Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: All_I_Need    07/07/2021    4 recensioni
Vi ricordate di quel mercoledì che John ha dimenticato perché Sherlock gli ha messo qualcosa nel té? John non lo ricorda. Però torna a sconvolgere la sua vita.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mary Morstan, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: AU, Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 6

Baker Street, dolce casa

Capitolo 6

 

Quando due giorni dopo John tornò al 221b per una rapida visita, si premurò di andare a trovare la signora Hudson prima di uscire. Il commento di Sherlock sul suo comportamento negligente che aveva fatto preoccupare la ex padrona di casa aveva colpito a fondo.

La signora Hudson, come al solito, fu felicissima di vederlo e lo rimproverò solo un po' per non essersi fatto sentire così a lungo.

"Siediti e prendi una tazza di tè, – ordinò dopo, indicando una sedia – So che non riusciresti a fare una tazza di te decente neanche se ne andasse della vita."

John fece come gli era stato detto e accettò il tè con un mormorio di ringraziamento.

"Oh, è così bello rivederti di nuovo qui, – disse lei, sedendosi di fronte a lui – Ammetto che stavo iniziando a preoccuparmi. Sei stato via per così tanto tempo."

"Io sono stato via per molto tempo? – domandò John – Sherlock è stato morto per due anni!"

"Ed io ti ho a malapena visto in questi due anni e quattro mesi, – ribatté lei con calma – Almeno Sherlock è tornato a casa appena ha potuto. Lui sa a quale luogo appartenga."

John aprì la bocca per dire che lo sapeva anche lui, ma ci ripensò. La signora Hudson non sarebbe mai stata d'accordo, comunque.

Scelse invece di cambiare argomento: "Sherlock ha detto che lei è stata uno dei testimoni al nostro matrimonio."

Il viso della signora si illuminò al ricordo: "Esatto! È stato così adorabile da parte vostra, ragazzi, chiedermelo! È stato tutto molto improvviso, certo, non avevo idea che fosse cambiato qualcosa fino a quando non sei sceso e mi hai chiesto di venire con te, John. Sembravi così felice ed eccitato."

John sbatté le palpebre. Non si accordava affatto con ciò che si aspettava di sentire. Era, tuttavia, una ulteriore prova che Sherlock non lo aveva costretto in nessun modo.

Con la signora Hudson felice di parlare del loro matrimonio, forse avrebbe potuto ottenere maggiori informazioni in merito a quel giorno, ricostruire che cosa fosse successo senza cercare di tirarlo fuori a Sherlock e rischiare un’altra discussione nel caso in cui avesse perso la pazienza.

"Che aspetto aveva Sherlock?" chiese.

La signora Hudson ci pensò un momento e poi sorrise: "Sopraffatto, suppongo."

Di nuovo, non era quello che si era aspettato: "Sa…"

Il suo telefono squillò.

Imprecando dentro di sé, John lo tirò fuori dalla tasca. Il viso di Mary illuminò lo schermo ma in quel momento proprio gli era difficile essere contento di sentire la sua fidanzata. Se solo avesse aspettato altri cinque o dieci minuti, avrebbe potuto saperne di più.

"Mary, – rispose – Ciao, come va? È tutto a posto?"

"John, amore, dove sei?"

“Ancora a Baker Street, – ribatté – Perché?"

“Dovevamo andare ad assaggiare le torte nuziali, ricordi? Abbiamo un appuntamento tra un'ora e sai quanto tempo ci vuole per attraversare mezza città."

"Merda. Sto arrivando, – promise – Scrivimi l'indirizzo e vediamoci lì."

Riattaccò e si alzò: "Devo andare, signora Hudson. Grazie per il tè e per le chiacchiere."

Lei sorrise e lo abbracciò: “Torna presto, John. Sherlock è così solo senza di te."

John non sapeva che cosa rispondere, quindi si limitò ad annuire e se ne andò.

 

*****

 

"Li ha già firmati? – chiese Mary alcuni giorni dopo, a colazione – Sono passate quasi due settimane,ormai."

