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Autore: ConsueloRogue    07/07/2021    2 recensioni
Cosa succede quando due persone s'incontrano per sbaglio nel mondo dei sogni?
Cosa succede quando due anime si sfiorano, anche solo per un attimo?
Cosa succede quando il destino di una persona devia dal suo percorso naturale?
Kim Taehyung è un cantante affermato e un giorno, per caso, appare nella sua vita una strana ragazza, per appena una manciata di minuti.
Da quel giorno s'incontreranno di nuovo nel loro mondo dei sogni.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Ma tu chi sei che nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?"

W. Shakespeare

 

Minjae agitò i piedi nudi nell'aria fresca e umida della notte. Arricciò le dita divertita prima di pestare meravigliata l’erbetta fresca e morbida, bloccando un piccolo risolino che le stava sgorgando in fondo alla gola. Si sentiva curiosamente gioiosa, senza che vi fosse un motivo preciso. Forse era proprio per l’odore estivo di notte ed erba che la rendeva così allegra. Sul ginocchio aveva una sbucciatura leggera, che le pizzicava in modo non troppo spiacevole nell'aria frizzante della notte. Non ricordava come se lo fosse fatto, ma sembrava una di quelle sbucciature che collezionava da bambina, quando imparava ad andare in bicicletta e suo fratello maggiore la prendeva in giro ogni volta che, cadendo, scoppiava disperatamente a piangere. Era un bel ricordo, perché suo padre arrivava sempre a darle un bacio sulla guancia e dirle quanto fosse coraggiosa. 

Si strinse nelle spalle, gli occhi scuri rivolti al grande albero di noce che svettava, solitario, a pochi metri di distanza. Corse tra l’erba fresca, inspirando il profumo dei fiori di campo impregnati di rugiada, godendosi la sensazione dell’aria fresca sul viso. C’era un’altalena appesa a quel maestoso albero che le stava accanto e lei non riusciva proprio a resistere alle altalene, anche se dentro di sé si diceva che fosse una cosa terribilmente infantile ma lì, in quello sterminato campo d’erba fresca, c’era solo lei. Nessuno avrebbe riso nel vederla dondolarsi come una bambina. 

Strinse le mani attorno alle corde ruvide e puntellò i piedi in terra, l’erba dolce aveva lasciato il posto al terreno friabile e sabbioso. Veniva usata spesso quell’altalena. Si sistemò la seduta sotto il sedere e dopo una piccola rincorsa staccò i piedi da terra. Si librò in aria con una risata di pura felicità e cominciò a dondolare su quella strana altalena appesa nel nulla, con la sensazione che il terreno fosse diventato improvvisamente distante. Non rischiava più di sfiorarlo con la punta dei piedi ad ogni dondolio.

I capelli sciolti le ondeggiavano attorno al viso rotondo ad ogni colpo di reni. Andava sempre più veloce, sempre più in alto e per un secondo Minjae ebbe l'illusione di poter afferrare quella luna così candida e gigantesca che si stagliava luminosa contro il cielo notturno e carico di stelle. Non aveva mai visto un cielo del genere, non aveva neanche mai pensato che fosse possibile che esistesse una notte così tanto luminosa. Era un ossimoro.

Una ciocca di capelli ondulati le si incastrò tra le labbra socchiuse e Minjae iniziò a ridere di gusto, assaporando l'odore fresco dell'erba medica che cresceva tutto attorno a quel luogo tranquillo, magico e silenzioso. Gli unici rumori erano la sua stessa voce, il frinire ininterrotto dei grilli e il richiamo ritmico di un gufo. Quei suoni, insieme, avevano un’armonia tale da sembrare un improvvisato concerto.

