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Autore: Always_Potter    06/07/2021    2 recensioni
Quando Ryuk lascia cadere il suo quaderno sulla Terra, l’unica speranza dell'umanità è il primo detective al mondo... e una squadra non troppo scelta di Auror.
°*°*°*°
«No, aspetta, fammi capire. Tu hai passato gli ultimi vent’anni a fingere di non esistere, c’è gente seriamente convinta che tu sia un vampiro, e ho visto Robards sull'orlo delle lacrime perché ti sei rifiutato di apparire davanti al Wizengamot per quattordici volte. Ora lanci minacce in diretta televisiva, prendi il tè delle cinque con sei Auror e vuoi presentarti al primo sospettato? Il prossimo passo qual è? Invitare Kira a prendere parte alle indagini e diventare amici del cuore?!»
«Beh, all’incirca… sì, quello sarebbe il piano a lungo termine. Acuta come sempre».
La strega, allibita, accarezzò l’idea di piantare qualcosa di molto acuto nel cranio del detective. Tipo un coltello da cucina.
O una katana.
Avrebbe fatto un sacco di scena.
°*°*°*°
Un detective dal genio imbattuto.
Una Auror dalle abilità eccezionali.
Una quantità sterminata di bugie.
Il Mondo Magico ha di nuovo bisogno di essere salvato.
Genere: Fantasy, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Heloooo!

Piccola nota: pesante presenza di incantesimi. Sebbene non funzionali alla trama e comunque spiegati nel testo, vi annetto una breve descrizione per ciascuno, anche quelli già utilizzati in precedenti capitoli <3 (ovviamente è tutta farina del sacco della Rowling). (E grazie infinite per i commenti, u precious <3)

Stupeficium (Schiantesimo) – incantesimo offensivo che mira a far perdere i sensi all’avversario

Protego (Sortilegio Scudo) – crea una barriera difensiva

Defodio (Incantesimo di Scavo) – scava buchi nel terreno

Expelliarmus (Incantesimo di Disarmo) – disarma

Impedimenta (Incantesimo di Inciampo) – fa inciampare l’avversario

Ascendo – fa compiere un balzo a chi lo usa/all’oggetto a cui è diretto

Deprimo – crea una pressione capace di far esplodere un oggetto

Expulso – incantesimo non verbale che schianta l’avversario/fa esplodere il bersaglio

Bombarda (Incantesimo Esplodente) – crea esplosioni di piccole dimensioni

Aguamenti  - crea un getto d’acqua

Incantesimo Freddafiamma – da prendere alla lettera

Reparo – ripara

Evanesco (Incantesimo di Sparizione) – fa scomparire oggetti

Finite Incantatem – annulla gli effetti di un incantesimo

Capitolo 12

Una chiacchierata futile e qualche sorriso immotivato

13 gennaio 2004

L sapeva di doverle dire di sì, era questo a turbarlo.

Il fatto di essere turbato nell’avere una certezza era altrettanto problematico.

Essere turbato era problematico.

Non esistevano mezze misure in quell’indagine e, se qualcuno doveva esporsi, aveva perfettamente senso che a farlo fosse Sophie: non solo in qualità di Auror perfettamente capace, ma soprattutto perché L doveva sapere. Doveva ancora chiarire quel mistero che la avvolgeva, quella fastidiosa e fumosa trama di domande senza risposta e vaghe supposizioni che si tesseva sempre più fittamente attorno a lei.

Quale modo migliore, dunque, di metterla faccia a faccia con Light Yagami?

Una buona parte degli indizi suggeriva che il giovane fosse innocente, e in caso contrario Sophie aveva i mezzi per gestire la situazione… e forse anche per cambiare le carte in tavola.

«È necessario che entri finalmente nel quadro» disse L ad alta voce, a sé stesso, a un silenzioso Watari che non aveva fatto alcuna domanda.

Il vecchio mago inarcò un sopracciglio, ma era consapevole che il suo pupillo fosse totalmente perso nei suoi pensieri.

Glielo avrei chiesto io stesso, altrimenti, considerò ancora il detective, stavolta senza rendere ulteriormente noto il suo filo logico a Watari. Non aveva certo bisogno di una conferma.

Ciononostante, L si sentiva… combattuto. Lui, che non aveva mai faticato a dare la giusta priorità alle cose, a capire cosa andasse fatto nonostante tutto, d’improvviso si trovava vittima di futili, sconclusionate remore.

