto di chi? Di certo non di Raymond, anche se...

"Signora Elroy", disse schiarendosi la voce e cercando di riportare tutto su un piano logico, "per favore, cerchi di partire dall'inizio e di darmi quanti più dettagli ricorda. Se davvero ci sono implicazioni con i signorini Lagan sarà indispensabile parlarne con i nostri avvocati, oltre a fare i necessari approfondimenti".

La donna annuì e a George non era mai parsa così vecchia e stanca. Mentre parlava, l'uomo comprese quanto la distrazione, durante il periodo in cui Candy era stata in coma, potesse essere costata a tutti loro.
 
- § -
 
"Dorme decisamente troppo", esordì Annie sedendo di fronte al dottor Carter e all'infermiera Frannie, mentre si trovavano nella stanza di quest'ultima per fare il punto della situazione. Una parte dei suoi pensieri andò brevemente alla prozia Elroy, per la quale era stato necessario chiamare un medico e sperò che non le accadesse nulla di grave.
La prima pagina dei giornali di quel giorno aveva gettato tutto nel caos ma, per fortuna, le persone che le stavano davanti, così come di certo anche il dottor Leonard, erano lì per occuparsi dei malati e non per giudicare la situazione familiare così compromessa degli Ardlay.

Annie aveva avuto l'istinto di chiedere un calmante quando si era resa conto di come quel giornalista aveva parlato di Archie,

il suo Archie

ma poi Candy aveva avuto un altro eccesso d'ira nel momento in cui dottor Carter aveva tentato di parlarle di nuovo di ipnosi e avevano dovuto sedarla.

Se, fino a poco tempo prima, aveva potuto crogiolarsi nella sua nuova e rifiorita personalità, godendo della propria indipendenza con una punta di egoismo e sognando che le ultime parole di Archie fossero vere, ora Annie era catapultata in una realtà nella quale la priorità era riportare alla vita Candy.

Si stupiva, ogni volta, della forza cui riusciva ad attingere e sperò che non le venisse a mancare all'improvviso.

"Sì, sono d'accordo. Ma vale anche la pena dire che, da un certo punto di vista, è anche normale", rispose al suo dubbio il dottor Carter, poggiando il gomito sul bracciolo della sua poltrona per sostenersi la testa con due dita e scoccando un'occhiata a Frannie.

Pur avendo in testa mille pensieri, ad Annie non sfuggì quello che colse nei suoi occhi mentre guardava l'infermiera e neanche il leggero rossore che le imporporò le guance quando si sentì osservata e chiamata in causa.

Beati loro, chissà che nasca davvero qualcosa di bello. Se solo Archie mi avesse sempre guardata così...

Durante il loro ultimo incontro, forse, nei suoi occhi traboccava persino un sentimento più grande di quello appena nato che brillava in quelli del giovane medico.

Il suono di Frannie che si schiariva la voce la riportò alla realtà: "Penso si riferisca al fatto che il cervello umano, mentre dorme, tende a eliminare le scorie e le tossine che accumula durante il giorno. In questo caso lo stress post-traumatico del coma e della perdita di memoria, nonché i ripetuti stimoli con cui viene sollecitato, sono fonte di forte affanno. Il riposo che Candy cerca potrebbe essere in parte dovuto a questo".

Carter inarcò un sopracciglio, evidentemente colpito, e senza abbandonare la sua postura rilassata disse: "Non avrei saputo dirlo meglio", dichiarò provocandole un rossore maggiore.

Annie cominciò a sentirsi quasi di troppo e balbettò: "Sì, capisco, ma non si era detto che così era peggio?", chiese cercando di uscire dall'imbarazzante situazione.

Il dottore fece un respiro profondo e si alzò in piedi, cominciando a passeggiare per la stanza come se riflettesse, la mano che si accarezzava il mento: "Certo, per quanto il riposo della mente sia necessario al suo corpo, per la signorina Candice equivale ad allontanarsi ancora di più dalla realtà. Anche se non ha mai fatto reali tentativi di suicidio, questa sua negazione costante diverrà comunque la sua rovina: potrebbe sfociare in una depressione che non tarderà a farle venire in mente idee autolesioniste. E non parlo di tagliarsi i capelli".

