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Autore: lone_wolf_08    03/07/2021    2 recensioni
Una New York distopica divisa a metà: una zona ricca e una povera. Due realtà opposte destinate ad incontrarsi come due rette perpendicolari.
Una barriera tra due mondi completamente diversi. Due cuori che battono all'unisono.
Storie d'amore ed amicizia in stile Steampunk.
(Stony)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, James ’Bucky’ Barnes, James ’Rhodey’ Rhodes/War Machine, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo VI


POV: Città Alta



“Ciao Tony, com’è andata la mattina?” Rhodey si avvicinò all’amico durante la ricreazione in accademia, che si svolgeva per tutti gli studenti alle 12:00 e divideva l’arco delle lezioni a metà.

“Oggi noi abbiamo conosciuto il nuovo maestro di difesa personale, appena posso ti insegno qualche mossa. Da te come sono andate le lezioni?”

Tony mangiava il suo panino fissando il vuoto, sembrando non gustarselo nemmeno.

“Terra chiama Tony” scherzò Rhodey.

Tony non lo degnava di uno sguardo, era come ipnotizzato. Allora l’amico si sedette vicino a lui e gli sventolò un palmo davanti agli occhi “Ehi che hai?”

Finalmente il bambino aprì bocca, facendo uscire una voce abbattuta “Niente, lasciami stare”.

“Tu non hai niente e io sono un generale dell’esercito”

“Non voglio parlarne”.
L’amico allora usò la solita tattica che sapeva funzionare benissimo con Tony, si alzò e cominciò ad allontanarsi “Come vuoi”. Come aveva previsto pochi secondi dopo sentì la voce dell’amico rispondere. “Hanno litigato di nuovo”.

Rhodes si riavvicinò sedendosi. Sapeva di cosa stesse parlando: i genitori dell’amico avevano spesso dei diverbi e Tony ne soffriva molto. Più di una volta, infatti, si era trovato nella situazione di dovergli tirare su il morale, e ultimamente questo avveniva sempre più frequentemente. James guardò l’amico masticare controvoglia il pranzo. Ricordò come i primi tempi fosse invidioso dei suoi pasti, dei suoi giochi, della sua casa. Ora non gli invidiava più niente, non avrebbe mai scambiato il suo posto con l’amico.

“Ieri papà se n’è andato sbattendo la porta”.

“L’ha già fatto no?”.

“Mamma era più arrabbiata del solito, non l’avevo mai sentita così”.

“E perché era così arrabbiata?”.

“Credo per una certa Lydia, non lo so però era arrabbiata con papà, non so chi sia Lydia”

James lo ascoltava in silenzio.

“E anche perché sono svenuto”

“Cosa??”

“Si non avevo mangiato perché ero in ritardo, ma è colpa mia non di mio papà”

“Non devi darti la colpa di tutto Tony, anche lui sbaglia, e tanto mi sembra”

“No, sono io che non sono abbastanza. Sono un fallimento per lui, ed ha ragione…Non sono capace di niente”

Rhodes cercava in tutti i modi di consolarlo ma sapeva che questo non sarebbe servito a togliere il male dalla sua vita. Lui poteva come minimo distrarlo, ma esso in profondità avrebbe continuato a scavare e a disilludere il piccolo Stark dalle gioie che essa poteva offrire.

***

“Signorino Tony”. Jarvis entrò in camera sua nel tardo pomeriggio reggendo un completo da sera.

“Suo padre la vuole pronto nell’atrio per stasera alle sette, la prega di indossare questo e di non tardare”

Tony prese il completo e lo lanciò sul letto “Agli ordini Jarvis” sbuffò.

“Le consiglierei di sistemare i capelli, sono un totale disastro”

Tony guardandosi allo specchio, si passò una mano nella folta chioma scura e disordinata. L’espressione da cucciolo smarrito intenerì il maggiordomo al punto che si propose di aiutarlo nell’impresa. Alle 19:00 precise, un piccolo Anthony vestito, profumato e pettinato scese dalle scale raggiungendo sua madre e suo padre nell’atrio.

Maria si chinò per mettergli il cappotto e gli diede un bacio sulla fronte “Sei bellissimo”.