Remore nel mettere Sophie alle calcagna di colui che poteva aver cercato di ucciderla meno di un mese prima: niente di assurdo per la logica comune, ma lo era per la sua. Quella reticenza, che lo strattonava prepotentemente via da ciò che andava fatto, viveva della stessa sensazione che gli faceva serrare la mascella ogni volta che lei gli negava uno sguardo, ogni volta che scappava via dalla stanza per non restare sola con lui. Una sensazione che gli si gonfiava nel petto fin quasi a spingerlo a parlare, a dirle della-

L strinse le dita sui braccioli della poltrona, irritato da sé stesso.

A cosa gli serviva quel senso di colpa? Si era lasciato avvicinare a tal punto da lei? Come poteva anche solo pensare di indugiare in un caso di importanza globale?

Per cosa? Per una chiacchierata futile e qualche sorriso immotivato?

Il mago scosse appena il capo, serrando ulteriormente le labbra, e il suo sguardo s’indurì.

No, nulla avrebbe intralciato i suoi piani.

Kira doveva essere sconfitto.

 

***

 

«Ryuzaki, esattamente a che punto mi dirai dove stiamo andando? Quando sarò già fatta a pezzi e infilata in un cassonetto?»

«Sarei molto deluso se ti facessi ridurre a pezzi e infilare in un cassonetto»

«Oh, sì, anch’io sarei delusa, delusissima» sbuffò sarcastica Sophie, passandosi una mano fra i capelli, «tanto più che non mi hai neanche lasciato finire il pranzo»

«Non stai pranzando…»

«Prego?!»

L alzò lo sguardo sul volto furibondo della strega. «Non stai pranzando, ultimamente»

«Faccio fatica a-oh, ci risiamo?! Controlli ancora ogni mia mossa Ryuzaki? Pensavo ci fossimo fermati alla tabella del sonno, invece ora anche la dieta?»

Il tono velenoso della ragazza gli fece contrarre le dita sul sedile color crema, ma decise di lasciar cadere l’argomento. Preferì evitare di controllare se Watari lo stesse spiando dallo specchietto.

«Hai detto che vuoi avvicinare Light Yagami» sospirò infine, tornando a guardare le strade di Tokyo con scarso interesse.

«No, ho detto che tu vuoi avvicinare Light Yagami, ma abbiamo appurato che ha più senso che lo faccia io» lo rimbeccò prontamente Sophie, e la vide incrociare le braccia nel riflesso del vetro. «Che c’entra?»

«Devo sapere un paio di cose, prima di farti avvicinare Light»

«… Quindi lo lascerai fare a me» osservò guardinga la rossa.

«Lo vedremo tra poco».

Sophie fece per parlare, ma sembrò ripensarci.

Non più di cinque minuti più tardi, Watari parcheggiò la macchina all’interno di un cantiere, e L fece segno a Sophie di attendere: alla vista dell’auto, tutti gli operai avevano rapidamente lasciato a metà ciò che stavano facendo, dirigendosi ordinatamente verso l’uscita come se nulla fosse.

L’Auror inarcò le sopracciglia, ma attese che il detective annuisse.

Watari rimase nella macchina, mentre si avvicinavano al centro dello spiazzo di terra, dove si ergeva un’imponente costruzione coperta da impalcature e teli bianchi. Curiosamente, i contorni  sembravano sbiadire e farsi indistinti a ogni secondo passato a fissare quell’immensa sagoma, e L si concesse un breve sorrisetto di approvazione.

Chiaramente, gli incantesimi di difesa e mimetizzazione commissionati funzionavano già a dovere.

Ed è solo l’inizio.

Una volta ultimato il progetto, aveva intenzione di imporre tutta un’altra serie di potenti magie su quell’area… ma non era niente che lo dovesse preoccupare in quel momento. Piuttosto, sperava che a Sophie piacesse il seminterrato.

… Non che le dovesse piacere per forza.

La sbirciò con la coda dell’occhio, e vide finalmente uno sprazzo di curiosità colorarle il volto, mentre sollevava il naso per seguire l’indistinto profilo dell’edificio.

Sarebbe stato produttivo, decise L, se le fosse piaciuto.

 

L l’aveva guidata verso un piano interrato, presumibilmente il futuro parcheggio, e sotto la fredda luce di regolari file di neon avevano raggiunto un ascensore.