"Non ancora, no, – sospirò John – Te l’ho detto, abbiamo raggiunto una specie di accordo."

"Hai detto che lo avresti assistito nei casi e che avrebbe firmato quei maledetti documenti, – insisté Mary, con un’espressione accigliata e tesa sul viso – Sei andato con lui la settimana scorsa, hai mantenuto la tua parte dell'accordo."

"Non è così semplice, – ribatté John, desiderando di poter alzare gli occhi al cielo. Glielo aveva già spiegato, ora stava facendo la stupida apposta. Non poteva nemmeno biasimarla. Non doveva essere facile voler sposare qualcuno solo per scoprire che era già sposato con qualcun altro, anche se non lo sapeva. Tuttavia, il fatto che lui e Sherlock fossero di nuovo amici era stato anche un suo suggerimento.

"Li firmerà, – ribadì John invece di ripetere i termini dell’accordo – E chissà, forse è stato meglio così. Ero furioso con lui, lo sono ancora un po', ma almeno parliamo di nuovo. Mi piacerebbe riavere il mio migliore amico. Vorrei che fosse il testimone al nostro matrimonio ."

"Quando finalmente accadrà," mormorò Mary, ma si addolcì un po'.

Finirono la colazione in un tranquillo silenzio e John la salutò con un bacio e andò al lavoro. In seguito, sarebbe andato di nuovo a trovare Sherlock, solo per il gusto di farlo, e il tempo scorreva lento mentre continuava a guardare l'orologio, aspettando che il suo turno finisse.

Lui e Sherlock non avevano fatto alcun piano, ma era sicuro che avrebbero trovato qualcosa da fare, anche se fosse stata solo un'altra ridicola conversazione. Tendevano ad averne tutto il tempo, uno strano mix di battibecchi e un generale tentativo di primeggiare l’uno sull’altro che li intratteneva bene.

Tuttavia, non avevano parlato di cose realmente importanti. Non avevano parlato del loro matrimonio o del loro divorzio, non avevano nemmeno alluso all'anello che Sherlock ora indossava di continuo alla mano sinistra, e di certo non si erano avvicinati all'argomento della sua presunta morte.

Invece, avevano parlato dei casi e degli esperimenti di Sherlock e dei pazienti di John e della signora Hudson molto impegnata nelle pulizie di primavera che avevano portato allo sradicamento delle erbacce preferite da Sherlock nel cortile.

Dentro di sé, John era stupito di se stesso. Due settimane prima, non avrebbe nemmeno preso in considerazione l'idea di mettere piede al 221b e parlare di nuovo con Sherlock. Ora, non vedeva l’ora. Erano passati un paio di giorni dall'ultima volta in cui si erano visti e li sentiva come un dolore.

Era sempre stato così, se voleva essere del tutto sincero. Sherlock aveva sempre avuto questo effetto su di lui, gli faceva venire voglia di stargli vicino, lo attirava come una falena era attratta da una fiamma anche se la bruciava. Sherlock poteva essere quello che aveva detto di voler ricostruire la loro amicizia, ma John era abbastanza onesto da ammettere che lo voleva anche lui. Semplicemente non era stato abbastanza coraggioso da alzarsi e fare qualcosa al riguardo. E ora l'universo stesso aveva risolto in modo elegante il problema sbattendogli in faccia un problema ancora più grande.

Tuttavia, il loro accordo lo preoccupava. A un certo punto, avrebbe dovuto sedersi e ascoltare e avrebbe scoperto che cosa fosse successo e perché Sherlock se ne fosse andato e non era ancora sicuro di volerlo sapere. Non era sicuro di voler sentire quanto fosse valsa la pena lasciarlo così, quali avventure Sherlock avesse vissuto senza di lui. Due anni erano un tempo molto lungo per affermare che lui aveva voluto tornare a casa ma non aveva potuto farlo.

Faceva ancora male. Era un tipo di dolore diverso dall'accecante agonia di perdere Sherlock, di pensarlo morto. Questo faceva male in un modo differente e contorto: "Mi ha lasciato indietro di sua volontà."