Taehyung sollevò il capo di colpo, distogliendo l'attenzione dal libro con la copertina verde che aveva in grembo. Non lo stava davvero leggendo, perché non riusciva a distinguere le parole che gli si incrociavano curiosamente davanti agli occhi. Non ricordava nemmeno che libro fosse, se doveva essere onesto. Si guardò attorno, incuriosito dalla risata delicata e femminile che era esplosa all'improvviso da qualche parte alle sue spalle. Era squillante e allegra, come il suono di un sonaglio. Si alzò lentamente, lasciando che il libro scivolasse sull'erba accanto a lui. La copertina si chiuse con un piccolo tonfo ovattato, come se pesasse quintali e non pochi grammi. Si sostenne alla corteccia rugosa del gigantesco albero a lui così familiare. Era calda, come se quella pianta possedesse un cuore pulsante e vivo. Gli ricordava Nonna Salice, di Pocahontas, anche se era un noce. 

La risata argentina si alzò di tono e Taehyung si riscosse. Ogni tanto gli capitava di perdersi in quel modo. Gli capitava spesso. Si incamminò per aggirare quel tronco colossale, deciso a scoprire la fonte di quel suono cristallino che si armonizzava in maniera così perfetta con i rumori di quella notte soave dal sapore d'estate. Forse nemmeno con tutti gli altri sarebbero riusciti ad abbracciare quel Nonno Noce. Ne accarezzò la corteccia con la punta delle dita, come a volerlo coccolare e un po’ era proprio così. 

Sbirciò oltre il tronco e i suoi occhi si posarono su di una figura femminile dall’aspetto etereo, intenta a volare su di un'altalena di legno e corda. Sembrava una fata, una strana creaturina dei boschi. Forse viveva nell’albero. Indossava un abitino bianco ed estivo, dall'aspetto impalpabile, che le si gonfiava dietro la schiena come una morbida vela ogni volta che volava in alto, contro la luna. Sembrava quasi che avesse le ali, delle ali bianche, come quelle di una colomba in volo. 

Soffocò una mezza risata profonda per non disturbare la ragazza in quel suo salire e scendere che la divertiva così tanto e si avvicinò lentamente, con le mani affondate nelle tasche dei suoi bermuda preferiti, color verde oliva. Si addossò al tronco e rimase a osservare il movimento ritmico delle gambe nude della ragazza. Da quella prospettiva sembrava davvero che l'altalena fosse appesa direttamente al cielo. La sconosciuta dai lunghi capelli scuri e ondulati aveva le caviglie sottili come giunchi e la pelle perfettamente candida, dall’aspetto così delicato da ricordargli l’alabastro. Su un ginocchio leggermente gonfio vi era una sbucciatura vermiglia, dall'aspetto doloroso, proprio al centro di un livido violaceo. 

«Sto volando Jack!» Minjae urlò la propria gioia contro la notte. Esplose nell’ennesima risata cristallina, sospesa in quel momento in cui l'altalena, al picco massimo del suo percorso ascendente, rimane immobile nell'aria per un lungo istante, mentre l'inerzia scompare e la gravità la riporta giù, in una discesa rapida. Continuò a dondolare le gambe, sempre più forte, per aizzare quel moto e mantenere l'altalena in movimento. 

Taehyung la guardò per un secondo, sorpreso da quel grido di gioia così infantile, prima di scoppiare a ridere sonoramente. Si nascose il volto con una mano, mentre cercava di mascherare il divertimento. 

Minjae sgranò gli occhi spaventata e si girò a guardarlo quasi nel panico. La voce profonda di lui l’aveva colta di sorpresa le faceva vibrare la cassa toracica.

«Ma tu quando sei arrivato?!» la voce le uscì stridula e strozzata. Cercò di rallentare il dondolio per riuscire a fermarsi di botto, appesa alle corde. Taehyung continuò a ridacchiare, incapace di fermarsi, mentre staccava la schiena dal tronco tiepido per avvicinarsi a lei.

«Sono sempre stato qui. Ero solo dall'altra parte.» rispose tranquillo, seguendola con lo sguardo man mano che lei rallentava.

«Dall’altra parte?» Minjae gli lanciò un’occhiata confusa, finalmente il terreno era tornato a una distanza consona e lei poteva immergere di nuovo i piedi nudi nella fine sabbia giallastra della zona priva di erba, ai piedi dell’altalena.