Nascondendo a fatica la sorpresa, Sophie aveva guardato il ragazzo estrarre una sottile bacchetta di legno scuro e sfiorare con essa le porte metalliche. L’aveva seguito senza dire nulla, ed erano scesi ulteriormente nel terreno.

Davanti a loro si aprì poco dopo un lungo corridoio, che sfumava nell’oscurità; nella porzione illuminata, invece, Sophie vide una pesante porta di metallo bianco: da lì entrarono in un ambiente vasto, dai soffitti bassi e illuminati con luci non dissimili dalle precedenti, riquadri al neon alternati all’uniforme superficie grigiastra.

L’Auror ispezionò il seminterrato vuoto con la fronte corrucciata, poi sbuffò.

«Ok, che cosa mi devi chiedere, per pietà di Godric, e perché siamo venuti fino a qui? Seriamente, Ryuzaki, capisco che ultimamente non siamo in buona, ma gradirei che non mi ucc-» la strega si interruppe bruscamente, sfoderando la bacchetta ed evocando un Sortilegio Scudo: il guizzo scarlatto di uno Schiantesimo Non-Verbale si frantumò in una cascata di scintille azzurrine, facendola indietreggiare di un passo.

«Ottimi riflessi» commentò L, prima di spedirle un Impedimenta con un altro scatto, che lei schivò rispondendo con un Incantesimo di Disarmo; lo Scudo del ragazzo venne tanto spontaneamente da sembrare agire per conto suo, quasi nello stesso momento in cui la incalzò con altri due Schiantesimi, abilmente parati dalla ragazza.

Lei, a quel punto, portava un largo sogghigno in volto.

«Oh, dovrai fare di meglio di un paio di Schiantesimi» lo sbeffeggiò, cercando di sciogliere i muscoli della schiena e muovendosi in passi più attenti e circospetti.

D’accordo, non si aspettava che L la portasse in quel seminterrato asettico nel bel mezzo di un cantiere stregato, né tantomeno che la attaccasse improvvisamente alle spalle. Però, rispondere a un attacco a sorpresa era, dal suo punto di vista, largamente preferibile allo stallo di reticenza e sospetto che si era instaurato tra loro due.

Quello era probabilmente un test, eppure il fatto non riusciva a toccarla: in quel momento, sarebbe stata ben felice di incrociare le bacchette con il detective anche senza il benché minimo motivo.

«Allora farò di meglio» promise L imperturbabile, spedendo nuovamente un incantesimo offensivo contro la strega che, impegnata in un Sortilegio Scudo, si rese conto appena in tempo del Defodio gettato sul pavimento ai suoi piedi.

«Ascendo!» esclamò, alzandosi in un balzo che le permise di evitare l’esplosione. Mantenne a fatica l’equilibrio e cercò di spedire uno Schiantesimo verso L, prima di trovarsi costretta a una capriola a mezz’aria per atterrare in piedi. Approfittò della polvere sollevata dall’Incantesimo di Scavo di L, muovendosi esternamente alla traiettoria che avevano ingaggiato lei e il detective.

Dopo un paio di passi, però, si vide arrivare addosso una delle macerie che fendevano l’aria, a una velocità che aveva davvero ben poco di naturale.

«Deprimo!» Il blocco di cemento si compresse fino a polverizzarsi.

Ruotò su piede mentre alzava il braccio destro ad altezza del suo occhio, e torse leggermente il polso mentre pensava “Expulso”.

Un lampo blu fendette l’aria, spostando al suo passaggio ogni traccia di polvere e disegnando un corridoio fino al petto di L: il Protego evocato dal ragazzo era ampio e luminoso, ma dovette assorbire l’impatto piuttosto che deviarlo, e Sophie vide l’avversario indietreggiare di qualche passo.

Stringendo i denti.

L aveva stretto i denti a un suo attacco.

Se non fosse stata completamente assorbita dal duello… no, gongolò lo stesso.

Solo per un attimo, però, perché il getto di fiamme che le diresse L era violento e imponente. La sua fortuna fu quanto ristretto fosse il tiro, permettendole di circoscriverlo con un Incantesimo Freddafiamma: quell’inferno rovente si trasformò in una carezza di frizzante aria  fresca, che le solleticò la pelle.