Annie rabbrividì, giocherellando con le dita, avvertendo ancora sulle proprie spalle il peso di tutta quella situazione: "Allora cosa dovremmo fare? Quando le ho parlato della nostra infanzia, fino a un certo punto sembrava interessata".

"Ma appena è giunta al punto in cui ha ricordato Anthony ha avuto una nuova crisi", concluse per lei Frannie, alzandosi a sua volta.

Annie si sentì osservata e capì che doveva prendere una decisione. Sapeva che la voce di Candy e i nomi che aveva pronunciato poco prima di svenire potevano essere stati uditi dai due, ma se così non fosse stato avrebbe dovuto informarli lei stessa. Si trattava di un argomento molto delicato, che però poteva rappresentare il fulcro del problema stesso.

"Signorina Brighton?", la voce interrogativa dell'infermiera le fece capire che attendevano una sua risposta.

Come posso rivelare loro una cosa così intima? 

"Signorina Brighton", intervenne il dottor Carter avvicinandosi di nuovo, con voce calma ma ferma, "entrambi abbiamo sentito bene che la signorina Candy, in quell'occasione, ha nominato anche il suo tutore. E l'apparente avversione che prova per lui potrebbe essere altrettanto collegata a ciò che è accaduto a quel ragazzo, Anthony. Per il bene della sua amica, la prego di dirci se ha qualcosa da aggiungere che non sappiamo".

Annie si alzò dalla poltrona come se bruciasse e diede loro le spalle, giungendo le mani a pugno come in una preghiera ardente: "Posso contare sulla vostra discrezione e sul segreto professionale?", chiese sapendo già la risposta.

"Naturalmente". Era la voce di Frannie.

Si voltò per fronteggiarli e decise che doveva provare il tutto per tutto: "Ebbene, Candy e lo zio William... Albert... beh, da qualche tempo il loro rapporto andava al di là della semplice amicizia".

Prima di abbassare gli occhi, imbarazzata da quella confessione, notò l'irrigidimento improvviso dell'infermiera. Fu lei a parlare, con voce meno ferma di poco prima: "Vuole dire che avevano stretto una relazione sentimentale?".

"Si conoscono da una vita!", esclamò con fervore, alzando nuovamente gli occhi per fronteggiarla: "Quando lui era privo di memoria hanno vissuto insieme e sono sicura che è stato grazie a lui che Candy ha dimenticato Terence...". Come rendendosi conto che stava rivelando eventi anche fraintendibili come un fiume in piena, Annie tacque, a disagio.

Le espressioni di Carter e Frannie erano contrastanti: mentre lui, poco dietro alle spalle della donna, aveva spalancato gli occhi con una sfumatura di stupore e qualcosa che osò paragonare alla comprensione, l'infermiera aveva i pugni stretti e lo sguardo vacuo.

Che diamine sta accadendo?

Carter superò Frannie, poggiandole per un istante le mani sulle spalle come per superare un ostacolo e le si parò davanti: "Questo è molto importante! Se ricordo bene Anthony era il nipote diretto del signor William: possibile che tra loro ci fosse una somiglianza?".

Annie strinse gli occhi, riflettendo: "L'ho incontrato solo una volta ed è passato tanto tempo, inoltre mi pare di aver visto un dipinto, a Lakewood, e c'era una certa somiglianza, in effetti. Anthony era il figlio della sorella maggiore di Albert, dopo tutto. Ma, la cosa più importante, è che Candy era... innamorata di lui all'epoca", concluse, sperando che quei dettagli facessero luce.

"Quindi Candy potrebbe vedere nel suo tutore un riflesso del ragazzo che aveva amato: è per questo che stava insieme a lui?". Il tono palesemente irritato di Frannie la colpì e Annie spalancò al bocca.

Oh, no, non dirmi che...

"Frannie, la prego di ridimensionare questo concetto: le ricordo che non siamo qui per giudicare la signorina Candy, ma solo per capire come aiutarla". Carter le lanciò uno sguardo duro e Frannie ebbe la buona creanza di arrossire di nuovo.

"Certo, mi scusi", ribatté con un filo di voce.

"Io sono sicura che Candy amasse sinceramente Albert. La loro storia è molto complessa, ma lui le è sempre stato accanto e ho la certezza che lei non lo abbia mai considerato un semplice riflesso di Anthony, anche se potevano somigliarsi fisicamente", disse decisa, facendo un passo verso Carter.