«Dall’altra parte del tronco.» Taehyung inarcò un sopracciglio, con un sorrisetto spavaldo a incurvargli le labbra mentre accennava divertito al noce.

«Ah… ah. Avresti dovuto palesare la tua presenza.» Minjae brontolò, in imbarazzo. Gonfiò le guance arrossate e girò il capo per impedirgli di guardarla, in un tentativo di nascondersi dietro la coltre dei capelli scuri.

«Avresti potuto farlo tu. Io non sapevo che fossi qui, pensavo di essere solo.» Taehyung si staccò dal tronco e colmò in un paio di passi la distanza che li separava. Posò la mano sulla corda ruvida, a pochi centimetri da quella piccola e candida di lei. C’era qualcosa di familiare in quelle gote arrossate, voleva guardarle per bene perché gli piacevano, senza che ci fosse un motivo. 

«Come facevo a sapere che ci fossi, pensavo di essere sola!» ribatté Minjae,  abbassando maggiormente il volto per nascondere le guance imporporate e l'espressione corrucciata. Con un gesto nervoso si sistemò la frangia, i capelli le si erano spettinati a causa della brezza mentre volava su quell’altalena. 

Taehyung inclinò il capo, le iridi scure che scivolavano sulla curva morbida della clavicola nuda della piccola sconosciuta delicata.

«Stavo leggendo.» rispose in tono vago, appendendosi alla corda. Distolse lo sguardo da quel collo esile per guardare in lontananza, oltre lo sconfinato prato d’erbetta ordinata. Una casetta scarsamente illuminata si intravedeva grazie all'abbacinante luce lunare che imbiancava il paesaggio bucolico. 

Minjae risollevò lo sguardo incuriosita, e lui tornò a guardarla, attratto come una falena alla fiamma. Gli occhi di lei erano così neri e profondi da sembrare due pietre d'onice, lucide, liscie e perfettamente rotonde, due gemme incastonate in un volto ovale dai tratti delicati e le labbra rosee come petali di rosa.

«Cosa?» chiese Minjae con voce squillante.

«Peter Pan.» rispose con sicurezza Taehyung, appoggiando la fronte contro la corda. Non era riuscito a leggere il titolo del libro dalla copertina verde, ma era certo che fosse quello. 

Sfoderò il suo sorriso quadrato e vagamente timido. "È carina." pensò studiandola, mentre lei lo fissava con espressione incantata. 

«Mi piace Peter Pan, peccato che sia così triste.» Minjae distolse lo sguardo dal volto perfetto del moro e puntò lo sguardo sulla maglietta verde oliva di Taehyung per non guardarlo negli occhi vivaci. C’era qualcosa, nello sguardo di lui, che le faceva accelerare il battito cardiaco.

«Perché triste? Mi piace il fatto che lui non voglia crescere. Anche io a volte ho desiderato rimanere un bambino, proprio come Peter.» Taehyung volse nuovamente lo sguardo verso il campo di trifoglio davanti a loro. Dall’erba si erano levate migliaia di piccole luci, gialle e intermittenti. Erano uscite dal fogliame umido e odoroso, sincronizzate come in una danza, e in quel momento illuminavano il campo come piccole faville incandescenti, volando disordinatamente tutto attorno a loro. 

Minjae si girò, seguendo lo sguardo sognante del moro e per un attimo rimase senza fiato per lo spettacolo che si trovò davanti.

«Ero piccola l'ultima volta che ho visto le lucciole.» bisbiglió incredula, prima di sentire la mano calda e vellutata del moro che le prendeva la mano.

«Quanto piccola?» Taehyung strinse la mano della sconosciuta. Era morbida, liscia e piacevolmente minuscola nella sua.

«Molto piccola. Forse cinque o sei anni, ero in campagna dagli zii prima che… » sospirò, la stretta della mano di Taehyung da un lato la metteva a disagio, dall’altro la rassicurava in un modo alieno e che non riusciva a spiegarsi. 