Svelta, per non esaurire troppe energie, si sbrigò a lanciare un Aguamenti che soffocò il fiotto di fuoco, arrivando quasi a infradiciare il detective, che balzò via dalla vista della strega.

Si mosse rapidamente, molto più rapidamente di quanto Sophie si aspettasse dal ragazzo esageratamente sedentario che conosceva, e riuscì a incalzarla lateralmente con una fitta sfilza di Schiantesimi, Explliarmus, Bombarda ed altri incantesimi offensivi.

Senza scomporsi, la strega scattò per parare e rendere con altrettanta facilità, le braccia sottili ma allenate che compivano gesti precisi e fulminei nell’aria.

Allora L cambiò strategia.

Con eleganti svolazzi di bacchetta, Trasfigurò le macerie in rapaci dai becchi affilati e altre bestie che sputavano fuoco e veleno, mordevano e artigliavano: arrivavano da ogni direzione, ed erano abbastanza forti da resistere agli scudi.

Dopo aver avuto Rubeus Hagrid [1]e la sua passione per le creature pericolose come insegnanti, però, Sophie non si faceva certo scoraggiare dalla prospettiva di qualche graffio.

Li respinse rapidamente, talvolta ritorcendoli contro L, tanto per tenerlo impegnato mentre lei si dava da fare.

Un paio di strappi sui jeans più tardi, la strega sbuffò un ciuffo di capelli rossi dagli occhi,

«Basta giocare, Ryuzaki» sbottò infine in un lampo di irritazione, mentre faceva Evanescere l’ennesimo mostriciattolo demoniaco: sapeva benissimo che il mago la stava solo mettendo alla prova, ma questo non lo giustificava a essere così banale.

In quel momento, una raffica di lampi dorati distrusse le plafoniere incassate nel soffitto, facendo piombare la stanza sotterranea nel buio totale.

La ragazza batté rapidamente gli occhi per scacciare le ombre colorate che le danzavano davanti agli occhi, poi si sbrigò a spostarsi dall’ultimo punto in cui l’aveva vista L. Dando fondo a tutta la sua furtività, indietreggiò per raggiungere la parete, sforzandosi di cogliere il minimo rumore.

Poco prima di toccare la parete, però, udì due rapidi schiocchi squarciare l’aria, uno alcuni metri davanti a lei e poi uno alle sue spalle: la Smaterializzazione di L non aveva niente da nascondere.

Sentì un respiro sul collo: «Oh, ma io non sto giocando.» Per un singolo, lunghissimo istante, la ragazza si sentì come ipnotizzata dalla vicinanza della voce del detective, un brivido traditore lungo la schiena.

Un attimo, poi Sophie si Smaterializzò dall’altra parte della stanza, evitando per un pelo uno Schiantesimo. Era una mossa rischiosa, considerando che quella maledetta stanza era tutta uguale e aveva avuto pochissimo tempo per memorizzarne l’aspetto, ma riuscì a non Spaccarsi[2]: le era successo solo una volta, in passato, e riunire il mignolo sinistro al resto della mano non era stato carino.

Doveva agire rapidamente, perché il rumore della Smaterializzazione era utile tanto per lei quanto per il detective.

Per prima cosa, le luci.

Sophie corse dritto davanti a sé, perché le plafoniere erano disposte a scacchiera, perciò doveva solo aspettare di…

Crack!

Sorrise al rumore e, sollevando lo stivale dal vetro che aveva calpestato, puntò la bacchetta verso l’alto: «Reparo!».

La luce, seppur debole e solitaria nel vasto soffitto del seminterrato, riprese vita sopra di lei, e dovette strizzare gli occhi già doloranti per la mancanza di sonno. Un fruscio, e la rossa fece appena in tempo a roteare sul posto: una luce bluastra cozzò contro il suo Scudo, e lei ridacchiò.

I due ripresero a scambiarsi una rapida serie di attacchi, sollevando ogni volta ventagli di scintille, polvere e macerie. Nel vivo dello scambio, la rossa si prendeva anche il tempo di riparare alcune luci, di tanto in tanto, come a prendersi gioco di lui.

L, però, non sembrava prendersela. A dire il vero, Sophie pensava di non aver mai visto un sorriso disegnarsi in modo così definito sul suo volto pallido: il ragazzo perennemente illeggibile, quello sempre curvo e ritorto come un ramo, sempre attento a pianificare ogni parola detta con astuzia e implacabile freddezza… era anche quello. Era movimenti agili, una postura elegante e aperta, decisioni istantanee, un sorriso morbido e rilassato sulle labbra.