Howard lo guardò serio e, senza dire nulla, gli aggiustò il fiocco.

Tony odiava le cene di affari. Per prima cosa doveva agghindarsi ogni volta e i capelli laccati gli davano un fastidio rilevante. Sua madre non poteva stare con lui e per buona parte della cena doveva sopportare argomenti come quote in borsa, offerte di mercato, vendite e tante altre cose che non capiva. Solo quando suo padre citava qualche argomento scientifico drizzava le orecchie interessato. In più, arrivati i momenti di trattativa, doveva sempre fare il jolly della situazione, fraternizzando coi figli dei clienti, spesso spocchiosi e antipatici. Quella sera poi, sapeva che suo padre avrebbe trattato col famoso magnate Hammer. Tony conosceva bene il figlio perché frequentava l’accademia con lui e non lo sopportava.

Poco prima di entrare nella villa degli Hammer Howard lo prese da parte. “Fai un’altra scenata come quella fatta dai Killian e vedrai se non ti chiudo il laboratorio”.

Quella volta Aldrich, anch’egli suo compagno di accademia, gli aveva fatto prendere la scossa con una sua invenzione ancora non sperimentata. Tony aveva lanciato un urlo per poi cominciare a contorcersi sul pavimento in preda a spasmi. Avevano dovuto sospendere la trattativa per portarlo in ospedale e Howard gliel’aveva rinfacciato per mesi.

“Certo papà”

***

Non avevano nemmeno terminato la cena che già Tony ne aveva abbastanza di Justin e della sua sorella minore Christine. Appena il coetaneo gliel’aveva presentata, aveva provato profonda avversione, probabilmente l’antipatia era di famiglia. Christine aveva sei anni ed era se possibile ancora più fastidiosa del fratello. Pretendeva che Tony si lasciasse acconciare i capelli come voleva lei, evidentemente era abituata ad ottenere tutto ciò che voleva e le respinte del bambino la mandavano su tutte le furie.

“Sei antipatico! Stupido! Justiiin!”.

“Ti conviene fare come dice Anthony, le sue urla potrebbero richiamare l’attenzione dei miei”.

Tony avrebbe voluto tanto dargli un bello spintone e farlo atterrare sul sedere ma sapeva che questo avrebbe solo complicato le cose, perciò fece un sonoro sbuffo e si sedette a terra, pronto a lasciarsi maneggiare i capelli dalla piccola viziata.

Mentre Christine era all’opera, Justin sogghignava verso il compagno e ad ogni ciocca tirata troppo forte immortalava le espressioni di dolore di Tony con una macchinetta fotografica di sua invenzione. Quando ebbe finito gli strattonò il viso girandolo verso di sé per guardarlo “Sei ancora brutto, non so cosa farci”.

Justin intervenne per peggiorare la situazione “Che dici Christine, magari con un po' di trucco lo miglioreremo”.

“Sii Justin hai ragione! Aspettate qui che vado a prenderlo!”, detto ciò, corse via a prendere il necessario.

Tony nel mentre guardava truce Justin “Dammi quelle foto”.

“Non ci penso nemmeno Antonia” lo prese in giro l’altro.

La serata si concluse con una Christine che si vantava delle sue doti di parrucchiera e truccatrice, un Justin esultante con le foto compromettenti che aveva scattato e un Tony truccato e pettinato in modo pacchianissimo, decisamente furente ma con lingua e mani legate per non rovinare la serata al padre.

Nel ritorno a casa Maria lo sistemò come poté, Howard non lo degnò di un grazie, di uno sguardo, di nulla.




Nota dell'autrice:


La sessione d’esami è agli sgoccioli quindi ora riesco a trovare più tempo per me stessa e i miei progetti. A settembre dovrò dare altri esami però, e nel frattempo fare il tirocinio, quindi non sarò mai del tutto libera. RIP.

Che ne dite di questo capitolo? Non porta molto avanti la trama ma mi serve per farvi capire un po' la situazione che vive Tony, che influirà poi ovviamente sul suo futuro.
Spero sempre nelle vostre gradite recensioni e vi saluto

Alla prossima!

Kia

   
 
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