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Autore: IroccoPerSempre    03/07/2021    0 recensioni
Rocco aiuta Irene col trasloco e scopre una foto di quando era piccola
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Grugnì per lo sforzo mentre issava la valigia di Irene sul letto. La situazione gli era familiare, pensò, ricordando il periodo in cui lei dormiva in magazzino per via del padre e le aveva finalmente trovato un posto dove stare dalle suore. Neanche in quel caso i bagagli da spostare erano stati pochi. ‘Che primadonna che era!’, sorrise teneramente fra sé, immaginando già la sua faccia saccente e il suo pugno ben piantato sul fianco mentre la prendeva in giro.
Avrebbe potuto dirglielo ad alta voce, affacciandosi dalla sua nuova stanza da letto, ma solo per quella volta preferì custodire quel pensiero tutto per sé.
Erano venuti via prima dal lavoro per accelerare il trasloco di Irene ed erano soli in casa. ‘Grazie a Dio non c’è Maria’ disse fra sé, di getto, senza elaborare.
Fece una smorfia. Si odiò immediatamente per quel pensiero. Ma che razza di uomo era diventato? Non si sentiva il ragazzo di Maria, eppure evitava a tutti costi di farla ingelosire.
Lo avesse evitato perché si sentiva effettivamente innamorato di lei sarebbe stato quasi un pensiero nobile. E invece no.
All’idea di slegarsi da Maria gli mancava la terra da sotto i piedi. Ma perché? Aveva paura di rispondere a quella domanda, ma in fondo ne conosceva già la risposta. Anzi, quella risposta lo infastidiva ogni notte quando c’era silenzio e, a parlare, era solo il suo cuore.
Maria era un’idea precostruita di futuro, un futuro aggrappato ai valori certi delle sue origini e dei suoi affetti. Slegarsi da Maria avrebbe significato sentirsi esposto e vulnerabile…
…esposto e vulnerabile a LEI… Irene era come un tuffo nel vuoto, immaginarsi lei nel proprio futuro era come pensare a sé stesso vicino all’orlo di un precipizio.
Sotto, avrebbe potuto trovare un materasso oppure avrebbe potuto trovare il freddo asfalto.
Non sapeva. Ed era quell’incognita che lo faceva tremare di paura.
Ma cosa sarebbe successo se qualcuno si fosse accorto di Irene?
‘Non è facile accorgersi di Irene’ decretò lui, nella vana speranza di rassicurare sé stesso.
Lo inorgogliva il pensiero che lui era l’unico che l’aveva “capita” davvero.
‘È la cosa più bella che io abbia mai visto, che succede se qualcuno se ne accorge?’, suggeriva la parte meno ingenua di sé.
Ecco, un bel pensiero per avvelenarsi la mente per quel che rimane della giornata e quelle a venire.
Sgranò gli occhi, cercando di ridestarsi.
Si raddrizzò e si accinse a raggiungere Irene in cucina. Mentre si voltava gli si sciolse la sciarpa e di lì a poco sentì un tonfo. Gettò uno sguardo a terra e si accovacciò per raccogliere un portafoto, evidentemente caduto dal comodino.
“Bravo! Sono in questa casa da neanche cinque minuti e ci sono già oggetti rotti. Guarda che do la colpa a te, eh. Già mi odiano tutti qui…” ironizzò Irene “Che cosa si è rotto?!”
 
Rocco girò il portafoto tra le mani e quando vide l’immagine le rispose d’istinto:
“No, stai tranquilla, rimani lì! Non si è rotto niente…”. Voleva quel momento tutto per sé.
“Non potrei venire comunque, ti sto preparando il caffè…” disse Irene.
La foto ritraeva una donna, capelli biondo cenere, corti quanto quelli di Irene; teneva in braccio una bambina attorno agli otto anni, dai capelli lunghi e biondissimi, con un fiocco sopra, e con indosso un bel vestito blu. Erano fronte contro fronte, sorridenti, visibilmente felici, complici.
Capì immediatamente che valore dovesse avere per lei quella foto dal semplice fatto che non aveva nemmeno portato tutti i suoi bagagli nella nuova casa, eppure quella era stata la prima cosa che aveva avuto la cura di mettere in bella vista.