«Che?» insistette, abbassandosi per poter entrare nel campo visivo di lei.

«Che i miei divorziassero.» finì Minjae in un sussurro.

«Ah.» Taehyung si risollevò, lo sguardo rivolto alle lucciole che continuavano a danzare tutto attorno a loro. Nell’aria riconobbe le note di Goodbye dei Secondhand Serenade. Non sapeva da dove provenisse, ma le lucciole sembravano seguire la melodia in una scena del tutto irreale. 

Anche Minjae riconobbe la canzone e tese l’orecchio stupita, non c’erano pali o altoparlanti e la musica arrivava lontana e ovattata, come se qualcuno a centinaia di metri da lì la stesse suonando ad altissimo volume.

Taehyung scrutò l’ombra che aveva offuscato il brillio in fondo agli occhi neri della fanciulla. “Voglio sentirti ridere ancora.” scrutò il prato illuminato, improvvisamente era un declivio e lui aveva voglia di correre.

«Non hai le scarpe.» constatò quasi stupito, prima di stringersi nelle spalle con un sorriso e iniziare a correre verso l'erba, la presa salda attorno alla mano fresca di lei. 

«No non le ho!» esclamò Minjae, sorpresa. Lo seguì nell'erba, in una corsa forsennata e liberatoria, in mezzo a tutte quelle migliaia di lucciole, brillanti come piccole stelle. La musica sfumò e l’oppressione che provava nel petto nel ripensare a suo padre le scivolò di dosso, come stoffa leggera rubata dalla brezza. 

«Guarda!» esclamò Taehyung con una risata, l'aria estiva gli scompigliava i capelli neri e ricci mentre correva nel prato. «Siamo come Peter e Wendy quando volano nel cielo!»

Minjae esplose in una risata argentina. Seguì Taehyung, rafforzando la presa sulla mano di lui, i polmoni che lavoravano rapidi, incamerando l'aria profumata della notte in quella corsa forsennata, con l'erba fresca e umida che le frustava le gambe nude in modo delicato e piacevole, come una carezza bagnata. 

I piedi di Taehyung percorsero rapidi il prato, sembrava infinito e l'inclinazione del terreno era cambiata ancora. Era molto più scosceso di prima. Accelerò, aumentando il ritmo delle falcate. Aveva spalancato le braccia come se fossero ali e in quel momento gli sembrava davvero di volare. Il suono di un flauto ruppe il frinire dei grilli e vi si mescolò, mentre trascinava con sé la ragazza e la sua voce squillante e argentina.

«Ma è la canzone del Titanic!» Minjae rise ancora. Era tutto così assurdo, quel posto, le lucciole, la musica che arrivava da ovunque e in nessun posto. Taehyung che le stringeva la mano.

«Every night in my dreams… I… mmmh… I feel you!» Taehyung iniziò a cantare, inventandosi le parole che non ricordava affatto solo per sentirla ridere ancora.

Giunse alla fine del declivio e rallentò, il petto che si alzava e abbassava in fretta a causa della corsa e delle risate. Minjae gli finì addosso, scontrandosi contro la sua schiena con un urlo sorpreso che li fece finire entrambi a rotolare nell'erba fresca. Finirono distesi uno accanto all'altro, con Taehyung che le teneva ancora la mano. 

Minjae guardò il cielo punteggiato di stelle, la cassa toracica che si muoveva rapida mentre lei tentava di riprendere fiato. Il sudore le imperlava la pelle e piccole gocce brillavano lucide anche sul volto di Taehyung, che la stava guardando con gli occhi leggermente asimmetrici carichi di gioia. La brezza si levò improvvisa, portando con sé l’odore pungente del disinfettante mescolato a quello dei fiori. Le si rizzarono i peli sulle braccia e rabbrividì. Quell’odore era così fuori posto in quel prato di campagna. Si sollevò sui gomiti e si girò verso Taehyung, confusa, il ragazzo aveva portato un braccio a nascondergli il volto e il fiato corto proprio come lei.