Proprio per questo, si ritrovò a temere quella visita. E se Sherlock avesse voluto parlarne adesso? Per un momento, John pensò di mandargli un messaggio per annullare, di inventare una qualche scusa, qualsiasi scusa, per non andare.

Non lo fece.

Prima che se ne rendesse conto, il suo turno di lavoro era finito e aveva preso la metropolitana per Baker Street. Sbloccò l’uscio con la sua vecchia chiave di scorta con l’autopilota e tornò in sé stesso sbattendo le palpebre solo mentre varcava la soglia dell'appartamento.

"Sherlock?"

Non ci fu risposta. Il soggiorno e la cucina erano deserti e silenziosi.

John stava per voltarsi e andarsene di nuovo, ma il cappotto di Sherlock era appeso al solito posto, proprio accanto alla sciarpa. Faceva troppo freddo perché fosse uscito senza nessuno dei due.

Qualcosa di gelido gli corse lungo la spina dorsale e la paura lo colpì come un forte pugno nello stomaco.

"Sherlock?" chiamò di nuovo, questa volta più forte, e rimase in attesa di una risposta.

Pensò di aver sentito qualcosa e si addentrò di più nell'appartamento. Il salotto non mostrava segni di attività recente, ma questo non significava nulla. Anche una tazza di tè avrebbe potuto essere lì da due ore o da due giorni.

John si avviò lungo il corridoio. La porta del bagno era aperta e la luce era spenta. La porta della stanza di Sherlock non sembrava chiusa nel modo corretto. John barcollò in avanti, diviso fra il bisogno di vedere Sherlock in quel preciso istante e la paura di quello che avrebbe potuto trovare se avesse aperto la porta.

Il bisogno vinse, come sempre, e percorse a grandi passi il corridoio e spalancò la porta, cercando di convincere se stesso che Sherlock stava bene.

"Sherlock, stai…?"

Si interruppe mentre osservava la scena.

Sherlock era lì e respirava, il che fece sciogliere di sollievo diversi organi di John. Per sfortuna, le buone notizie si fermavano lì.

Sherlock era disteso sul letto, a braccia e gambe spalancate, con le coperte spinte ai piedi del letto. I capelli e i vestiti erano incollati al corpo e il viso era arrossato e luccicante di sudore. Inoltre, non aveva reagito all'ingresso di John.

"Merda."

Due passi portarono John accanto al letto e la sua mano sulla fronte di Sherlock. "Merda merda merda."

Si allontanò, entrò in bagno e afferrò tutti gli asciugamani che riuscì a trovare, aprì il rubinetto e lasciò che l'acqua fredda li impregnasse. Si prese a malapena la briga di eliminare l'acqua in eccesso, giusto quel tanto che bastava per essere sicuro che il costoso materasso di Sherlock non si ammuffisse, e tornò in fretta nella stanza.

Sherlock non si era ancora mosso.

Emise un piccolo suono quando John gli alzò la testa e spinse il primo degli asciugamani freschi sotto il collo e la nuca, piegandone un'estremità per coprire la fronte. Gli altri asciugamani li mise intorno ai polsi e alle caviglie.

"Sherlock? Sherlock, mi senti?"

Ricevette un gemito sommesso in risposta, il che non era esattamente promettente.

"Dai, parlami."

Sherlock non lo fece.

John sospirò e tornò in bagno per cercare il termometro. Lo risciacquò rapidamente, sperando che di recente non fosse stato usato in nessun brutto esperimento, e tornò a misurare la temperatura di Sherlock. 42,1 ° C.

"Maledetto stronzo, – sbottò John e tirò fuori il telefono – Sono il dottor John Watson. Mi trovo al 221b Baker Street, NW1 5RT, con un paziente con piressia acuta. Ha la temperatura oltre 42 ° C e non è reattivo."

Non c'erano medicine nell'appartamento, niente che potesse aiutare con la febbre. Non riusciva nemmeno ricordare se Sherlock fosse mai stato malato da quando lo conosceva. Non gli sembrava. Non si poteva trovare neanche un maledetto paracetamolo in quel posto e John maledisse sia Sherlock sia se stesso per questa trascuratezza mentre aspettava l'arrivo dell'ambulanza.