Se avesse saputo che qualcuno l’avrebbe scoperta così facilmente, non l’avrebbe esposta; lei odiava che mettessero il naso nei fatti suoi. Era certo che per lei fosse piuttosto un gesto automatico, quello di chi non può spostarsi da un luogo all’altro senza portare con sé un braccio o una gamba... una parte di sé.
Rocco non trattenne l’impulso di toccare il vetro in corrispondenza di quella figura minuta di bambina. ‘È così che ci si sente quando si è innamorati? Ci si commuove davanti a foto come questa? Madre mia, che cosa patetica’, pensò quasi con disgusto.
Era sicuro che anche Irene sarebbe stata della stessa idea.
Eppure, non ci riusciva; non riusciva a smettere di pensare che desiderava ascoltare tutta la storia che c’era dietro a quella e a mille altre foto o quante ancora ce ne fossero state di lei. Rivolse lo sguardo a quella signora. La persona che Irene amava visibilmente di più al mondo era morta. Sentì un’assurda e inspiegabile fitta al cuore legata all’inesorabilità di quella situazione. Era morta. Non avrebbe quindi mai potuto vedere con i suoi occhi che cosa amava Irene di lei, che cosa lei avrebbe raccontato delle birbonate di sua figlia da piccola. Era per questo che poche settimane prima aveva chiamato il Signor Cipriani?
Sì, voleva aiutare quella testona a far pace con lui, senza dubbio, ma voleva anche in qualche modo… sentire la voce di quell’uomo, conoscere qualcosa di lei che non fosse attraverso le sue parole. Si mise una mano sulla bocca, come se stesse ascoltando sé stesso proferire quei pensieri ad alta voce.
E così lo ritrovò Irene, seduto sul letto, con la foto in mano e una mano sulla bocca.
Non l’aveva nemmeno sentita entrare, tanto era assorto. Grandioso.
Sussultò all’istante, in imbarazzo. “Scusa, è caduta questa foto, ma guarda, non si è rotta…” balbettò, nel tentativo di ricomporsi.
Irene sorrise timidamente, la reazione più lontana possibile da lei. Allungò un braccio per prendergli il portafoto delicatamente, ma quasi gelosamente, dalle mani.
Rocco inclinò la testa, continuando a studiarla… “È tua madre?” chiese, pentendosi immediatamente.
‘Sì, cretino. Certo che è sua madre. Che domanda da imbecille’ si rimproverò.
Probabilmente si era accorta di quanto lui fosse in difficoltà - sapeva sempre leggergli dentro – perché abbassò lo sguardo sorridendo di nuovo, stavolta stringendo istintivamente il portafoto al petto. “Sì, è mamma”.
Quella semplice parola gli scaldò il petto. Ancora si commuoveva per banalità del genere? ‘Basta, Rocco!’ intimò a sé stesso.
La buttò sul ridere: “Già si vedeva che eri una peste, già da qui…”
Irene finalmente rise, rompendo il ghiaccio. “Io ero uguale a lei… Mio padre non faceva, e non fa,” puntualizzò “altro che ripeterlo…” continuò in maniera sognante, con una bellissima luce negli occhi “Lei gli causava almeno un mal di testa e una crisi di nervi al giorno, lo provocava, lo scandalizzava spesso…” concluse con uno scintillio negli occhi.
Risero insieme.
“Lui è molto diverso invece, più pacato, più tranquillo, ma” Irene continuò, stavolta guardandolo fisso negli occhi - Rocco deglutì - quelle parole li riguardavano troppo da vicino. “allo stesso tempo, è stato l’unico in grado di tenerle testa. Non credo che lui amerà mai qualcuno come ha amato lei”. 
Rimasero in silenzio guardandosi ancora, entrambi consapevoli di tutto… e ancora di niente.
“Irene, sei già qui??!!” gridò Anna, che stava rientrando in casa insieme a Maria.
E l’incantesimo, quella bolla che avviluppava entrambi ogni volta che stavano insieme, svanì.
   
 
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