«Lo hai sentito anche tu?» chiese perplessa, guardandosi attorno. Come era arrivato l'odore era scomparso, sostituito di nuovo da quello dell'erba.

«Cosa?» chiese Taehyung, ansante, scostando il braccio per poterla guardare. Sorrise, con quei capelli scompigliati sulle guance rosee sembrava proprio una Biancaneve dagli occhi a mandorla.

«L'odore… Non hai sentito niente?» Minjae studiò l'espressione incerta del ragazzo, che le lasciò andare la mano e si girò su un fianco con un largo sorriso. Sollevò il mento e chiuse gli occhi, mentre annusava l'aria come un grosso cane.

«Sono i fiori.» rispose Taehyung ridacchiando. Sembrava così ansiosa, eppure quella sera era perfetta. Fece una smorfia infastidita quando una nota della canzone risuonò in modo acuto e cacofonico, poi la musica si interruppe di botto. 

Minjae trasalì e scosse il capo, lasciandosi nuovamente ricadere all'indietro, i capelli disordinatamente sparsi nell'erba.

«Non avevo sentito odore di fiori, ma devo essermelo immaginato.» commentò fra sé e sé, traendo un profondo respiro. Le sembrava ancora di sentire quell’odore pungente. «Ah che fastidio.» si sfregò il naso col palmo della mano e Taehyung le bloccò il polso, avvicinandosi per farla smettere.

«Dai, è solo suggestione. Come quando ti convinci di aver sentito un rumore ma non è vero, però continui a sentirlo.» ridacchiò, vedendo l’espressione poco convinta di lei e si lasciò ricadere sul prato a guardare le stelle. La sua mano scivolò sull’avambraccio liscio della ragazza e Taehyung le avvolse la mano, esplorandola con le dita.

«Perché dici che è triste Peter Pan?»

«Perché i Bambini Sperduti sono bambini morti o mai nati, è… è macabro. Non è che non vogliono crescere, è che proprio… beh, non possono.» rispose Minjae in tono tranquillo, lo sguardo che vagava alla ricerca di quelle poche costellazioni che conosceva. In quel cielo notturno sembrava che tutte le stelle fossero al posto sbagliato e si sentì per qualche istante disorientata. L’unica cosa che le dava certezza era la mano grande di lui e le dita lunghe intrecciate con le sue.

Taehyung mugugnò pensieroso, steso accanto a lei. «Non ci avevo mai pensato, ma non credo sia triste. Hanno trovato un altro mondo.» rispose dopo qualche istante di silenzio. Si girò verso di lei e le sorrise, il respiro ormai che tornato a regolarizzarsi nel petto e il cuore stava lentamente rallentando il battito, prima frenetico e martellante. 

Rimasero in silenzio per quella che sembrò un'eternità, scrutandosi negli occhi come a volersi leggere dentro. La ragazza emetteva un leggero e buffo sibilo ad ogni respiro, come se fischiasse tra le labbra appena dischiuse e Taehyung cominciò a ridere, rotolando sul fianco.

«Sei buffa.» disse dopo un po', quando riuscì a calmare la risata. Anche lei aveva ricominciato a ridere, presa dal suono basso e vibrante della risata di Taehyung. 

Ci misero tantissimo tempo a placare le risate, perché ogni volta che tornavano a guardarsi uno dei due ricominciava, trascinandosi dietro l’altro. Quando finalmente riuscirono a smettere, con le lacrime che imperlavano loro gli angoli degli occhi, Minjae si sollevò a sedere per studiare i dintorni e vedere dove fossero arrivati dopo quella corsa infinita. 

Con sua sorpresa l'albero di noci si stagliava maestoso contro il cielo, a pochi metri da loro, come se non si fossero mai allontanati. Anche il lungo e dolce declivio era scomparso. L'altalena dondolava leggermente, sospinta dalla brezza che faceva stormire le foglie con un rumore frusciante e piacevole.

«Taehyung-ssi dove siamo?» chiese confusa. Taehyung le si sedette accanto, poggiando i gomiti sulle ginocchia mentre incrociava le gambe, la schiena dritta.