Aveva appena riattaccato che il telefono squillò di nuovo. Non riconobbe il numero, ma non ne aveva bisogno.

"Ciao Mycroft."

"Dimmi che cosa sta succedendo." Probabilmente Mycroft l’aveva inteso come un ordine, ma sembrava troppo preoccupato per darne davvero uno.

John sospirò: "Sono venuto a trovare Sherlock dopo il lavoro e l'ho trovato svenuto sul letto, con la febbre alta. Non c'è proprio niente di utile nel suo armadietto dei medicinali, quindi lo sto facendo ricoverare nell'ospedale più vicino."

Sherlock rabbrividì nel letto, cosa che John prese come un buon segno: "Quando gli hai parlato per l'ultima volta? Sai quando abbia lasciato l'appartamento per l'ultima volta? Non lo vedo da un paio di giorni. Aiuterà se saremo in grado di individuare da quanto tempo sia in questo stato."

"Ora controllo, – ribatté Mycroft e John sentì il ticchettio di qualcuno che digitava rapidamente – La signora Hudson è andata a trovare sua sorella tre giorni fa. Sherlock l'ha accompagnata e l'ha aiutata a salire in macchina. In quel momento sembrava normale. È tornato in casa e da allora non è più uscito, tranne che per aprire la porta per ritirare una consegna di cibo dal suo ristorante cinese preferito alle 20:30 due giorni fa."

John annuì tra sé: "Che cos’ha ordinato?"

Mycroft non si diede la pena di fingere di non averne idea: "Involtini primavera e una specie di zuppa."

"Contenente pollo?"

"Sì."

"Ecco qua, – affermò John – Stava iniziando a sentirsi male in quel periodo, allora. Probabilmente ha pensato che gli stesse venendo un raffreddore e ha deciso di somministrarsi la famigerata ricetta casalinga del brodo di pollo. È chiaro che non è stata d’aiuto."

Pizzicandosi il ponte del naso, guardò la figura semicosciente nel letto: "Idiota, perché non mi hai chiamato quando hai capito che stavi peggiorando?"

Sherlock, ovviamente, non rispose.

Il suono delle sirene gli giunse alle orecchie: "Mycroft, l'ambulanza è qui. Sono sicuro che non avrò bisogno di dirti dove lo porteranno. Non preoccuparti troppo, starà bene. Ho già adottato delle misure per abbassare la febbre, voglio solo un controllo approfondito e alcuni farmaci adeguati una volta che avremo appurato quale sia il problema."

Riattaccò prima che Mycroft potesse rispondere e andò ad accogliere i medici per portarli al piano di sopra.

In cinque minuti, Sherlock era stato caricato sull'ambulanza e stavano cercando di chiudere le porte davanti a John.

"Vengo con voi," disse lui con fermezza.

"Signore, non può…"

E John, percependo l'ironia in ogni osso del proprio corpo, affermò: "Sono suo marito."

 

*****

 

"Vedo che hai già scoperto i vantaggi che Sherlock senza dubbio ti ha sottolineato nelle vostre conversazioni recenti," esordì Mycroft.

Erano rimasti entrambi seduti in silenzio accanto al letto di Sherlock negli ultimi venti minuti, a guardare il costante salire e scendere del suo petto. La febbre era già scesa da 42,1 a 41,9, con molto sollievo di John, ma il dottore era stato irremovibile nel voler sottoporre Sherlock a un ciclo di antibiotici ed eseguire alcuni test solo per essere sicuri. Forse ciò era dovuto alla breve conversazione che Mycroft aveva avuto con il personale medico al suo arrivo in ospedale.

Sherlock sembrava pallido in modo spaventoso nel bianco letto dell'ospedale e John era grato di avere una scusa per distogliere lo sguardo.

"Ebbene, cos'altro avrei dovuto fare? È la verità."