"Quindi, riassumiamo". Il dottore alzò le mani come per chiederle di aspettare, quindi ricominciò a passeggiare per la stanza, gesticolando mentre ripeteva i punti principali: "Una giovane Candy s'innamora di Anthony prima ancora di conoscere il signor Ardlay".

"Credo l'avesse già conosciuto, ma non avevano che un rapporto d'amicizia, direi. All'epoca la loro differenza di età era... più evidente", lo interruppe Annie, ricordando come le avesse parlato di quando era stata salvata dalla cascata.

"Bene", prese atto Carter facendo volteggiare una mano per indursi a proseguire, "ma poco dopo il povero ragazzo muore cadendo da cavallo, esattamente come è accaduto a lei! Anni dopo i suoi sentimenti cambiano e Candice si ritrova a provare qualcosa per il signor William. Dopo la perdita della memoria, i punti focali sui quali qualcosa nella sua mente scatta e s'inceppa sono: la morte di Anthony, il terrore per i cavalli e... la repulsione per colui di cui dovrebbe essere innamorata". Aveva concluso il monologo contando sulle dita, sotto lo sguardo attento di Frannie.

"Possibile che lo ritenga responsabile della morte del ragazzo? Se non sbaglio ci è stato riferito che fu lui a ordinare la caccia alla volpe durante la quale avvenne l'incidente", ipotizzò Frannie.

"No!", esclamò accorata Annie, facendoli voltare entrambi di scatto. Imbarazzata, si ritrasse: "Voglio dire, Candy non sarebbe mai capace di...". La voce le morì in gola. In lei c'era ancora la vecchia Annie ma quella nuova era migliore: nel caso della sua migliore amica, invece, era l'esatto opposto.

Il dottor Carter sospirò, guardandola con aria comprensiva: "Purtroppo dobbiamo accettare qualunque cosa, anche la peggiore in assoluto. Anche se, per sua indole, Candy non proverebbe mai un sentimento così spregevole, il suo inconscio potrebbe averla tradita e portato a galla qualcosa che era rimasto sepolto".

Annie cadde a sedere pesantemente sulla poltrona: "Se così fosse, cosa possiamo fare per lei?".

Il medico si accigliò, pensoso: "Credo che dovremmo insistere su questo punto: la chiave non è tanto nell'incidente del giovane Anthony, quanto nel suo rapporto con il signor William. Dovrei... dovrei approfondire questo argomento con lui".

Il silenzio calò per un attimo nella stanza e fu Frannie a romperlo: "Bene, direi che possiamo domandare al signor Villers di chiedere un incontro per lei. Non penso ci siano problemi". Il tono era freddo e controllato e Annie pensò di aver sognato un suo possibile coinvolgimento con Albert. D'altro canto, anche lei era una donna e non era certo strano che potesse essere rimasta stregata dal suo fascino. Lei stessa, se non fosse stata perdutamente innamorata di Archie, si sarebbe sentita attratta da lui.

Ma che bel momento per fare certe considerazioni, Annie, come se già non avessi abbastanza pensieri!

Scosse la testa al proprio rimprovero, chiedendosi invece se sarebbe stato possibile incontrare Archie: aveva bisogno di vederlo, di appurare che stava bene, di incoraggiarlo a resistere perché presto sarebbe stato scagionato. Ma non sapeva se era pronta ad affrontarlo, non voleva dargli false speranze. Tuttavia...

"Signorina Brighton?", la richiamò Carter scuotendola dai suoi pensieri su Archie.

"Sì? Mi scusi".

"Le stavo chiedendo se è al corrente di dove posso trovare il signor George. Vorrei parlargliene immediatamente".

"Certo! Credo che fosse con il dottor Leonard, che è venuto a visitare la prozia", rispose dirigendosi con lui verso la porta.

"Bene". L'uomo annuì e, prima di uscire, si rivolse a Frannie. Ancora una volta, gli vide negli occhi quella scintilla che le fece pensare a un uomo estremamente interessato: "Infermiera, la prego, resti a tenere d'occhio la paziente. Tornerò presto".

"Va bene, dottor Carter". Ma il volto della donna era di nuovo di pietra. Se provava qualcosa per Albert o per Carter sapeva nasconderlo molto bene, almeno di fronte agli altri.
   
 
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