«Quella è casa di mia nonna.» con un sorriso indicò la casupola illuminata in lontananza, con gli occhi che iniziarono ad inumidirsi. «È morta tempo fa, non così tanto a dire il vero ma… lo sembra. Questo posto mi ricorda lei, è un bel ricordo.» spiegò, la voce addolcita dal ricordo e gli occhi scintillanti di commozione.

«Anche la mia nonna è morta, ma abitava in montagna, in un hanok tra i boschi in un paesino di poche centinaia di anime.» Minjae raccolse le ginocchia al petto per abbracciarle, mentre poggiava la guancia su un avambraccio nudo. Saltellò leggermente, avvicinandosi al ragazzo, come se la sua vicinanza potesse blandire in qualche modo il dolore di lui.

«Mi manca mia nonna, era la mia migliore amica e aveva lo spirito vivace di una bambina.» sospirò Taehyung in tono malinconico, lo sguardo distante di chi era immerso in un bel ricordo capace di rievocare dolcezza e conforto. Minjae fissò le luci della casetta che si accendevano e spegnevano a un ritmo lento e regolare. 

«Magari è con Peter e Wendy e i bambini perduti e ti guarda dall'Isola che non c'è.» sorrise, mentre il moro si girava a guardarla con un mezzo sorriso che gli illuminava il volto.

«Mi piace.» decretò alla fine lui, soddisfatto, mentre squadrava Minjae e le sue ciglia scure su quegli occhi d'onice. «Mi piace l'idea che sia coi bambini. Le piacevano, sembrava nata apposta per fare la nonna.» 

Minjae gli rivolse un sorriso che le addolcì lo sguardo e Taehyung rimase per un attimo imbambolato. Non aveva mai pensato che degli occhi del genere, così scuri e simili a due piccoli buchi neri, come se fossero capaci di assorbire tutta la luce che avevano attorno, potessero riempirsi di così tanta dolcezza. Fissò incantato il profilo regolare della ragazza, che si rigirò a guardare la casupola.

“Dove ho già visto quegli occhi?” seguì con lo sguardo la linea delicata del naso di lei e le scostò i capelli dietro un orecchio per poterla guardare meglio. Non sapeva nemmeno da dove arrivava quella spavalderia. Allargò gli occhi, quando un ricordo gli passò per la mente rapido come un lampo.

«Eravamo assieme quel giorno al luna park, vero?» chiese speranzoso. Minjae rialzò il capo stranita e si coprì la bocca socchiusa dalla sorpresa con una mano.

«Oh! Sì! Ecco perché mi sembrava di averti già parlato!» esclamò, battendosi una mano sulla fronte, col tono di chi finalmente afferra un pensiero effimero e sfuggente dopo ore che ha smesso di cercare di ricordarlo. 

Taehyung scoppiò di nuovo a ridere, stendendosi di nuovo tra il fogliame gravido dell'umidità della notte e la cassa toracica di Minjae vibrò come un diapason al suono della sua risata.

«Ora ricordo! Hai detto che fai l'università, ma poi sei corsa via.» Taehyung strappò un trifoglio, divertito, e se lo mise tra le labbra. 

Minjae si chinò a raccogliere un fiorellino viola, staccò un piccolo petalo a tubo e lo succhiò, chiudendo gli occhi. Il sapore zuccherino le invase la bocca e lei fece schioccare le labbra.

«Non sono io che sono corsa via, sei tu che lo hai fatto.» ribatté, quasi offesa, poi rialzò lo sguardo, succhiando un altro petalo dolce. «Sicuramente non te lo ricordi, ma mi sembrava di avertelo detto prima che te ne andassi, studio sceneggiatura, è il mio sogno. Fare la sceneggiatrice come Kim Eunsook.» rivelò con un sorriso e gli occhi di Taehyung brillarono di interesse.