"Per ora,” ribatté Mycroft con calma. Non era cambiato molto dall'ultima volta in cui John l'aveva visto, al finto funerale di Sherlock. Alcune delle linee sul suo viso erano più profonde e poteva aver aggiunto un capello grigio o due, ma questo era tutto.

"Si è svegliato almeno una volta?"

John scosse la testa: "Ha provato a parlare quando ho cercato di scuoterlo nell'appartamento, ma era troppo fuori di sé. Dovremo aspettare che si svegli."

Prese fiato e si costrinse a porre la domanda: "Perché non me l'hai detto?"

"Era una missione segreta, John. Dirtelo avrebbe fatto fallire lo scopo di…"

"Non quello, – scattò John – Il nostro matrimonio. Perché non mi hai mai detto che eravamo sposati?"

"Ah. – Mycroft si agitò sulla sedia – Devo ammetterlo, non volevo doverti dare la notizia, John. Ho visto che cosa ti stava facendo la morte di mio fratello. Non volevo peggiorare le cose."

"E dopo che è tornato..."

"Mi era passato di mente, – dichiarò Mycroft, cosa che John trovò molto improbabile – Semplicemente non pensavo alla cosa come rilevante. Lui era vivo, il vostro matrimonio era legalmente valido, non sembrava esserci motivo di sconvolgere lo status quo."

"Beh, c'era, – gli ricordò John, incrociando le braccia – Non dirmi che non sapevi che io fossi fidanzato."

Mycroft inarcò un sopracciglio: “Considerando il tuo curriculum, non credevo che sarebbe diventato un problema."

Prima che John potesse dare voce alle molte risposte che subito gli erano venute in mente, Mycroft continuò: "E come sta la signorina Morstan?"

"Sta bene," rispose John in modo secco.

"Davvero? È che non posso fare a meno di notare che siamo qui da diverse ore, sono quasi le 22 e non hai guardato il tuo telefono nemmeno una volta, per non parlare del fatto che non hai inviato un messaggio o fatto una telefonata."

"Merda! – esclamò John, la rabbia dimenticata all'istante e sostituita dal senso di colpa – Scusami per un minuto."

Tirò fuori il telefono in corridoio e trovò un angolo tranquillo in una delle aree di attesa, dove fece la chiamata ignorando il cartello che avvertiva in modo chiaro che i telefoni cellulari non erano ammessi.

"Mary?"

"John! Finalmente stavo cominciando a pensare che ti fossi perso."

"Mi dispiace, avrei dovuto chiamare prima."

"Dove sei?"

"Sono in ospedale e…"

"Che cosa? Stai bene?" la preoccupazione nel suo tono lo fece sentire ancora più colpevole.

"Sto bene. Ho dovuto portare Sherlock in ospedale. Quando sono arrivato era incosciente con la febbre a più di 40 gradi. Adesso è stabile, ma... beh, vorrei tenerlo d'occhio."

"Oh, John, amore. Certo che devi farlo. Quando torni a casa?"

John esitò: "Non lo so. Probabilmente starò qui ancora un paio d'ore nel caso in cui abbiano altre domande o lui si svegli."

Mary rimase in silenzio a lungo. Quando finalmente parlò, sembrava che si stesse sforzando molto di sembrare solidale, ma non riuscisse a nascondere del tutto l'amarezza strisciante: "Certo. Beh, una chiave ce l’hai. Cerca di non svegliarmi quando torni a casa."

"Va bene, – mormorò John, trasalendo – Buona notte."

Lei riagganciò senza ricambiare.

 

 

NdT

Ed ecco che iniziano seriamente i guai in paradiso. Anche se chiamare paradiso il rapporto fra John e Mary mi sembra un po’ troppo. Con Sherlock in pericolo, direi che il nostro caro dottore non abbia impiegato più di mezzo secondo a. a sfruttare il proprio grado di parentela e b. a dimenticarsi della propria cara fidanzata.

Grazie ad arcobaleno2014, garfield73, amy holmes_JW e T’Jill per le recensioni e grazie a chi stia leggendo e seguendo il racconto.

Ciao ciao.

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: All_I_Need