Sophie si ritrovò a rispecchiare quel sorriso, timidamente, come se quello fosse un segreto che conosceva solo lei.

Si ritrovò anche a stringere la presa sulla bacchetta, però, quasi sfuggitale dalle mani mentre un Incantesimo di Disarmo la sfiorava: non l’aveva visto arrivare, non- l’aveva visto, ma non aveva…

L inarcò un sopracciglio, sardonico, e lei aggrottò la fronte mentre calava nuovamente un attacco su di lui… che non si spostò. Non si spostava, non stava- lo Schiantesimo lo avrebbe-

CRACK!

«Scacco matto.»

Sentì la punta di una bacchetta premerle sotto il contorno della mascella nell’istante in cui il muro di fronte a lei esplodeva. Il respiro pesante e il corpo assolutamente immobile, la ragazza si rese conto non solo della Smaterializzazione perfettamente calcolata del detective, ma anche del fatto che avesse cambiato mano: ora la sinistra reggeva la bacchetta, lasciando la destra libera di chiudersi attorno alla mano dominante della strega.

Fissò quella mano pallida e fredda che la tratteneva con delicatezza, un contatto lieve ma fermo attorno al suo polso, che le avrebbe impedito di muovere a dovere la bacchetta. Si sforzò di respirare, avvertendo il corpo di L alle sue spalle, a un soffio dal suo.

Qualche secondo.

Forse qualche ora.

Le sembrò che il battito del suo cuore fosse tanto rumoroso da rimbombarle fuori dal petto, fino in fondo a quella stanza infinita.

Poi Sophie lasciò cadere a terra la bacchetta, dichiarando la resa. Un attimo più tardi, L si era chinato a raccoglierla e gliela stava porgendo, nuovamente di fronte a lei.

Entrambi accennarono un inchino di rito.

La strega rilasciò un respiro irregolare. «G-grazie».

Mentre lei rinfoderava la bacchetta, L alzò la sua verso il soffitto, mormorando: «Finite Incantatem».

La stanza sembrò tremare sul posto: dal pavimento in cemento, pieno di buche, alle pareti di intonaco scrostato, il sotterraneo si deformò, ergendosi in alti muri uniformi, diventando ancor più pulito e moderno del precedente. Tutto era rivestito da grandi pannelli opalescenti, che sembravano emanare una soffusa luce bianca.

Nel rumore di quella trasfigurazione, Sophie si sforzò di recuperare il fiato e ignorare la folle rincorsa in cui si era lanciato il suo cuore.

Prima di rinfoderare la bacchetta, L Evocò due poltrone basse e accoglienti nell’ambiente spoglio. Sophie inarcò le sopracciglia, studiando i piedi di legno scolpiti a forma di zampa di rapace e le sedute foderate di velluto blu damascato, ma non disse nulla. Quando si sedette, avvertì chiaramente la stanchezza crollarle addosso, e scalciò gli stivali per accomodarsi al meglio.

Appellò il thermos di caffè che aveva portato dall’hotel assieme a due tazze di plastica e ne porse una al detective, dedicandogli solo un’occhiata furtiva.

In quel momento, guardando il suo profilo affilato e le guance lievemente arrossate dal duello, fu particolarmente consapevole di come lei stessa dovesse essere messa molto peggio. Si tolse nervosamente dei capelli umidi di sudore dalla fronte, una smorfia sulla bocca.

«Che posto è questo?» chiese di getto, cercando disperatamente di concentrarsi su qualcos’altro.

«Un progetto a cui sto lavorando» fu la vaga risposta di L, a cui lei alzò gli occhi al cielo.

«E come funziona? È un incantesimo a sé stante o una caratteristica fisica di questo posto? Il Finite è per gli incantesimi che agiscono direttamente sulle persone, no?»

«Difatti, si tratta di entrambe le cose: un incantesimo che s’incanala attraverso il materiale utilizzato per costruire la stanza, generando così un completo controllo su ogni aspetto dell’ambiente… ovviamente entro determinati limiti».

La strega annuì, ammirata. «Come… il soffitto di Hogwarts?» insinuò dopo un po’, con un sorrisetto saccente.