«Oh! Oh! Ma i suoi drama sono i miei preferiti! Devi avere un sacco di fantasia! Mi piacerebbe leggere qualcosa di tuo.» disse meravigliato ed eccitato. «Hai già scritto qualcosa?» chiese, sollevandosi su un gomito per osservare meglio il modo in cui le labbra di lei si chiudevano attorno a quei piccoli fiorellini di trifoglio. Ogni volta emetteva un piccolo risucchio, seguito da un versetto soddisfatto.

«Sì ma niente di ché, sono… sono solo al primo anno.» Minjae arrossì, pescando un altro fiorellino dal prato.

«Non importa a che anno sei. Mi piacerebbe leggerlo comunque. Io… io scrivo canzoni.» Taehyung arrossì quando lei gli rivolse uno sguardo perplesso per poi mettersi a ridere. 

«Lo so chi sei Taehyung-ssi.» Minjae scosse la testa e tornò a dedicarsi al trifoglio, divertita.

«Cosa stai facendo?»- chiese Taehyung per uscire dall’imbarazzo, incuriosito da quel persistere della ragazza che continuava a strappare petali per metterseli in bocca e scartarli dopo poco.

«Ah, non hai mai assaggiato i fiorellini del trifoglio? Sono buonissimi, sanno di zucchero! Prova!» lo esortò lei entusiasta, allungandogli un fiore da succhiare, le gambe incrociate coperte dall'ampia gonna bianca di stoffa leggera. 

Taehyung le prese il fiore dalle dita, sfiorando quelle bianche di lei con la punta delle sue e per un secondo rialzò gli occhi, guardandola arrossire a quel contatto casuale e innocente, prima di concentrarsi a replicare i gesti di lei. "È proprio carina." pensó di nuovo. La imitò e il sapore dolce del miele gli invase la bocca, mentre succhiava concentrato i petali del fiore. Rialzò lo sguardo sulla ragazza, meravigliato, lei si stava premendo le mani piccole sulle guance paffute e arrossate. In effetti era tutta piccola, quando l'aveva vista in piedi accanto a lui gli arrivava a stento al mento. 

«E che altro fai oltre all'università?» chiese curioso, andando in cerca di un altro fiore.

«Ah ho diversi lavoretti part-time.» rispose lei con un sorriso, sfiorando delicatamente con una mano le foglie fresche attorno a lei mentre arricciava le dita dei piedi in maniera buffa. «Lavoro in un bar e-» si bloccò ed una smorfia di dolore le contraesse i lineamenti delicati. 

Taehyung si sollevò in fretta, preoccupato. Si rimise a sedere, avvicinandosi ulteriormente a lei, che sollevò un braccio lasciandosi sfuggire un piccolo lamento sommesso. Entrambi rimasero a fissare per un secondo l’escoriazione che le era comparsa sul braccio, poi lo sguardo cadde su una grande macchia rossa fiorita sul bianco vestitino estivo di lei. 

Taehyung le scoprì svelto il ginocchio, studiando con sguardo preoccupato la sbucciatura che le risaliva sulla coscia, mentre lei cercava furiosamente di ricomporsi.

«Cosa stai facendo?!» chiese Minjae nel panico. Nessun ragazzo si era mai avvicinato così tanto a guardare le sue gambe nude dai tempi delle medie.

«Ma… ma non ti fa male? Non mi sembrava che tu fossi caduta.» mormorò Taehyung, sfiorando delicatamente la pelle tumefatta. Stranamente quella ferita non sembrava sanguinare, anche se brillava, umida, alla luce della luna e le aveva impregnato il vestitino.

«No io… non me ne sono accorta. Non… non fa male, brucia solo un po’.» si affrettò a dire Minjae, sottraendosi imbarazzata a quel contatto così intimo.

«Eppure sembra così doloroso… Come te lo sei fatto?» chiese Taehyung mordendosi un labbro. Fece per sfiorarle nuovamente il ginocchio, ma lasciò le dita sospese a qualche millimetro dalla pelle livida di lei, improvvisamente in imbarazzo.

«Non ricordo, forse sono caduta.»
  
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