Lui si limitò ad affondare il naso nella propria tazza.

«Va bene, va bene…» si arrese la strega, divertita dalla reticenza del mago. «Ho passato il test, quindi?»

«Hai riflessi molto al di sopra della media ed una conoscenza variegata, versatile… tutto sommato, sebbene tu tenda a trovare soluzioni un po’ grossolane...» Ma senti questo! «… sono comunque efficaci... Duelli molto bene… un giorno potrei anche pensare di sfidarti seriamente».

Sophie, dopo un attimo di breve esitazione, decise di ignorare quell’ultimo commento. Decise anche di non ammettere a sé stessa di starsi crogiolando nel complimento del detective.

Un complimento di L, dopotutto, non era cosa da poco.

Non che m’importi.

Sophie sospirò, guardando l’ombra del suo riflesso sulla superficie del caffè.

Una cosa poteva ammetterla: era piacevole parlare con lui. Parlare davvero, come avevano smesso di fare dopo quella notte, dopo quella discussione. Era una sciocchezza, era esattamente quello che si era detta di dover evitare per tutto dicembre, quello che aveva giudicato inammissibile e sconsiderato e fuori luogo.

Eppure si sentiva finalmente calma, per la prima volta in una settimana: non aveva lo stomaco chiuso per l’ansia, non sentiva il bisogno di irrigidire le spalle ed evitare ossessivamente il suo sguardo penetrante.

Sono una stramaledetta idiota.

«Ora mi dici se farai andare me al tuo posto o meno?» domandò stancamente la strega, cercando di riscuotersi dai suoi pensieri mentre guardava L di sottecchi.

Lui scosse impercettibilmente il capo, sorbendo il suo caffè. «Fraintendi la situazione, Sophie: io parteciperò comunque all’operazione».

La ragazza batté le palpebre, incredula.

Perché diavolo allora…

Vagamente consapevole di stare per acquisire un tic all’occhio, Sophie si massaggiò gli occhi brucianti.

«Ryuzaki, ti prego, arriva al punto» implorò, riaprendo gli occhi: scoprì che il mago aveva fatto sparire la tazza di plastica, e ora tra le dita reggeva una boccetta di vetro, che le porse lentamente.

«Che cos’è?» inquisì curiosamente lei, soppesandola e rigirandola fra le mani, i polpastrelli che scorrevano piacevolmente sulla superficie smussata.

«Una pozione che ho richiesto a Watari… niente di particolarmente potente, ma volevo evitare che ti potesse procurare dipendenza» espose sibillino il detective, una nota di titubanza nella voce.

La strega inarcò un sopracciglio. «Dipendenza?» Titubanza?

«Sì, è un rimedio alquanto blando per… conciliare il sonno».

Quella spiegazione sapeva di ammissione, e Sophie strinse pericolosamente gli occhi. Balzò in piedi, sventolando la piccola fiala come se si trattenesse dallo scagliargliela in testa.

«Ryuzaki, se pensi che ti dirò il perché io non- se pensi di ricattarmi con il rimedio, o con la mia partecipazione alla missione, o- giuro che ti-»

«Sei fuori strada» la interruppe L, senza guardarla in volto mentre si alzava e faceva scomparire le poltrone. «Non… pretendo che tu dica nulla, ma pretendo che tu ricominci a dormire in maniera adeguata, prima di partecipare alla missione».

L’ira di Sophie si estinse tanto rapidamente quant’era divampata, e la strega rimase a fissarlo, spiazzata.

L… senza guardarla in faccia, senza sfidarla con lo sguardo, senza incombere su di lei, dandole le spalle, la schiena curva e il capo voltato… le stava offrendo una soluzione. Le stava offrendo un aiuto, senza volere niente in cambio.

Non voleva avere la risposta, non voleva sapere cosa la tenesse sveglia, cosa tormentasse le sue notti e la facesse vacillare sotto il peso della sua stessa stanchezza.

Non le stava negando davvero l’accesso al campo o alle indagini, capì in quel momento, né la stava ricattando.

Sophie aveva anzi l’impressione che il caso, per una volta, non c’entrasse proprio nulla.

Ha appena… fatto un passo indietro?

Il ragazzo si voltò finalmente verso di lei, schiarendosi la voce. «Va tutto bene?»

Lei si riscosse e annuì freneticamente, guardando la boccetta che stringeva fra le dita. «Grazie... Davvero».

L rispose con un cenno del capo, il volto privo di espressione ma le spalle leggermente tese.

Sophie tentennò, irrequieta; lo fissò, mordendosi un labbro. Poi scattò in avanti.

Avrebbe voluto dire di non sapere cosa stesse facendo, ma lo sapeva.

 

***

«Neville è strano».

Due sedie girevoli scricchiolarono dietro le rispettive scrivanie.

«In che senso?»

«Non mi sembra meno miserevole del solito»

«Malfoy!» sbuffò Harry, aggrottando la fronte.

«Malfoooy, gne gne» gli fece il verso il biondo, alzando gli occhi al cielo.

«No, davvero, è strano» ripeté imperterrito Ron, passandosi una mano tra i capelli rossi.

Harry lo guardò con aria perplessa, seguendo il suo sguardo fino al loro collega che, sebbene sembrasse un po’ smunto, stava chiacchierando animatamente con Dennis Canon. Stando all’entusiasmo con cui indicava le succulente allineate sulla sua scrivania, si doveva essere lanciato in una delle sue tirate di Erbologia e giardinaggio babbano.

«Boh, a me sembra normale» commentò Harry, stringendosi nelle spalle.

«Oh certo, è risaputo quanto tu sia bravo a valutare le persone, Potter»

«Stai dando ragione a me?» chiese Ron, con aria allarmata.

«Non ho detto questo» sibilò Draco, incrociando le braccia davanti al petto.

I tre si scambiarono delle occhiatacce, prima di tornare a fissare Neville che, del tutto ignaro, era passato alla pianta in vaso dalle foglie cangianti che riposava in un angolo della sua postazione.

«Ok, so che sembrerò pazzo, ma in questi giorni si comporta in modo proprio… cioè… strano» ribadì Ron.

«Ora che è tutto chiaro». Harry guardò Draco con aria esasperata, ma si rivolse al migliore amico con espressione di scuse. «Ron, sinceramente non sei mai stato un mito nel-ehm, cogliere l’umore degli altri. Quindi… cos’hai visto?».

Il rosso aprì e chiuse la bocca un paio di volte, poi si sporse verso i colleghi, nonostante non vi fosse poi tutto questo spazio per sporgersi. «L’ho visto uscire dall’ufficio di Robards, stamattina presto, prima degli orari d’ufficio, e sembrava… non lo so, arrabbiato»

«Neville?»

«Paciock?!»

«Appunto!»

Le sedie di Harry e Draco scricchiolarono di nuovo ruotavano verso Neville.

«…Oh, andiamo, persino a Paciock salterà qualche rotella ogni tanto, e Robards è un maestro nel far marcire il fegato alle persone»

«Sì, vero… però…»

Gli Auror si scambiarono uno sguardo incerto: non era molto per cui scomporsi, in effetti, ma tutti e tre sapevano che si trattava dell’ennesima stranezza che accadeva attorno a Robards.

«Beh, una chiacchierata non fa male a nessuno» decise Draco con fare noncurante, prima di tornare a sorvegliare l’attento lavoro della sua piuma color smeraldo, intenta a compilare rapporti per lui in bella grafia.

«Malfoy, che vuoi fare?» chiese sospettoso Ron, il mento che già sporgeva minacciosamente.

«Quello che voi due non sapreste fare»

«Ma che stai dicendo?»

«Oh, per favore, siete amichetti da quando avete undici anni, volete dirmi che sapreste imporvi un minimo su Paciock? Io, d’altronde, ho alle spalle un certo… allenamento».

Sui volti dei due ex-Grifondoro si dipinsero espressioni apprensive, ma nessuno dei due trovò nulla da ribattere.

Harry si strofinò gli occhi sotto le lenti rotonde degli occhiali. «Va bene, ma ti prego non fare casini.»

«E quando mai



[1] Custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts, nonché professore di Cura delle Creature Magiche e grande appassionato di creature magiche pericolose (spesso illegali lol amiamolo)

[2] Per Smaterializzarsi, occorre concentrarsi molto bene sul luogo in cui ci si vuole Materializzare: il rischio è compiere l’operazione solo in parte, lasciandosi alle spalle parti del corpo. Per intenderci, ciò che accade a Ron ne “I Doni della Morte”.

  
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